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Autore: Shily    08/11/2014    1 recensioni
Finisce di tamponarsi il labbro spaccato e, finalmente solo e in silenzio, si guarda in torno in quella stanza vuota se non per il disordine di quel poco che c’è.
[…]
Stringe i pugni come ogni volta, rimanendo immobile ad ascoltare le grida, respirando velocemente.

[…]
Quando capisci che è il momento di agire.
Quando capisci che è ora di uscire dalla cupola di vetro ammaccata in cui vivi.
Quando capisci che se devi strisciare, allora è meglio morire.
Quando capisci che non puoi e non vuoi strisciare, e allora vai incontro alla morte.
Quando capisci che, semplicemente, è la fine; e devi finirla tu.
Se per vivere devi strisciare, alzati e muori (Jim Morrison)
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se per vivere devi strisciare, alzati e muori.
Jim Morrison

 
Si porta una mano all’occhio pulsante, facendo una smorfia al contatto  delle dita con la tempia.
Finisce di tamponarsi il labbro spaccato e, finalmente solo e in silenzio, si guarda intorno in quella stanza, vuota se non per il disordine di quel poco che c’è.

Sotto la finestra, perennemente chiusa e forse anche rotta, i cocci di vetro della lampada caduta poco prima. Scuote la testa chiudendo gli occhi, volendo estraniarsi e, soprattutto, allontanarsi da lì. Da quella che dovrebbe essere casa.

Seduto a terra, con una gamba piegata e una distesa, poggia la testa al muro, sospirando. Anche solo il minimo movimento del viso gli provoca dolore, sia all’occhio che al labbro.
Stringe gli occhi, dimenticandosi anche del dolore, al suono delle grida ricominciate di sotto.

Stringe i pugni come ogni volta, rimanendo immobile ad ascoltare le grida, respirando velocemente. E, come ogni volta, si alza dal pavimento freddo, pronto a rivedere la stessa scena di sempre, dove lui non è altro che lo spettatore curioso e silenzioso dietro l’angolo.

Chiude gli occhi, nascosto dietro il muro, incapace di agire.

Vorrebbe andarsene, vorrebbe muoversi, vorrebbe agire, ma come al solite le gambe non rispondono, lasciandolo lì, immobile a guardare.

Ma è un attimo e le gambe si muovono.

Un attimo in cui l’urlo della donna sovrasta le minacce. Un attimo e il braccio robusto dell’uomo si alza, il pezzo di legno stretto nella mano e l’aria folle.

Un attimo e lui si schioda dal muro.

Una risata di scherno, un urlo di preghiera, un cuore che prende a battere furiosamente.

E non c’è più nessuno, non ci sono più conseguenze: si è semplicemente alzato è ha smesso di strisciare.





L’ho pubblicata davvero? Direi di si, ma chi me l’ha fatto fare?
Non so neanche come definire questa… ‘’cosa’’, storia mi sembra
 esagerato.
Premessa: è una storia che scrissi per partecipare a un concorso
ma dopo numerosi problemi con la giudiciA e ritardi mi sono ritirata.
 Quindi la storia non risulta come partecipante a un concorso.
La storia è stata scritta sulla base della citazione (messa all’inizio) e…
 boh, non so davvero cosa dire. E’ una storia che già pubblicai, prima
di cancellarmi dal sito un paio d’anni fa. Ora sono tornata e ci sto
 riprovando.
Non credo di dover dire qualcosa sulla storia, penso si spieghi
perfettamente da sola.  Ho preferito non dilungarmi molto, limitandomi
 a poche frasi ma (spero) buone. Insomma, ho preferito scrivere poco
 e magari arrivare a qualcuno, piuttosto che scrivere tremila cosa e rischiare
 di ripetermi.
Come al solito sono incapace a collocare ciò che scrive in un determinato
genere, quindi potrei aver sbagliato. Speriamo di no!
Non so davvero che altro dire, se non che ci ho messo una parte di me qui
dentro, essendo stata uno dei miei primi tentativi nell’originale e la ricorderò
 sempre con piacere.
Finisco dicendo che spero di non aver sminuito o sbagliato a descrivere una
 situazione così delicata e, purtroppo, così reale nei giorni nostri. Ci ho provato,
ho rischiato e spero di non aver urtato i sentimenti di nessuno.
paroledicarta
 
   
 
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