Storie originali > Generale
Ricorda la storia  |      
Autore: Evanescente84    09/11/2014    0 recensioni
È triste pensare che alla fine conti solo per l'apparenza...nonostante le belle parole che si sentono in giro, cioè se sembri un mostro sei un mostro, se sembri normale allora sei ok...e poi chi è davvero normale?
Ma mi sto allontanando...allora la trama: c'è un ragazzino che decide un giorno di trasformarsi in un mostro (letteralmente) e osserva tutto dal punto di vista mostro. È poi così diverso?
Genere: Demenziale, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

« sai cosa penso?» chiese Marco al suo amico.
«pensi che dovremmo andare a giocare fuori perchè è una bella giornata?»
«Ma va, scemo. Penso... ti immagini se ci fosse una maniera per dimostrare che solo se siamo noi stessi verremo accettati...»
Alessio, l'amico, strabuzzó gli occhi. «Marco stai bene? Non ci sto capendo niente...» si grattò la testa, forse per vedere se cliccando qualche neo segreto non diventasse magicamente intelligentissimo.
«Per esempio, tu la conosci la storia di Frankenstein?»
«No» ammise Alessio sentendosi un perfetto ignorante.
«Beh, parla di questo mostro, con la faccia verde, che si nutre di energia, che è stato creato da uno scenziato...ma questo scienziato, suo padre, non lo ama perchè è brutto. Perció il mostro diventa cattivo. »
« non capisco dove vuoi arrivare»
«insomma il mostro in realtà non era cattivo ma lo diventa...perchè tutti credono che sia cattivo. Perchè tutti pensano che le persone brutte siano cattive...»
Per quanto Alessio si sforzasse di capire la sua faccia era un punto interrogativo.
«Ale» continuò Marco, accorgendosi del dubbio dell'amico « tu mi vorresti bene anche se io diventassi un mostro?»
« Certo che ti vorrei bene! Siamo amici. ...basta che non tenti di uccidermi...»
« ahahah ...e se ci fosse un modo?..»
«Che?!»
«sì, un modo per dimostrare che se io divento un mostro mamma e papà mi vogliono bene lo stesso...»
« ah, pensavo un modo per tentare di uccidermi» fece un sospiro di sollievo. Poi continuò: «mmm, fammi pensare...» si massaggiò il mento come vedeva fare ai grandi quando pensavano. Se avesse avuto una barbetta se la sarebbe massaggiata, ma difficilmente uno a nove anni ha la barba...
I pensieri sulla barba gli avevano fatto perdere il filo conduttore...ah già! « so che c'è uno di quinta che sa tutto...» concluse trionfante come se avesse trovato il rimedio per una malattia incurabile.
«Sì, Raffael, è l'intelligentone della scuola, non ci avevo pensato...» concluse Marco «Dici che lui ce l'ha una pozione per farmi diventare un mostro?»
«sicuro!»
Marco ci pensó su un attimo. In effetti Raffael sapeva tutto, faceva ogni genere di invenzioni... Si diceva fosse riuscito a creare la pozione dell'invisibilità, e anche una macchina del tempo e chi più ne ha più ne metta...
Ma ci si poteva davvero fidare di lui? E se la pozione fosse stata una fregatura? E se avesse avuto effetti collaterali?
« provare non costa nulla» disse Ale come leggendogli nella mente.
Si scambiarono un'occhiata complice.

«SEI SICURO DI VOLERLO FARE?»
Il rumore rimbombava per tutta la stanza tanto che Ale era costretto ad urlare all'orecchio del suo amico.
La stanza faceva quasi paura, con bocciette rotte ovunque e un unico letto da ospedale in centro.
Sopra era disteso Marco, tutto su di giri. Non l'aveva mai fatto prima, sapeva che era una cosa da pazzi ma...
«sta funzionando...»
Una luce investì tutta la stanza disordinata, che in realtà era il box della casa di Raffael. Un rumore assordante riecheggió come un tuono.
Beh, non voglio stare qui a spiegare perchè o per come ma fatto sta che Marco si trasformó veramente in un mostro.
Era gigante, altissimo di un colore giallo fosforescente, tutto ricoperto di peli. Anche in faccia non si distinguevano il naso e la bocca.
Da là in alto sembravano tutti dei bambini della materna.
Marco si guardó le mani. Erano ricoperte di pelo giallo, con delle unghie color crema che sembravano denti di squalo. Erano grandi quanto una palla da basket.

