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Autore: Postula Sblindo    11/11/2014    0 recensioni
Era un pomeriggio veramente freddo un mio amico mi aveva invitato ad uscire con lui per rimorchiare, nonostante il tempo orribile e il clima rigido degno del Polo Nord... Mi aveva detto di aspettarlo al solito posto, anche perché avrebbe ritardato come al solito per organizzare l'uscita. Così andai subito lì senza prendere il telefono visto che era scarico, e in quel luogo non mi rimase che aspettare...
Genere: Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non so come, e neanche perché, ma quell'uomo aveva catturato la mia attenzione. Non aveva niente di particolare, anzi, era una persona normalissima, aveva un caldo cappotto che lo proteggeva dal freddo di quell'inverno rigidissimo, capelli scuri, corti e pettinati, e qualcosa in mano. Forse proprio ciò che possedeva mi attirava particolarmente, tanto che, dalla panchina di fronte, rimasi a fissarlo. Erano le cinque passate del pomeriggio, io stavo aspettando un mio amico, e quel signore, per come era vestito, doveva lavorare in un ufficio. Però il suo lavoro non mi interessava minimamente, come già detto prima mi interessava solo sapere cosa tenesse nella sua mano sinistra e perché continuasse a muovere la destra sopra di essa con l'indice, come se stesse contando. Effettivamente, osservandolo qualche secondo in più, mi resi conto che stava veramente contando! E a giudicare dal colore rosso delle sue guance, oltre che delle mani, era lì a praticare quella procedura già da un po' di tempo. Quella scena, i miei pensieri, il mio carattere e la mia curiosità mi spingevano sempre di più a scoprire che cosa avesse quell'uomo in mano, perché continuasse a contarlo, ma soprattutto, perché il suo sguardo era spaventato e stupefatto allo stesso tempo, e perché continuasse a guardarlo con gli occhi sbarrati, come se avesse paura di ciò che possedeva...Volevo sapere cosa lo stesse preoccupando così, visto che era l'unica cosa che potessi fare poiché il mio amico era in ritardo e non potevo neanche sapere di quanto il mio orologio era fermo ormai da due settimane... Dovevo solo trovare un modo per vedere cosa stesse contando con tanta ansia, quindi iniziai a guardare intorno a quel signore per cercare un pretesto per avvicinarmi senza dare nell'occhio, anche se ne sarebbe accorto in quanto era troppo preso a contare. La mia vista si focalizzò subito su un cestino dei rifiuti posto alla destra della panchina su cui era seduto l'uomo; era anche leggermente indietro, perciò potevo completare la mia missione con tranquillità. Così presi un fazzoletto dal pacchetto che avevo in una tasca del mio giubbotto di pelle, mi soffiai il naso, mi alzai dal mio posto e andai in direzione del punto di osservazione. Arrivai lì e buttai il fazzoletto; il silenzio di quel viale spoglio di persone, proprio come gli alberi che vi erano piantati ai lati, mi permise di ascoltare ciò che l'uomo sussurrava mentre contava -Uno, due, tre, quattro, cinque... No, no, no, no, no... Uno, due, tre, quattro, cinque... No! Non può essere!- e continuava a ripeterlo. Finalmente, però, ero riuscito a vedere cosa stesso contando, e ciò mi sorprese non poco: dei sassi. Quell'uomo stava contando quei cinque sassi ripetutamente, in modo compulsivo, maniacale, insano, pazzo... Stava ripetendo la stessa identica cosa ancora e ancora, se sperava che il risultato potesse cambiare si sbagliava... Scossi un po' il capo per l'incredulità, stavo sprecando il mio tempo ad osservare un matto e la sua infermità mentale. Preferii tornare a sedermi sulla solita panchina dove aspettavo ogni volta quel ritardatario del mio amico, ma mentre mi muovevo sentii che il mentecatto mi stava guardando, non mi girai per osservalo, il mio presentimento venne confermato non appena mi rimisi al mio posto perché i nostri sguardi si incrociarono, il mio cuore smise di battere per un attimo, stavo iniziando ad avere paura. Egli mi fece un sorriso, uno di quei sorrisi che i pazzi si stampano sulla faccia quando pensano di aver trovato la cura per i propri problemi psichici, un sorriso che conteneva tutta la sua follia e il sollievo per il poter guarire dalla sua "malattia", un sorriso che mi fece gelare il sangue nelle vene, più di quel che il freddo non era ancora riuscito a fare, un sorriso che mi fece diventare più serio del solito; se non altro l'uomo aveva smesso di contare, perciò si alzò da dove era rimasto per tutto questo tempo e si diresse verso di me. Appena giunse mi porse la sua mano sinistra, stretta a pugno e rivolta verso il basso come se volesse lasciarmi il contenuto, allungai la mia mano destra, senza pensarci più di tanto e senza guardarlo, per prendere quel dono inaspettato. Quel signore se ne andò soddisfatto e sollevato per l'essersi tolto quel grosso peso dalle spalle che lo stava opprimendo. Si mise le mani in tasca per riscaldarle dal freddo che si erano prese fino a quel momento e lentamente scomparve nella nebbia formatasi per il viale. Io invece ero rimasto lì ad aspettare il mio amico che non sarebbe mai arrivato, dato che il tempo non era dei migliori per uscire a rimorchiare. Comunque in quel luogo ero rimasto soltanto io, IO e quei sassi che avevo nella mano, chiusa davanti ai miei occhi... Dovevo farlo, dovevo aprire quella mano e scoprire cosa avesse fatto impazzire quell'uomo, perciò per non tormentarmi troppo con le domande decisi di guardarci dentro. Non lo avessi mai fatto! Quello che vidi mi fece sbiancare, sudare e anche contare mentalmente: i sassi erano sei.
   
 
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