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Autore: RandomWriter    15/11/2014    6 recensioni
Si era trasferita con il corpo, ma la sua mente tornava sempre là. Cambiare aria le avrebbe fatto bene, era quello che sentiva ripetere da mesi. E forse avevano ragione. Perchè anche se il dolore a volte tornava, Erin poteva far finta che fosse tutto un sogno, dove lei non esisteva più. Le bastava essere qualcun altro.
"In her shoes" è la storia dai toni rosa e vivaci, che però cela una vena di mistero dietro il passato dei suoi personaggi. Ognuno di essi ha una caratterizzazione compiuta, un suo ruolo ben definito all'interno dell storia che si svilupperà nel corso di numerosi capitoli. Lascio a voi la l'incarico di trovare la pazienza per leggerli. Nel caso decidiate di inoltrarvi in questa attività, non mi rimane che augurarvi: BUONA LETTURA
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'In her shoes'
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RIASSUNTO DELLA PUNTATA PRECEDENTE
 
Erin scopre l’arrivo di un nuovo studente, al posto di Castiel: si tratta di Kentin, un vecchio compagno di classe della sorella il quale, dopo aver passato gli ultimi anni in un’accademia militare, si presenta come una persona completamente diversa. Il ragazzo si rivela lo stesso che aveva colpito Iris durante un incontro fortuito in biblioteca ma, diversamente da quella volta, tra i due non c’è dialogo. Rosalya racconta alle amiche che lei e Nathaniel si sono quasi baciati, dopo aver confessato l’uno all’altra ciò che provano, con la promessa di riprendere il discorso quando il biondo tornerà dalla California.
Kentin annuncia che entrerà nel club di giardinaggio in quanto unica opzione possibile. Boris motiva la scelta di cercare un sostituito per Castiel, ma Erin si oppone alla richiesta, trovando l’appoggio del resto dei cestisti.
Il capitolo si conclude in California, con Nathaniel in giro per San Francisco quando s’imbatte in una roller spericolata. Appena si riprende dalla caduta, fatica a credere quanto vedono i suoi occhi: la ragazza di fronte a lui assomiglia incredibilmente ad Erin.



