Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Love_My_Spotless_Mind    08/11/2014    0 recensioni
L'amore nasce anche dalle parole ed persino in quel caso è impossibile da dimenticare.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nothing Last Forever

“Prima o poi dovrai avere il coraggio di aprire quel cassetto, non potrai lasciarlo chiuso per sempre.” Ripetevo a me stesso già da diversi anni, ormai. Eppure il coraggio di trovarmi di fronte a quei ricordi finiva sempre per mancarmi ed io continuavo a rimandare, senza avere alcuna voglia di affrontare quel passato che tanto mi aveva fatto soffrire e che restava ancora irrisolto.
 
Restai seduto di fronte alla vecchia cassettiera dal legno traslucido, riflettendo su quanta malinconia avrebbe potuto far riemergere tale azione. Ma ero pur sempre un uomo adulto, ero andato avanti e non mi ero voltato indietro per davvero troppo tempo. Prima o poi avrei dovuto ritrovare il coraggio di affrontare un passato che aveva reso la mia vita, per un periodo che allora era sembrato interminabile,  speciale.
 
Alla fine, in non so ancora quale modo, trovai il coraggio che mi era sempre mancato ed aprii quel cassetto che si mosse lentamente, scricchiolando, ricordandomi con quel rumore secco il trascorrere del tempo, inesorabile, inarrestabile. Feci un respiro profondo prima di decidermi a sbirciare al suo interno;  quando finalmente riuscii a farlo vidi di fronte ai miei occhi tanti oggetti che avevo abbandonato, intimorito dalla storia che essi conservavano dentro loro stessi. E fra questi a colpirmi maggiormente fu il fascio di lettere che avevo finto di dimenticare per tutti quegli anni. Le buste di carta si erano leggermente ingiallite, sembravano appartenere ad un passato lontanissimo, ad una storia ascoltata per caso innumerevoli anni prima. Ed ora che stringevo fra le mani quelle lettere che tanto avevano reso movimentata la mia giovinezza non potevo far altro che capacitarmi di quanto il tempo passasse in fretta, anche se è difficile ammetterlo.
 
 Mi misi seduto sul bordo del letto, deciso a rileggere quelle parole che ricordavo a malapena ma che in qualche modo non mi avevano mai abbandonato. Sul fondo di quel vecchio cassetto, che avevo sfilato completamente ed adagiato a terra per poterne analizzare più comodamente tutto il contenuto, trovai un biglietto del treno risalente al primo giorno in cui mi trasferii per raggiungere la grande città. La data era ancora impressa con l’inchiostro di colore scuro sulla sua carta spessa e stropicciata, leggermente sbiadita, ma comunque ancora facilmente leggibile. Di quel viaggio posso dire di ricordare pochi particolari. Non mi ero mai allontanato tanto dal mio paese immerso nel verde e mai avevo vissuto da solo. In quel giorno di autunno ero terribilmente spaventato, non conoscevo nulla del mondo, non sapevo come muovermi, tutto mi appariva sconosciuto e decisamente poco amichevole. L’università l’avevo vista solamente in fotografia, sul modulo d'iscrizione che avevo firmato pochi giorni prima di terminare la scuola, quasi con distrazione, come se tale passo non sarebbe mai arrivato per davvero. Mentre ero seduto al mio posto e guardavo fuori dal finestrino i paesaggi desolati che si susseguivano di fronte ai miei occhi pensavo a cosa avrei dovuto aspettarmi da quel salto nel vuoto, mi chiedevo se con la fine delle scuole superiori anche la mia vita fosse, in qualche modo, finita.
 
Per un periodo alloggiai in un dormitorio per studenti dove non si poteva mai star da soli, era sempre affollato da ragazzi pieni di entusiasmo, al contrario di me che reagivo con apparente indifferenza a tutti quei cambiamenti che stavano sconvolgendo la mia vita. I miei dubbi, le mie vaghe e quasi inesistenti speranze le lasciavo crescere dentro di me, senza far trasparire esattamente nulla all’esterno; per questa motivazione molto spesso il mio comportamento veniva frainteso ed miei coetanei credevano che io non provassi esattamente nulla. Quello fu un periodo decisamente povero di avvenimenti, senza sfide, senza nemmeno un’amicizia.
 
