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Autore: verystrange_pennylane    09/11/2014    2 recensioni
"Mi sembra ancora di vederlo, che mi si avvicina e mi da un abbraccio dicendomi:'Toccare e lasciarsi toccare è una buona cosa.' Non lo dimenticherò mai. Do un sacco di abbracci adesso.”
Young!Beatles - 1958
Scritta per la pagina "Two of us", con tanto tanto fluff.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Lennon, Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“You remember little things about people. I remember sort of seeing him and he comes in and gives me a hug and says 'touching is good.' I'll never forget that. Touching is good. So I do a lot of hugging now.” - Paul McCartney
 
Non è che Paul sentisse di avere un vero problema di contatto fisico con le altre persone.
Aveva solo un blocco, un piccolo blocco, dovuto in parte alla morte della madre, e di conseguenza al fatto che tutti, fratelli, zie e zii, cugini e bisbisbis-parenti si sentivano in dovere di abbracciarlo. In parte era colpa del fatto che, in 16 anni di vita, credeva di non aver ancora trovato una persona con cui essere in grado di instaurare un legame fisico che andasse oltre i pochi minuti di contatto.
Nulla di troppo grave, a suo avviso, era ancora giovane. E questo problema non interferiva nemmeno con gli appuntamenti nei bagni della scuola con le ragazze, perché preoccuparsene dunque? Preferiva continuare a non pensarci.

Ecco perché la scossa elettrica lungo la schiena al solo tocco delle labbra tiepide di John sulla sua fronte lo spiazzò notevolmente.
Nessuno l’aveva mai toccato come faceva John. E non parlava di quel toccarsi. No, quello non era contemplabile nella mente di Paul, soprattutto da sobrio e cosciente.
Lui non era quel tipo di uomo, per carità, che schifo.
E questo era appurato.
Era evidente, però, che si stesse rivelando alquanto difficile per lui continuare a crederlo con convinzione. Con 39 di febbre e una casa vuota da giorni, si era ritrovato all’improvviso una persona che gli trotterellava intorno e che con la scusa dell’influenza gli preparava tè caldo, gli accendeva il camino e lo aiutava a cambiarsi. Una persona che faceva tutte quelle cose che a 16 anni avrebbe voluto non gli facesse nessuno, o solo la mamma che non c’era più.
 “Che il destino stia cercando di comunicarti qualcosa? O sono solo le medicine e la febbre?” gli venne da chiedersi in un lampo di lucidità.
Sì, perché Paul mai sarebbe arrivato a credere che esistesse una persona che fosse in grado di abbattere le sue difese con una semplicità così disarmante. E che proprio quella persona ora fosse sdraiata sul divano accanto a lui, con le gambe intrecciate alle sue, gli occhiali così vicini da essere appannati dal loro stesso respiro accelerato, mentre le loro labbra si mantenevano ferme ed obbedienti a pochissimi millimetri le une dalle altre, senza mai toccarsi.
Doveva essere tutto un delirio, tutta colpa dell’influenza, perché quella persona era un uomo.
Anzi, era John.
Stava avvenendo qualcosa di molto strano tra di loro, Paul se ne rendeva conto dalla percezione della pelle delle gambe e delle braccia dell’altro, così ruvide e calde, contro le sue, invadendo dispettose il suo spazio personale che sembrava aver sempre bisogno di mantenere. Le mani di John erano dietro la schiena, ferme, per non lasciarlo scappare, per essere pronte a stringerlo ancora più forte se solo avesse provato a dire qualcosa. Solo la bocca di Paul venne rispettata e non toccata, il che sconvolse ancora di più il ragazzo.
Proprio una delle parti di se meno intime, quelle labbra che avevano assaporato già tante donne, avevano baciato mani e guance come segno di bon-ton, ora venivano lasciate intonse, ad assaporare solo nell’aria un contatto che non ci sarebbe mai stato.

