Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Ashtart    11/11/2014    7 recensioni
Come ultima cosa pensò a quanto sciocco era stato, a non rubargli un ultimo bacio.
Magari all’inferno, pensò.
Ma non c’era stato neanche l’inferno, dopo: solo il freddo nulla della morte.

[Ereri - Reincarnation AU]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Eren, Jaeger
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitain, my Capitain. 

 
 

Nell’aria aleggiavano l’odore bagnato del fango, e il fetore della morte. Eren, immobile, in ginocchio in mezzo ad un gruppo di cadaveri, lasciava che la pioggia gli scorresse copiosamente addosso, non badando al freddo pungente ed ai propri vestiti ormai zuppi. Il suo sguardo era fisso in quello spento e morto del Comandante Smith: era quasi ironico quanto la morte di quell’uomo si trovasse ora a rappresentare la simbolica sconfitta dell’umanità, la morte di ogni speranza. Per lui, Erwin aveva sempre rappresentato quello: la libertà, la speranza di un mondo migliore e libero dai titani. E ora era morto, insieme a quasi tutto il resto della loro squadra. Sasha, Connie, Jean, Armin, Mikasa… nessuno di loro avrebbe mai visto la libertà. Nessuno di loro avrebbe mai visto il mare. Con tutte le probabilità nemmeno lui. Con tutte le probabilità nemmeno… 
Eren.” La voce del Capitano spezzò il silenzio, forte, autoritaria come era sempre stata, mentre questi si avvicinava a lui. Il suono dei suoi passi lievi, felpati, era quasi inudibile contro quello più forte, più terribile, delle creature mostruose in avvicinamento. 

 

I will love you until the end of   t i m e 

 

Eren Jaeger aveva da poco compiuto trent’anni, lavorava come fotografo freelance, e ci aveva messo ventuno lunghi anni a ricordare. Ventun’anni durante i quali la maggior parte delle sue notti erano state perennemente infestate da orribili incubi riguardanti mostri disgustosi e umanoidi affamati di carne umana. Ventun’anni in cui il lontano ricordo di immense, spaventose mura, talmente alte da sovrastare ogni cosa, si era fatto strada nella sua mente apparentemente dal nulla. Ventun’anni che sognava labbra morbide contro le sue, un corpo caldo e forte contro il proprio, e uno sguardo color dell’acciaio scrutare nel proprio con un’intensità tale da togliergli il fiato. 

E poi, d’un tratto, una mattina, tutto era stato chiaro, nitido: i titani, le mura, la legione. Levi In tutta sincerità, una volta che l’aveva ricordato in tutta la sua maestosa gloria, in tutta la sua sconcertante bellezza, si era chiesto come avesse mai potuto dimenticarlo; dimenticare quella bocca, dimenticare quegli occhi. Occhi che, a Levi, da quel che Eren poteva ricordare, non erano mai piaciuti granchè, a dire il vero. Non ci vedeva niente di straordinario, più che altro. Erano sottili, incavati, e perennemente cerchiati da occhiaie scure, diceva: lo facevano sembrare costantemente stanco.  
Eren invece in quegli occhi ci vedeva il colore del mare d’inverno, del cielo prima di una tempesta. Perdersi in quegli occhi era una boccata d’aria fredda e pulita, una promessa di libertà. 

La prima cosa che aveva fatto, una volta ricordato tutto, era stata andare a vedere il mare. Una mattina era montato in macchina e aveva guidato per chilometri e chilometri, fino all’oceano, nella speranza che vederlo avrebbe in qualche modo calmato i suoi pensieri. Al contrario, quella immensa, agitata massa d’acqua, non aveva fatto altro che accrescere il tumulto che aveva dentro. Era strano, era sbagliato essere li da solo, senza Mikasa, senza Armin, senza Levi. Continuava a gettare occhiate allo spazio di fianco a se, nella speranza che una figura minuta, avvolta in una mantella verde foresta, vi si materializzasse come per magia.  
Non credeva, in tutta sincerità, che lo avrebbe mai rivisto, in realtà. Se lo augurava, certo, ma non riusciva, in tutta onestà, a sperarci troppo. Si chiese comunque se fosse vivo, se esistesse, da qualche parte di quel mondo, quanti anni avesse, se, vedendolo, lo avrebbe riconosciuto.  