Mi sentivo letteralmente un pesce fuor d’acqua, mi sentivo solo come non mai eppure non riuscivo a scambiare che qualche parola con i miei coetanei, che sembravano non avere nulla in comune con me. Mi sembrava sempre di interiorizzare esageratamente ciò che mi stava attorno e di riflettere  in un modo completamente diverso dagli altri, mi sentivo serioso, grigio, non possedevo né aspettative, né sogni. Per quanto i miei voti fossero alti, l’università per un tipo come me non aveva alcun significato, ogni cosa, anche l’apparentemente più importante, in quella nuova città mi appariva avvolta da una tristezza inspiegabile, impossibile da allontanare.
 
Era dicembre quando una sera, sollecitato dall’atmosfera natalizia che sembrava rendere i borghi della città un minimo più accoglienti, decisi di uscire. Era la prima volta che percorrevo quelle strade che non mi erano per nulla familiari, era una serata silenziosa, le stelle si scorgevano a malapena a causa delle luci decorative che pendevano dai palazzi. Sentii una piacevole melodia provenire dal fondo della strada, istintivamente la seguii, lasciandomi guidare dal suo innegabile fascino. E la musica mi condusse di fronte all’ingresso di un jazz-bar con la musica dal vivo, le luci soffuse, i tavolini semi-vuoti. Entrai per avvicinarmi al bancone ed ordinare qualcosa da bere. Di alcolici non me ne intendevo affatto perciò ne scelsi uno a caso, il primo che mi venne in mente. Stavo sorseggiando tale bevanda di cui ricordo solamente il gusto spiacevole, che bruciava nella gola e rendeva gli occhi lucidi, quando mi accorsi che una ragazza mi stava guardando.
 
Non era una ragazza qualunque, anzi, pensai di essere già brillo quando riuscii a focalizzarla con il mio sguardo tanto la sua immagine era innaturale. Aveva i capelli lunghi, di un colore tra il biondo e l’arancione, lucenti e leggeri che seguivano i movimenti del suo corpo come onde guidate da un vento impetuoso. Era avvolta da un vestito verde scuro di velluto, aderente, che metteva in risalto le forme armoniose del suo corpo slanciato. La pelle era bianchissima, gli occhi di un verde che non si può in alcun modo dimenticare. Sedeva di fronte al bancone e mandava giù, come se nulla fosse, un liquore trasparente che continuava ad ordinare senza mai fare una pausa. Mi osservava guardandomi dritto in viso, senza esitazione, agitando il bicchiere che stringeva tra le dita sottili.
 
-Dimmi un po’, tu, di solito non frequenti posti del genere, non è vero? –
 
Domandò senza giri di parole, in tal modo ebbi la conferma che stesse guardando proprio me.
 
-È la prima volta, in effetti. –
 
Lei annuì con un sorriso soddisfatto dipinto sulle labbra sottili, dal contorno ben delineato.
 
-Il mio sesto senso non sbaglia mai. –
 
Annunciò ed allora il cameriere dietro al bancone le passò un altro bicchiere, come una sorta di premio per aver indovinato tale inutile nozione sul mio conto.
 
Io e quella ragazza iniziammo a parlare in modo totalmente improvviso e naturale, senza esitazioni. Il suo nome era Elizabeth, disegnava bozzetti, aveva una passione per i tatuaggi e reggeva benissimo l’alcol, al contrario di me. Anche grazie a quel bicchierino di bevanda dal nome ormai sconosciuto riuscii ad essere più sciolto nella conversazione rispetto al mio solito, ricordo che rise più volte, senza che facessi battute, ed ebbi una parlantina mai posseduta prima. Lei  aveva una risata esplosiva, che non tratteneva in alcun modo, ed un sorriso ampio, affascinante.
 
Terminammo di parlare quando, ormai, era notte fonda ed i cancelli del dormitorio erano chiusi.
 
-Conosco un amico che ha un motel. –
 
Mi assicurò mentre continuavamo a percorrere fianco a fianco le strade decorate da mille luci . Quando entrammo nella stanza dell’ostello lei voleva semplicemente salutarmi, ma alla fine restammo a parlare tutta la notte e ci addormentammo solamente al mattino, esausti dopo tanti discorsi tra i più disparati. Quando mi svegliai lei non c’era più, non aveva lasciato nemmeno un biglietto, si era svegliata ed era andata via senza nemmeno salutare. Istintivamente mi alzai per controllare se avessi ancora il portafoglio infilato nella giacca ma ebbi la fortuna di constatare che tutto era al suo posto.
 
