Tutti noi ci chiediamo cos’è la vita. Forse starete pensando che questo sia l’inizio di una storia come le altre, basata su domande a cui noi essere umani non possiamo rispondere, nè io come scrittrice nè voi come lettori. Su una cosa avete ragione, è basata su domande a cui non possiamo rispondere, ma non è una storia come quelle che prima vi fanno riflettere sul significato della vita e poi vi consolano cercando di darvi risposte. Non si tratta di religione o di credere in qualcosa per semplice soddisfazione, si tratta della vita. Dopo quest’introduzione penserete che non c’entrerà niente quello che sto per raccontarvi, ma credetemi esseri umani, eccome se è pertinente, è così e basta...Avevo sedici anni a quei tempi, quando mio padre mi mandò il quel manicomio. Non perchè avessi problemi mentali o perché fossi matta, ma perché poco tempo prima ci mandarono mio fratello, e l’unica cosa che volevo nella vita era stare con lui. Provate solo ad immedesimarvi nel corpo di un ragazzino di dieci anni con problemi mentali, che al posto di ricevere più attenzioni e più amore dalla famiglia viene spedito dritto in un istituto per gente considerata “strana”, sentivo il dovere di salvarlo da quel mondo crudele. Così una mattina finsi di prendere una botta in testa, e di colpo mi ditrovai sul sedile dell’auto di mio padre con una valigia in mano in direzione “manicomio”. Ero pronta a salvare la vita di mio fratello rinunciando alla mia, credevo che mio padre mi stesse portando verso la fine, ma non credevo che in quel posto per persone “strane” avrei trovato persone talmente “strane” da riportarmi all’inizio di tutto. Credetemi umani, c’è molta più vita nella mente di quelle persone “strane” costrette a passare la vita in un istituto che nel nostro sano e comune cervello...