 
CAPITOLO 40: ADORABILI IDIOTI
 
“sei Sophia?” ripetè Nathaniel incerto, alzandosi in piedi.
La ragazza si mise in equilibrio sui roller, ondeggiando le braccia per stabilizzare la sua precaria posizione. Si scostò via lo sporco che le si era impresso sulle mani, cancellando quella fastidiosa sensazione tattile. In quel tentativo di mettersi eretta però, si sbilanciò: Nathaniel si affrettò ad aiutarla, afferrandole un braccio ma lei lo redarguì seccata:
“ce la faccio da sola biondino
Il ragazzo sollevò il sopracciglio, irritato per quell’appellativo così poco gratificante.
“potresti anche rispondere se ti fanno una domanda” replicò acido, aspettando che Sophia confermasse la sua ipotesi, di cui era praticamente certo. Fisicamente parlando, era sicuramente la gemella di Erin, ma quanto a buone maniere, quella ragazza non aveva nulla in comune con la mora.
“e tu potresti guardare dove cammini” ribattè lei, sistemandosi il braccialetto che le era scivolato fino a metà dell’avambraccio. Nathaniel osservò quell’oggetto a lui sin troppo familiare: era stato proprio per recuperare quell’accessorio che, mesi prima, Erin era uscita in piena notte, durante la gita.
“comunque sì, sono Sophia. E tu chi saresti?” confermò infine, guardandolo dritto negli occhi.  Il ragazzo rimase per un attimo interdetto dal contrasto stridente tra quel viso su cui era abituato a vedere uno sguardo dolce, con quello fiero e ostile che lo stava squadrando in quel momento. La differenza era tale che, più osservava la ragazza, e più faticava a vedere in lei il riflesso della sorella che conosceva lui.
“Nathaniel” borbottò.
Sophia sgranò gli occhi che cominciarono a spostarsi dall’alto verso il basso, indagando quella figura che si era appena rivelata essere l’ex ragazzo della sorella. Nonostante i pattini la sollevassero da terra, il biondo risultava molto più alto di lei che, improvvisamente, scoppiò in una risata beffarda, lasciandolo alquanto perplesso:
“avrei dovuto capirlo subito” commentò infine, trattenendo per sé una battutina sui principi delle fiabe. Nathaniel non poteva che essere l’incarnazione più fedele di quello stereotipo di eroi sui quali le bambine sono solite sognare. Non capiva come la sorella potesse davvero essersi fatta ammaliare da tanta artificiosità e perfezione; fu così che il giudizio che Sophia Travis formulò quel giorno, la prima volta che incontrò Nathaniel, fu quello di un ragazzo noioso.
Visto che il principino non si decideva ad aggiungere altro, a causa della situazione di disagio in cui lo avevano costretto le occhiate indagatrici di Sophia, la ragazza notò che dalla tasca del giubbotto, spuntava l’angolo di una cartina.
“hai bisogno di indicazioni?” gli chiese.
Quella frase, anche se pronunciata con una certa arroganza, lo sorprese e al contempo lo rincuorò. Era da un po’ che girava a vuoto in quella città sconosciuta:
“beh, in realtà mi sarebbero d’aiuto. Devo andare al Campus”
“quale? Quello lungo la costa o quello in centro?”
“quello lungo la costa immagino” replicò Nathaniel insicuro, venendo a sapere per la prima volta dell’esistenza di due sedi.
“ah, non guardare me, se non lo sai tu…” lo liquidò Sophia alzando le mani.
Nathaniel sollevò le spalle e ragionò:
“dovrebbe essere il campus vicino alla costa… c’era il mare sulla locandina”
“siamo in California bello” lo schernì la ragazza “il mare è ovunque”
Proprio quando aveva cominciato a ricredersi sul carattere della sua interlocutrice, questa era tornata a fargli salire l’irritazione. Non gli era mai capitato di incontrare una ragazza così poco raffinata e dai modi così grezzi. Era la prima volta che si parlavano, eppure lo trattava come se fossero vecchi amici di osteria.
“senti, facciamo che ti spiego come arrivare lì, d’accordo?” si propose lei, divertita dalle smorfie di disapprovazione del segretario e strappandogli la cartina dalle mani. Adorava stuzzicare e irritare le persone, poiché a questo suo talento, se ne accompagnava uno ben più prezioso: la capacità di farsi perdonare.
Rimanere in collera con Sophia, a prescindere dalla gravità del litigio, era un’impresa in cui nessuno era mai uscito vincitore.
 
“ragazzi, lui è Kentin, è in classe con me. Da oggi sarà un nuovo membro del club di giardinaggio” lo presentò sbrigativamente Iris.
In quella serra erano concentrati tutti gli studenti del club di giardinaggio e la temperatura era molto confortevole, tanto da non richiedere la protezione dei giubbotti. Il nuovo arrivato però sembrava essere addirittura insofferente al caldo, togliendosi il maglione di lana e rimanendo solo con una t-shirt a maniche corte.
La preponderante componente femminile del club, aveva inizialmente accolto di buon grado quel nuovo acquisto, ammaliata da quelle braccia scolpite dagli ultimi anni di un duro addestramento militare. Il ragazzo però sembrava ignaro dell’effetto che sortiva sulle sue nuove compagne, poiché era estraneo a quel genere di situazioni. Cercò di analizzare velocemente le facce che aveva davanti a sé, per individuare qualcuno che gli ispirasse abbastanza simpatia da poter tentare una conversazione. 
“ho parlato con la preside Iris” intervenne un ragazzo, avvicinandosi alla presidentessa. Aveva dei tratti molto femminili e la sua statura superava di poco le spalle di Kentin.
“a che proposito Jade?”
“del cane. Penso di aver capito da che parte entra: c’è una fessura nella rete dietro la palestra”
“e la preside che ti ha detto?”
“che la farà chiudere, così il problema si risolverà”
Iris annuì e andò a recuperare dei guanti sullo scaffale, lasciando Kentin impalato al centro della serra, mentre il resto degli studenti si impegnava nelle loro mansioni abituali:
“ehm… Iris… io che dovrei fare esattamente?” borbottò Kentin in difficoltà, raggiungendola. Dopo il pranzo, quando erano rimasti soli, la ragazza le era sembrata più fredda e schiva nei suoi confronti, e non riusciva a capirne la ragione. Non le sembrava di averla offesa in alcun modo ma, a giudicare dalle figuracce che aveva involontariamente collezionato quella mattina, non poteva esserne certo.
La rossa si guardò attorno, stando ben attenta a non incrociare il suo sguardo con quello dell’aspirante militare e individuò un gruppo di ragazzi in un angolo della serra.
“vai da loro. Stanno potando quelle piante laggiù. Ti spiegheranno come fare”
“ah… non c’è qualcos’altro di più stimolante?” patteggiò il ragazzo, con un sorriso conciliante.
“tipo?” ribattè Iris, sospirando rassegnata. Sapeva perfettamente che, qualsiasi cosa gli avrebbe proposto, niente sarebbe stato di gradimento per uno come lui.
“boh, ingegneria genetica vegetale?” scherzò Kentin, sperando di strapparle una risatina, ma la rossa non gradì affatto il suo umorismo.
“d’accordo che ti fanno schifo le piante” chiarì “ma ormai questo è il club a cui sei stato assegnato: vedi di fartelo piacere”
Era ufficiale: lei lo odiava. Non capiva cosa avesse fatto per guadagnarsi tutto quel disprezzo... a parte il fatto di aver passato un’ora intera di lezione della Joplin a criticare quella che era la più grande passione della ragazza. Anni prima, quando era solo un ragazzino insicuro e sfigato, era abituato a farsi trattare male, convincendo sé stesso che fosse colpa del suo carattere se gli altri non lo apprezzavano. Da allora era cambiato molto e la scuola militare gli aveva permesso di forgiare una personalità forte e decisa: da quando il vecchio Ken aveva lasciato posto al nuovo Kentin, nessuno l’aveva più guardato con quel disprezzo che ora invece riviveva a causa di Iris.
Toccò un fiore, stuzzicandone un petalo sovrappensiero, finchè questo si staccò. Iris si voltò proprio in quel momento, cogliendolo sulla scena del delitto.
“l-lo riattacco” balbettò Kentin, avvampando e borbottando una giustificazione talmente insensata che la presidentessa si convinse che volesse prenderla in giro. Lo fulminò con lo sguardo e tornò al suo lavoro.
 
