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Autore: Kucchan_    09/11/2014    0 recensioni
[SOSPESA]
La guerra è ormai finita. Tutto sembra essere tornato alla normalità, quando il quinto Hokage chiama i quattro team: a quanto pare al Villaggio della Sabbia sono apparsi nuovi nemici.
Abilità rubate, tecniche misteriose e rapimenti!
Riuscirà Naruto a superare anche questi ostacoli?
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ATTENZIONE!
Ho provato ad immaginare il finale del manga in modo diverso: la guerra finisce con la morte di Obito e Madara, Kaguya non verrà nemmeno nominata.
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Buona lettura! Spero tanto in una recensione!
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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Abilità Innata
 
Naruto fece per saltare e inseguire quella donna. In fondo, era ancora visibile, e acchiapparla sarebbe stato un gioco da ragazzi: che sia stato per il peso che portava sulle spalle, o per i tacchi – un po’ scomodi per correre sulla sabbia, forse –, Ran Mao correva abbastanza lenta da essere raggiunta in pochi secondi.
«Fermo!» gli intimò Kakashi, prima che Naruto potesse fare alcuna mossa.
«Kakashi-sensei! Se non la inseguiamo ora, non avremo più alcuna possibilità di rintracciarli!» osservò giustamente il biondo.
«Naruto, posso capire quello che provi, ma ora dobbiamo ragionare. Solo in seguito potremo attaccarli e sconfiggerli veramente.»
«E poi abbiamo un’informazione davvero utile», aggiunse.
Tutti lo guardarono ansiosi di sapere cosa nascondesse l’uomo dai capelli grigi.
«Quei ninja – continuò serio lui – appartengono al villaggio del Suono. La maschera del ragazzo misterioso aveva una nota musicale intagliata proprio in alto, al centro. In più, quel tizio attaccava usando onde sonore. Tutto torna. Ora ci serve solo qualcuno che resti qui per riportare l’ordine.»
Sakura e Ino si fecero avanti: «Io penserò a curare Kankuro e Temari», affermò la prima. «E io le farò da assistente, e creerò le medicine adatte. Faremo di tutto per salvare le loro vite!»
Anche Shino prese parola: «Io posso restare qui; comunicheremo con il villaggio della foglia attraverso i miei insetti. In più, posso creare una barriera intorno al villaggio. Non durerà più di due giorni, ma…»
«Shino!» chiamò Kurenai. «Non farlo. Rischi di stancarti troppo, e se dovessi finire il chakra, tu…»
«Non si preoccupi, sensei! Siamo qui apposta!» sorrise Ino.
La maestra, però, non pareva del tutto convinta: «Ragazze… Vorrei davvero darvi il mio consenso, ma non posso permettere che succeda qualcosa a uno dei miei allievi!»
«Resterò anche io! Aiuterò io Shino!» assicurò convinto Kiba.
«Lo faccia andare, sono sicuro che andrà tutto bene.» invocò Gai.
Kurenai fissò per qualche istante la rena.
«Io…»
Sospirò.
«E va bene. È tutto nelle vostre mani. Buona fortuna, e non sforzatevi troppo!»
I membri della Foglia rimanenti ripresero la via per il Villaggio della Foglia.
Solo Kakashi si voltò, per ordinare un’ultima missione: «Indagate bene su quei due individui, durante questa spiacevole permanenza alla Sabbia. Tsunade ha detto che un terzo ninja stava attaccando il villaggio, mentre…»
«Sì. Ce n’erano solo due» rispose pronta Ino, mentre Kakashi si stava già voltando.
Il ragazzo incappucciato chiamò i suoi insetti, e, con quelli, sollevò i due corpi feriti dei fratelli della Sabbia.
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Quel posto era più che spaventoso: una grande grotta scura, situata nel bel mezzo di un bosco, ospitava pipistrelli e qualche biscia. Stalattiti pendevano dall’alto, stalagmiti spuntavano dal terreno, qua e là. Durante il tragitto, dall’entrata – accuratamente sigillata con un dispositivo che permetteva solo a chi possedeva quella pietra di entrare – alla base, c’erano diversi bivi, e le probabilità di perdersi erano piuttosto alte.