Trascorsero quasi tre mesi da tale incontro, periodo nel quale iniziai a fare numerosi lavori che mi tennero impegnato giorno e notte, senza mai una sosta. Grazie a tali sacrifici riuscii finalmente a trasferirmi in una piccola casa nei pressi della ferrovia, dove avrei avuto tutto il tempo di studiare e rilassarmi in tranquillità. La proprietaria della casa era stata molto gentile: quando avevo letto l’annuncio sul giornale ero rimasto colpito dal prezzo basso con cui essa veniva venduta. Si trattava, in effetti, di pochi spiccioli rispetto al suo reale valore. Nella consulenza che ci tenne impegnati prima che decidessi definitivamente di comprarla le domandai per quale ragione decidesse di darla via ad un prezzo tanto modico.
 
-A questa casa sono legati troppi dolorosi ricordi e troppe persone soffrono nel vederla vuota. Per questa ragione preferisco vederla abitata da qualcuno di giovane, pieno di idee, proprio come lei. –
 
Mi spiegò semplicemente e tale spiegazione mi bastò poiché appena un paio di settimane dopo mi trasferii nella nuova abitazione. Finalmente avevo i miei spazi, mi sentivo più tranquillo, il lavoro mi dava indipendenza oltre che un certo numero di sicurezze. Vi erano giorni in cui dimenticavo di fare la spesa e restavo tutto il tempo a studiare, altri in cui rincasavo solamente a notte fonda, distrutto dalle esagerate ore di lavoro. Ma finalmente tutto questo iniziava a dare una scossa alla mia esistenza, rimasta per troppo tempo rinchiusa nell’apatia.
 
Era divenuta mia abitudine raggiungere la stazione, appena sorgeva il sole e restare  seduto su una panchina a leggere il giornale o semplicemente ad osservare il paesaggio. In quei momenti mi lasciavo alle spalle ogni preoccupazione, semplicemente mi dedicavo alle fantasie che più mi rilassavano. Più volte mi capitò di ripensare ad Elizabeth, al suo modo di ragionare, alla capacità di parlare di ogni argomento senza essere superficiale o noiosa. L’idea che fosse scomparsa in quel modo continuava a turbarmi ma comunque non avevo intenzione di cercarla. Con quale titolo, se fossi riuscito a trovarla, mi sarei presentato a lei? Forse un incontro tanto speciale era destinato a restare l’unico. Con il trascorrere dei giorni e l’arrivo della primavera iniziai addirittura a pensare che lei non fosse mai esistita. Eppure fu proprio in una di quelle mattine che la vidi nuovamente. Era ferma di fronte ai binari, indossava un cappottino di stoffa ed un cappellino marrone che le copriva la nuca. La riconobbi immediatamente, non avrei potuto confonderla con nessun altro.
 
Appena il treno passò lei indietreggiò di qualche passo sul marciapiede, restò lì ad osservare le persone che salivano, quelle che scendevano, senza alcuno scopo, senza che l’espressione del suo viso mutasse.
 
Poi, improvvisamente, quando il treno era ormai ripartito, lei si voltò ed incontrò il mio sguardo che la fissava senza sosta ormai da svariati minuti. Le sue labbra si distesero in un sorriso, poi pian piano si schiusero, mostrando la dentatura perfetta. Mi venne in contro correndo, il rumore delle scarpe con il tacco riecheggiò alle mie orecchie finché non mi raggiunse.  
 
-Ma che bello rivederti! –
 
Disse come si fa con gli amici di lunga data, stando ferma di fronte a me.
 
A quel punto mi convinsi del fatto che lei esistesse davvero, il suo aspetto, il suo modo di fare, rapirono ancora una volta la mia attenzione, totalmente. C’era qualcosa in lei a cui mi sembrava di non poter in alcun modo rinunciare il che era strano poiché si trattava di una sconosciuta, dopotutto.
 
