Capitolo 72: La civiltà perduta
Nami e Tashiji si
trovavano chiuse dentro a una gabbia costruita con lische di pesci, alcune
delle quali ancora fresche a giudicare dall’odore putrido di pesce andato a
male che esse emanavano.
Si guardarono intorno e capirono di trovarsi al centro di una piazza,
circondati da miriadi di quegli esseri che le avevano catturate. Sembravano
danzare una danza tribale, anche se alle ragazze ricordavano maggiormente degli
ubriaconi che faticavano a stare eretti sulle proprie gambe. Vi era il suono di
tamburi e questo non fece intendere loro niente di buono, non che la loro
prigionia le facesse sentire delle principesse.
“Cosa diavolo hanno intenzione di farci!” chiese Tashiji.
“Non ne ho idea, ma temo che non ci piacerà!” disse Nami
studiando l’ambiente circostante, in cerca di una via di fuga.
Cercò di guardare tra gli spazi che i nativi lasciavano tra di loro e
comprese che dovevano trovarsi in un luogo piuttosto alto. Da lì era visibile
la foresta dentro la quale erano stati attaccati e che si trovava nella zona
che lei abbinava alla pancia.
Vedeva anche due protuberanze, che corrispondevano al seno, sebbene fossero
più basse rispetto a dove si trovavano loro e guardando Tashiji,
per avere ben visibile il corpo di una donna sotto gli occhi, optò che la loro
posizione fosse sul viso della donna.
Voltò il capo dall’altra parte e ebbe conferma del suo pensiero. Poco
lontano infatti, era visibile un’altura a forma triangolare, con due cavità di
accesso.
“Guarda, quello deve essere il naso e questa piazza deve corrispondere al
mento dell’isola donna!” disse Nami facendo segno a Tashiji.
“Quindi a suon di logica, quel dirupo laggiù che si sta aprendo è…!”
cominciò col dire la donna senza la capacità di andare oltre.
“…La bocca!” disse Nami con il sudore sulla
fronte, in quanto cominciava a capire le intenzione dei nativi.
“Se questi esseri sono primitivi rispetto a noi come fino ad ora ci hanno
fatto intendere, non mi sembra difficile capire cosa…” cominciò la navigatrice,
ma Tashiji la interruppe.
“Pochi giri di parole. Stiamo per essere date in pasto a quest’isola!”
disse impaurita la donna della marina “Se proprio devo morire giovane, avrei
preferito una morte meno umiliante!”
“Non moriremo!” disse Nami sicura.
“Si, si, lo so che hai fiducia nei tuoi compagni, ma hai mai pensato che
possano fallire prima o poi?” chiese Tashiji, dopo
che invano aveva scosso un po’ la gabbia, sperando si aprisse.
“No, questa opzione non è contemplabile!” disse Nami
con un sorriso “Umi e Ace ci hanno parlato di questa isola, quindi è ovvio che
i noi del futuro si sono trovati in questa situazione e se la sono cavata!”
“Ti ricordo che il futuro può cambiare. Basta anche solo la presenza di
quei ragazzini ad aver cambiato le carte in tavola. Quindi io direi di non
stare qui sedute ad aspettare, ma di fare qualcosa!” disse Tashiji,
dando un calcio alla porta della prigiona, me subito dovette fermarsi quando
avvertì una brutta fitta alla caviglia.
“Credi che non abbia già cercato un modo per evadere? Sono una ladra, poter
aprire questa gabbia non sarebbe un problema in genere…peccato che non ha una
serratura normale dove inserire una forcina.
Sembra che questa gabbia si tenga chiusa
da sola, aiutato da questo cristallo!” disse Nami,
ritraendo la mano, dopo che aveva toccato la gemma legata alle sbarre che
sembrava emanare una strana aura. “Comincio a pensare che le leggende di
Atlantiche non siano solo storie!” disse la navigatrice.
“Credi che questa sia l’isola di Atlantide? Bhe l’isola
affonda, ma…da quanto ne sappiamo non è mai stata approvata la sua esistenza,
in quanto non è mai tornata a galla!” disse Tashiji,
“Solo perché una cosa non è stata appurata, non significa che non esiste.
Le leggende dovranno pur partire da qualche parte!” disse Nami.