Alla fine di quest’intrico di strade e stalagmiti, si giungeva ad una grande stanza, con qualche strano congegno situato sulle pareti.
«Ran Mao.» una voce profonda echeggiò nella cava. «Finalmente ci sei anche tu…»
«Mi scusi, non era mia intenzione raggiungerla in ritardo. Ho avuto qualche contrattempo.»
«Mph. Ti scuserai più tardi. Akazawa ha già preso l’abilità della kunoichi, ora tocca a te.»
Ran Mao annuì, poggiò il corpo del Kazekage su uno di quegli strani meccanismi e gli premette forte la testa con la mano destra.
La pietra brillò di nuovo, ma questa volta si spense subito.
L’uomo misterioso, di cui non si riusciva a distinguere il volto a causa della troppa oscurità, porse una mano – sempre la destra – verso la donna, la quale la strinse.
E di nuovo quel chiarore luccicante, che illuminò la stanza come un sole all’alba.
Si riuscì appena ad intravedere quel viso serio di colui che si presumeva fosse il capo, e il bagliore sparì per l’ennesima volta.
«Perfetto» sorrise il misterioso individuo. «Ora va’ a riposare. Ho già individuato altre prede…» l’eco si sciolse nell’antro, mentre Ran Mao, oramai col fiatone, tornava in camera.
 
La porta cigolò.
«Ran! Sei qui, allora.»
Il ragazzo mascherato chiuse la porta alle sue spalle, per andare a sedersi sul suo letto.
«Dove dovrei essere? Questa è l’unica camera che abbiamo a disposizione» commentò in risposta la sua compagna, per poi rigirarsi dall’altro lato.
«Mh, hai ragione. Comunque – continuò, alzandosi dal letto –, questo è per te»
Porse a Ran Mao una busta di plastica. Lei l’aprì, senza nemmeno assicurarsi del contenuto. Ormai conosceva il suo compagno, sapeva già che all’interno avrebbe trovato la solita cosa.
Estrasse un dorayaki* e lo addentò, sorridendo.
In fondo, gli anni passavano, i tempi cambiavano, ma lui no.
Lui era sempre l’Akazawa che aveva conosciuto ventun’anni prima, quando entrambi erano due piccoli genin intenti ad allenarsi per diventare i ninja più forti.
Sì, ricordava ancora quei bei tempi in cui lui era un ragazzino, di quattro anni più piccolo di lei, che però la difendeva sempre.
La invitava spesso a mangiare quegli amati dorayaki sulla riva del fiume che scorreva a pochi passi dal Villaggio del Suono. E poi finivano per trascorrere interi pomeriggi a divertirsi nell’acqua, a guardare il tramonto abbracciati. E a nessuno importava se la gente li scambiasse per fidanzatini o qualcosa del genere. Loro sarebbero rimasti insieme, a qualsiasi costo, perché un’amicizia del genere, diceva lei, non era mai esistita. Loro erano una cosa sola, un unico cuore che condivideva gli stessi ideali.
E se ora si erano ritrovati a rubare abilità innate ai ninja innocenti, era solo per soddisfare i piani del capo, che in cambio gli aveva promesso in cambio la resurrezione di Toru, il piccolo chunin che era morto per salvare la sua compagna, accidentalmente caduta da un dirupo montano.
E se ora non aveva potuto realizzare il suo sogno – poter apprendere ogni tecnica ninja, e diventare il ninja più forte per poter regalare ai suoi compagni qualsiasi cosa loro avessero necessitato, a partire dalla felicità –, pensava Ran Mao, era solo colpa sua. Sua e di quella dannata collanina caduta nel fiume, che lei aveva tentato di riprendere, rischiando la morte.
Ran mao, l’aveva salutata, non dimenticarti mai di me. Accetta l’amore del tuo compagno e lotta con lui per poter essere la donna più felice del mondo. Sii forte, non mollare mai, qualsiasi cosa succeda!
Eppure, sia lei, sia Akazawa, sapevano benissimo che il capo li stava solo sfruttando, e non avrebbero mai riavuto indietro il loro compagno.