-Mi dispiace di essere scomparsa quella sera ma non avrebbe avuto senso svegliarci insieme, anzi l’avrei trovato tremendamente imbarazzante. Sai, una volta lessi in un libro che si può trascorrere la notte con chiunque ma svegliarsi al fianco di chi non si ama non ha alcun senso. Fin da quando le ho lette ho trovato queste parole pienamente giuste, sai? –
 
Mi domandò mentre camminavano verso la mia università, lentamente, senza avere alcuna fretta di arrivare. In fondo pensai che avesse ragione, o comunque, non ebbi alcun argomento a mio favore per contraddirla quindi mi limitai ad annuire. Ci salutammo di fronte all’ingresso dell’università e da allora capitò di incontrarci ogni mattina, di fronte ai binari della stazione. Divenne sua abitudine comprare dei cornetti caldi ed una lattina di birra ghiacciata che condividevamo di prima mattina, scambiandoci confidenze o semplicemente raccontandoci di quel che avevamo trascorso durante la giornata precedente.
 
-Ho fatto uno strano sogno, ieri. – esordì guardandomi in viso, in uno dei nostri incontri mattutini.
 
-Un altro? –  le domandai io stupito poiché in quel periodo me ne raccontava uno quasi ogni mattina. Non era affatto normale che una ragazza ne facesse così tanti e così dettagliati. Doveva sicuramente possedere un'immaginazione fuori dal comune.
 
-Riguardava te, questa volta. – spiegò stringendo fra le dita la sua tazza fumante di caffè. – Una ragazza continuava a pensare a te. In realtà la persona a cui pensava non aveva nulla a che fare con te ma so per certo che fossi tu. –
 
-Nei sogni capita di avere questo tipo di certezze immotivate. – cercai di dire io.
 
-Ma i miei sogni non hanno la stessa entità di quelli delle altre persone. – precisò lei con espressione seria. – Questa ragazza non riusciva a trovare pace in alcun modo. Era come bloccata da qualcosa che non le permetteva di voltare pagina, mi faceva una pena assurda. –
 
A tale discorso non pensai per lungo tempo, anzi, esso si cancellò dalla mia mente per diversi anni poiché non gli avevo mai dato particolare importanza. Elizabeth era una persona particolare e tra di noi capitava di affrontare talmente tanti strani discorsi che le sue parole non mi erano nemmeno sembrate insolite.
 
Non ricordo quanto tempo trascorse da quella mattina e da quel discorso quando ricevetti una lettera. Trovai il fatto abbastanza inconsueto poiché nessuno aveva ragione di scrivermi, per di più sulla busta non vi era né un francobollo né un mittente il che voleva dire che, con molta probabilità, mi era stata recapitata a mano. Per queste ragioni pensai immediatamente ad un errore però aprire quella busta e leggerne il contenuto era l’unico modo per svelare il mistero. Se si fosse trattato di un errore avrei avuto degli indizi sul vero destinatario ed avrei potuto restituirgli la lettera, avrebbe pensato lui stesso ad avvertire il distratto mittente e consigliargli a prestare più attenzione in futuro.
 
Aprii la busta la sera stessa, prendendomi qualche momento di pausa da tutti i miei impegni. Quella che mi trovai davanti fu una lettera dai caratteri scritti ordinatamente con l’inchiostro nero le cui parole affollavano quasi tre pagine. Non riuscii a trattenere la curiosità di leggerne il contenuto. Nel corso della lettura restai completamente colpito da quel modo di scrivere così chiaro, mi sembrava di star comunicando con qualcuno dalla voce calda ed accogliente, era una sensazione mai provata, i concetti avevano uno spessore che tutt’ora potrei ritenere insolito.
 
Ad inviare quella lettera era stata una ragazza ed il destinatario ero proprio io, non vi era stato alcun errore. Spiegò di aver bisogno di raccontarsi proprio a me, nuovo abitante di quella villetta che aveva sempre trovato speciale per varie ragioni che aveva a lungo elencato, ma di non volere in alcun modo che le rispondessi, né voleva che provassi a capire la sua identità. La sua volontà di restare avvolta dal segreto mi incuriosì fin dal primo momento. La trovai una persona interessante, intelligente, arguta ed ero riuscito a comprendere tutto questo semplicemente leggendo le sue parole.
 