Gli occhi di Ale e di Raffael erano sbarrati. Come se avessero visto un mostro (e in effetti era proprio quello che stavano guardando).
Ale si precipitò al tasto di apertura del cancello, stava tremando e le sue mani erano sudaticce. Ogni due per tre si girava verso il mostro, come se avesse dimenticato il suo terribile aspetto, poi si rigirava di scatto terrorizzato. Sembrava posseduto. Agitava le mani con foga, come se fosse stato inseguito dalla morte con tanto di falce e cappuccio...
Finalmente, dopo aver tirato pacche al muro alla ricerca del prezioso pulsante di apertura, riuscì ad aprire il cancello.
I due ragazzini fuggirono urlanti con le braccia al cielo.

Intanto Marco li guardava allontanarsi, e non sapeva se ridere per il modo in cui erano scappati o piangere per il fatto che fossero scappati da lui. Nel mentre restó immobile con lo sguardo fisso nel punto in cui era sparito il suo amico.
Sembrava si fosse dimenticato che il mostro non era un vero mostro ma era lui, Marco.
Ma di fatto sembrava proprio un mostro (perció non lo chiameró piú Marco ma Mostro)

Allora, Mostro non sapeva cosa fare. Ma sapeva che doveva assolutamente uscire dal garage.
Cosa avrebbe fatto poi? Dove sarebbe andato? E come senza che la gente scappasse via urlando? Come avrebbe fatto con la scuola? E i suoi genitori?
Iniziò a pentirsi di aver avuto quella brillante idea del mostro...
Comunque adesso il suo colore si distingueva come bianco su nero. Era un pugno in un occhio praticamente.
Mostro si alzò. "ok, prima andiamo da mamma e papà, loro capiranno, e cercheranno di tirarmi fuori dai guai" disse a sè stesso pieno di speranza. S'infilò un giaccone a caso che durante l'esplosione era finito per terra insieme all'appendiabiti.
S'infilò un cappello gigante e uscì.
Nonostante il cielo promettesse pioggia Mostro, così bardato: con tanto di pelliccia cappotto e cappello, aveva caldissimissimo.
Si diresse deciso verso casa sua, alla fine della via. Si guardava intorno sospettoso. Non voleva essere visto, ma il suo basso profilo era talmente esagerato che in pratica ogni persona nella via aveva gli occhi su di lui. Probabilmente si chiedeva perché un signore sproporzionatamente alto camminasse velocemente sul marciapiede guardandosi intorno, senza neanche vedere dove stesse andando. Infatti il nostro eroe, preso dalla mania di guardarsi intorno, finì dritto dritto addosso ad un palo.
"ahi" si toccó il naso e si accorse che la sua nuova faccia ne era sprovvista. Era tipo Voldemort ma peloso...
Finalmente arrivó al suo isolato, bussó il campanello.
Il cuore gli martellava come un tamburo ad una parata...
Chissà che effetto avrebbe fatto ai suoi genitori? Avrebbero urlato? Avrebbero chiamato la polizia? E lo avrebbero arrestato per...boh per essere un mostro e non avere il naso?
Se avesse avuto le sue mani si sarebbe mangiato le unghie, ma quelle manone che si ritrovava erano scomodissime e troppo callose...
Apriprono la porta.
Il suo cuore smise di muoversi come il suo respiro.
Era la mamma.
« Che cosa vuole signore?»
Mostro si guardó intorno, poi realizzó che era l'unico. Il signore era lui.
Sua madre non l'aveva mai chiamato cosí.
Si tolse il cappello.
Avrebbe voluto gridare a squarciagola «mamma, mamma! Sono io! Sono Marco! Ho fatto una cosa terribile...e forse non ci credi...»
Ma non uscì niente dalla sua bocca. Aveva paura.
"dai, provo con un buongiorno e poi un bel sorriso" si disse.
Ma appena diede voce al buongiorno gli uscì qualcosa di spaventevole. Una voce da mostro. E il sorriso che cercava di fare, per quanto si sforzasse, assomigliava molto piú ad un ghigno feroce.
La mamma sgranó gli occhi.
«Aiutoooo, un mostrooo!!!»
E svenne tra le braccia di suo marito. Il papà appena vide Mostro, perseverante nel suo sorriso da poker face, svenne anche lui tra le braccia del divano.

