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Autore: Rubina1970    13/11/2014    6 recensioni
Ispirata a "Starman", di David Bowie, da Ziggy Stardust, del 1972 (RCA). Ripristinato il link alla canzone, in mancanza di meglio ho dovuto inserire una versione remix, ma molto simile all'originale e soprattutto tratta da vinile! Soltanto, l'audio è un po' basso.
Intimamente, speriamo ancora tutti che qualcuno ci salvi. Molti della mia generazione sperano che ad arrivare sia Actarus, sul suo disco bianco e rosso (sfacciato, molto camp) baluginante al sole, guizzante contro la sagoma del monte Fuji.
Molti anni fa, David Bowie scrisse una canzone allegra e fiduciosa, dedicata ai sogni dei bambini, ai quali i grandi non hanno accesso. Oggi, l'allegria di allora appare decisamente immotivata. Che è come dire che molti di noi si sentono delusi ed ingannati, come derubati dell'antica speranza. Se, come io penso, siamo in molti, allora qualcuno si riconoscerà in questa preghiera laica, che non vuole avere niente di messianico né di blasfemo, ma che ha una sua intima verità. La preghiera che qualcuno ci aiuti. "Parole di cui ti vergogni", direbbe Mango ... (da “Lei verrà”, 1986)
Genere: Introspettivo, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Actarus/Duke Fleed/Daisuke Umon
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Io non possiedo i diritti per nulla di questa storia eccetto che per la trama e la sua forma. I personaggi sono opera di Go Nagai, appartengono a lui e alla Toei Animation per anime e manga … e a chissà chi altro. Questa storia è stata scritta senza fini di lucro.
La canzone "Starman" è di David Bowie e i diritti sono dei legittimi proprietari.
La canzone "Extraterrestre" è di Eugenio Finardi e i diritti sono dei legittimi proprietari.
La canzone "Lei verrà", citata nella prefazione, è di Mango e i diritti sono dei legittimi proprietari.


Per ascoltare "Starman", ecco il link: https://www.youtube.com/watch?v=YvtoZakfWYE


Torna, Starman![1]

Non sapevo che ora fosse,
le luci erano basse,
io mi appoggiai di schiena alla mia radio,
 
perché allora c’era molta più radio. Cioè, la radio c’è anche oggi, ma allora ti portava esattamente dove volevi, perché le radio avevano uno stile definito e trasmettevano secondo un progetto (non solo il mainstream visto e approvato da MTV, per capirci), e tu te lo sceglievi. E avere una radio che fosse la tua era una cosa importante, segnava un punto in più nella tua personalità di ragazzino o ragazzina. Non era la radiolina dove papà sentiva le previsioni del tempo e le notizie sul traffico, era la tua! Era vero nel 1978, e continuò ad esserlo a lungo, non so fino a quando e che successe poi …
 
Comunque, ricordo anche che
c’era un gatto disteso,
(quanto gli riesce bene, ai gatti!)
“un po’ di rock’n roll molto soul”, disse lui,
poi l’audio alto sembrò abbassarsi,
e tornò sotto forma di una voce lenta
su di un’onda di fase …
Non era un D.J, era un indistinto jive cosmico!
 
Non lo sapevamo, ma eravamo di fronte all’evento epocale, quello più importante del 20° secolo. Che non fu una rivoluzione comunista in un paese a est, né una bomba nucleare, e nemmeno lo sbarco di un uomo sulla luna. Credevamo di essere in balia della guerra fredda, fino a quel giorno, ed invece era il momento in cui un uomo di un altro mondo avrebbe cambiato tutto. Anche se non ce ne potevamo rendere conto, mentre quella voce ci parlava:
 
“C’è un uomo delle stelle che aspetta nel cielo,
vorrebbe venire a conoscerci
ma pensa che ci farebbe scoppiare la testa.
Ha detto di non farlo esplodere
perché sa che tutto serve a qualcosa”,
mi ha detto, “lasciate che i bambini lo perdano,
lasciate che i bambini lo usino
lasciate ballare i bambini”
 
Cavolo, parlava di noi! Un uomo delle stelle era già una cosa incredibile, ma questo addirittura veniva apposta per noi bambini!
Tutti, nei lontani anni ’70, parlavano degli UFO. Le bambinaie coi commessi, gli impiegati allo sportello coi portinai … tutti aspettavano qualcosa. Si pensava che fosse importante pensare agli UFO, prepararsi, perché era questione di tempo e di fortuna, vederli. A dirlo oggi, sembra una tale ingenuità! “Ma tu ci credi?”, ci si chiedeva l’un l’altro, e non ci si poteva perdere una puntata di Spazio 1999 per nessuna ragione. Supereroi, alieni e donne bioniche erano i nostri migliori compagni di gioco. Perfino Barbie, rispetto a loro, pareva così ordinaria! Tutti a parlare di lei, solo perché aveva un frigo rosa e troppi vestiti … Ma invece, gli alieni … Facevano paura? erano buoni? venivano a conquistarci? li avremmo capiti? somigliavano a Eta Beta?
Ora, ce n’era uno e si scopriva che gli unici autorizzati ad incontrarlo eravamo noi bambini, perché agli adulti sarebbe saltato in aria il cervello! Non Jimmy Carter, non Paolo VI, ma proprio noi!
Dopo essere caduta per terra, schizzai in piedi sul tappeto della mia stanza, cercai di assumere un’aria normale e mi diressi (senza correre, ma che sforzo!) al telefono. La ruota dei numeri girò (solo sei o sette numeri), e Laura, la mia compagna di banco, fortunatamente rispose di persona, e ci mettemmo a bisbigliare fitto fitto:
 