Da allora le sue lettere arrivarono ogni settimana, erano un appuntamento che iniziai ad attendere con particolare curiosità, ogni volta divoravo le parole scritte da lei come se conservassero incredibili segreti che mai avrei potuto scoprire in altro modo. Raccontava della sua vita di ogni giorno, di come si impegnasse a studiare in una scuola femminile priva di sfide, di come spesso si sentisse sola, dimenticata dal mondo intero. Avevo compreso che avesse più o meno la mia età, che fosse di una famiglia benestante ma che comunque era stata delusa dalla vita talmente spesso da non permetterle in alcun modo di gioire. Tutte queste informazioni le scoprii lentamente, analizzando i particolari. Lei scriveva di tutto quel che le veniva in mente, seguivo il flusso dei suoi pensieri, mi lasciavo trasportare dal disordine della sua mente, certe volte mi sembrava di ritrovarmi all’interno di essa. Era qualcosa di piacevole, di mai provato nella vita.
 
“Potrà sembrarti assurdo che decida di rivelarti qualcosa del genere, ma credo tu debba saperlo. La prima volta in cui ti vidi pensai tu avessi qualcosa di diverso da chiunque altro. Mi è capitato di spiarti in gran segreto, di domandarmi come potesse essere la vita di un ragazzo come te. Sul tuo conto ho elaborato forse fin troppe congetture ma non ho potuto evitarlo in alcun modo, tanto sono stata colpita da qualcosa che ti appartiene. “ Scriveva. “ Non saprei dirti per quale ragione tu debba continuare a leggere le parole di una persona che non rappresenta nulla per te. Ma per me è molto importante che tu lo faccia. Vi sono delle storie nascoste dal tempo che non possono essere portate alla luce con facilità. Eppure vorrei riuscirci, prima o poi.”
 
Quando provai a parlare ad Elizabeth di tale vicenda lei ne fu molto colpita. Non aveva mai sentito una storia del genere, disse che sicuramente a nessun altro era capitato quel che stava capitando a me. Magari aveva ragione, ma non sapevo in alcun modo come gestire uno scambio di confidenze da una sola parte poiché tutti i miei dubbi, le miei preoccupazioni, restavano solamente mie e non mi era data alcuna possibilità di comunicarli. Anzi questi si accrescevano man mano che conoscevo il segreto di quella ragazza e lentamente iniziai a comprendere che lei per me rappresentava qualcosa che diveniva importante.  
 
La mia vita iniziò ad essere divisa tra queste due figure femminili, una all’opposto dell’altra, ognuna affascinante a modo proprio. Andai avanti assorbendo e vivendo nel caos, vissi un gran numero di esperienze, fu un periodo molto intenso.
 
Elizabeth aveva l’abitudine di giocherellare con la linguetta delle lattine, ogni volta essa si divideva proprio sull'iniziale del mio nome e lei sorrideva contenta.
 
-Dev’essere destino. – annunciava iniziando a bere la sua birra come se nulla fosse.
 
-Elizabeth, non trovi sia strano che una persona voglia raccontarmi tante cose di sé senza voler conoscere proprio nulla di me? Insomma, potrei essere un poco di buono, una persona che non merita di conoscere tante nozioni così intime… delle volte mi sento davvero in debito. –
 
Lei assottigliò lo sguardo quando le posi tali domande, come se stesse osservando qualcosa di molto lontano.
 
-Credo che tu non debba farti tutti questi problemi. È stata una sua scelta donarti i suoi pensieri, non puoi far altro che seguire la sua volontà senza desiderare di far altro. – Rispose semplicemente, peccato che per me non fosse così facile.
 
I miei sogni erano tormentati dalla presenza misteriosa di quella ragazza ferita da un amore perduto in circostanze tragiche, che non aveva chiarito nei particolari. Mentre scriveva di tale argomento tentava sempre di trovare nuovi spunti per non approfondirlo, come se qualcosa dentro di sé le impedisse di trovare il coraggio di rivelare una perdita che le aveva lasciato un vuoto così grande, che aveva finito per far crollare ogni sua certezza. Provavo una gran pena per quella ragazza ed allo stesso tempo mi sentivo legato a lei da un filo invisibile che mi guidava contrariamente alla mia volontà.
 