Mostro si guardó quelle mani troppo giganti. Entró in casa e sistemó il piú dolcemente possibile una coperta sui suoi genitori sul divano. Avrebbe tanto, ma tanto, voluto accarezzarli, abbracciarli, ma con quelle mani gli era impossibile.

Lo sguardo gli cadde sullo specchio nell'ingresso, quello per cui doveva salire su una sedia, di solito, per vedersi tutto intero. Ora non aveva bisogno di nessuna sedia.
Si guardó allo specchio. Del vecchio piccolo Marco non era rimasto niente, adesso c'era solo un mostro, giallo evidenziatore e sudaticcio, senza naso e con una barba fluo che gli ricopriva tutta la faccia.
Chissà se era anche fosforescente...
Certo è che quel coso che vedeva faceva venire il voltastomaco. Se non avesse saputo che era proprio lui Mostro se la sarebbe data a gambe levate urlando.
Invece era proprio lui.
Anche se avesse provato a fuggire non sarebbe arrivato da nessuna parte, non poteva scappare dal suo corpo infondo...
"devo tornare da Raffael." poco, ma sicuro. Non poteva restare così per sempre.
Ma Raffael era scappato, e Mostro non poteva installarsi nel suo garage, lo avrebbero scoperto.

Intanto fuori il cielo aveva cominciato a piangere. Prima piano e poi a dirotto.
Forse piangeva per lui, per Mostro, che voleva solo dimostrare che non conta l'apparenza...
E invece aveva scoperto che conta. Eccome se conta.
Se sei un mostro non puoi andare in giro in santa pace che tutti ti gridano addosso: un mostrooo!
E poi che senso ha? Condannare una persona senza neanche ascoltarla...infondo in tv e nei cartoni era pieno zeppo di mostri. Mostri che non venivano giudicati e che avevano tanti amici...
Chissá dov'era Raffael, l'unico che poteva sistemare quel pasticcio.
Mostro vagava per i vicoli più nascosti alla ricerca disperata di una risposta.
Persino i ladri e i delinquenti se la facevano sotto appena lo vedevano. E questo in parte lo faceva sentire un tipo potente.

Ma dopo un po' di arie da stragasato la sua pancia iniziò a borbottare, Mostro riusciva quasi a capire cosa borbottava, dato che parlavano piú o meno la stessa lingua. Borbottava cose tipo:"ho fame, nutrimi".
Il richiamo del cibo era piú forte della paura di essere scoperto.
Fuori intanto era buio, saranno state boh, le otto. Pioveva ancora. Di sicuro lo aspettavano per cena, ed erano in pensiero perchè non era ancora tornato. O forse non si erano ancora svegliati...
La pancia lo distrasse dai suoi pensieri, anzi lo richiamó al suo dovere: il cibo. Mostro si diresse al supermercato.
Entró, per fortuna era quasi vuoto a quell'ora. Non era mai stato in un supermercato da solo, ma ogni volta che ci andava con la mamma sembrava una cosa tipo labirinto gigante. A lui piaceva un sacco correre tra i corridoi e sorprendere la mamma che lo cercava disperatamente.
E poi gli piaceva il reparto gelati, con il frigorifero. O dove davano il formaggio, il prosciutto e il pane, con quel coso dei numerini che sembrava un pesce con tante lingue da strappare. E ovviamente gli piacevano gli ovetti kinder, che per chissà quale ragione sconosciuta erano sempre messi in basso, all'altezza del suo naso.
Un grido acutissimo gli ferì i timpani e lo costrinse a girarsi. La commessa stava gridando modalità sirena dell'ambulanza.
«un mostroooooo!!»
E svenne anche lei.
Mostro aveva fame ma non poteva prendere niente perchè non riusciva a mettere le mani in tasca per prendere i soldi. Stava davvero iniziando ad odiare quelle stramaledette mani inutili e gigantormiche.