“Quindi il cristallo che tiene chiusa la gabbia, e quelli appesi al collo
dei nativi, sono la loro misteriosa fonte di energia?” disse Tashiji.
“Credo che siano solo dei conduttori, ma che l’energia principale venga
fornita da qualcos’altro…forse da una gemma più grande o addirittura dal nucleo
terrestre che…” Nami spalancò gli occhi quando vide
provenire dalla bocca un forte bagliore.
“Qualsiasi cosa sia la loro fonte principale di energia, credo che sia là
dentro!” disse Tashiji “E non credo sia qualcosa che
possa farci bene se veniamo buttate la dentro!”
Le due continuarono a osservare quanto si stava verificando intorno a loro
e sentirono dei brividi sulla loro pelle, quando videro due nativi avvicinarsi
alla loro prigione e aprire la porta.
Tashiji fu presa per prima, seguita a ruota da Nami. Entrambe scalciavano sperando di liberarsi, ma questo
loro tentativo di ribellione, fu sedato, con delle funi che legarono le loro
gambe e braccia.
Vennero successivamente anche bendate e imbavagliate in modo tale che non
interrompessero la cerimonia con le loro urla.
Zoro riuscì a trovare la via d’uscita dalla caverna, che fino a pochi
minuti prima lo teneva prigioniero, velocemente. Si sorprese di non aver avuto
problemi a trovare la strada giusta, ma dato che quando conosceva la strada si
perdeva, cominciò a pensare di riuscire ad azzeccare le strade solo quando non
sapeva dove andare.
Sperava vivamente fosse così, dato che non aveva la più pallida idea di
dove si trovassero Nami e Tashiji.
Si concentrò e decise di lasciarsi guidare dall’istinto. Qualcosa gli
diceva di dirigersi verso ovest, ma non sapendo da che parte fosse, prese una
direzione qualunque, sperando nella sua buona stella..
Superò la foresta e si ritrovò in un ambiente più desertico e in salita, fino
a giungere a due colline. Comprese cosa fossero quelle due protuberanze e non potè che sfuggirgli un sorriso nel pensare a Sanji e a che tipo di reazione avrebbe avuto se si fosse
trovato al suo posto. Anche se il seno dell’isola era fatto di rocce, sapeva
infatti che il cuoco avrebbe trovato qualcosa di perverso anche in quella
situazione.
Si arrampicò in cima e da lì potè notare un certo
trambusto su di un’altura, non tanto lontana.
Ora sperava di non perdersi.
Dopo diversi minuti di cammino, trovò una liana, un capello della donna
isola con la precisione, e aggrappandosi, cominciò la sua scalata.
Si fermò quando il suo occhio fu a
filo con il terreno, potendo così dare un’occhiata passando inosservato.
Non vide le due ragazze, ma era convinto che non fossero lontano. Studiò l’ambiente
circostante e a diversi metri da lui, notò le varie armi rubate alla sua ciurma,
comprese le sue spade.
Queste però non erano lasciate incustodite. Infatti, un nativo grande e
grosso, dalla faccia poco rassicurante, teneva in mano le armi, come se fossero
sue e nessuno dovesse toccarle.
Lo spadaccino cominciò a pensare a come recuperarle, ma un grido da parte
di Tashiji, attirò la sua attenzione.
Fu allora che vide Nami e Tashiji,
venire tirate fuori da una gabbia e successivamente legate.
Zoro si morse il labbro,
comprendendo che mancava poco al sacrificio.
Doveva darsi una mossa e con un salto uscì allo scoperto.
Afferrò un ramo spezzato caduto dall’albero vicino e colpì un nativo di sorpresa.
Non era solito colpire alle spalle, lo considerava sleale, ma le regole di
buon comportamento andavano a quel paese se vi era in gioco la vita delle sue
compagne.
Zoro fu subito circondato e i nativi, allarmati dall’intrusione, accelerarono
il rito.
Nami e Tashiji
furono condotte sull’orlo della bocca dell’isola e solo allora fu tolto loro la
benda dagli occhi.
Le ragazze non videro niente di particolare in fondo al precipizio, solo
una fonte luminosa che sembrava pulsare.
Nami osservò il fondo fin quando quel continuo
pulsare le ricordò qualcosa e fu allora che comprese la fonte di energia dei
nativi di quell’isola.
