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Autore: TheStoryWritero_o    10/11/2014    0 recensioni
Questa storia parla di John Newing, della sua vita travagliata, delle sue ossessioni, vizi e le sue colpe.
Genere: Drammatico, Fluff, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
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Le mani gli tremavano per l’emozione, finalmente John Newing, dopo aver perso numerose partite a poker e una consistente somma di denaro, sarebbe tornato a casa con le tasche piene.
Per poco non si tradì quando disse: “Altri cinquanta”.
Se tutto fosse andato bene, sua moglie, Anne, notati i soldi, non avrebbe avuto di che lamentarsi, neanche riguardo alle lancette dell’orologio, che continuavano a girare sempre più lentamente, mentre Ned Wallair prendeva la sua decisione.
Ned un tempo era un famosissimo banchiere. Questo prima dello scandalo Wallair.
La sua banca custodiva, ovvero si supponeva custodisse, la maggior parte del denaro che i cittadini e a volte i forestieri possedevano. Tutti si fidavano ciecamente del caveau in cui erano protetti ben settantacinque milioni di dollari, sorvegliati ventiquattro ore su ventiquattro dai migliori agenti del Paese.
Ebbene il proprietario non riuscì a resistere al dolce richiamo del denaro, ed è lo stesso motivo per cui proprio in questo momento, come tutte le sere, sta giocando a poker con un fallito. Non che Ned non lo sia.
Spese tutti i settantacinque milioni per una villa bellissima in riva al mare: era straordinaria, e lo è ancora, ma da quando è stata smascherata la frode il proprietario è cambiato.
Sono anni che Ned è latitante. Da quel momento è sempre all’erta, potrebbe essere catturato e sbattuto in prigione da un momento all’altro.
Devo ammettere che è davvero un genio, è riuscito a procurarsi un buon alibi molto in fretta, e ad incolpare il suo migliore amico della truffa senza esitare per neanche un attimo. Nessuno sa che fine abbia fatto. Forse è ancora in galera oppure è stato rilasciato e la polizia ha cominciato a cercare il vero colpevole.
Una cosa è certa: prima o poi lo troveranno, spero non prima che io abbia vinto buona parte dei pochi soldi che gli rimangono.
Ned fa una cosa che, nella sua situazione, non mi sarei mai aspettato: rilancia. Ha davvero quei cento dollari? Questa volta però non estinguerà il suo debito con me rivelandomi ulteriori informazioni su di lui: non mi farò fregare di nuovo dalla curiosità, ormai so tutto su di lui, da quando mi ha sussurrato il suo nome in cambio dei duecento dollari che mi doveva.
Gli spillerò fino all’ultimo centesimo che ha in tasca.
La partita va avanti così per un po’, finché lui non mi dice che non ha più soldi. Gli resta solo un sigaro, e punta anche quello.
C’è qualcosa che non va. Ned è meno prudente del solito. E se lui avesse qualcosa di più di un poker? Una scala reale? No, è impossibile. Starà sicuramente bleffando.
Purtroppo, non è vero. Lui vince.
Anne non sarà felice di vedermi tornare a casa più tardi del solito e con le tasche bucate.
Per fortuna dorme, è così bella quando non mi assilla dicendomi che se vogliamo avere un bambino devo ottenere una promozione. Il problema non sono io e neanche il mio scarso successo o il mio curriculum vuoto, è il mio capo.
Chris Marshall o, come lo chiamiamo io e i miei colleghi, Chris Asshole è il mio superiore e mi rende la vita un inferno. Se spesso non vado a lavoro non è perché sono malato. Io, come si suole dire, ho una salute di ferro: la colpa è sua.
Non fa altro che rompere le scatole. Non importa quanto perfetto sia il tuo vestiario, quanto sia eccellente il tuo lavoro o quanto sia salutare il tuo stile di vita. Chris avrà sempre qualcosa da dire al riguardo: non fa altro che osservare te e il tuo lavoro, come se fosse Dio sceso in terra per giudicare il nostro operato e decidere se licenziarti o meno. Nonostante ciò, non ha mai dato un aumento a nessuno da quando è qui, o almeno così dicono, nessuno è abbastanza perfetto da meritarsi una promozione, a quanto pare.
Ieri ho cominciato a lavorare al progetto per il nuovo parco della città, inutile dire che  lui mi stava osservando come un falco, pronto a sbraitare per il minimo errore, è sempre così.
Dopo un quarto d’ora sono dovuto andare in bagno, non ce la facevo più, la pressione che Chris mi genera con i suoi occhi sporgenti, forse un po’ troppo sporgenti, ora che ci penso, è indefinibile.
Il bagno mi rilassa, quando non c’è nessuno dentro e soprattutto quando non c’è stato nessuno prima di me. So che sembra strano ma le piastrelle tutte bianche e lo scrociare lento dell’acqua mi calmano i nervi: avrei voluto restare lì, magari per sempre, ma non potevo.