«Akazawa…» lo guardò. Aveva appena tolto la maschera, per poter gustare quel dorayaki dopo una faticosa giornata. I suoi capelli blu notte erano appena visibili, alla luce delle candele, che emanavano una fragranza di fragola e arancia. Il ninja continuava a scostare quel fastidioso ciuffo dall’occhio: ormai non vedeva quasi più.
I suoi occhi rossi potevano incutere timore, a prima vista, certo. Però, in quella stanza così malridotta, erano come un barlume di luce e di speranza.
Ran Mao si avvicinò al compagno, posando il suo dolce da poco morsicato sulle lenzuola smeraldine. Prese un kunai dal cassetto del suo comodino, poi si inginocchiò dinnanzi all’amico. «Stai fermo» ordinò.
Sebbene all’inizio l’amico aveva tentato di dimenarsi, forse per paura che l’amica lo volesse uccidere, lei l’aveva congelato a seduta stante, impedendogli qualsiasi movimento.
Prese il ciuffo fra le mani e… Zack!, in pochi secondi era molto più corto di prima.
Sciolse il ghiaccio che s’era creato attorno ad Akazawa e gli porse uno specchietto di ghiaccio.
«Il mio ciuffo! Perché diavolo…» tentò di protestare lui.
«Fai silenzio.»
«…» Strano ma vero, obbedì. Oramai era tradizione che la giovane kunoichi lo ammonisse così, un po’ come se fosse un cagnolino.
«Il nostro prossimo obiettivo – disse in seguito lei – saranno i ninja della Foglia. Ne sono sicura».
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Naruto continuava a rigirarsi nel letto. Sinistra, destra, sinistra, destra. Aveva solo tre scelte: osservare la finestra e lo stupendo panorama, oppure osservare il muro bianco, oppure il soffitto e il lampadario.
Dormire non era una delle possibili opzioni. Era tutto il giorno che pensava a Hinata e Gaara, i suoi compagni, che l’avevano aiutato a crescere, nonché amici d’infanzia.
Si alzò, ed optò per la prima opzione. Konoha, di notte, era un luogo magnifico.
Si affacciò alla finestra, ripensando a tutta la sua vita e alle persone conosciute sino ad allora.
Amici e nemici, ne erano morti tanti: Zabuza e Haku, Dosu, Kin e Zaku, il quintetto del Suono; Asuma, Neji, Obito e Madara… E poi c’era anche il suo maestro Jiraiya, e l’Organizzazione Alba. Di gente ne aveva vista, aveva dovuto lasciar andare molti dei suoi amici. Ma non sarebbe morto più nessuno. La guerra era finita. I nemici erano scomparsi, quasi tutti.
Saltò sul tetto, ancora in pigiama, e osservò il panorama immerso ancora nei suoi pensieri. Ma poi, squadrando le case una ad una, arrivò a villa Hyuga. Socchiuse gli occhi, e ripensò nuovamente alla morte di Neji. Chissà quanti dispiaceri doveva affrontare Hiashi! La morte del fratello, prima di tutto. E poi c’era stata la morte di sua moglie, di Neji e… No, Hinata era ancora viva, questo lo sapeva già. Hanabi ormai doveva avere all’incirca quattordici anni, e non poteva perdere la sorella proprio nel periodo più difficile: l’adolescenza. Ripensò ancora a quando Hinata aveva pianto per il cugino, e… gli aveva afferrato la mano. L’aveva risvegliato da quel dolore che stava provando, proprio mentre stava per cadere nelle mani del nemico. Hinata c’era sempre stata. E ora sarebbe stato lui a salvarla.
Rientrò in casa, prese la sua felpa arancione, e, senza curarsi del pigiama che portava ancora, la infilò. Poi si cambiò in fretta e furia i pantaloni, si lavò il viso ed uscì.
Tre e dodici. Tre ore e dodici minuti erano passate dalla mezzanotte, quando era tornato a casa dopo la scorpacciata da Ichiraku e le riflessioni al parco.
Uscì di soppiatto dal villaggio e imboccò un vialetto, che portava dritto al Villaggio del Suono. Lo sapeva, perché Sasuke gliene aveva parlato tanto.
Gli aveva parlato di quando era andato lì, in cerca di potere, e Orochimaru gli aveva proposto le più svariate case. Alla fine, Sasuke, aveva risposto «mph» a tutti i suggerimenti e aveva optato per quello schifoso covo, nascosto sottoterra.