Dovevo telefonare a qualcuno
così ho scelto te!
Hey, è molto lontano!
Così anche tu lo hai sentito!
Accendi la TV,
potremmo beccarlo sul secondo.
Guarda fuori dalla finestra!
Riesco a vedere la sua luce …”
 
Oh, il miracolo avveniva di fronte ai nostri occhi! Com’era bella, la sua luce! Ancora era troppo lontano per distinguere quei colori meravigliosi che avremmo scoperto presto, ma si stagliava nel crepuscolo della città promettendo di scendere per noi … Chi sarebbe stato il privilegiato a salire sul disco? Bisognava esserci assolutamente!
 
“Se riusciamo a fare molta luce,
potrebbe atterrare stanotte …”
 
Ogni bambino del mondo lo vedeva. Ogni bambino del mondo voleva incontrarlo. Ogni bambino del mondo aveva un amichetto con cui sgranare gli occhi e parlare piano per non essere scoperti:
 
“Non glielo dire a tuo padre, o ci chiuderà in casa terrorizzato!”
 
Sì, la segretezza era fondamentale! Del resto, che potevano capire gli adulti? Il cervello di molti di loro sembrò impazzire davvero: “SONO CARTONI TROPPO VIOLENTI!”, “VENGONO DA UNA CULTURA TROPPO DIVERSA DALLA NOSTRA!”, “IL GOVERNO DEVE PREOTEGGERE I NOSTRI FIGLI!”. Orde di genitori impazziti calarono su Roma assumendo la forma sinistra di un’ordinanza parlamentare che chiedeva di proibire “Atlas UFO Robot” dalla televisione italiana. Mamma RAI in conflitto con le famiglie!
Ma non si arrestano i sogni. Actarus vinse anche quella battaglia, e nessuno spense mai quella luce magica che si sprigionava quando le due parti dell’alabarda spaziale si univano in una sola. Guardavamo le puntate come i grandi il telegiornale, aspettando di conoscere la terribile minaccia da cui il nostro eroe ci aveva salvati. Perché noi bambini (e solo noi, in tutto il pianeta, a parte i servizi segreti) sapevamo che era tutto vero.
Solamente noi, quella notte magica, eravamo stati ammessi all’interno di Goldrake, che come il Tardis del Doctor Who, si rivelò essere un tantino più grande all’interno. Poteva contenere un gruppo di bambini senza problemi, e lo fece in ogni Paese, presso ogni casa dove ci fosse un bambino.
Così, potevamo abbandonarci fiduciosi ogni pomeriggio alla cronaca dell’ultima meravigliosa avventura di Actarus, curiosando anche un po’ nel suo privato di rifugiato sfuggente e tormentato, generoso e sensibile. Non mancavamo mai all’appuntamento. Per mezz’ora il tempo si fermava e la voce che usciva dallo schermo era ipnotica, e tutti la riconosceremmo subito ancora adesso: “LAME ROTANTI!” … “BOOMERANG ELETTRONICI!” …
Ci sentimmo tutti più sicuri (almeno noi bambini che sapevamo). E forse ti sentisti sicuro pure tu: credevi che il mondo, finalmente salvo dalla minaccia di Vega, avrebbe capito. Che la nostra generazione sarebbe stata diversa, memore del tuo insegnamento. Che ci saremmo finalmente uniti, per non farci del male a vicenda mai più, proprio come voi su Fleed. Un pianeta, una patria. E così, un bel pomeriggio di primavera te ne sei andato. Sei tornato a casa, perché quello che potevi fare per noi, l’avevi fatto.
Mi dispiace, ma le cose non sono andate proprio così. La nostra generazione non si è mostrata migliore delle precedenti. Forse non lo sai, ma abbiamo la globalizzazione anche noi, adesso, solo che non è come ci aspettavamo. Non somiglia per niente a quell’unione generale che c’era su Fleed, e che tu forse avrai ricostituito. Qui, non è che un nome nuovo che si dà alla legge della giungla: più è popolosa la giungla (e con la globalizzazione siamo proprio tanti), più bisogna essere forti perché gli altri non ti mangino. Una volta, si chiamava schiavitù, poi è diventata l’ingiustizia del privilegio di classe, ora la chiamano globalizzazione, ma è sempre quella cosa per cui le persone valgono meno dei beni, e possono essere asservite senza difficoltà in nome di una legge superiore agli individui e ai loro destini. Solo che gli individui siamo noi …
Intanto, abbiamo finito gli eroi. Che Guevara è morto, Sandokan si è rivelato un bluff, e Superman e gli altri uomini in calzamaglia, beh … non fanno che raccontare le loro prodezze, ma la verità è che siamo soli. E tu, dopo aver promesso a Venusia e agli altri di tornare, invece non sei tornato più.
 