Era il cuore dell’isola stessa.
Un cuore che funzionava più o meno come il cuore umano. Se questo in un
uomo aveva il compito di pompare il sangue al cervello e ai muscoli in modo
tale da garantire un giusto funzionamento del corpo, il cuore della donna
isola, serviva per mantenere a galla quell’isola, per mantenerla viva e
rigogliosa e soprattutto un luogo piacevole su dove vivere.
Nami si rattristò, dimenticando per un momento
la sua situazione disperata.
L’isola non affondava per chissà quale calamità naturale, me semplicemente perché
stava morendo. Il cuore, a giudicare della irregolarità delle pulsazioni, stava
morendo e il suo affondamento e
galleggiamento a fasi alterne era solo un avviso che presto l’isola sarebbe
morta, non garantendo più la vita su di essa.
Zoro continuò a colpire i nativi che lo assalivano, ma se già una volta non
era riuscito a vincere, dubitava di riuscirci una seconda volta. Doveva inventare
una strategia e l’occasione per crearne una si presentò davanti a lui su di un
vassoio d’argento.
Un ordine, dato in una lingua straniera, fece calmare gli animi dei nemici.
Questi si separarono lasciando libero il passaggio a una figura di media
altezza con una maschera sul volto decorata con segni tribali e gemme di
qualunque colore. Lo spadaccino comprese da comportamento dei nativi, che si
trattava del capo.
“Come hai fatto a liberarti straniero?” domandò colui che comandava.
“Non ha importanza. Visto che sai parlare la mia lingua, non credo di
doverti spiegare il significato delle parole “Libera le ragazze se non vuoi che
ti faccia a pezzi!””. Disse con determinazione Zoro.
Tashiji che non aveva ancora staccato gli occhi
dal fondo della bocca dell’isola, alzando lo sguardo, sentì come se il suo
cuore accelerasse ulteriormente a vedere Zoro in lontananza.
Avrebbe sorriso se avesse potuto e improvvisamente cominciò a essere sicura
che sarebbe uscita da quella situazione.
“Si, so cosa significano queste parole, ma mi domando cosa ti fa credere
che io obbedisca a un tuo ricatto!” disse il capo, appoggiato dalle urla dei
suoi sudditi che incitavano in lingua straniera ad andare avanti con li
sacrificio.
“Se sei intelligente dovresti accettare, ma…proviamo con le buone. C’è un
modo per convincerti a non fare del male alle ragazze senza che io debba fare
del male a voi? Nessuno si è fatto ancora male e possiamo far si che questa
storia si concluda in modo pacifico!” disse Zoro seccato.
“Oh strano sentire parlare un umano di pace!” disse il capo con finta aria
sorpresa.
“Il mio capitano ci ha dato l’ordine di non farvi del male se non
necessario!”
“Dovrei ringraziare il tuo capitano, peccato però che io non creda alle
vostre parole e anche se ci credessi, non potrei accontentarti. Perché l’isola
non si abissi più, dobbiamo sacrificare
quelle due donne!” disse il capo.
“Perché proprio loro? E perché proprio le donne!” chiese Zoro fingendosi
curioso.
“Non so perché ti debba interessare, ma te lo dirò lo stesso. L’isola ha
cominciato ad abissarsi durante il periodo che voi chiamate i 100 anni di buio,
proprio quando una donna della nostra tribù ha consegnato il potere dei frutti del
diavolo in mano a voi esseri umani, dando così vita a uno sterminio di massa
per il possesso di maggiori frutti. Tutto ha avuto inizio a causa di una donna
che non ha seguito le nostre tradizioni di tenere quel potere per noi e ora
quel potere a noi è negato in quanto esseri metà terrestri e metà marini.
Mangiare un frutto del diavolo per noi sarebbe una condanna nel periodo in cui
siamo costretti a vivere sott’acqua. Quei poteri per noi sono diventati una
maledizione e possiamo quietare la dea dell’isola solo donandole creature del
sesso che ha dato inizio a tutto ciò e
che non sia affetto da quei malefici poteri!” disse il capo concentrato nel suo
racconto, una storia che toccava un tasto dolente di tutti i nativi, i quali
abbassarono la guardia, permettendo a Zoro di attuare il suo piano.