Potrei dire con certezza che me ne fossi innamorato, ero stato conquistato dalle sue parole, dai suoi pensieri fitti, aggrovigliati come un nodo indissolubile. Sapevo fin dal principio quanto questo amore fosse impossibile da vivere, eppure, continuavo a perseguirlo poiché non avrei saputo far altro. Ero innamorato di qualcuno che non possedeva entità, almeno per me, eppure non potevo cambiare il mio cuore.
 
Nel frattempo diversi mesi erano trascorsi, io ed Elizabeth condividevamo quasi ogni momento. Lei iniziò a parlarmi di un ragazzo che aveva attirato la sua attenzione, uno di quei ragazzi appassionati di musica ma anche troppo distratti dal proprio talento per pensare ai sentimenti altrui. Intraprese questa relazione da un giorno all’altro, iniziammo a vederci quasi sporadicamente poiché lei era troppo impegnata a seguire le sciocchezze del suo nuovo amore per pensare a me.
 
Mi concentrai sullo studio, su quelle lettere che arrivavano puntuali ogni settimana, sui miei pensieri, le congetture a proposito di un amore irraggiungibile, troppo lontano persino da chi lo provava per essere definito semplice.
 
Elizabeth mi mancò molto in quei giorni, compresi che senza di lei mi sentivo in qualche modo perduto. Lei era un’amica fantastica che avrei sempre voluto avere al mio fianco, con la quale adoravo riflettere ma anche trascorrere del tempo stupidamente come solamente i veri amici sanno fare. Sapevo bene stesse sprecando il suo tempo con il ragazzo di cui si era innamorata poiché, come avrei capito con più precisione solamente dopo, la convinzione di poter cambiare qualcuno grazie alla natura positiva dei nostri sentimenti è solamente una stupida illusione.
 
Era un giorno qualunque, iniziato esattamente come gli altri e che credevo sarebbe finito banalmente quando trovai Elisabeth ad aspettarmi fuori dalla mia porta di casa. Sedeva sui gradini dell’ingresso e sembrava avere la testa particolarmente pesante poiché la lasciava ciondolare da un lato e guardava di fronte a sé con espressione totalmente assente. Ricordo solamente che fosse ormai inverno inoltrato ma lei indossava i pantaloncini, particolare che trovai molto strano.
 
-Mi ha lasciata… -
 
Sussurrò con un fil di voce, prima di piangere proprio di fronte a me, per poi aggrapparsi alle mie spalle, come se fossi l’unico capace di sorreggerla in quella situazione. Mentre la tenevo stretta e cercavo di consolarla lei continuava a versare copiose lacrime, talmente tante che finirono per bagnarmi la camicia.
 
Mentre eravamo seduti l’uno di fianco all’altra ed i nostri visi venivano celati dalle ombre della notte lei continuò a piangere, a sospirare profondamente, piegandosi come se un grande dolore le attanagliasse il petto.
 
Ci eravamo entrambi innamorati della persona sbagliata ma mentre io potevo continuare a vivere nell’illusione ancora per un po’, lei già non poteva più farlo. Solamente qualche tempo dopo avrei ripensato a quei momenti ed avrei visto lei come la mia immagine riflessa, avrei vissuto il suo stesso intenso dolore.
 
-Ti chiedi mai cosa ci sia di tanto sbagliato in te da far allontanare chiunque? –
 
Domandò all’improvviso, rompendo il silenzio che si era venuto a creare.
 
-Sai, Elizabeth, tante volte ho desiderato di cambiare me stesso ma per quanto volessi farlo mi sono improvvisamente accorto di non essere in grado di riuscirci. Mi sono più volte chiesto cosa non accettassi di me ma non sono nemmeno riuscito a trovare una risposta. –
 
-Tu non hai alcun difetto, te lo assicuro, ma farti andare bene quello che sei sarebbe troppo semplice per te. A te le cose semplici non sono mai piaciute, lo sappiamo bene. Pensa alla ragazza di cui sei perdutamente innamorato, che non hai nemmeno mai visto, di cui non conosci neanche il nome ed a cui non interessa nemmeno sapere qualcosa di te. –
 
Io restai in silenzio, stringendomi in un angolo, cercando di non farmi sfiorare da tali parole.
 
