Gola
Sono tornata con una raccolta di Shot, pur avendo in corso una fan fic: il problema di base è che non ho molta ispirazione, in questo periodo, e, anziché scrivere un brutto capitolo, preferisco scrivere qualcos'altro.
E una raccolta è questo qualcos'altro.
Ho sempre amato i peccati capitali, e così... Beh, ne è scaturita 'sta roba. Spero la gradiate, in ogni caso, perché... Non so, mi piacerebbe che fosse gradita, ecco XD.
In ogni caso, ringrazio chi leggerà, e in particolar modo chi commenterà. ù.ù Questo capitolo è dedicato a tutti i golosi par mio! XD
Ah, dimenticavo: fatemi sapere qual'è il prossimo peccato di cui vi interessa leggere. XD Bacioni! Alla prossima!*/*
Si
leccò le
labbra, prima di tuffare nuovamente le dita nella pastella.
Kagome
gli
aveva chiaramente detto di non toccare,
perché insicura del risultato. Poteva essere uscito del cibo, così come poteva essere
uscito un collante sostanzialmente
pericoloso.
O
forse
entrambi, chi poteva giudicare cosa realmente fosse quella roba?
“Shippo,
cosa fai?”.
Si
voltò,
pietrificandosi, e le sue gote presero una tenue colorazione scarlatta,
mentre
nascondeva l’arma del misfatto
dietro
la schiena, sfregandola contro la veste per ripulire eventuali tracce
dell’impasto.
“Ma
nulla,
Kagome. Stavo osservando”.
La
vide
guardarlo scettica, e si maledì per la sua sfacciataggine
– non l’avrebbe passata liscia, era assodato.
Quella sottospecie di nazista aveva
uno sguardo a dir poco
truce, e l’indice indicava un profondo solco
nella pastella.
Ok,
forse
aveva un po’ esagerato.
Ma
era colpa
sua se quella stramaledettissima roba
era così invitante?
No
di certo.
Era colpa di Kagome, così stramaledettissima
propensa ad impegnarsi in dolci non comuni
nell’epoca SenGoku – voleva
forse avvalorare il cliché
di ogni
fumetto secondo cui ogni eroina che si
rispetti è un genio nell’arte culinaria?
Alzò
gli
occhi verso di lei, cercando di sfiorare un suo qualsiasi punto debole
con
quella che soleva chiamare espressione-da-piccolo-kitsune-ferito.
Come sempre, funzionò perfettamente.
Kagome
gli
sorrise, prendendo poi qualcosa da un barattolo – biscotti?
Lo
stomaco di
Shippo fece un capitombolo. Era incredulo. Da quanti secoli
non ne vedeva?
“Li
ho fatti ieri come tentativo. Non ne
sono molto entusiasta, ma se vuoi puoi mangiarli”.
Con
aria
raggiante, il piccolo si lasciò cadere sul pavimento, il
contenitore tra le
dita – lo teneva così dolcemente…!
Sembrava maneggiare un cristallo, o un
qualcosa di altamente fragile, e non uno scatolo di biscotti.
Mah,
era nel
suo carattere l’amare i dolci, no?
E
li avrebbe
amati.
Infilò
la
manina nel barattolo, e ne trasse uno – era di un bel
marroncino, sintomo che
era cotto alla perfezione, e sembrava molto
buono. Un rivolo di bava iniziò a scorrere lungo
il mento del cucciolo.
Se
lo rigirò
ben bene tra le dita, quasi commosso – diavolo! Come aveva
sopravvissuto sino a
quel momento senza di loro?
“Che
bello…”,
biascicò, strofinandosi una manica del kimono sul musino,
per asciugarlo. Quel
biscotto era da incorniciare.
Dopo
essere
stato accuratamente digerito, ovvio.
Aprì
piano le
fauci, pregustando il momento.
Sempre
di più. La sua bocca lambiva il dolce sempre di
più.
Una
lacrima
gli si formò all’angolo dell’occhio, e
sospirò, affranto.
Era
tutto
troppo perfetto.
Dov’era
quel dannato Inu-Yasha?
Solitamente,
era lui ad arrivare baldanzoso e strappargli il suo
tesoro. Dov’era
finito?
Si
girò
intorno più e più volte, ma la stanza era vuota
– non considerando Kagome,
seduta in un angolo ad impastare. Presto ci sarebbero stati nuovi
biscotti da
elemosinare.
Sogghignò.
Dopo
essersi
accuratamente leccato le labbra, osservò il biscotto.
Era
uno.
Ma
lui li
voleva tutti.
Voleva
sentire la bocca piena, e le briciole scendergli in gola,
pizzicandogliela.
Voleva che quel sapore non svanisse.
Voleva ogni singolo biscotto.
Sorrise,
infilando nuovamente la mano nel barattolo e prendendone quanto
più poteva,
sforzandosi di non lasciare la presa. Vide distintamente una macchia
rossa
correre a rotta di collo verso l’abitazione, e
imprecò mentalmente, mentre
infilava i biscotti in bocca.
Erano
suoi.
E
non era di certo colpa sua se era goloso…
…
no?