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Autore: Alexiel Mihawk    09/11/2014    2 recensioni
«I tuoi fratelli vorrebbero conoscerti, Tesoro» le aveva detto sua madre una mattina, comparendole davanti nel bel mezzo di uno Starbucks affollato. La ragazza per poco non si era rovesciata tutta la cioccolata sulla maglietta, ma in qualche modo era riuscita a darsi un contegno quando Afrodite, splendida come sempre, si era seduta di fronte a lei con una fetta di cheesecake in mano.
«Dovresti essere contenta, sai? Non hanno mai chiesto di incontrare nessuno dei miei figli mezzosangue, dicono che sono troppo frivoli per i loro gusti, ma tu sei riuscita a conquistarli! Sono davvero fiera di te, pensare che sono sempre così intrattabili!»

Quando Phobos e Deimos decidono che vogliono conoscerla, Piper non può rifiutarsi e si trova costretta a trascorrere un'insolita giornata in famiglia.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Afrodite, Dei Minori, Piper McLean
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: prima di tutto, la colpa è di Claudia. È colpa sua se ora scrivo anche di Percy Jackson. Quello che vi propongo qui è uno dei miei headcanon, non riesco a togliermi dalla testa l'idea di Phobos e Deimos che dopo gli avvenimenti a Sparta decisono che Piper è una ganza per essere una semidea e vogliono conoscerla di persona a tutti i costi. Vi dico subito che non ho letto i Demigods files, quindi chiedo scusa se i due non sono esattamente come dovrebbero essere; per chi come me non li ha letti specifico che i due dei sono descritti come dei rockettari problematici, Deimos ha il viso pieno di ci catrici, Phobos ha il potere di rendere reali le peggiori paure della gente solo guardandola negli occhi; nonostante siano figli di Ares sono atroci nel corpo a corpo e non sono in grado di maneggiare una spada.
Grazie a SunlitDays per averla betata :3



Insolite giornate trascorse in famiglia


Piper si chiese come avesse fatto a cacciarsi in quella situazione.
«I tuoi fratelli vorrebbero conoscerti, Tesoro» le aveva detto sua madre una mattina, comparendole davanti nel bel mezzo di uno Starbucks affollato. La ragazza per poco non si era rovesciata tutta la cioccolata sulla maglietta, ma in qualche modo era riuscita a darsi un contegno quando Afrodite, splendida come sempre, si era seduta di fronte a lei con una fetta di cheesecake in mano.
«Dovresti essere contenta, sai? Non hanno mai chiesto di incontrare nessuno dei miei figli mezzosangue, dicono che sono troppo frivoli per i loro gusti, ma tu sei riuscita a conquistarli! Sono davvero fiera di te, pensare che sono sempre così intrattabili!»
Piper si era lasciata seppellire da quel fiume in piena senza sapere cosa dire, senza sapere nemmeno esattamente di cosa stesse parlando sua madre; era sbiancata  quando, alla fine di un’estenuante conversazione durante la quale la dea si era lanciata in una serie di consigli volti a rendere migliore la sua relazione con Jason, era riuscita a capire chi fossero i figli di cui si parlava prima di perdersi in chiacchiere inutili.
D’altra parte non avrebbe certo potuto negare un favore simile, né a loro, né a sua madre, così ora si ritrovava nel centro dei giardini botanici a New York, dove Afrodite l’aveva gentilmente scaricata semplicemente agitando una mano con fare annoiato, ad aspettare due divinità che probabilmente avrebbero fatto scappare il più coraggioso dei figli di Ares.
Ed effettivamente l’avevano fatto, perché Phobos e Deimos erano riusciti a intimorire persino Clarissa la Rue, senza contare quello che pensava di loro Percy, e sebbene Piper non conoscesse bene la figlia di Ares, l’opinione del suo amico era abbastanza per farle capire che forse non era saggio negare loro un favore.
 
