Sono molto attaccata a questa ff. E’
stata una delle prime long che ho scritto e forse, in alcuni momenti, pecca di
ingenuità (l’ho scritta un po’ d’anni fa) però ci sono molto affezionata. Magari
la vita fosse sempre così.
Dedicata come sempre alla panchina e
alla capa che “arpiescamente” mi ha invitato a postarla
xD
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Era una normale mattina estiva di
giugno. Il sole era caldo e il cielo era privo di nuvole. Maria uscì
frettolosamente da casa raggiungendo la macchina, aprì la portiera ed avviò il
motore. Abitava a New York da quattro mesi, tutto era nato quando sua madre si
era risposata con Pierce, il suo secondo marito e nella loro casa erano venute a
vivere anche le sue due nuove sorellastre, Courtney e Tess. Purtroppo, fin dal
primo momento, lei aveva capito che non sarebbero mai andate d’accordo. Le due
ragazze erano molto vanitose ed egoiste, la trattavano con sufficienza senza
fare niente per cercare di essere gentili. In poco tempo si erano appropriate
delle sue cose e la madre l’aveva pregata di avere pazienza perché si dovevano
ambientare. Maria aveva ingoiato bocconi amari molte volte, una sera ci fu
l’ennesimo litigio che si trasformò nella classica goccia che fa traboccare il
vaso. Si era avventata contro Courtney e dopo aver chiarito esattamente cosa
pensava di tutti loro aveva fatto i bagagli abbandonando quella che un tempo era
stata la sua casa. Si era trasferita a New York, la grande metropoli, per
mettere la maggior distanza possibile dalla sua famiglia, anche se lei non la
riconosceva più come tale. I primi tempi erano stati duri, aveva speso la
maggior parte dei soldi del suo conto per affittare un piccolo appartamento e
aveva accettato i lavori più umili per riuscire a sopravvivere. Poi un giorno
aveva letto un annuncio di lavoro, si era presentata per un colloquio ed era
stata assunta. Ormai erano tre mesi che lavorava come impiegata presso la
Withman Enterprises, una multinazionale leader nel settore dei
computer.
Quella mattina Maria stava guidando
nervosa lungo la strada, un’occhiata all’orologio le disse che era in ritardo.
Schiacciò di più il pedale sull’acceleratore nella speranza di trovare i
prossimi semafori verdi.
“Forse ce la faccio, in fin dei conti cosa sono cinque minuti di
ritardo?”
Iniziò a maledire la sua padrona di
casa, il mese scorso c’erano stati dei lavori da fare all’impianto di
riscaldamento e quindi la rata mensile era lievitata notevolmente. Il suo
stipendio le bastava a malapena per sopravvivere nella Grande Mela poi, come se
non bastasse, era stata costretta anche a sostituire il frigorifero e per questo
motivo quella mattina aveva chiesto qualche giorno in più prima di pagare la
rata mensile dell’affitto, ovviamente ne era nata una discussione ed ora era in
ritardo. Adesso si trovava a guidare in seconda perché la macchina davanti si
muoveva come una lumaca. Sperò in un miglioramento nel corso della giornata, si
ricordò che quando era piccola suo padre di solito la incoraggiava ripetendole
che lei era come cenerentola e che una fata madrina vegliava su di lei.
“In questo momento la mia fata dev’essere andata in
vacanza”
L’unico desiderio che voleva esprimere
era di un cambiamento positivo nella sua vita. Finalmente l’automobile davanti
svoltò a sinistra e Maria ebbe via libera. Schiacciò di nuovo il piede
sull’acceleratore ed ingranò la terza.