Eppure, gli aveva detto più volte, il Villaggio del Suono era un posto piuttosto ospitale – se non fosse stato per gli abitanti – e la via per raggiungerla era semplicissima:
«per di qua, poi prendo questa strada e… ‘Villaggio del Suono’! Ho trovato la via giusta!» esultò il biondo leggendo i cartelli. Ora doveva solo entrare. Entrare e scoprire.
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Hinata continuava a gemere; sentiva un forte dolore al capo e alla fronte, ma, per quanto si sforzasse, non riusciva a capire cosa fosse. Aprì lentamente gli occhi, e si guardò intorno. Finalmente capì: se non riusciva a muovere gli arti, era perché qualcuno l’aveva legata. Ma perché, e quando? L’unica cosa che ricordava era quel viaggio che stava conducendo fino alla Sabbia, ma poi, mentre correva col suo team, era successo qualcosa, e ora si trovava in quel luogo oscuro. Ecco, mancava solo un pezzo del puzzle e l’avrebbe risolto! Ma dove trovarlo, quel pezzo? Questo era il dilemma più grande, ma, per quanto si sforzasse di capire, non le veniva in mente nulla.
Girò la testa verso la destra. «Gaara! Cosa ci fai qua? Intendo... perché...»
«Siamo stati rapiti, Hinata.» Il Kazekage non lasciò che lei finisse la frase: ormai aveva già capito cosa stesse per chiedergli. «Prova ad usare il tuo Byakugan.»
Hinata chiuse gli occhi e li riaprì pochi istanti dopo. “Byakugan!”
Con suo stupore, notò che non aveva funzionato. Eppure aveva richiamato il chakra, si era concentrata e... insomma, aveva fatto tutto ciò che era necessario. «Non... non funziona!», esclamò poi, sull’orlo della disperazione.
Gaara abbassò lo sguardo. Per quel poco che si vedeva, la Hyuga avrebbe potuto giurare che stesse quasi per piangere. «Come temevo... Nemmeno io riesco ad usare la sabbia. Credo proprio che ci abbiano privati della nostra abilità innata.»
Una luce abbagliante invase la sala: qualcuno aveva scostato la roccia che si trovava all’entrata della cava.
«Vedo che siete svegli.» sussurrò quasi una voce maschile, profonda.
Quella luce che s’era creata negli occhi della blu si spense subito: aveva sperato troppo a lungo che Naruto l’avrebbe salvata un’altra volta, e, nel notare che quell’ombra non era del suo amato, si rattristò nuovamente.
L’uomo le si avvicinò, posandole una mano sul mento, sollevandolo leggermente: «Su, non desolarti. – il suo sorriso si fece più cattivo e soddisfatto quando Hinata corrugò la fronte e spostò altrove lo sguardo. – Questi occhi ti donano molto, non trovi?» domandò.
La ragazza spostò subito il viso in direzione del compagno di sventure: cosa intendeva l’uomo?
Il Kazekage, grazie alla luce che aveva invaso la stanza, riuscì a intravedere le sue iridi. Sgranò gli occhi, balbettando qualche sillaba. Dov’erano gli occhi perlacei della Hyuga? Perché, ora, quello sguardo così sereno era diventato cupo e colorato dei colori delle tenebre? Nero, nero, non c’era un po’ di luce, nemmeno un pizzico. Cosa le avevano fatto?
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I lampioni illuminavano la strada, che, mossa dall’ansia e dal terrore del ragazzo, sembrava ondeggiare e roteare intorno a lui.
Copiose lacrime punteggiavano il terreno e i ciottoli che lo coprivano.
Ormai aveva chiesto a tutti, proprio a tutti. Ma nessuno conosceva un criminale trio che rapiva gente. Perché? Stavano forse tacendo per ordine di qualcuno, o veramente non ne sapevano nulla? Eppure, i due tizi che avevano visto, appartenevano al Suono, e nessuno poteva negarlo.
«Cerchi qualcuno?» chiese una voce alle spalle di Naruto.