Rubò un pugnale dal nativo più
vicino a lui e successivamente, afferrando il capo alle spalle gli puntò l’arma
al collo.
I presenti sussultarono non aspettandosi un gesto del genere e tutti si
misero all’erta puntando le armi verso Zoro, ma allo stesso tempo non avevano
il coraggio di attaccare, terrorizzati dall’eventualità di colpire il loro
superiore.
“Quindi erano questi i tuoi piani?” disse il capo arrabbiato.
“Non mi interessa la vostra storia. Voglio solo liberare le mie compagne e
lo farò con la forza se è necessario, ma la mia offerta di una trattativa
pacifica è ancora valida!” disse Zoro, spingendo il capo verso il luogo del
sacrificio, minacciando con lo sguardo di far fuori il suo ostaggio a ogni
nativo che gli si avvicinava troppo.
Riuscì ad avvicinarsi ai due che tenevano Tashiji
e Nami e ordinò loro di lasciare andare le ragazze.
I due, non sapendo come agire, guardarono il loro capo, il quale scosse la
testa.
Zoro rafforzò la presa e premette maggiormente la lama sul collo del capo “Fate
quello che vi dico o lo uccido!”
“Loro obbediscono solo a me. Puoi anche uccidermi, ma il sacrificio avrà
luogo!” disse il capo, facendo poi un gesto con la testa, dando l’ordine ai
suoi sudditi di lasciare andare le due donne.
Zoro reagì immediatamente e colpendo uno dei nativi, riuscì a fare
allentare la presa che aveva su Nami, facendo sì che
questa, invece che nel burrone, cadesse a terra.
Tashiji però non fu così fortunata e precipitò,
seguita a ruota da Zoro, che riuscì ad afferrarla per la vita, cercando poi un
appiglio per salvarsi.
Caddero diversi metri e lo spadaccino sentì come se le unghie della sua
mano destra si staccassero a contatto con la roccia, ma nonostante il dolore
continuò a cercare una sporgenza a cui aggrapparsi, finchè
non la trovò.
Zoro sapeva di trovarsi in una brutta situazione. Non aveva mano libere e a
causa delle corde che tenevano legata Tashiji, ella
non poteva aggrapparsi a lui, lasciandogli maggiore libertà di movimento.
Inoltre la situazione si complicò ulteriormente, quando, alzando lo sguardo,
vide che i nativi avevano diverse frecce tese verso di loro.
Sapeva che presto o tardi avrebbero scoccato le loro armi e istintivamente nascose il corpo di Tashiji con il suo, venendo ferito al suo posto.
Trattenne un urlo di dolore, quando sentì la prima punta di freccia
penetrare nelle carni della sua spalla. Tashiji si
morse il labbro, inerme a quella scena che si stava svolgendo a causa sua. In
quel momento non poteva rendersi utile, ma appena la cascata di frecce terminò,
la donna approfittò del momento per usare parte della punta della freccia non
penetrata nella spalla del spadaccino, per tagliare la corda che la teneva
prigioniera.
Finalmente libera, almeno per le mani, diede un pezzo di fune a Zoro affinchè potesse morderla, mentre lei estraeva la freccia.
“S-scusa, h-ho cercato di essere più
delicata possibile!” disse la donna, sentendo gemere lo spadaccino.
“T-tieni forte!” disse Zoro, aiutando Tashiji ad
aggrapparsi alla sua schiena, per poi scalare la roccia più in fretta
possibile, dato che era solo questione di secondi prima che i nemici si
preparassero a un nuovo attacco.
Nami che si trovava ancora in superficie, cercò
di fermare gli arcieri, ma non avendo libertà di movimento, né armi per
difendersi, venne fermata con facilità ed si ritrovò nuovamente sul ciglio del
precipizio.
La navigatrice chiuse gli occhi, aspettando il momento in cui sarebbe
caduta. Non poteva pretendere che Zoro salvasse anche lei, né aveva visto i
suoi compagni nelle vicinanze e sebbene i salvataggi all’ultimo momento erano
la specialità dei suoi compagni, Tashiji gli aveva
messo la pulce nell’orecchio dicendole che prima o poi i suoi compagni
avrebbero potuto fallire.