Aveva appena passato un incrocio quando
un gatto attraversò la strada proprio un secondo prima di lei. Riuscì a sterzare
il volante a destra evitando il micio per un pelo e cercò di frenare ma non poté
evitare di tamponare una macchina parcheggiata a lato della strada, una Ferrari
testarossa. Finì contro la portiera posteriore e per il colpo venne sballottata
prima in avanti e poi di nuovo contro il sedile grazie alla cintura di
sicurezza. Rimase per un attimo stordita cercando di capire cos’era successo,
provò a muovere le braccia e le gambe e, fortunatamente, non le sembrava di
avere niente di rotto. Si massaggiò la nuca con una mano e chiuse gli occhi,
iniziava ad avvertire un indolenzimento del collo. Poi, come un lampo, si rese
conto di quello che era successo. Slacciò la cintura e scese dalla macchina per
guardare i danni alle due automobili. L’urto per fortuna non era stato forte ma
le lamiere si erano piegate.
“Che cos’è
successo?”
Maria alzò il viso e vide davanti a sé
un uomo elegante, in giacca e cravatta, che spostava la vista dall’auto a lei e
viceversa con espressione incredula. Le puntò un dito
contro.
“Cos’ha fatto alla mia
auto?”
“Mi scusi, stavo passando ma un gatto mi
ha tagliato la strada ed ho sterzato per evitarlo”
L’uomo sgranò gli occhi
incredulo.
“Così è colpa di uno stramaledetto
animale se adesso ho la macchina rovinata!”
Maria avrebbe voluto aggiungere almeno
era riuscita ad evitare di investire l’animale ma, saggiamente, decise di non
irritare di più quella persona.
“Mi dia i suoi
dati”
“Come scusi, non ho
capito”
“Ho detto mi dia i suoi documenti che
scriviamo la constatazione amichevole”
“Questo vuol dire che andrà tutto in
mano alle assicurazioni?”
“Certo, vedo che è stata attenta alle
lezioni di scuola guida”
Il tono dello sconosciuto era
chiaramente ironico.
“Io non
posso”
Maria iniziava ad essere
terrorizzata.
“C’è qualche
problema?”
Lui stava cominciando a perdere la
pazienza.
“Non posso mandare i dati di un
incidente all’assicurazione… Mi aumenterebbero il premio assicurativo e non
potrei più permettermi di pagarlo”
Lo sguardo di lei si fece cupo a quel
pensiero
Lo sconosciuto fece un lungo respiro
cercando di mantenere la calma.
“Senta signorina come la
mettiamo?”
Attese ma non ebbe alcuna risposta, così
continuò a parlare.
“Lei mi ha rovinato la macchina e deve
pagarmi i danni, è chiaro?”
“Sì certo, ha ragione ma
io…”
Avrebbe voluto aggiungere “non ho
quei soldi” ma probabilmente lo sconosciuto l’avrebbe denunciata e fatta
arrestare. Si mise una mano sulla fronte cercando di ricacciare indietro il mal
di testa che stava arrivando.
Michael si domandò cos’avesse fatto di
male per meritarsi tutto questo, già lo aspettava una giornata pesante ed ora ci
si metteva anche questa matta che l’aveva tamponato per evitare un gatto. Sperò,
stupidamente, di essere su un programma tipo “Scherzi a parte”, purtroppo si
rassegnò subito, non era certo uno di quegli attori che apparivano ogni
settimana sui giornali di gossip, quindi doveva essere tutto vero. Guardò la
ragazza che aveva provocato l’incidente, era appoggiata alla sua macchina e si
stava massaggiando le tempie. Era uno schianto, a lui piacevano particolarmente
le bionde, indossava un golfino azzurro attillato che le sottolineava il seno,
Michael intuì che aveva un corpo ben modellato, le gambe lasciate scoperte dalla
gonna erano lunghe e tornite. Rimase folgorato da lei. Si era così arrabbiato
per la macchina da non rendersi conto che probabilmente lei si era spaventata e
poteva anche essersi fatta male. Si avvicinò a lei, Maria teneva la testa bassa
e si trovò a pochi centimetri dalla sua camicia azzurra e dalla sua cravatta,
entrambe griffate Versace. Non aveva il coraggio di alzare il
viso.
