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Autore: miss dark    08/11/2014    1 recensioni
Febbraio 2093. In un mondo sopravvissuto alla crisi del petrolio e alla Terza Guerra Mondiale, retto dal Terzo Governo degli Oligarchi e trasformato in un Sistema dove le persone non sono esseri umani, ma ingranaggi di una macchina informatica, gruppi di Cyber Resistenza tentano di ripristinare l'ordine naturale delle cose e di risvegliare le coscienze assopite della popolazione. Aileen e le sue Mine agiscono nell'oscurità da anni per mettere a punto un piano capace di ridare speranza all'umanità, ma un evento improvviso sembra metterne in pericolo la riuscita.
[Prima classificata al concorso "Distopia" indetto da BabyJenks sul forum di EFP]
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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21 Febbraio 2093 - Centro Abitativo 1, ex New York
 
Capitolo sedicesimo
 

 
Aileen conosceva bene la sensazione della cosiddetta quiete prima della tempesta e non l'aveva mai sopportata. Avrebbe preferito darsi da fare fino al secondo prima dell'azione, ma, purtroppo, da fare non c'era più niente. Tutto era sistemato, tutto era appeso ad un filo, esattamente al confine tra vita e morte, tra vittoria e sconfitta. Ogni secondo che scorreva era come una lama che assottigliava quel filo e, immersa in quella quiete, Aileen poteva quasi ascoltare il rumore di quei tagli impercettibili.
Dopo la comunicazione con Aleksej avvenuta due giorni prima, tra lei e le sue Mine era calato il silenzio radio. Poteva essere successo loro di tutto e lei non lo avrebbe scoperto fino all'indomani o, al più presto, fino a quella sera, quando avrebbe avuto il contatto con Matilde.
Odiava l'attesa, specialmente se carica di dubbi e di pericoli, come in quel caso.
Niente o ben poco del piano originale era rimasto intatto ed ora che aveva avuto due interi giorni per rifletterci sopra si era resa conto che quello nuovo faceva acqua da tutte le parti. I Sorveglianti non avrebbero nemmeno acceso lo schermo per guardare la parata, che cosa poteva fregargliene? Ai Server non esistevano giorni liberi o feste, il Sistema doveva andare avanti sempre, anche e soprattutto durante il discorso del Primo Ministro. E questa era solo la minima delle preoccupazioni.
Continuava a non fidarsi di quel nuovo Assistente di cui nemmeno sapeva il nome e ancor meno si fidava del giudizio di Aleksej. Stai tranquilla, è uno in gamba! non era un'affermazione sufficiente per farla stare davvero tranquilla. Si mordeva le labbra chiedendosi perché avesse affidato a quel ragazzetto indisciplinato un compito tanto importante. Le venne in mente quello che le aveva detto, della Regina e del ballo, e sentì acuirsi un sentimento di malinconia. Non solo la solitudine, ma anche la certezza di non potervi rimediare. Sarebbe morta sola e forse nessuno l'avrebbe vista. Si chiese come stava Philip, se era morto o se sopravviveva in una Cella Informatica, e tra sé e sé pensò che preferiva non saperlo. Qualunque fine avesse fatto, sicuramente era la stessa che spettava anche a lei: era meglio essere ignoranti di fronte ad un pericolo del genere, anche la donna più forte avrebbe potuto cedere.
 
 
Matilde aveva raggiunto un livello di ansia tale da averla distaccata dal mondo. Dopo aver insegnato alla figlia per tutta la mattina, con il groppo in gola e le mani che sudavano, aveva passato il resto della giornata vagando per casa alla ricerca di una distrazione.
- Mamma, che cos'hai? - continuava a chiedere Angelica e Matilde prontamente rispondeva che stava cercando qualcosa che non riusciva più a trovare. Ed era proprio così: cercava il coraggio per fare quello che era di vitale importanza che facesse. Voleva solo che l'indomani arrivasse e passasse, come tutti gli altri giorni della sua vita. Ventiquattr'ore sono pur sempre solo ventiquattr'ore, millequattrocentoquaranta minuti. Un numero spropositato di secondi, ognuno dei quali poteva essere fatale.
Riuscì a resistere all'impulso di piangere fino all'ora in cui mise a letto sua figlia, poi fino a dopo la comunicazione con Aileen. Sperava che la voce del suo capo fosse in grado di calmarla, ma nessuna delle Mine era tranquillo, come avrebbe potuto esserlo lei?
Si infilò a letto meccanicamente: un'altra giornata del genere la stava aspettando oltre quella notte. Per gli altri sarebbero state le tre e mezza del pomeriggio, lei, invece, doveva aspettare fino alle otto e mezza di sera per liberarsi di quel macigno.
Si addormentò e sognò di scappare lontano con Angelica.
 