-Non ho scelto io di amarla, semplicemente doveva andare in questo modo. Sento come se avessi delle responsabilità nei suoi confronti, come se io fossi una causa del suo dolore. –
 
Lei alzò il viso ed allora riuscii a scorgere il suo collo sottile tra le ombre della notte, il suo sguardo restava celato, ma probabilmente in quel momento doveva brillare di una strana luce che avvertii senza poterla vedere.
 
-Ma perché con te deve essere tutto così complicato? Perché non puoi semplicemente amare qualcuno che vuole essere per davvero al tuo fianco? Perché non accetti la possibilità di essere felice? –
 
-Perché non fa per me. –
 
Risposi prima di trovare il suo corpo stretto fra le mie braccia, il suo viso premuto contro la mia spalla. Affondai le dita nei suoi capelli morbidi, la accarezzai piano chiudendo le palpebre mentre ascoltavo il suo respiro, ancora affaticato dalle lacrime.
 
-Com’è essere amati? Me lo faresti provare, almeno una volta nella vita? Voglio davvero sapere come sia osservare questo sentimento ardente negli occhi di chi ti osserva, perché io non ho mai potuto vederlo. E vorrei capitasse a me, per una volta, questa fortuna. Sono stanca di non valere niente per nessuno, di essere gettata via come se nulla fosse, ti prego, vorrei credere che almeno tu possa essere diverso in qualche modo. –
 
Mentre sussurrava queste parole si divise dal mio corpo, sentii il suo respiro contro la mia pelle, ebbi la sensazione di essere  completamente svanito nel buio, di essere solamente un’anima che galleggiava in quella stanza sommersa dalle ombre mentre il mio corpo si era in pochi istanti dissolto.
 
Sfiorò le mie labbra con le sue, io reagii avvolgendola in un caldo abbraccio. In quel momento realizzai di volerle davvero molto bene, di esserle profondamente affezionato. Al solo pensiero di quanto tenessi a lei mi salirono le lacrime agli occhi ma il buio era dalla mia parte, tutto questo restò un segreto. Lei desiderava semplicemente di essere amata e se me lo avesse chiesto, se lo avesse desiderato davvero, io avrei potuto renderla felice per tutta la vita. Perché a lei tenevo davvero, perché desideravo che nessuno le facesse del male e se lei fosse rimasta al mio fianco sarei riuscito a proteggerla.
 
Sfiorò il mio viso con le dita, avvertì le lacrime che erano scivolate silenziose lungo le mie guance e per qualche istante esitò. Infine posò le labbra anche sulle scie umide che avevano lasciato, come si fa per consolare dal dolore di una piccola ferita. Peccato che a causare tale ferita fosse stata proprio lei. Diceva di non essere mai stata amata ma io da lei non mi sarei mai diviso, peccato che non fosse capace di comprenderlo.
 
Andò via senza proferire ulteriori parole quella stessa notte, osservai la sua schiena mentre avanzava lungo il viale debolmente illuminato, serrai tale immagine dentro di me e mi domandai se l’avrei mai più rivista, anche se, in verità, dentro di me, in un luogo buio del mio cuore, conoscevo già alla perfezione la risposta.
 
Quello che seguì fu un periodo molto triste, nella quale venni anche a scoprire un segreto, che forse avrei preferito non mi fosse mai rivelato.
 
Era un giorno in cui la pioggia cadeva fitta dal cielo terso di nuvole ed io stringevo la nuova lettera della ragazza che amavo tra le dita, l’avevo riletta innumerevoli volte ma le sue parole erano divenute criptiche, le frasi erano sconnesse, dovetti impegnarmi più di quanto avessi mai fatto per decifrare il suo messaggio.
Alla fine un semplice indizio mi permise di comprendere quella verità che faticava a tornare alla luce e che probabilmente mi avrebbe ferito oltremodo.
 
Proprio come lei aveva descritto, mi bastò scostare un asse del pavimento che traballava fin dal primo giorno in cui avevo occupato quella casa, per trovare una raccolta di fotografie. Grazie ad esse compresi la motivazione per cui quella ragazza aveva deciso di inviare le sue lettere proprio a me. L’amore che aveva perduto tanto ingiustamente aveva abitato quella casa, proprio come facevo io in quel momento.
 