Dovevano essere passati minuti, forse ore, giorni o anni, Paul non lo sapeva con certezza, poteva essere invecchiato tra quelle braccia e non gli sarebbe nemmeno dispiaciuto.  E fu mentre pensava che avrebbe pure infranto volentieri il voto tacito di non cedere al bacio per primo, fanculo lui e il sembrare una dannata checca agli occhi del suo migliore amico, John parlò, muovendo la mano lungo la sua schiena, stringendolo a sé di modo che la sua testa scivolasse in un delizioso incavo tra collo e spalla, un incavo che non credeva sarebbe stato così perfetto per lui.
Un incavo dove tutti i suoi problemi sparirono, per qualche meraviglioso istante.
“Vedi Paul? Toccare e lasciarsi toccare è una buona cosa.”
Dopodiché per lui fu buio totale. Perché chiuse gli occhi, e si perse in un mondo in cui tutto era dolce.
In cui tutto, per lui, era John.

Il giorno dopo, quando aprì gli occhi, non si ricordò assolutamente come era finito nel proprio letto, sotto strati pesanti di coperte mai viste prima, ma si sentiva già molto meglio, come se la febbre fosse scivolata via dal suo corpo per magia.
Che fosse stato merito di colui che l’aveva abbracciato davvero dopo anni, e che lo stava abbracciando ancora, in pieno sonno? L’aveva poi mai lasciato andare? Paul ebbe questo dubbio, ma scoprì che non gliene importava poi granché. Stava bene, dannatamente bene, tra quelle braccia.
Assaporando dunque la sensazione di benessere dopo giorni di malattia, si stava già riappisolando quando uno, due, tre starnuti violenti lo fecero sobbalzare.
“John, tutto bene?”
"Gredo di zì, Baul.”
A quella risposta, Paul rise a crepapelle e si sciolse dall’intreccio dei loro corpi per recuperare un paio di fazzoletti per l’amico.
 “Lennon – gli disse con tono di sfida, avvicinandosi un po’ e lanciandogli i fazzoletti in faccia –  ora dimmi: credi ancora che il contatto fisico sia una buona cosa o te ne stai pentendo, eh?”
John si soffiò il naso sonoramente, prima di avvicinarsi ulteriormente, tanto da appoggiarsi con la sua fronte a quella dell’amico:
“Assolutamente no, mia cara principessa, sono convinto ora più che mai che gli abbracci siano e resteranno sempre una delle cose migliori del mondo.”
Paul scoppiò a ridere, spiazzato sia dalla risposta che dalla vicinanza. Ma anziché indietreggiare, come avrebbe fatto normalmente, ne approfittò per distrarlo e colpirlo con il suo cuscino.
“Ti faccio vedere io la principessa, stronzetto!”
Non riuscì a fare a meno di continuare a ridere nemmeno mentre lottava debolmente contro il suo migliore amico, sentendosi felice come non era da molto tempo. Perché nonostante mascherati da solletico e da mosse di lotta, Paul stava regalando all’altro abbracci e carezze. Certo, era solo agli inizi, se ne rendeva perfettamente conto, ma sentiva di poter migliorare nel toccare le persone.
E l’avrebbe fatto solo per merito di John.



Note dell'autrice.
Eccomi qua, sono approdata nel fandom dei Beatles pure io.
Ho passato i mesi a divorare le fanfiction scritte da autrici meravigliose, ma non avrei mai pensato che sarei tornata a scrivere, dopo quasi due anni che non aprivo una pagina Word.
I prompt mi sono stati dati dalla pagina "Two of us" (su facebook) ed erano: occhiali appannati, raffreddore, caminetto.
Per quel che vale, ci ho messo una settimana a scriverla, perché la creavo e la distruggevo senza tregua. Ne ho scritte cinque. Questa era l'ultima.
Spero piaccia, in ogni caso aspetto commenti <3
Anya.
   
 
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