Quando arrivarono li riconobbe subito, erano vestiti in abiti simili: una giacca di pelle nera con le borchie sulle spalle, una maglietta nera e jeans. Capì, dai racconti che le erano stati fatti da Percy quando ancora si trovavano sull’Argo II, che quello con i pantaloni strappati e gli occhiali da sole fosse Phobos, mentre il ragazzo con le cicatrici sul viso doveva essere Deimos. Quando si avvicinarono represse l’impeto di fuggire e sorrise, dopo tutto erano pur sempre i suoi fratelli, l’avevano aiutata già più volte in Grecia e non c’era ragione per la quale dovessero improvvisamente farle del male, almeno lo sperava.
«Hai decisamente preso tutto dalla mamma» borbottò Deimos senza incrociare il suo sguardo, e Piper pensò che, anche per un dio, vivere con il volto attraversato da cicatrici non doveva essere facile.
«Meno male, direi. Pensa se fosse venuta fuori brutta come te!» esclamò l’altro ragazzo abbracciandola «Scusa se non mi tolgo gli occhiali, non vorrei mai spaventarti a morte».
La ragazza annuì osservando i due fratelli da vicino, in realtà sembravano più goffi di quanto apparissero da lontano e più affascinanti di quanto sua madre le avesse detto, certo se confrontati con Afrodite erano due ragazzi normali, ma lei l’aveva visto Ares e grazie al cielo nessuno di loro era brutto come lui – cosa ci trovasse poi sua madre in quel dio doveva ancora capirlo: entrambi avevano corti capelli nocciola e il naso storto, probabilmente rotto, Phobos sembrava il chitarrista di una band rock mentre suo fratello, beh, Deimos sembrava uno spacciatore, ma probabilmente senza le cicatrici sul viso avrebbe anche potuto essere piacente.
I due la presero sottobraccio, uno per parte, e la iniziarono a trascinarla per tutto il centro di New York, tempestandola di domande e riempiendola di richieste assurde, tipo “Ti andrebbe di far finire Clarissa dentro una pozza di petrolio?” o “Ci aiuti ad entrare al Moma e a terrorizzare tutti i turisti?”.
Quando finalmente riuscì a convincerli a sedersi su una panchina erano passate quattro ore e avevano già attraversato praticamente l’intera città, avevano fatto scappare un gruppo di studenti riuniti attorno a una fontana e causato due incidenti stradali e Piper iniziava a desiderare che qualcuno le amputasse le gambe e le regalasse un materasso.
«E quindi abbiamo saputo che hai imparato a usare la spada! Forte!» le stava dicendo Phobos «Noi non siamo mai stati molto bravi in questo genere di attività».
«Già, sai terrorizzare a morte qualcuno è una cosa» continuò Deimos guardandosi attorno divertito.
«Ma infilzarlo è tutt’altra» finì per lui il fratello.
«Mi ricordo quella volta, fuori da Troia, in cui per poco non hai tranciato la testa ad Achille, a papà stava per venire una sincope».
«Stai zitto, Imbecille, tu per poco combattendo contro Turno non hai ucciso Enea. E chi l’avrebbe sentita mamma a quel punto?»
Piper soppresse una risatina, in parte sentiva di capirli, essere figli di Afrodite non era facile, non era dea da cui ereditare forza fisica o abilità guerresche e per un dio, per di più figlio di Ares, doveva essere una vera e propria umiliazione.
«Immagino che l’incapacità nel maneggiare una spada sia una peculiarità che abbiamo tutti ereditato dalla mamma» mormorò gentilmente la ragazza, da quando erano arrivati non aveva mai smesso di utilizzare, con la giusta leggerezza, la lingua ammaliatrice, nel timore di poter in qualche modo indispettire i due dei. E lei sapeva bene quanto le divinità potessero essere volubili.
Sarebbe andata avanti a parlare se Deimos deformando la faccia in una smorfia spaventosa non si fosse parato davanti a lei, mettendosi a urlare.