Lui si girò di scatto, dapprima felice di aver trovato un aiutante, poi spaventato: abbigliamento singolare, che comprendeva una maglia blu con rifiniture rosse, e dei semplici pantaloni neri; per finire, una maschera. Una maschera grigia scura e dei capelli blu notte che si muovevano come il vento ordinava.
Naruto inarcò le sopracciglia, richiamando il chakra di Kurama.
Piegò un gomito accanto al suo fianco, e iniziò a far roteare il chakra.
«Ridacci Hinata e Gaara!» urlò mentre sferrava quel potente attacco contro il nemico. Quest’ultimo si scostò all’ultimo momento, facendo sbattere l’Uzumaki alla parete.
«Se credi di sconfiggermi così, ti sbagli di grosso!», sbraitò l’uomo mascherato.
«Mi hai rubato le parole di bocca, sai?» ribatté l’altro.
Naruto, deciso a sconfiggere quel mostro, sollevò la mano destra, pronto ad accumulare e modellare il chakra per creare un Rasenshuriken. Ma, proprio mentre il chakra, celeste e luminoso, stava per assumere la forma giusta, un’acutissima nota echeggiò nell’aria notturna del villaggio del Suono, facendo sparire quella sfera tinteggiata delle sfumature d’azzurro.
Un’altra nota.
Naruto si accasciò per terra, cercando di coprirsi le orecchie in tutti i modi possibili.
Un’altra nota.
Il chakra di Kurama iniziò a sparire.
E ancora un’altra, fastidiosissima nota.
Ormai il biondo non si teneva più in piedi.
Akazawa si avvicinò al ragazzo, poi si tolse la maschera.
Quegli occhi rossi, che quasi brillavano in quella notte senza vita, incrociarono lo sguardo del Jinchūriki. «Sei spacciato» sibilò con un sorriso stampato in faccia il ninja.
Chiuse un momento gli occhi, come per concentrarsi, e li riaprì, puntando lo sguardo sempre più divertito sulle iridi azzurre e stanche – ma ancora speranzose – del ninja che aveva di fronte.
Tutto diventò nero. Non era possibile distinguere le varie sagome e ombre, ma dall’enorme quantità di chakra del nemico presente in quell’area, Naruto aveva intuito – purtroppo, troppo tardi – di essere caduto nella sua famigerata Arte Illusoria.
«Allora,» Akazawa azzardò qualche passo. «ti piace questo posto?» seguì una risata, poi, silenzio.
Naruto si stava ancora guardando intorno. Dove finiva quello spazio? Era davvero così immenso, o, addirittura, infinito? Sollevò gli occhi. Un’enorme sfera rossa rischiarava quel cielo oscuro. «Un... occhio?»
Il sadico sorrise di nuovo. «Sì. Gōmon no Me, l’Occhio della Tortura. Sai, se lo osservi troppo...» fece una pausa, osservò il ninja.
Gli ricordava se stesso, quand’era piccolo. Richiamava alla memoria quando era così determinato a salvare i suoi amici, che aveva deciso di farlo da solo, affrontando pericoli e paure... E poi aveva accettato di lavorare per quel porco – così lo chiamava, data la sua avidità e le sue manie per le donne e ogni tipo di tortura erotica –, per salvare la vita di Toru, il suo migliore amico nonché rivale. Era arrivato perfino a quello, ancora convinto, anche se solo per finta, che un giorno l’avrebbe riavuto; e avrebbero nuovamente lottato contro i nemici del villaggio, si sarebbero scontrati per decidere chi avrebbe dato l’appuntamento a Ran, che li osservava imbarazzata. Eppure, nel profondo di sé, all’ombra di quei sentimenti oscuri e cattivi, sapeva benissimo che Toru non sarebbe tornato. Che se il destino aveva deciso così, probabilmente, non doveva richiamarlo alla vita, ma lasciare che si godesse quello che veniva chiamato ‘altro mondo’.
Ricordati di me, gli aveva detto prima di schiantarsi. Ricordati di me come il miglior shinobi, e conquista l’amore e la fiducia di Ran Mao. Fallo al posto mio. Cresci, diventa il ninja più forte del mondo, rendi felice colei che sarà la tua ragazza, e non arrenderti mai. Mai.