La sua sicurezza a un tratto vacillò e la sua mente cominciò a ripensare ai
bei momenti trascorsi con Rufy e con gli altri, pensò
a Umi e Ace e al fatto che non sarebbero mai nati se un miracolo non fosse
successo. Ripercorse tutta la sua vita e alcune lacrime caddero dagli occhi.
Quello che però non si aspettava era di sentire con caldo bacio sulla
guancia, che la riportò al presente.
Riaprì gli occhi e vide che si trovava tra le braccia di Rufy, che le sorrideva a trentadue denti.
Era talmente assorta di non essersi accorda di essere stata tratta in
salvo.
I suoi occhi fecero uscire altre lacrime e rise di gioia a rivedere
nuovamente il suo volto.
“Tranquilla, sei salva ora!” disse Rufy, poggiandola
a terra e liberandola.
Solo allora Nami si accorse di essere in piedi
sulla schiena di un nativo tramortito dal capitano.
Come hai fatto ad arrivare fin qua?” domandò Nami,
che si era accorta che il resto dei suoi compagni, tranne Sanji
che aveva usato lo sky walk,
erano ancora lontani dalla bocca dell’isola “I tuoi poteri sono…”
Rufy annuì “Non ricordo che tipo di sostanza
ha parlato Sanji, ma qualsiasi cosa fosse, ha finito
il suo effetto! E ora, diamo una bella lezione a questi bell’imbusti!”
Nami poggiò le mani sul petto di Rufy per fermarlo “Rufy, dobbiamo
aiutare questa gente!”
Il capitano inclinò la testa confuso, ma ascoltò quanto Nami
aveva da dirgli.
Sanji nel frattempo era riuscito ad atterrare
gli arcieri che si apprestavano ad attaccare nuovamente Zoro e Tashiji, con i suoi poderosi calci.
Non aveva avuto difficoltà ad abbatterli sta volta, dato che ci era andato
giù pesante già dall’inizio.
Lanciò successivamente una corda nel precipizio aiutando i suoi compagni a
risalire.
“Tashiji mia adorata, stai bene?” chiese Sanji vedendo la donna un po’ scossa.
“Io sto bene, ma Zoro è ferito!” disse la ragazza controllando la ferita
alla spalla dello spadaccino.
“Ah, il marimo se la caverà!” disse Sanji stuzzicando il compagno, ma d'altronde era vero, Zoro
aveva provato di peggio e non sarebbe stata una mano sanguinante e un buco
nella spalla a fermarlo.
Infatti questo si rialzò come se niente fosse e prendendo le Katane che il cuoco gli passò, si butto nella mischia.
Tutti i Mugiwara si scontravano con i nativi senza
risparmiare colpi. Sebbene il loro intento rimaneva quello di non uccidere
nessuno, non garantivano che dopo quello scontro gli abitanti del villaggio
avrebbero avuto tutti i denti.
Erano talmente concentrati da non sentire la richiesta di Rufy a fermare lo scontro.
Nami però non si arrese. Si avvicinò al capo
dei nativi, ormai scortato da una decina di sudditi e implorò lui di
ascoltarlo.
Con molta diffidenza e comunque rimanendo protetto dai suoi compagni, il
capo villaggio diede il permesso alla navigatrice di parlare.
Diversi minuti dopo, il suono
emanato da un tronco cavo attirò l’attenzione di tutti.
Sia i mugiwara che i nativi si fermarono e il
frastuono della battaglia tacque.
“Non c’è più bisogno di combattere!” disse Rufy,
richiamando i suoi nakama.
Zoro rinfoderò le spade, Sanji riposò i piedi, Franky ritirò il suo armamentario, Usopp
rimise in tasca i suoi semi speciali, Robin si sedette su di una roccia con il
sorriso sulle labbra, Chopper tornò alle sue minute dimensioni e Brook smise di strimpellare le canzoni del suo spartito.
Il capo degli abitanti del posto si fece avanti e cominciò ad urlare “Miei
sudditi, questa donna ci ha avvertito di un grosso pericolo. Non ci siamo mai
fidati di questi esseri umani, ma quanto uscito dalle sue labbra, secondo a un’antica
profezia, potrebbe corrispondere al vero. Chiedo solo conferma a quello strano
procione laggiù. Avvicinati e dicci quello che senti!”