E fuori pioveva ancora quando Mostro uscì.
Aveva freddo, e fame, e nessun posto dove poter dormire. Ed era strasicuro che gli stesse venendo un bel raffreddore.
Ripensò a sua mamma che ogni giorno gli rimboccava le coperte e gli dava la buonanotte. Forse non gli sarebbe mai neanche dovuta passare per l'anticamera del cervello la frase: se fossi un mostro...
No. Adesso lo sapeva. La gente ha paura di quello che vede. Ha paura di quello che non conosce.
La gente ha paura dei mostri. Ha paura di vederli, e forse non si accorge che per scacciarli via si comporta un po' come un mostro.
Ma chi è il vero mostro?

"Rivedró mai i miei genitori?" si chiese Mostro accasciandosi su ina panchina vicino al solito parco giochi dietro casa di Alessio...
Ripensò al suo amico...lo aveva abbandonato.
E gli aveva promesso che...
Un groppo gli salí alla gola e Mostro inizió a piangere, prima piano e poi a dirotto, come il cielo. Non sapeva che i mostri sapessero piangere.
Aveva fame, sonno, freddo e nessuno accanto.
Si sentiva anche incredibilmente e terribilmente solo.
Sí forse adesso aveva capito perché Frankenstein era diventato cattivo... E aveva imparato un sacco di cose, faceva paura ai prepotenti, aveva una forza incredibile, ma non riusciva ad accarezzare i suoi genitori.
Gli mancavano,i suoi genitori, i suoi amici, la sua camera con i giocattoli preferiti. Gli mancava quando la mamma lo sgridava perchè non si era lavato le mani, o quando papà gli diceva di non stare troppo attaccato al televisore perchè sennó ci sarebbe entrato dentro.
Gli mancava la torta della nonna, e il bastone che usava zio Gianluca per vedere, perchè era cieco, e che lui usava come spada quando lo zio dormiva...
Un lampo di genio gli folgorò la mente.
«Ma certo! Lo zio!» disse a nessuno in particolare cercando di colpirsi la fronte con la mano ma di fatto.tirandosi una manata sulla faccia.

Si diresse deciso verso la casa dello zio. Il tramonto fuori era terminato ed un cielo blu si dissolveva, in mille sfumature, verso un orizzonte di tetti,tingendoli di cielo...
Lo zio abitava proprio dietro la casa di Ale.
«quasi quasi lo spavento» pensò Mostro con un sorrisetto malizioso, ma poi lasciò l'idea lí, non voleva far spaventare di nuovo il suo amico. E poi non era piú un amico.
Regola numero uno dell'amicizia: gli amici non si abbandonano.
E lui lo aveva mollato...ed era scappato via (urlante come una femminuccia).
Ora non ne voleva piú sentire. Infondo chi aveva bisogno di lui? Ce la poteva fare benissimo da solo...

Inciampó in una radice e si ritrovó con la faccia per terra.
"fantastico"
Nel ripulirsi si guardó bene le mani....e lo stupore gli smorzó il respiro.
Il pelo s'illuminava al buio, era fosforescente.
Alla faccia del basso profilo, lo avrebbero potuto riconoscere anche su un aereo...
"figata!!"
Non aveva mai visto niente del genere...
Pensó subito di nascondersi dietro il primo oggetto che avrebbe potuto nasconderlo, scelse un cartellone pubblicitario... Ma non era poi un granchè, era come cercare di nascondere il sole...

« Ei»
Una voce riecheggió in lontananza facendo sobbalzare il nostro eroe.
Un bambinetto gli si avvicinó senza paura.
Mostro vide che era Ale.
Avrebbe voluto mangiarlo, urlargli contro, piangere. Ma restó immobile.
«Marco, forse abbiamo trovato una soluzione...»
Mostro si giró dall'altra parte. Non voleva parlare con quel traditore...
Ale capì al volo questa volta, si sedette e cominció a parlare: « Marco, scusami se sono scappato via cosí, infrangendo la regola 1 dell'amicizia... Ma avevo paura. Ho paura dei mostri. Ma tu sei buono e io sono stato una femminuccia...»
È raro che un bambino si dia della femminuccia.
Ah, intanto aveva smesso di piovere.
All'inizio Mostro era molto scostante, ma poi Ale gli porse una barretta di cioccolata. La fame vinse la rabbia e i due tornarono amici.