Così l’aveva lasciato, piombando da quel precipizio infame, che non l’aveva risparmiato, spezzando l’unico appoggio su cui i piedi e le ginocchia dell’amico erano posate.
 
Naruto sentii qualcosa colpirlo da dentro, come se lo stesse divorando. Cosa? Questo non riusciva a spiegarselo.
“... Se lo osservi troppo...”? Cosa succede, se lo osservi troppo?
«...Insomma, l’avrai già capito. Lo senti anche tu? Quel chakra affamato che ti sta mangiando?» concluse lui.
Un kunai apparve nella sua mano destra. Gocce violacee di veleno e odio puro caddero dalla punta di quell’arma.
«Sarà divertente, Naruto-kun.»
Delle catene rosse sbucarono dal terreno, che si faceva sempre più caldo – o meglio, bollente –, immobilizzando il corpo del giovane ninja.
Akazawa si spostò quasi fulmineamente dietro di lui, iniziando a strappargli e lacerargli la felpa arancione col kunai avvelenato.
«Sai... una tortura è più divertente se svolta lentamente.» ghignò. Poco dopo, decise di iniziare a procurargli corti ma profondi taglietti sulla schiena, divertendosi molto nel sentire le urla dell’Uzumaki, che intanto tentava – invano – di usare un qualsiasi jutsu.
«Mi spiace, ma è tutto inutile. – Fece una piccola pausa. Mentre Naruto ansimava e pensava a tutti i metodi possibili per richiamare perlomeno il chakra di Kurama, lui si godeva soddisfatto la scena. L’occhio rosso che riempiva il cielo di quella prigione così oscura li osservava dall’alto. Sospirò. - La mia Arte illusoria fa perdere il controllo del chakra. In pratica... non potrai più usarlo per un bel po’.», concluse.
Proprio in quel momento, l’illusione svanì.
«Shannaro!» una figura piombò giù dal tetto di un palazzo di quel villaggio, colpendo con un potentissimo pugno il terreno accanto al ninja dell’Arte illusoria. Miliardi di pezzi di rocce, terra e sassolini si sollevarono in aria, facendo volare a molti metri di distanza il nemico – e anche Naruto.
Sakura si precipitò per andare a prenderlo prima che si schiantasse al terreno.
«Naruto, sei un idiota!» lo sgridò lei.
L’Uzumaki schiuse gli occhi, si guardò intorno. Poi notò, a stento, il Byakugo verde acqua che brillava sulla fronte della rosa, donandole una bellezza ancora maggiore a quella che già additava. La leggera brezza notturna le scostò i capelli dalla fronte, rivelando i suoi graziosi occhi verdi osservare il nemico, decisi e furenti nello stesso momento.
«Sakura!» un altro ninja atterrò con un balzo sul terreno semi-roccioso ormai in pezzi.
Naruto non fece in tempo a riconoscere la voce e notare i suoi capelli scuri, che chiuse gli occhi cadendo addormentato.
L’Haruno poggiò il giovane ninja accanto a un edificio, poi si sistemò i guanti color pece e inarcò le sopracciglia. Ora che era lì, non poteva fallire, non di nuovo.
Da piccola era sempre stata classificata come la ragazza debole. Non era mai riuscita a restare al passo con i suoi compagni... Aveva tentato di sconfiggere vari nemici, aveva rischiato la morte per salvare Sasuke... ma aveva fallito. E poi, durante la guerra, aveva finalmente ottenuto ciò che desiderava: il perfetto controllo del chakra, e la potenza; aveva finalmente raggiunto  Naruto e Sasuke, erano finalmente tornati il Team 7, più potenti che mai.
E se adesso aveva raggiunto quella posizione doveva mantenerla, combattendo ancora.
Strinse i pugni.
«Lee.» chiamò. Il compagno si girò, osservandola con una forte luce negli occhi, pronto a catturare quell’uomo e consegnarlo ai ninja sensitivi. Finalmente avrebbero scoperto dove Hinata e Gaara erano tenuti prigionieri! Entrambi annuirono col capo.
Fecero per iniziare una corsa verso il nemico, quando lui li anticipò: «Mi spiace, ma temo di non potermi trattenere troppo qui. Due ninja insieme sono troppo forti, secondo i miei gusti... Lo faremo la prossima volta, va bene? Quando mi sarò preparato. Sarà divertente.»