Così ho preso un bel respiro e sono tornato alla mia scrivania, sperando che lui se ne fosse andato ma, purtroppo, era ancora lì ad assillare qualcun altro però, qualcuno che non avevo mai visto prima d’ora.
Ero proprio desideroso di conoscerla, non riuscivo a togliermela dalla testa, così il giorno dopo mi sono seduto accanto a lei in sala mensa.
Tremo, sono troppo nervoso, ho le gambe molli, non ce la farò mai a spiccicare qualche frase sensata con lei. Ma poi succede. Così, proprio quando pensi di non aver nessuna speranza e stai per arrenderti, è a quel punto che succede l’impensabile: se sai di non poter saltare da un muro alto due metri, salti, se pensi di non riuscire a premere il grilletto, lo premi e basta.
Quindi, se credi di non riuscire a parlare con una donna che ti piace davvero tanto, cominci a parlare a macchinetta. Ma proprio quando ti accorgi che lo stai facendo, non riesci a smettere, finché lei non ti interrompe.
Dice di chiamarsi Mary Treacher, è stata assunta dalla segretaria di Chris ieri pomeriggio.
Ha gli occhi azzurri come il cielo, mi ci perderei dentro e non riuscirei più ad uscire dal labirinto di bellezza del suo viso se non fosse per i suoi capelli biondissimi che attirano continuamente la mia attenzione.
Profuma di rose. Ma non è uno di quei profumi da quattro soldi che si trovano facilmente nel più piccolo negozietto della città, lei profuma davvero di rose, come se fosse l’odore della sua anima che si sprigiona a poco a poco al solo guardarla.
Parliamo per circa mezz’ora, finché Chris non ci vede e comincia a lamentarsi a causa della nostra scarsa produttività, del nostro poco impegno nel far aumentare le entrate, dell’inefficacia delle nostre idee, e altre stronzate simili. A chi importa del lavoro quando si parla con Mary Treacher?
Sicuramente non a me.
Quando torno a casa, Anne è sul divano a guardare la sua serie tv preferita: è in vestaglia, ha i capelli castani tutti spettinati e il trucco sotto i suoi occhi verde smeraldo è tutto sbavato.
Non è un buon segno. Sarà sicuramente appena tornata dal lavoro, è stanca, stanchissima a giudicare delle sue occhiaie, ma non abbastanza da chiedermi: “Com’è andata al lavoro? Ti hanno dato l’aumento? “.
Sono troppo irritato per rispondere, non ho la benché minima intenzione di dirle di Chris, di come mi tratta ogni giorno e di quante volte al giorno io debba andare nel bagno dell’ufficio, neanche se mangiassi prugne a colazione, pranzo e cena. E neanche di Mary.
Così vado in camera da letto, chiudo la porta a chiave e mi appoggio con non molta delicatezza sul letto disfatto con le lenzuola incredibilmente sporche ma di un rosa panna a dir poco abbagliante.
Cerco di rilassarmi e lascio vagare la mente…
Dopodiché decido di volgere la mia attenzione verso il lago a pochi passi da casa. L’acqua è torbida ma sorprendentemente in moto, c’è qualcuno in riva che lancia dei sassi sulla superficie per farli rimbalzare a causa della tensione superficiale dell’acqua: mi ricorda gli occhi di Mary quando ride, sembra che siano sempre in movimento ma quando cominci a guardarli direttamente smettono di vorticare e si fermano, così come il tempo. Prendo il cellulare e compongo il numero a cui ho pensato così intensamente da ricordarlo a memoria.
Mi stendo non appena cominciò a sentire la voce di Anne che mi chiama: “John? John?”. Sono troppo stanco per risponderle e non solo fisicamente, anche di lei.
Comincio a pensare a quelle dieci cifre che mi si sono impresse così a fondo nella mente che non riesco a smettere di ripeterle, così il mio cervello decide di cantilenare una litania di numeri che non fanno altro che confondersi sempre di più con la tappezzeria senza che io me ne accorga. 
Mi addormento vestito di tutto punto, giacca e cravatta, quasi dovessi andare ad un appuntamento importante e sapessi di non avere il tempo di prepararmi. Ed è proprio per questo che un’ora e mezza dopo esco di casa, entro in macchina e sfreccio in strada. Sicuramente quel gruppo di ragazze che stavo quasi per investire mi considerano un pazzo pirata della strada.
No, non ho un appuntamento con la morte, ma con Mary.
Le luci dei grattacieli sfregano contro i miei occhi e mi danno una sensazione di estasi indescrivibile: mi sembra di stare percorrendo la strada verso il paradiso, ma non è lì che sto andando, anzi, di questo passo, riuscirò sicuramente a procurarmi un biglietto di sola andata per la perdizione dell’inferno.
   
 
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