Perché lui, lui era certo che avrebbe riconosciuto quell’uomo ovunque. 

 

I will wait a  m i l l i o n   y e a r s 

 

“Eren” ripetè ancora Levi, una nota di comando nel suo solito tono apparentemente neutrale. Il ragazzo alzò lo sguardo, intrecciandolo con quello del superiore. La pioggia gli incollava capelli e vestiti alla pelle, e una ferita alla tempia gli imbrattava il volto di sangue vermiglio. Era visibilmente stanco, chiunque se ne sarebbe accorto, ma i suoi occhi non avevano perso un briciolo della loro determinazione e ferocia.  

Eren pensò che Levi non era mai stato così bello come in quel momento.  

“Siamo soli, in mezzo al fottuto nulla, e c’è un gruppo di titani in avvicinamento.” Affermò. “Non abbiamo speranze di portare la pelle a casa, stavolta.” Fece una pausa, offrendogli una mano e tirandolo in piedi. “Quello che voglio chiederti, moccioso, è:” Quando parlò di nuovo, il suo tono fu un sussurro quasi solenne. “Mi seguirai un ultima volta?” 

Il ragazzo si portò il pugno chiuso al cuore in un saluto perfetto. Mai avrebbe potuto, avrebbe voluto dire di no a quegli occhi. A quell’uomo. “Capitano, mio capitano.” Fece , inginocchiandosi di fronte a lui lì, sul campo di battaglia, tra i corpi di quelli che erano stati i loro commilitoni. “Ti seguirei fino all’inferno, lo sai, e se necessario anche oltre.” Sussurrò in risposta. 

“Perfetto, allora.” Rispose Levi. “Perché temo che ci rivedremo li.” 

 

promise you’ll remember that you’re  m i n e 

 

Fu Aruo, che notò per primo. La sua voce era alta e fastidiosa come al solito, e per questo attirò facilmente la sua attenzione. Era più giovane, parecchio più giovane dell'Aruo che ricordava, ma i suoi capelli biondo sporco e i tratti del suo viso erano gli stessi. Non ci mise molto, a quel punto, ad individuare Erd e Gunther di fianco a lui, e Petra più avanti. Sembravano tutti sereni, tutti giovani. Avevano borse a tracolla e zaini in spalla: erano studenti universitari, addirittura liceali, forse. Molto più giovani di lui, insomma; camminavano sul marciapiede dal lato speculare al suo, e camminavano nella direzione opposta. Si chiese se anche loro ricordassero, se fosse il caso di notificare loro la sua presenza, ma prima che potesse fare un solo passo nella loro direzione, una figura minuta, vestita di nero, si fece largo a spintoni tra Erd e Gunther, piantando un gomito tra le costole di Aruo e sbraitandogli qualcosa che Eren, da quella distanza, non potè udire. 
Il respiro di Eren si fermò, e il suo cuore perse parecchi battiti, mentre i suoi occhi assorbivano l'immagine che si dispiegava di fronte a se, mentre l'uomo che credeva non avrebbe mai più rivisto, il suo capitano, si sistemava un paio di auricolari intorno al collo, lo zaino gettato su una spalla come un qualsiasi comune studente della sua età. Un piercing metallico gli scintillava sul sopracciglio, notò, e portava lo stesso taglio di capelli di tanti secoli - no - millenni prima.  

Era bello come il giorno in cui lo aveva perduto. 

 

baby can you see trough the  t e a r s? 

 

Si trasformò in titano con la consapevolezza che, a meno di un miracolo, non sarebbe più uscito da quel suo corpo colossale, se non da morto.  

La cosa peggiore, comunque, era forse la consapevolezza di quello che la loro morte, la sua e quella di Levi, avrebbe significato per l’umanità. Il soldato più forte e l’ultima speranza dell’umanità sarebbero caduti li, su quel campo di battaglia. E senza Erwin a lottare per la causa, la Legione Esplorativa sarebbe stata sciolta. 