« Cosa hai intenzione di fare?» chiese Ale di punto in bianco.
«Non lo so»
La voce di Mostro era gutturale e quasi incomprensibile, ma se ti sforzavi riuscivi a comprenderla... Era come se avesse avuto l'apparecchio ..
« Pensavo allo zio Gianluca» continuó a fatica « lui é cieco quindi basta che gli diciamo che ho maldidenti, per questo parlo cosí...»
Il piano sembrava perfetto, ma i due ci misero un bel po' prima di metterlo in pratica...e poi si riveló non proprio cosí perfetto...
Dato che lo zio non rispondeva al campanello, i due entrarono dal retro, dove sapevano il nascondiglio delle chiavi.
Allora, una volta entrati...
Boh, avevano organizzato il piano fino a lì.
Panico.
Fuori era buio, ma dentro quella stanza il buio era ancora di più. Dato che non ci vedeva zio Gianluca non cambiava mai le lampadine. Infondo a che gli servivano?
« Per fortuna che sono fosforescente, sennó non vedremmo proprio niente»
I due si misero a ridere, nonostante la drammacità della situazione.
«Chi è là?»
Riecheggió una voce.
L'atmosfera si fermó. Per atmosfera intendo ogni respiro,l'aria e qualsiasi altra sostanza microscopica organica o inorganica che si stesse muovendo...

«Ehm....noi stavamo...ehm ecco....» cosa poteva dire Ale? Si era fatto tipo duecento copioni mentali ma ora la sua testa era vuota. Tabula rasa.
Afferró il primo pensiero che gli capitó sottomano « Siamo rimasti chiusi fuori di casa. E dato che fuori piove...pensavamo che tu ci potessi ospitare qua»
Fuori non pioveva.
Non era molto convinto, nè molto convincente, ma lo zio Gianluca li lasció entrare (erano giá entrati) e chiuse la porta.
Appena passò vicino a Mostro si bloccó.
Indietreggió.
E...

Svenì? No.
Si mise a ridere.

Lo stupore dei due ragazzini (del mostro e del bambino) li fece rimanere immobili a bocca aperta.
Cioè in un momento così drammatico in cui Mostro era disperato per il suo aspetto e Ale era scappato di casa... quel vecchietto cieco e rimbambito, alle dieci e mezza di sera, si metteva a ridere sguaiatamente, mostrando qualche volta quei due denti che stavano come d'autunno sugli alberi le foglie.
I nostri eroi si gettarono uno sguardo pieno di sostenimento psicologico reciproco (ammesso che esista una roba del genere)
Intanto lo zio Gianluca aveva aperto una botola nel pavimento, smpre con quell'espressione divertita stampata sulla faccia.
Era inquietante.
Fece loro cenno di seguirlo giú per quelle scale che si tuffavano nel buio piú profondo.

Sempre piú inquietante.
Ma curioso allo stesso tempo.
La curiositá vinse la paura e i due si ritrovarono nell'oscuritá.
«non si vede un accidenti» puntualizzó Ale, forse per constatare che non era diventato cieco all'improvviso.
(Ma non era poi così buio perchè Mostro emanava una pallida luce fosforescente, ma era piú terrificante che altro...)
« Ah già che voi ci vedete! » disse tra sè e sé lo zio Gianluca mentre accendeva una torcia che aveva trovato chissá dove...
L'ambiente illuminato faceva cento volte piú paura del buio.
«Chissà dove ci sta portando...» sussurró Mostro ad Ale, ma il suo sussurro fu captato dalle finissime orecchie del vecchio (che non la smetteva un attimo di sghignazzare sotto i baffi canuti)

