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Autore: Clementine Kruczynski    11/11/2014    0 recensioni
Flusso di coscienza,
parole sparpagliate nel vento,
urla disperate verso uno specchio che continua a riflettere ciò che non siamo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rabbia liquida che scorre nelle mie vene e le crepa, come fosse veleno che pulsa che pulsa che pulsa.
Rabbia sotto forma di granelli di polvere che si infiltrano nel mio cervello e spingono infiammandomi il cranio che esplode sì esplode.
Nessuno fuori da questo scheletro capisce i segreti nascosti nei meandri della mia anima, celati sotto veli di ombre e spettri e ancora più infondo ancora più in basso nascosti sotto strati di bugie e verità e bugie e ancora verità venute a mancare tanto tempo fa.
Occhi mi giudicano e non mi importa, specchi scheggiati mi illudono della perfezione meschina di questo mondo antico e sempre in movimento, piatta clessidra che va avanti incessantemente verso una fine ormai già segnata da sempre.
Sabbia sangue e sale sulla mia pelle, neve candida bagna i miei occhi stanchi di menzogne, occhi vuoti di verità, occhi lasciati in balia della mancanza e dell'assenza e delle risposte non date, ormai buttate in mare come una bottiglia alla deriva nell'azzurro.
Nebbia cancella i ricordi, depositati in una sorta di limbo della mente.
Immagini offuscate, si mescolano a notti insonni e labbra screpolate, rosse di sangue, macchie indelebili sul nostro vestito nuovo. Cassetti chiusi, bloccati da fotografie e diari, non voglio più aprire quei cassetti, mai più, lasciali chiusi ti prego fa male.
Onde di rugiada scendono dai gorghi azzurri che hai sul viso, petali argentei si riversano come mercurio liquido sul tavolo imbrattato di inchiostro blu e nero.
Le parole sul foglio bianco sono come ancora di salvezza, ci tengono aggrappati a questo mondo solitario, proiettandoci verso un futuro non richiesto.
Parole come rocce immortali, sono tutto ciò che resterà di noi quando diventeremo polvere.
E scrivo per non dimenticare le macchie sul mio viso, peccati irreversibili che il tempo mai potrà cancellare. E mi siedo al tavolo e scrivo per non dimenticare le cose che mai sono riuscita a capire, che mai sono riuscita a spiegare.
E il più delle volte scrivo senza apparente motivo, solo per proiettare sul foglio i pensieri liquidi che mi pulsano nella testa. Liquidi pensieri sconnessi, clacson di macchine perse nella città piovosa, spari di guerra che ogni giorni rischia di ucciderci.
E allora scrivo per non morire mai, per restare nella mente di anche solo una persona perduta in questo mondo in attesa.
Scrivo per sconfiggere la morte, perché l'inferno è un posto troppo piccolo per contenere la furia di un tornado.
E non lascio nemmeno uno spazio bianco, perché il bianco è vuoto, e il vuoto fa paura.
Riempo questo bianco vuoto con il caos oscuro dei miei pensieri rilucenti, e tu scrivi su quel che resta della mia anima splendente.
Le parole non devono far star bene, servono per colpire come saette nel cielo estivo, come lame affilate colpiscono il bianco collo ignaro.
Servono per spezzare in mille frammenti e strappare in mille brandelli il cuore. In questo modo, attraverso il dolore, ricordiamo di essere vivi.
Voglio far male più di uno squarcio sanguinante nel petto.
Straziami il cuore finché non esisterà più nessun cuore dentro al mio petto bianco.

 

  
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