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Autore: Occhio_    14/11/2014    1 recensioni
Un flusso di coscienza in terza persona.
Una passeggiata con se stessa racconta di un breve tratto di passi percorsi da una ragazza,di quanti pensieri ruotino nelle menti di chi,nonostante tutto finge che il suo sorriso sia reale. Un breve racconto su come,per un breve istante,tutti togliamo la nostra maschera!
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Aveva i capelli disordinati,di quel disordine del quale non gliene fregava un bel niente. D'altronde l'aspetto esteriore riflette perfettamente ciò che si ha dentro. E lei dentro aveva un tale caos. Aveva il cuore che costantemente rivolgeva occhiatacce al cervello,e almeno 10 volte al giorno litigavano furiosamente su chi avesse ragione,su chi dovesse guidare. Aveva i polmoni segnati dalle sigarette fumate un po' per nervosismo un po' per stupidità. Aveva le gambe stanche per il notevole sforzo che ogni giorno erano costrette a fare. Perché lei adorava camminare,con la musica che le tappava le orecchie,lei adorava immaginare che chi cantasse la conoscesse bene e le volesse solamente dedicare parole. Camminava con il freddo che le pungeva sulle ossa e con le mani strette nelle tasche del suo vecchio cappotto preferito! Pensava a sua madre,alle brutte parole che un attimo prima si erano dette,e poi contemporaneamente pensava a quella volta,quando era tornata tardi e sua madre l'aveva aiutata a non farlo scoprire a suo padre. Pensava che le avrebbe dato un bacio appena tornata a casa,per quella volta,per la vita donata,per il gusto dolce del sentirsi non soli. Pensava a suo padre,fermo sulle sue idee,intento a guardare il telegiornale commentando con vari insulti ogni tanto. Pensava ai suoi occhi quando la guardavano e le chiedevano come andasse a scuola o cosa ci fosse che non andava. Pensava a quando si era riempito le mani di ferite solo per poi riempirle di caramelle per portarle a lei. Lo ringraziava mentalmente e si augurava di diventare come lui,e poi continuava a camminare. Pensava alla scuola,alle sbarre,all'odore di caffè amaro proveniente dallo stanzino del bidello. Pensava ai bei voti,e a quelli brutti. Al sapore amaro della sconfitta,e a quello dolce dei ricordi belli,quelli che ti strappano il fiato. Pensava alle sue compagne,ai sorrisi che ogni giorno le provocavano,al sostegno,all'affetto. Intanto camminava ancora,e raggiunto un piccolo spazio si imbucò e accese la sua prima sigaretta giornaliera. Per un attimo pensò a come avrebbero reagito i suoi genitori se l'avessero saputo,ma poi tirò la prima boccata e tutto sembrò calmarsi. Pensò a quella volta quando sugli scogli si era accesa una sigaretta e lui gliel'aveva tolta dalle mani. Un po' per farla arrabbiare,un po' perché le voleva bene. I pensieri si focalizzarono su di lui,sui suoi ricci color carbone,sui suoi occhi vuoti eppure così dannatamente pieni. Il pensiero tornò al suo tocco,ai suoi abbracci,alle sue parole. Aveva un sorriso di quelli simili alla droga,che ti sballano tutta ma poi ti lasciano l'amaro in bocca. Gettò a terra il filtro rimanente,e scosse la testa come a voler scappare da quei pensieri. Riprese a camminare verso casa,il freddo le pungeva furiosamente sulle orecchie e non aveva portato con sé un cappello. Premette play sul suo cellulare e la voce di J-Ax risuonò fortemente nella sua testa. Cantava di notti dure,e poi di notti belle,di musica e di giochi..e di essere piccoli per sempre. L'ultimo pensiero che le attraversò la mente quando già in lontananza vedeva la sua casa fu quello della sua seconda famiglia. Crescere insieme è una scommessa,tu ti giochi i tuoi giorni migliori,i tuoi anni più belli. Pensò a chi le donava tanti abbracci,o a chi la prendeva in giro per gioco,a chi l'ascoltava,la consolava e la faceva ridere. Pensò alle sue amiche,a chi l'aveva vista cambiare giorno dopo giorno restandole vicino nonostante i difetti. Pensò a loro e un moto di gioia quasi tornò a ruotare nei suoi occhi vacanti. Sorrise distrattamente e poi alzò il volto. Era tornata a casa. Ritrasse indietro le lacrime che sapeva sarebbero uscite e mentalmente indossò la sua maschera. Chi non ne ha una? Salì le scale e una volta aperta la porta tornò a far finta che tutto andasse bene! 

 
 
   
 
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