La sua figura iniziò a dilatarsi. «Eccome...» Pronunciata quella parola, esplose in una nube di fumo fucsia e azzurro, mentre un rimbombo assordante contagiava l’aria silenziosa e pulita del Villaggio del Suono.
Sakura sciolse i pugni per coprirsi le orecchie, ma, non appena si accorse che quel suono era cessato, le scostò, voltandosi verso il compagno.
«Naruto! Smettila di cacciarti in questi guai, per favore. Se Shino non ci avesse avvertiti in tempo...» si chinò, e raccolse qualcosa dal risvolto del colletto della felpa arancione dello shinobi. Un insetto.
«Questo radar ci ha permesso di capire dove ti trovavi. Sapevamo già che saresti corso qui, per ritrovare i tuoi amici.»
La rosa prese per mano l’Uzumaki, mentre Rock Lee li osservava soddisfatto.
Certo, non era riuscito a sconfiggere il nemico, ma almeno aveva contribuito a salvare la vita del compagno.
I tre presero la via per il villaggio della Sabbia: il più vicino.
Restare in quel luogo non era di certo sicuro, in quella dannata situazione. Sakura avrebbe curato Naruto, per poi riaccompagnarlo alla Foglia.


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«Hinata, eh? È un nome molto grazioso, devo dire. E... dimmi, ti andrebbe di divertirti un po’ con me?»
La Hyuga continuò a tacere, fissando il pavimento. Se solo qualcuno fosse arrivato lì... Avrebbero potuto scoprire di più! E sicuramente quello schifoso pervertito sarebbe morto.
O almeno, così sperava... Non aveva la certezza di quali fossero i suoi poteri, ma tutto quello che conosceva di lui, per il momento, erano la testardaggine e la perversione.
L’uomo prese a tirare giù la cerniera della maglia di Hinata, la quale continuava a mandare occhiatacce.
Ma, proprio mentre stava per arrendersi, qualcuno entrò.
Gaara spalancò gli occhi: «Voi?»
Le due figure sulla soglia, illuminate da dietro, fecero un passo avanti: «Noi.»


 
Capitolo 2 – fine.
 


--------------------------------------------------Note!
Eccomi qui. Con parecchio ritardo, ma eccomi qui XD
Dunque... Premetto che so che l'abilità di Gaara non è innata (almeno, così mi dice l'enciclopedia di Naruto...), ma ho voluto che le cose andassero così e basta u.u
In fondo rapire Gaara è mainstream, ormai! XD
Umh... Non ho molto da dire. 

Note:
*dorayaki: è un tipo di dolce giapponese composto da due pancake formati a partire dalla kasutera (impasto simile al pan di spagna) e riempito al centro con l'anko, una salsa dolce rossastra ricavata dai fagioli azuki. [Fonte: Wikipedia]

--------------------------------------------------------------------EXTRA 2: Akazawa----------------------------------------------------
Nome >> Akazawa
Cognome >> //
Provenienza >> Villaggio del Suono
Numero di identità ninja >> //
Immagine>> 
 (Questa fa più schifo della precedente :3 Non è colpa mia, lo giuro, ma non so disegnare :/)
Compleanno >> 24 luglio (29 anni - Leone)
Altezza >> 174 cm
Peso >> 53,2 kg
Gruppo sanguigno >> AB
Carattere >> Sadico, eccentrico, sicuro di sé
Colore preferito >> Viola
Cibi preferiti >> Dorayaki, dango
Cibi odiati >> Verdure (fatta eccezione per i pomodori e le carote), cibi amari
Hobby >> Inventare nuove torture
Cose preferite >> Bambole di pezza o bambole voodoo
Cose odiate >> Le persone poco loquaci, le cose troppo precise
Natura del chakra >> Vento
Abilità innata >>
 Gōmon no Me, un particolare occhio simile allo Sharingan, che gli permette di creare Arti illusorie e suoni vari.
Abilità >> Combatte maggiormente con i suoi suoni, spesso combinati con l'Arte Illusoria. Può sdoppiarsi e far esplodere i suoi cloni in tanti trilli acuti.



 
  
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