 
Nemmeno Aleksej, che eppure aspettava il momento dell'azione da un anno, che non desiderava altro se non distruggere quei maiali degli Oligarchi, nemmeno lui era in grado a mantenere la calma. Si diceva che non era paura, ma voglia di agire, ma non riusciva ad ingannare neppure se stesso. Non gli importava di morire o che morissero altre persone - anche se in realtà non si era soffermato ad analizzare questa possibilità -, l'unica cosa che lo preoccupasse era di svolgere bene il proprio compito. Se lui e Richard non avessero agito in maniera sincronizzata, tutto sarebbe stato più difficile e più lungo e quello che mancava loro era proprio il tempo.
Per qualche secondo trovò buffa l'idea che due singole persone, ai due capi opposti del pianeta, potessero fare le stesse cose nello stesso momento, scatenando un effetto domino incontenibile. Sarebbe stata una scena spettacolare, se qualcuno avesse avuto il privilegio di stare lì a godersela.
Invece lì non ci sarebbe stato nessuno, lui avrebbe agito da solo, anzi, peggio, affianco ai suoi colleghi del Server. Se a qualcuno fosse venuta la malaugurata idea di gettare un'occhiata sul suo schermo, era la fine.
Per fortuna aveva lavorato tutto il giorno e quando tornò nel suo appartamento non ebbe difficoltà ad addormentarsi. Inoltre, in quel momento, la paura fu vinta dall'attesa di sentire la voce di Aileen alla radio, di lì a poche ore.
Prima di chiudere gli occhi, espresse il desiderio che la missione riuscisse, solo per poterla vedere, dopo, e ricevere i suoi complimenti e le sue lusinghe per l'incredibile lavoro che aveva fatto.
Sorrise e dormì un sonno felice.
 
 
Colui che forse stava peggio, in quel momento, era il povero Richard.
Dopo una prima fase di confusione, causata soprattutto dalla costruzione di quella diavoleria e dalla comunicazione con quell'Aleksej, la sua mente aveva ripreso a funzionare e, siccome era il più intelligente delle Mine o, meglio, colui che più aveva allenato il cervello a trovare pro e contro di ogni teoria, se per gli altri l'ansia era data da qualche possibile imprevisto, per lui la disfatta della missione non solo era possibile, era certa. In due giorni - ed una notte insonne - aveva vagliato tutte le eventualità e quella storia, ne era convinto, non sarebbe finita bene in nessun caso.
Dopo quella seconda fase, che potremmo definire di catastrofismo assoluto, ne era subentrata una terza, altrettanto pessimista, ma allo stesso tempo molto filosofica: l'accettazione della morte imminente. Richard aveva impegnato le ultime ore ad esaminare gli aspetti negativi e quelli positivi della propria scomparsa dalla Terra e, con enorme stupore, si ritrovò addirittura a desiderare di morire: in effetti, vivere in quel modo, in quel posto ed in mezzo a quelle persone non gli era mai andato a genio e spesso aveva sperato di trovare un modo per andarsene. Quale modo migliore, dunque? Il suo fatalismo lo aveva portato ad una calma placida e serena. Che la missione fosse riuscita o meno, per lui era indifferente: vivere o morire si equivalevano nella sua scala di giudizio.
Forse, a ripensarci, il povero Richard, contro ogni aspettativa, era colui che stava meglio.



 
  
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