Non rappresentavo nient’altro che il riflesso di un antico ricordo, non ero nulla più di questo, il mio ruolo non era più importante di quello di una controfigura. Ma il mio cuore non era immune a tali dolorose ferite che mi lasciarono senza respiro. Vissi quel dolore in completa solitudine poiché chi mi aveva implorato di non abbandonarlo lo aveva invece fatto con me.
 
Osservai per la prima volta il volto della ragazza che amavo, impresso in quelle fotografie, sbiadite a causa del luogo nel quale erano state conservate. In lei non riconobbi nulla di famigliare, era semplicemente un volto, che però non mi trasmetteva nulla. E quel ragazzo che era sempre al suo fianco, appariva così sorridente e non mi somigliava per nulla.
 
Dentro di me era sceso un silenzio denso, impossibile persino da respirare. Come se fosse sceso il sipario a metà di uno spettacolo meraviglioso restavo ad osservare con delusione la coltre scura che si espandeva di fronte a me, senza riuscire ad alzarmi ed andare via, nella speranza che prima o poi avrei rivisto le luci del palcoscenico. Ero convinto che una simile tristezza non mi avrebbe mai abbandonato ed in parte avevo ragione.
 
Quella sera decisi di scrivere per la prima volta una lettera di risposta, nella quale decisi di esprimere quello che tenevo dentro da troppo tempo e di cui nessuno si era interessato fino ad allora. Mentre ero intento nello scrivere piansi tutte le lacrime che avevo in corpo, che non  sarei in alcun modo riuscito a trattenere più a lungo di così.
 
Rivelai a quella ragazza il modo in cui l’avevo stupidamente amata, di come il suo modo di essere, ma soprattutto di sentire, avesse cambiato anche il mio. Ed in tutto questo mi sentii completamente perduto.
 
“Non è assurdo? Chiunque io abbia incontrato nella mia vita non era me che stava cercando, sono sempre finito per rappresentare qualcos’altro. Eppure, nonostante questo enorme dolore, questo senso di perdita verso me stesso, ho il desiderio di conservare in una parte di me tutte le persone che ho incontrato.” Scrissi, senza alcun tipo di esitazione.
 
Trascorsero due lunghi mesi, colmi di silenzio, prima che ricevessi una nuova lettera ma come andai ad aprirla, quasi incredulo di averla ricevuta, scoprii che ad avermi scritto era stata Elizabeth: aveva deciso di partire per un lungo viaggio. Allora non sapevo che non l’avrei mai più rivista.
 
 Quando terminai di leggere tutto il fascio di lettere mi accorsi che si fosse già fatta sera. Avevo perso una giornata della mia vita per rintanarmi nei ricordi, per ricordare chi fossi stato. Ora che svariato tempo era trascorso, però, quel vuoto di cui parlavo spesso da giovane era stato riempito. Forse il tempo è davvero capace di riempire i vuoti più grandi e con me ci era riuscito.
 
Per quanto quelle esperienze siano state dolorose e mi abbiano lasciato l’amaro in bocca grazie ad esse ho anche compreso quanta strada si può percorrere, sentendosi sempre più in forze, anche se ci si ritrova completamente da soli. Non c’è stato giorno della mia vita in cui Elizabeth non mi sia mancata, continuavo a cercarla, a desiderare di dirle come mi sentivo, quel che provavo. Non ho mai accettato il fatto che improvvisamente fosse diventata troppo lontana e continuo a chiedermi se con il tempo abbia compreso la natura dei miei sentimenti nei suoi confronti. Per quanto riguarda il mio primo amore, quella ragazza di cui ho conosciuto solamente il lato più intimo e nascosto, ho continuato a cercarla in ogni persona che ho incontrato ed ancora oggi mi chiedo come sia possibile non averla mai incrociata nel mio cammino, in tutto questo tempo.
 
 Ancora oggi penso a quelle due ragazze che in modi diversi mi hanno sconvolto la vita, al modo in cui mi hanno permesso di mettermi in gioco, di migliorare me stesso, di scoprire cosa volesse dire vivere per davvero. Ed oggi, a distanza di innumerevoli anni, posso affermare con certezza che loro rappresenteranno sempre la metafora più bella e completa della mia esistenza.
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Love_My_Spotless_Mind