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Autore: Crow    23/10/2008    5 recensioni
Un pirata ed un marines...due esistenze opposte destinate ad intrecciarsi ancora. Seguito di FireHeart. Naturalmente SmokerXAce!!!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Portuguese D. Ace, Smoker
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata alla carissima Haku che mi ha sostenuta ed incoraggiata a continuare a scrivere ff .

 

 

The Unforgiven

 

Suoni ovattati come quello della pioggia che bagna questa terra ormai da giorni.

Come a voler sostituire un pianto che non uscirà mai, dettato da un orgoglio insano.

Come a voler lavare via il dolore che mi sta lacerando dal momento in cui ho avuto la notizia più sconvolgente della mia vita.

Avrei dovuto gioire per la tua cattura.

Dopotutto tu sei il nemico.

Lo scopo per cui esistiamo è che tu e quelli come te vengano affidati alla giustizia.

Ed invece, per la prima volta in tutta la mia vita, ho odiato me stesso per i due mondi che ci separano.

Un marines e un pirata.

Due esistenze opposte, totalmente differenti, che si sono intrecciate come guidate da un filo invisibile ed insidioso chiamato destino.

Che hanno scoperto di attrarsi l’un l’altro come la falena lo è dalla luce.

E non mi do pace, perché forse avrei potuto impedire che tutto ciò accadesse.

Avrei dovuto capirlo.

E non ho colto nulla in quegli occhi di brace, che non hanno mai smesso di fondersi con i miei, se non un sentimento così profondo e devoto che ogni volta che ci penso sento una fitta acuta al petto.

L’ho lasciato andare via.

Via da me.

E’ questa la verità.

E ancora una volta mi do dello stupido.

Perché dapprima avevo preso tutto come un gioco, un modo come un altro per variare la noiosa routine della serata.

Dopotutto, non ci si aspetterebbe mai che colui che stai cercando da giorni per metterlo alla gogna, si presenti nella tua cabina con uno strano sorriso in faccia e gli occhi carichi di malizia per una sfida diversa da quella affrontata in precedenza.

E non appena frapposi quell’esile corpo fra me e il muro, provai l’irrefrenabile desiderio di assaggiare quelle labbra sempre incurvate all’insù…

Di scoprire fino a quando quel tuo ghigno fastidioso e maledettamente seducente potesse resistere al mio tocco…

Di conoscere quale sapore potesse avere la tua pelle, sempre a contatto con il mare ed esposta al sole…

E così feci. Cedendo ad una tentazione troppo forte da ignorare.

Ma a giocare con il fuoco ci si può scottare.

Ed è questo che è accaduto a me.

Perché ti accorgi di tenere a qualcuno solo quando lo stai perdendo.

E quel moccioso sempre allegro e vitale, spesso con la testa fra nuvole, mi ha conquistato, prendendosi un posto in un cuore che credevo non potesse accettare uno come lui.

“Capitano Smoker, siamo arrivati. Cella numero novantaquattro” dice un mio subordinato, strappandomi via da quel mondo di certezze e ricordi in cui mi ero rifugiato.

E mentre le lunghe chiavi aprono la pesante porta di metallo della prigione di massima sicurezza di Impel Down, sento il mio cuore martellare furioso nel petto, quasi a voler uscire e scappare via da quello che è un incubo ad occhi aperti.                                       

Perché la cruda realtà, quella che preghi di non poter vedere, ora mi appare dannatamente nitida e chiara.

Gli occhi si abituano alla penombra della stanza, mentre colgo un odore di marcio misto a quello familiare del sangue, cui ormai ho fatto l’abitudine dopo numerose battaglie.

E lì, davanti a me, vedo l’oggetto dei miei pensieri e preghiere.

Non più un criminale.

Non più un pirata.

Non più il subordinato di Barbabianca.

Bensì un ragazzo inerme coperto di tagli ed escoriazioni.

Pesanti catene affisse al muro che serrano in una morsa polsi e caviglie, sporche del sangue di chi le porta.

Il corpo abbandonato in avanti, come se non avesse le forze per reggersi in piedi.

“Lasciaci soli” ordino con tono che non ammette obiezioni all’uomo accanto a me, il quale, ridacchiando soddisfatto per la cattura di una preda così ambita, si volta e scompare dietro la porta.

Deglutendo rumorosamente, mi avvicino accarezzandoti lievemente una guancia, come per paura che questo corpo martoriato si possa infrangere in mille pezzi davanti ai miei occhi.

Come per constatare che tutto questo sia reale.

“Moccioso” sussurro con voce che non pare più mia cercando il suo sguardo, che in questo momento è perso, fisso su qualcosa di indefinito e lontano.

“Sm... o.. ker…” bisbigli con un filo di voce prima di tossire sangue con una smorfia di disgusto e dolore.

“Shhh…” dico aiutandoti a metterti in posizione eretta, facendo sì che i nostri sguardi si incontrino, come quella notte, e ti portino a sorridere.

Un sorriso flebile ma vero su di un volto troppo pallido per appartenere al suo possessore.

“Che cosa ti hanno fatto? Che cosa ho fatto?” sussurro mesto carezzandoti i capelli attaccati al volto, avvertendo crescere in me una rabbia che credevo di non poter provare per nessuno.

Odio per coloro che ti hanno fatto questo.

Odio per chi ti ha tradito vendendoti come se fossi un oggetto.

Odio per lo stemma e l’ideale che ho sempre sostenuto fin dall’infanzia.

Odio per me stesso che ho permesso tutto questo.

“Non... ho… man... tenuto.. la… pro… messa...” dici poggiando pesantemente la testa sulla mia spalla prima di perdere i sensi, forse per lo sforzo appena fatto.

E in questo momento provo veramente il significato della parola paura.

Perché tu non puoi e non devi finire in questo modo.

Anche se può essere egoista, non voglio che tutto questo accada.

Perché senza di te, ormai, non sarei nulla, se non un guscio vuoto privo del suo cuore e della sua anima.

Perché ormai quel cuore appartiene a te.

Rubato da un pirata per cui non provo solo attrazione fisica.

E mentre accarezzo ancora quei capelli corvini, sussurro una verità finalmente ammessa sigillandola con un bacio su quelle labbra ora tagliate e sporche.

“Capitano, capitano!” grida il marinaio di prima aprendo la porta della prigione mentre io mi allontano bruscamente da quel momento di intimità.

“Che cosa vuoi?” ringhio rimanendo accanto al pirata dal cappello arancione.

“Barbabianca, Signore. Ci stanno attaccando!” dice lui tremando lievemente mentre sul mio viso compare un sorriso di speranza.

 

[End?]

 

 

Salve a tutti! Credevo di non rimettermi a scrivere così presto ed invece eccomi qua! Vorrei ringraziare tutti colore che hanno letto questa mia fic e magari lasciato un commento…un impressione non uccide nessuno no?

Un ringraziamento speciale va ad Haku e hanel che hanno commentato la mia prima fic.

Ps: naturalmente un inchino alla grande airis! Grassie per la tua pazienza g____g

こんにちは !

  
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