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Autore: Wkb    14/11/2014    1 recensioni
Si può vivere nei letti degli altri?
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Morgana si alzò dal letto e si rivestì in fretta, già te ne vai? Quella domanda la infastidiva non poco, certo che se ne andava, quella era la terza scopata, cosa ci stava a fare lì? Che cosa voleva, le coccole? Per quanto la riguardava, lui era morto, lo lasciava nuovamente alla moglie inconsapevole. Si sa, dopo tre scopate non ci si rivede più.

Aveva avuto abbastanza dalle loro vite.

Morgana non rubava mariti o fidanzati, lei rubava i loro sensi di colpa. Se ne nutriva per ingigantire il suo peccato, la sua infedeltà. Infedele due volte, perché tradiva il suo amore e induceva in tentazione gli uomini impegnati.

Nel letto degli altri, nelle vite degli altri.

Lei era illusione tangibile, la prova che le fate camminano su questa terra.

Sarebbe potuta essere anonima, snella, castana, lineamenti regolari neanche troppo minuti. Eppure aveva una luce buia negli occhi, qualcosa che faceva voltare la gente per strada, come se avessero avuto una visione divina o demoniaca, che poi è la stessa cosa.

Si concedeva a tutti quelli che non le sarebbero mai potuti appartenere, nei vicoli, nei bagni dei locali, ovunque, ma solo la prima volta. La seconda voleva essere portata a casa loro, così o niente, nei loro nidi d'amore, nelle loro alcove coniugali. Pochi le dicevano di no. La terza era l'ultima, una scopata un po' triste di quelle che sanno d'addio.

Francesco spiccava tra la gente in quel locale affollato, il tasso etilico della serata era alto, la musica buona e una strana euforia nell'aria. Non portava fede o fedine, ma aveva la camicia stirata troppo bene per essere stirata da un uomo ma non così bene come lo farebbe una tintoria. Aveva il fascino pacato dell'intellettuale vero, e quel savoir faire di chi aveva visto mezzo mondo. Era con amici, tutti maschi, la classica serata tra uomini. Si avvicinò piano, gli occhi bassi, spostando appena l'aria mentre passava tra la gente. Lui la vide, la volle, si alzò.

Morgana lo seguì cieca tra un bacio e un altro fino alla macchina, appena il tempo di presentarsi, mani sotto i jeans stretti, quanti anni avrà, trenta? Forse meno. La gente passava in quel quartiere universitario sempre affollato la sera e, vedendoli così indaffarati, sghignazzava un po' invidiosa e un po' sinceramente partecipe. Lui mise le chiavi nel quadro e accese la macchina. Andiamo a casa mia va bene? Un cenno d'assenso. Inutile parlare d'altro, lui intuiva che Morgana sapesse già, donne come lei sanno sempre tutto in fondo,no?

Quarto piano, erano due estranei, l'un per l'altra e agli occhi del mondo. Lo sarebbero sempre rimasti, quasi per tacito accordo. Francesco aprì la porta del suo appartamento in quella tiepida notte di fine settembre, mite come lo sanno essere solo certe notti romane. Un cane meticcio gli corse scodinzolando incontro, buono bello, abbiamo ospiti. Le loro foto erano ovunque in quella sala, a volte insieme, più spesso da soli. Mostravano anni di solitudine malamente tappezzati dalla compagnia reciproca, abbandono al destino che li voleva infelici ma ancora insieme. Lui le prese la mano con dolcezza, quasi un'altra persona rispetto a quella che aveva conosciuto al locale. La portò in una camera dallo squisito tocco femminile, copriletto grigio perla, federe rosse a pois grigi, tende di un rosso più scuro. Lui si sedette sul letto, quasi impacciato, sempre tenendole la mano. Morgana gli si sedette affianco.

Occhi negli occhi, quelli verdi e fiduciosi di lui in quelli bui di lei. Le accarezzò il viso, la baciò dolcemente, le toccò le mani come fossero un deserto da esplorare, con desiderio, ammirazione e paura. Si spogliarono lenti, corpi che si facevano spirito per abbracciarsi più a fondo, morsi che diventavano ancore per non smarrirsi, mani che si stringevano per la paura di perdersi. Si amarono, forse,per il tempo di una notte. Resta qui. Lei? Lei non tornerà stanotte. Per la prima volta, Morgana dormì con un uomo che non fosse il suo. Nel letto di un'altra.

La mattina si svegliò presto, lui non c'era, sul suo cuscino un post it. Resta pure a letto, torno subito, sono uscito a prendere i cornetti per colazione, sai, credo di amarti. Morgana pianse.

Lei non avrebbe più potuto amare nessuno, era condannata ad una vedovanza bianca che le lasciava un vuoto incolmabile dentro, un vuoto che cercava di riempire con la felicità degli altri. Una macchina che non aveva rispettato un semaforo rosso le aveva strappato tutto, l'amore, la felicità, ogni possibile futuro. Insieme al suo ragazzo, aveva perso la speranza. Non avrebbe più avuto una spalla su cui appoggiarsi, mani che l'accarezzassero, un cuore che l'accogliesse, braccia tra cui addormentarsi in un letto profumato d'amore. Un letto suo. Come avrebbe potuto amare di nuovo quando amava ancora un fantasma, un ricordo, qualcuno che non sarebbe tornato mai più, qualcuno che non respirava più, qualcuno che non le avrebbe più sorriso al mattino? Si vestì e uscì in fretta.

Camminava sul lungo Tevere, sola, in una soleggiata mattina settembrina. Il fiume scintillava vivo sotto di lei, si increspava e giocava coi ponti. Camminava sola e la gente si girava a guardarla. Nessuno notava però che aveva due ombre dietro, due ombre che si tenevano per mano.

  
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