[06.Una Bugia]
Teneva il fagottino tra le braccia ed un dito alle
sue labbra, succhiato da quella boccuccia cianotica.
Lo guardava ricercando nel suo volto tratti del proprio.
Pallido. Incorniciato da una spolverata di cortissimi capelli castano chiaro,
brillante nonostante tutto.
Aveva anche grandi orecchie.
Tutti loro le avevano.
Lunghe.
A punta.
Servivano per sentire meglio. Qualsiasi cosa. Molte delle quali avrebbe
preferito non sentirle.
Camminò fino alla stanza adiacente in cui i muri sostituivano la roccia, senza
però privarsi di quel loro triste cupore.
Pai si piazzò davanti a lui.
Aveva le braccia incrociate al petto e la fronte corrucciata, ma soltanto un
po'. Era raro che il suo viso esprimesse una qualche emozione.
"Dove lo porti?" gli aveva domandato.
"Non lo so."
"Allora perché sei qui?"
"Perché di là ci sono gli altri."
"E allora?"
"Non mi piace stare con loro."
Pai osservò al di là dell'esile schiena di Kisshu, sondando gli sguardi
indifferenti degli altri.
"Sono la nostra gente." commentò soltanto.
"Lo so." fece spallucce, il fagottino sempre tra le braccia, tenendolo
saldamente per non farlo cadere, così piccolo eppure così grande tra le sue
braccina di bambino "Mi piace di più stare da solo."
"Perché?"
Era raro che Pai parlasse tanto, di solito non faceva domande e se le facevano
non erano "perché".
Kisshu arricciò le labbra ed il neonato mordicchiò senza denti il suo indice,
tenendolo tra manine minuscole.
"Tu però puoi rimanere. Non mi dai fastidio."
Il Perché di Pai si perse, da qualche parte, dimenticato.
Non c'era una risposta a quella domanda.
Si sarebbe dovuti partire dal presupposto che Kisshu preferisse davvero rimanere
da solo.
.UNA BUGIA END.
|