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Autore: Go_always_ahead    10/11/2014    0 recensioni
Riflessioni di un'anima troppo ingenua destinata a morire giovane. E la donna che legge quel diario, dopo varie smorfie di disgusto ammetterà che quelli sono i pensieri di una notte d'inverno che mai più potrà rivivere.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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"Chiedo riposo e me lo nego pensando tra le coperte fredde. 
Il mio stomaco trattiene, brontolando, la bevanda energetica bevuta ore prima e la caffeina contenuta in quelle diavolerie dannose ancora m'innervosisce e mi sporca i pensieri.
Sono sola nella mia stanza e ne sento il peso, negando che abbia bisogno di riflettere, dell'aria che sembra farsi più rarefatta. Ma ecco che quando credo di essere ormai fuori pericolo, cedo ed esplodo in parole insensate messe lì perché scacciate da tutti.
 
Come ho potuto? Come l'ho potuto pensare? 
La notte è nera e i suoi sibili non mi giungono, le nuvole sono ferme e invisibili. I tuoni dominano, senza luce e senza suono, senza vibrazioni ma con la loro estenuante presenza dentro una mente troppo debole per sopportarli troppo intelligente per non considerarli.
 Il mio viso è troppo tondo, troppo presente, la mia figura inascondibile. È tutto chiaro, come il mio nome, tutto evidente; sono io quella che mai potrà suscitare la sensazione eccitante di mistero.
Come se avessi un cartello, si legge in me la falsità, la falsità che permane anche quando pretendo che risalti in me ciò che è reale e mi ripeto: io, impasto di prodotti scaduti, come l'ho potuto pensare? Mi accorgo solo ora che l'uomo è l'essere più capace all'auto-inganno?
Passano le ore e il silenzio lo interrompo con la mia stridula voce e i suoi occhi neri come la pece non permettono questa disgressione, l'eleganza interrota che perde il suo significato, la goffagine che rende padrone il disgusto.
Vorrei andarmene e stare ferma, trovare il fascino in quella immobilità, ma sono sempre lì a dimenarmi come uno schifoso animale selvatico...non riesco a nascondermi, non riesco a non ferirmi. 
Le sue mani affilate, sottili vorrei stringerle, riempirle; ma le ritrae o le lascia inerti nelle mie. Lui un essere perfetto dalle orecchie di marmo, gelide e bianche.  
Il ritornello mi martella i pensieri, sempre la stessa storia: come?
Già, ho sbagliato, mi sono illusa di un'illusione perfida e priva di scopo.
Mi ritiro nella mia gabbia di condannata a mostro e osservo da lontano la sua bellezza, senza pretese e senza sogni, indifferente forse; ma con un sussuro che non mi lascia pace nell'orecchio: 'Eppure lo ami'"
 
 
Richiudo il diario e lo poso sul bianco legno del tavolinetto in terrazza. Aspiro e cerco di riportare ciò che resta della mia mente alla realtà. 
Non riesco. Butto la sigaretta e rileggo i pochi righi. 
Io conosco... o meglio, conoscevo l'autrice di quelle assurde parole, un'adolescente come tante altre, ma che ripensandola credo fosse più simpatica delle sue coetanee.
Già, che tipa strana. Era una ragazza dalla pelle scura che emanava sensazioni glaciali in contrasto coi suoi colori naturali così vivaci.
La vedevo a scuola vagare per i corridoi con il suo passo affretato e gli occhi vaghi che guardavano sempre avanti senza darne l'impressione. Era piuttosto estroversa e amichevole, eppure non mi rivolse mai una parola. 
Mi accendo un'altra sigaretta e guardo il mio primo diario, parole di una ragazza che viveva dentro di me e che mai mi parlò; mi manca terribilmente. Oh, lei dall'animo ingenuo avrebbe ancora amato quelle gelide orecchie che esistono ancora. 
Ma non si mise mai nemmeno una sciarpa; morì di notte, nel sonno.
 
 
 
 
 
 
  
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