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Autore: FatherAndersonLover    10/11/2014    2 recensioni
Questa è una FanFiction ispirata al passato di Alucard, in gran parte evocatami da una mia carissima amica e dalle splendide sfumature che attribuisce al piccolo Vlad. In particolare si tratta dell'arrivo dell'armata Turca nel cuore della patria del giovane principe di Valacchia, ho cercato di avvalermi delle mie conoscenze al riguardo. Spero risulti gradevole.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alucard
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Se il vento del Nord si abbatte impetuoso sui gelidi picchi transilvani, se la Tramontana dilania crudele le fronde scure dei sempreverdi, se i fiumi si aprono violenti il loro cammino attraverso la roccia bruna, se il fuoco dal cielo brucia tetti e capanne, e pioggia e neve e grandine li annegano in un placido ed eterno riposo...di quale rilevanza può mai essere il gioco di un bambino, per quanto nobile sia la linfa vitale che corre attraverso le sue vene?
 
Le ciocche d'ebano abbandonate a una brezza ancora non del tutto invernale, le membra immacolate tese quanto quelle di una fiera pronta a balzare sulla preda indifesa, gli occhi di chiara rugiada del Conte fendevano la parete erbosa di quel pendio con ineccepibile attenzione, quel tardo pomeriggio di tanti anni fa...così tanti che neppure la messe infinita dei baci che Catullo rubò alla sua Lesbia potrebbe uguagliarli nel numero. Quel visino di pallido avorio, quelle gote di madreperla, oh, come tutta la sua persona si illuminò quando il suo sguardo corrucciato si posò finalmente sul pelo candido di un minuscolo roditore, accoccolato nel verde grembo di un roveto! Fu un attimo, e il giovane principe si lanciò all'inseguimento dell'ignara creaturina attraverso l'aria pregna dell'umido odore di una pioggia imminente, l'impeto implacabile di un guerriero perfettamente legato alle leggiadre movenze d'una danzatrice orientale parevano essere state convogliate dagli dèi giusti in quella bella figura.
In quei frangenti, se solo avesse osato spalancare le braccia, Vlad sentiva nel proprio nobile cuore che si sarebbe librato in volo al di sopra di Sighișoara, sopra le nubi, per strappare i segreti dalla bocca delle stelle e baciare le guance di Eos dalle dita di rosa, una volta giunta l'alba...
E tentò allora, per un attimo dimentico del proprio obiettivo sollevò quegli arti sottili, quelle ali mancate come a voler afferrare tutti assieme i sogni che lasciano la mente sul far del mattino, ma ciò che nei sogni l'avrebbe innalzato lo abbatté sulla nuda terra, sferzato da un'improvvisa folata di vento, e dove un tempo le labbra parevano d'intonsa porcellana un varco s'aprì che lasciasse scorrere un rivolo di liquido cremisi fin sotto il mento del piccolo principe.
Un corpo giovane non impiega che il battito d'ali di una farfalla per tornare in piedi, ma l'orgoglio d'un sovrano è di cristallo, e perfino una nota troppo acuta può irrimediabilmente intaccarlo; quando Vlad sollevò il chiaro sguardo dal quale con tutto sé stesso si imponeva di non lasciar trapelare una sola delle proprie preziose lacrime dovette accettare suo malgrado l'intempestiva fuga del piccolo coniglio bianco, che terrorizzato si era gettato in una corsa frenetica verso la valle ai piedi del pendio.

« Oh, ti prego, nor, non fuggire! Non fare che il sangue del tuo re sia sparso invano, stupida bestia! »

Invocò la creatura con tutto sé stesso, come un infante cieco invoca il seno della madre, dapprima rassomigliandola a una candida nube e verso di essa tendendo aperta la mano, poi degradandola a laido parassita della selva e percuotendo con quello stesso pugno la terra d'ebano, maledicendo la sorte per non avergli conferito un dono che equiparasse almeno in parte quello con cui era stato graziato San Francesco.
Ma dallo stesso orizzonte dietro il quale era andato sparendo il candido fianco del timido animaletto già si ergevano fiamme e fumo nero e grida di donne, e il rumore di migliaia di piedi stranieri che calpestavano i germogli imperlati di rugiada dei bei prati al Conte tanto cari; a stento quest'ultimo fece a tempo a ergersi nuovamente e a superare con lo sguardo la coltre di fumo, per vedersi venire in contro vessilli scarlatti e armature lucenti, e per udire l'ultima volta la propria innocenza intonare un canto che presto, troppo presto sarebbe stato violato e reso muto.
  
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