“C’è un uomo delle stelle che aspetta nel cielo,
vorrebbe venire ad incontrarci …”
 
… ma che aspetti? Siamo noi, non ti ricordi? Non ti ricordi più di me e della mia compagna di banco, eravamo innamorate di te, niente hanno mai potuto la baldanza e lo spirito di sacrificio di Hiroshi, Koji o Tetsuya: tu eri un’altra storia. C’insegnavi che la guerra a volte bisogna combatterla, ma che possibilmente non bisognerebbe nemmeno farla; che il nemico spesso ci somiglia da morire, o ha un viso anche più sofferente del nostro; che il coraggio non è aggressività, ma resistenza nonostante tutto, voglia di vivere, capacità di amare tutto e tutti. E tu avevi promesso che ci avresti salvati!
Siamo qui, che lottiamo contro la tristezza di quello che siamo diventati. Questo Paese è così triste, così corrotto … e tutti pronti a simpatizzare col più forte, col più arrogante, tutti a fare confusione per superare il rumore della paura.
Siamo tutti continuamente collegati, possiamo comunicare in ogni momento ma non ci fidiamo di nessuno, e ci sentiamo tanto soli. Perché sappiamo che abbiamo ragione a non fidarci.
E intanto, il pianeta viene sfruttato come se non ci fosse un domani. Il che probabilmente succederà, se si continua. Proprio quel pianeta che tu hai salvato, proprio quello. Quello che tu amavi tanto meglio di noi.
Abbiamo il superfluo ma a tanti manca il necessario, e vivono grazie all’aiuto dei genitori pensionati. Quelli nati dopo la tua partenza se ne vanno e fanno bene, perché qui non c’è più niente per loro. E infatti di bambini non ne nascono quasi più. Oggi, a chi lanceresti il tuo invito? E chi, qui, riuscirebbe a sentirlo?
M’illudo ancora di essere tra quelli che ti conoscono e che ti ritroverebbero, se tornassi. Ci riconosceremmo tra di noi, quelli che non hanno ripudiato l’antica bandiera di pace, comprensione e coraggio che hai portato tra noi. Ma la maggior parte di noi, in realtà, deve aver dimenticato. Si sono convinti che fosse vera la versione ufficiale, che era solo tutto un cartone animato giapponese. Da grandi, si diventa bravi a dimenticare gli insegnamenti avuti da piccoli, per mettere a tacere la coscienza.
Noi che ricordiamo, ora ci nascondiamo dietro uno pseudonimo per parlarci solo on line, coi nostri ricordi e i nostri infiniti rimpianti. Alla luce del giorno non si può, la gente di domanda “Come va?!” e tu dici “Non c’è male …”, e invece vorresti solo metterti a piangere.
Oggi è il 12 ottobre. Oggi, una sonda è atterrata su una cometa, lo chiamano “accometaggio”. Ma non mi sembra un giorno di festa. Non si sogna più come prima, o forse i bambini sono ancora in grado di farlo? Io so solo che siamo arrivati su di una cometa, ma non riusciamo a colmare la distanza che c’è tra noi. Siamo tutti spaventati.
Torna, Actarus! Tu sei stato un profugo solo e disperato, e allora lo sai come ci si sente! Alcor sarà un signore di mezza età e Venusia si sarà sposata, ma che importa? tutti ti stiamo aspettando. Non riusciamo a salvarci! Non se ne vede il minimo indizio.
Vieni giù, Principe delle stelle, “Starman”, amico sincero di tutti! E ricordaci che cosa significa essere esseri umani, perché io mi sento una superstite come te, ma circondata di veri alieni. Forse gli ultracorpi hanno dilagato mentre non guardavo, oppure nottetempo i Visitors hanno preso il nostro posto!
Ti risparmio i dettagli, tanto sono così assurdi che non mi crederesti. Io non mi sento colpevole per quello che siamo, perché ho fatto sempre del mio meglio, io non sono cambiata. Ma non accendo più la radio, tanto non mi dice mai quello che vorrei. Vorrei che tu tornassi qui almeno per noi che cerchiamo ancora di vivere nel modo più giusto … almeno per me … e se anche gli altri non ti ascolteranno, noi pochi che ci crediamo ancora veniamo con te …
 
Extraterrestre, portami via …[2]
 
 

[1] Traduzione mia, ripresa solo in piccola parte dal sito www.infinititesti.it (dove si può leggere anche il testo originale).
[2] Dalla canzone “Extraterrestre” di Eugenio Finardi, dall’album Blitz del 1978.
  
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