« Dovete sapere, cari ragazzi, che questo era il mio covo segreto...di quando ero ragazzo come voi... Ci andavo con i miei amici tra cui c'era anche il padre di Raffael. Perchè è opera di Raffael vero?»
Non attese risposta« comunque sia, voi due mi fate sbelliccare dalle risate e mi ricordate quando ero giovane...
C'era un mio amico, si chiamava Kevin, e anche lui, come noi tutti credeva che l'importante fosse l'interiorità delle persone, come un tesoro, non importa il baule quanto il suo contenuto. Tuttavia suo fratello gli rideva sempre in faccia per la sua ingenuità.
Così Kevin ci disse cosa aveva intenzione di fare: "voglio diventare un mostro e spaventare mio fratello; poi, quando se la sarà fatta sotto per la paura gli riveleró che sono io... E gli dimostrerò che qualunque aspetto assumo rimango sempre io"
Ahimé qualcosa andó storto. Certo, il fratello di Kevin se la fece sotto dalla paura, ma nessuno credette al mostro-bambino, neanche noi che eravamo i suoi amici...
I suoi genitori credettero che il loro adorato figlioletto fosse stato divorato da quella creatura mostruosa, così si trasferirono, e nessuno seppe più nulla. In quanto a noi cercammo di nasconderlo nel nostro covo, ma lui si sentiva solo e infelice, gli mancava la vita di prima. Così un giorno se ne andò, lasciando questa lettera»
Zio Gianluca tiró fuori dalla tasca una lettera sgualcita che sembrava scritta da un bambino (era stata scritta da un bambino). Diceva così:

"Io me ne vado, non posso più restare qui. Che senso ha nascondersi nella propria stessa città? Che senso ha continuare a piangere perché non ho piú una famiglia?
Mi hanno abbandonato tutti, e so che anche voi vorreste ma non potete per le regole dell'amicizia... Vi ringrazio per essere stati miei amici. Vi voglio bene a tutti. Ma non posso piú restare qui.
Alla fine mio fratello aveva ragione. L'apparenza conta (eccome se conta!), e puoi essere la persona più buona del mondo, ma se sembri un mostro, ti chiameranno sempre Mostro...
È così, perchè non lo so. Non avrei mai dovuto pensare di voler apparire diverso...non avrei mai dovuto credere che le persone possono amare i mostri come me...
Questa sensazione è orribile, e ora capisco perché Frankenstein si è messo ad ammazzare tutti...
Ma io non voglio diventare cattivo o farmi prendere dall'odio e dall'invidia. Perció è meglio che me ne vada via.
Grazie per avermi nascosto qua, non so dove andró... Ma qualcosa m'inventeró dai.
Vi voglio bene e forse tornerò. ;)
Addio.
Kevin"

« non è mai più tornato. Certi dicono che si sia suicidato, altri che si sia unito al mostro delle nevi, la maggior parte non sa neanche della sua esistenza...»
I nostri eroi lo guardavano con la bocca aperta.
« Ma è terribile!» Esclamó Ale chiudendosi la bocca con la mano.
« Quindi...» balbettó Mostro inquieto « quindi non c'è...non c'è nessun...nessun modo p...per...nessun modo per tornare in...indietro?»
Zio Gianluca si mise a ridere sguaiatamente, come i cattivi dei cartoni animati.
Era spaventoso.
« Mostro, ahah in natura tutte le trasformazioni sono irreversibili. Non si torna indietro.»
Questa frase fu come una ghigliottina per Mostro.
Come? Non poteva tornare indietro? Doveva fare la fine di Kevin? Non avrebbe più riabbracciato la mamma e il papà...niente più regali a natale e uova al cioccolato...niente piú di niente...
Mostro si mise a singhiozzare sommessamente chiedendosi anche se fosse l'unico mostro sulla faccia della Terra che piangesse perchè non voleva essere un mostro...

« C'è una cosa che puoi fare peró»
Mostro rimase in sospeso a guardare speranzoso lo zio Gianluca, cieco (ancora si chiedeva come avesse fatto a riconoscerlo) illuminato da una luce giallognola. Le lacrime pure rimasero in sospeso...
Il suo cuore batteva a mille nell'attesa della soluzione fatale...
Poi lo zio Gianluca parló piano, lentamente, avvicinandosi a Mostro.

« Svegliati.»

E Marco si sveglió.
Si guardó intorno, era mattina nella sua stanza.
Si guardò le mani, erano le sue solite mani umane.
Fece un sospiro di sollievo, era stato tutto un sogno.
O no?

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Evanescente84