“Oddio, adesso mi dirà che sono
un’incosciente e pretenderà i dati dell’assicurazione, finirà che dovrò vendere
l’automobile e…”
“Come si
sente?”
Michael interruppe il corso dei suoi
pensieri.
“Io?”
“Certo signorina, non vedo altre persone
che hanno appena avuto un incidente” e le sorrise.
Maria rimase a fissarlo, era un ragazzo
molto carino e giovane, notò che era più alto di lei, infatti per guardarlo
doveva alzare il viso. Aveva i capelli lunghi fino alle spalle, che formavano
dei riccioli, due occhi color nocciola con un’espressione penetrante e il
sorriso fatto gli aveva illuminato tutto il volto. Però in quel momento tutti
questi particolari vennero rapidamente accantonati.
“Credo di stare bene, non ho niente di
rotto, l’urto non è stato forte per fortuna”
Lui rimase fermo davanti a lei
fissandola e Maria si sentì intimorita, rimase immobile quasi fosse prigioniera
del suo sguardo e del suo corpo.
“A quanto ho capito non vuole mettere in
mezzo l’assicurazione giusto?”
Lei annuì.
“Possiamo trovare un accordo, mi dia i
suoi dati vedremo di risolvere la faccenda privatamente va
bene?”
“Dice
davvero?”
Lei adesso aveva lo sguardo speranzoso e
lui si sentì strano, ebbe l’istinto
di abbracciarla e rassicurarla, sembrava un cucciolo
smarrito.
“Penso proprio di
sì”
Michael recuperò dal cruscotto della
Ferrari un foglietto ed una penna. Si appoggiarono al cofano della macchina di
Maria e lei gli dettò nome, cognome, il cellulare e dove lavorava mentre lui le
scrisse il suo nome.
Si scambiarono i foglietti e Maria
lesse: Michael Guerin. Allungò la mano verso di
lui.
“Sig. Guerin la ringrazio per la sua
cortesia. Mi scuso per quello che è successo, davvero io non volevo. Grazie,
grazie ancora. Devo scappare al lavoro, sono molto in
ritardo”
Si strinsero la mano e Maria risalì
sull’auto, mise in moto e si allontanò. Lui rimase sul marciapiede a guardarla,
poi abbassò gli occhi sul bigliettino che teneva tra le dita. Si mise a ridere,
quella ragazza non si era resa conto di essere finita dalla padella nella brace.
Forse Maria De Luca poteva risolvere il problema che lo stava assillando da un
po’, l’idea di passare del tempo in compagnia di quel folletto biondo era molto
allettante. Piegò lentamente il biglietto di carta e lo infilò nel taschino
della camicia. Guardò l’ammaccatura della macchina, per fortuna non era niente
di grave, anche se avrebbe dovuto pagare una cospicua somma. Prese le chiavi ed
entrò in macchina, aveva un appuntamento importante a cui non poteva mancare.
Nell’altra auto Maria intanto ripensava
all’accaduto, era stata proprio un’incosciente, aveva evitato il pericolo
dell’assicurazione ma restava sempre da pagare il danno della Ferrari. Sorrise
ripensando a Michael Guerin, era stato molto carino a preoccuparsi della sua
salute e ad accordarsi per risolvere privatamente la questione. Avrebbe
aspettato la sua chiamata e sperò di non avere altre complicazioni, la giornata
era ancora all’inizio ma si sentiva già stravolta. Oggi alla Withman Enterprises
sarebbero arrivati alcuni dei principali azionisti del consiglio di
amministrazione che volevano visitare la ditta.
“Spero di arrivare in tempo, non voglio essere additata come quella che
arriva in ritardo”
Finalmente riuscì a parcheggiare. Una
rapida occhiata allo specchietto le rimandò un’immagine abbastanza buona, quindi
recuperò la sua borsetta e scese avviandosi verso
l’ufficio.
Tutto sommato aveva già ricevuto un segno positivo.