«Ehi, tu! Sì, tu, con la cravatta e i capelli color carota. Si può sapere cosa c’è da guardare? Vai a fare gli occhi dolci alla sorella di qualcun altro o te la spacco, quella faccia da schiaffi!»
Non aveva nemmeno finito di parlare che Phobos si era già tolto gli occhiali da sole e si era avvicinato a grandi falcate verso il povero sventurato di turno che aveva osato ammirare, per altro non troppo velatamente, quello che era per metà sangue del suo sangue.
«La parola fobia deriva da me, bello. Ora vedremo se avrai il coraggio di provarci con le sorelle già impegnate degli altri!»
La giovane McLean si portò le mani alla faccia e desiderò ardentemente che un enorme crepaccio si aprisse sotto i suoi piedi e la inghiottisse, o magari, chissà, forse qualche mostro caritatevole sarebbe passato di lì e l’avrebbe aggredita.
«Ehm, Phobos» azzardò titubante prendendo Deimos per un braccio e chiedendogli aiuto con lo sguardo «Fratello, credo che tu stia esagerando, è solo un misero mortale, non è degno nemmeno della tua attenzione».
«Beh, non è che abbia tutti i torti, eh, guardalo come striscia!» rise il gemello.
«Esattamente!» esclamò la ragazza con voce leggermente stridula, ci mancava solo che si mettessero ad ammazzare gente a caso «E poi io avrei bisogno di un passaggio al Campo, non vorrete mica farmici tornare da sola, vero?»
Fortunatamente per lei, quel giorno i figli di Ares erano seriamente intenzionati a recitare appieno il loro ruolo di fratelli maggiori e, ignorando il povero mortale terrorizzato, la presero sottobraccio e in meno di mezzo secondo Piper si ritrovò davanti all’albero di Talia.
«Oh, fantastico! E io che pensavo che vi muoveste su delle bighe!»
«Nah» rispose Phobos «Abbiamo avuto un piccolo diverbio con papà qualche anno fa, riguardo al suo carro, quindi abbiamo deciso di lasciar perdere i mezzi con le ruote».
«Già, alla fine, come puoi vedere, non cambia molto, sei già a casa».
Era a casa, finalmente. Non che non fosse stato piacevole passare un pomeriggio con i suoi fratelli, ma, ecco, Piper preferiva attività meno impegnative, come per esempio sconfiggere un branco di giganti incazzati, piuttosto che avere a che fare con qualunque esponente della sua famiglia. Certo Deimos e Phobos erano meglio di alcuni dei suoi fratelli semidei, migliori di Drew sicuramente, e probabilmente erano anche molto più affabili di Eros, che la ragazza sperava di non dover mai incontrare, ma erano impetuosi e violenti come tutti i figli di Ares.
Quando l’abbraccio la raggiunse Piper rimase senza fiato, era già rimasta abbastanza sconvolta dal fatto che i suoi fratelli si fossero ricordati di lei, ma che manifestassero una qualsiasi forma di affetto le sembrava quasi eccessivo.
«Grazie per esserti ricordata di noi a Sparta» le disse Deimos.
«Non lo fa quasi mai nessuno, ma è bello sapere che ci sono parenti meritevoli, anche tra i semidei» continuò per lui Phobos.
«La prossima volta che verremo a trovarti ti porteremo a fare un giro insieme a papà, così ci mostrerai di cosa sei capace, che dici?»
Piper si sentì mancare un secondo, non è che smaniasse esattamente dalla voglia di andarsene in giro con un dio della guerra psicopatico in mezzo a un deserto in Afghanistan.
«Che ne dite, invece, se la prossima volta che venite ci allenassimo tutti insieme con la spada? Dopotutto se non ci si aiuta tra fratelli…» mormorò cercando di utilizzare tutto lo charme di cui era capace.
«Mamma aveva ragione» disse Deimos.
«Già» ripose Phobos «Capisco perché tra tutti i semidei tu sia la sua figlia preferita».






 
 
 
   
 
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