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Autore: _ Sara _    13/11/2014    0 recensioni
Riflessione in prosa sul significato della nostra fisicità, e sull'ipocrisia della società che finge che non sia importante, pur contraddicendosi esse stessa ogni giorno.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Siamo quello che percepiamo, quello che ci commuove, ciò che attraversa la nostra corteccia e ferisce sempre più profondamente la carne, sbaraglia ogni baluardo di difesa posto a protezione del cuore e si presenta al suo cospetto sanguinante. Siamo le nostre oscure paure, il suono del nostro respiro dinanzi a un tramonto, una guerra, un bambino. Siamo la reazione che abbiamo verso il mondo, la prontezza o debolezza nel rispondere ai suoi attacchi, siamo i sogni che ogni giorno ci riempiono muti le pupille e gli incubi grotteschi e deformi che di notte ci annegano il cervello. Siamo gli sguardi che lanciamo e le parole che sottintendiamo, ciò che a graffiti disordinati incidiamo sul nostro petto celandone le cicatrici. 
Ma siamo anche l'involucro offensivo che con presunzione circonda tutto questo, la varietà di forme che cattura l'occhio estraneo, siamo qualcosa di concretamente percepibile al tatto, all'odorato, al gusto, siamo la prima impressione, l'apparenza, la costruzione estetica di un sentimento profondo, siamo la lussuria che appaga un desiderio, occupiamo spazi fisici e ci facciamo notare nella nostra ingombranza. 
Questo è ciò che siamo, ma cos'è quello che conta? Non quello che dovrebbe contare e nemmeno quello che in estremo bilancio conta, ma quello che per prima cosa conta? Cosa ha valore e spinge all'azione prima di qualsiasi filosofia, buonismo, morale ed etica? Non è forse quell'involucro discriminante imprigionato entro canoni disumani, quell'ammasso di misure e linee che troppo spesso genera preconcetti, preclude vie alla conoscenza e ci inquadra? E' dunque così terribile voler tenersi stretti ciò che in questo frangente siamo e temere per noi, se siamo e contiamo così? Ed è solo la società ad imporcelo? L'uomo si forma sì anche sulla base di ciò che vive e dell'ambiente in cui cresce, ma è altrettanto capace di discernere e razionalizzare a prescindere dal suo contesto, di sottomettere la materia alla sostanza. Ma l'istintualità è troppo forte per poterlo permettere. E vivremo per sempre così, in un buonismo nauseante e in una realtà che non lo rispetta e nausea il doppio. 
   
 
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