Chopper sentendosi preso in ballo urlò “Non sono un procione!”, ma
nonostante si sentisse offeso, andò vicino al dirupo e senza che Nami o Rufy o il capo gli dicessero
niente, disse “Sento…sento la sofferenza dell’isola è come…è come se avesse
vita propria!”
Chopper appoggiò la testa al terreno e ascoltò il rumore del suono “Sembra
che vi sia una sorte di cuore all’interno e…se è realmente così credo…credo che
questa isola stia per morire!”
“Ne sei certo?” chiese il capo.
Chopper annuì “Se dovessi basarmi sul battito del cuore, non potrei essere
certo in quanto ogni tipo di creatura ha un battito differente, ma sento che l’isola
sta male. Forse il fatto che sono un animale, fa sì che sia più in sintonia con
la natura, fatto sta che credo non manchi molto alla fine di questa terra!”
Nami guardò il capo e disse “Vede? È come le
dicevo. Non sprofondavate a causa di una punizione o altro. Era solo un
malessere dell’isola, che in qualche modo vi avvertiva di cercare un altro
luogo in cui stare, invece voi vi siete evoluti in modo tale da poter
continuare a vivere, ma quando quest’isola perirà, non vi sarà più vegetazione
e la vostra maggiore fonte di energia si esaurirà completamente!”
Il capo non sembrò molto sorpreso di questa rivelazione e sospirò “Temevo
che questo momento sarebbe giunto prima o poi. Una profezia ci avvertiva del
pericolo, ma i nostri antenati ci hanno sempre detto che si poteva evitare
donando dei sacrifici alla divinità dell’isola. Quando ero bambino non credevo
a queste stupidaggini, ma…poi ho cominciato a sentire il bisogno di crederci,
per non dover abbandonare le terre dei mie avi. Solo ora mi rendo conto di
quanto sia stato sciocco!”
“Non è sciocco il desiderio di voler salvare la propria terra…era il metodo
usato ad esserlo!” disse Rufy.
“Comincio a credere che il sacrificio fosse visto dai nostri antenati un modo
per vendicarci dai torti subiti agli esseri umani. Ma ora è giunto il momento
di affrontare la verità! Dovremo trovare un nuovo posto dove mettere radici” finì il capo.
“Bhe potete venire con noi se cercate un
passaggio!” disse Rufy sorridente, ma Nami lo mise a tacere immediatamente con un pugno.
“E secondo te dove mettiamo una popolazione intera sulla nostra nave?”
Il capo sorrise “Non è necessario, infondo siamo anche creature marine!”
Usopp fu felice che quella storia si fosse
risolta nel migliore dei modi e propose ai suoi compagni di rientrare alla
nave. Tutti furono ben entusiasti dell’idea, volendo farsi chi un bel bagno,
chi una dormita e chi una bella mangiata.
Tashiji fece qualche passo per seguire i pirati, ma
il dolore alla caviglia, la fece cadere.
Zoro, che si era accorto dello zoppicare della ragazza, la prese in braccio
come si prende una principessa e, ignorando gli sguardi sornioni rivolti verso
di lui, continuò a camminare.
Tashiji era imbarazzatissima, ma anche grata per
l’aiuto che lo spadaccino le stava dando.
“Sai, a volte non sei poi così tanto male!” disse la donna, osservando il
volto serio di Zoro che non sembrava cambiare espressione.
“Posso chiederti perché…perché mi hai salvato?”
Zoro alzò il sopracciglio “Secondo te avrei dovuto lasciarti morire solo perché
sei una mia nemica?”
“No, ma…ti sei preso anche una freccia che altrimenti avrebbe colpito me e
questo non è un gesto che si fa verso i nemici!” disse Tashiji.
“In quel momento non potevi difenderti!” rispose Zoro.
“Nemmeno tu!” insistette la ragazza.
Lo spadaccino sbuffò e disse “Vuoi sapere perché l’ho fatto? Perché l’ho
promesso a nostra figlia e anche perchè non potevo
permettere che…” Zoro si interruppe, non trovando il coraggio di andare avanti.
“Non potevi permettere…cosa? Non è che ti sei affezionato a me?” osò Tashiji, ma diversamente da come si aspettava, Zoro non la
insultò, ma tacque come a non voler smentire l’affermazione fatta.