Si abbatté contro il primo titano con tutta la disperazione che aveva in corpo, decapitandolo con un solo pugno ben assestato. Per la prima volta, era totalmente lucido, nel proprio corpo colossale e, mentre abbatteva il secondo gigante, con Levi che volava agile al proprio fianco, preciso e letale come un falco pellegrino, s’illuse per un folle istante che potevano farcela. 

Era speranza nata dalla disperazione, che svanì nello stesso istante in cui un gruppo di titani si affollò sul Capitano, non lasciandogli alcuna possibilità di scampo. 

Come ultima cosa pensò a quanto sciocco era stato, a non rubargli un ultimo bacio.  

Magari all’inferno, pensò.  

Ma non c’era stato neanche l’inferno, dopo: solo il freddo nulla della morte. 

 

Say you’ll remember, say you’ll  r e m e m b e r 

 

Così, dal nulla, i loro occhi si incontrarono, e per un lungo, doloroso, meraviglioso istante, Eren si sentì di nuovo esposto, nudo, prigioniero di quegli occhi del colore del cielo nuvoloso d'inverno. Il tempo sembrò dilatarsi, in quell'istante infinito in cui erano solo loro due e i loro sguardi che si intrecciavano dai due capi opposti della strada. E durante quel lungo, interminabile istante, Eren sperò. 
Poi Petra gettò le braccia al collo di Levi, e questi interruppe il contatto visivo per passarle un braccio intorno alla vita e baciarla su una guancia, sorridendo appena, ed Eren capì, semplicemente comprese: questo Levi non ricordava, questo non era il soldato più forte dell’umanità. Questo Levi, probabilmente, non sapeva nemmeno tenere in mano una spada. Eren lo sapeva. Ma nonostante tutto, questo Levi era, sempre, comunque il suo Capitano. 
Ed allo stesso tempo, comprese che non poteva, non voleva rischiare di togliergli quella serenità, quella normalità, a beneficio del proprio egoistico desiderio. La benedizione di una vita normale, libera dal ricordo di quel che era stato, era tutto ciò che lui non aveva mai avuto, ed allo stesso tempo, tutto ciò che augurava all'uomo che aveva amato. 
“Capitano, mio capitano.” Sussurrò, lo sguardo fisso su quel lieve sorriso, quel sorriso che un tempo, un tempo lontanissimo, era stato un segreto riservato solo a lui. Levi non lo udì, non lo avrebbe mai udito. 

Dall'altro lato della strada, il gruppo continuava a camminare, scambiandosi chiacchiere e battute: li osservò vivere, gioire spensierati, scoppiò quasi a ridere quando Petra colpì Aruo dritto sul naso, in risposta a qualche frase dell'altro. Si contenne soltanto perché, nello stesso istante, Levi, il suo Levi, il suo Capitano, quello che non si ricordava di lui, quello di li a qualche istante non avrebbe rivisto mai più, gettò indietro la testa e lasciò andare una risata cristallina.  
Ed Eren si rese conto in un istante che non aveva mai sentito il suono della risata di Levi fino ad allora, e nello stesso momento realizzò che quella era la prima e l’ultima volta, perchè non lo avrebbe udito mai più. Avrebbe dovuto limitarsi a custodirla tra i suoi ricordi più preziosi, a prova del fatto che qui, in questo mondo privo di mura, finalmente Levi poteva essere completamente felice.  

E lo era senza di lui. 

 Ma andava bene così. 

 

I will love you until the end of  t i m e



 


Angolo fossa oscura dell'autrice:

Lalalalala, non so più scrivereeee ~
No, sul serio, non è uscita per niente come volevo. Ma tipo per niente proprio.
Bello, considerato che è il mio primo lavoro in questo fandom - e con questa ship.
Vabbè, ve la lascio qui comunque, magari a qualcuno piace. XD
Enjoy 
~

  
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