Kentin appoggiò la testa contro il muro di mattoni, all’esterno dell’edificio: a distanza di mezz’ora da quando era entrato in quella serra, era già stato sbattuto fuori.
In quel lasso di tempo era riuscito a sfracellare al suolo cinque vasi di terracotta, manomettere una tubatura dell’impianto di irrigazione e avvelenare con il diserbante il piccolo orto. Il suo pollice verde, più che pessimo, era stato decisamente amputato alla nascita. Quella mezza calzetta di Jade gli aveva soffiato contro, caldeggiando quanto fosse inadatto per quel club e, dal momento che Iris era stata convocata dalla preside, aveva approfittato del suo ruolo di vicepresidente per allontanarlo.
Non conosceva ancora l’edificio per sapere dove andare, così si era rifugiato all’esterno, con la speranza che nessuno l’avrebbe disturbato mentre si accendeva una sigaretta.
All’accademia aveva acquisito quell’abitudine, anche se era costretto a limitarla il più possibile a causa del rigido regolamento dell’istituto.
“toh, ti hanno già sbattuto fuori Ken?” commentò una delle poche voci amichevoli della giornata.
“che ci fai qui?” farfugliò il ragazzo, con il cilindro di tabacco che ondeggiava al movimento della sua bocca.
Erin gli si avvicinò sorridendo, forse fin troppo a suo avviso. Non poteva immaginare cosa passasse per la testa alla ragazza quando l’aveva visto; lui infatti, con quella postura appoggiata contro la parete, un piede piegato contro di essa e la sigaretta in bilico sulle labbra, le ricordava troppo quel Castiel di cui gli avevano parlato in mensa.
“la squadra uscirà a momenti per una corsetta tonificante al freddo” annunciò la ragazza, saltellando sul posto per scaldarsi. Aveva indossato il giubbotto sopra la tuta ma questo era ancora insufficiente a ripararla dal freddo.
“capisco. Beh, diciamo che non potevo finire nel club più sbagliato” ridacchiò il ragazzo, allontanando un po’ di cenere.
“è andata tanto male?”
“esiste il pianticidio?” replicò il ragazzo.
 
Iris stava cercando di rimettere in sesto la piantina sopravvissuta a quello che era appena stata battezzato l’ “uragano Kentina” ma i suoi tentativi si stavano rivelando alquanto fallimentari. Jade, accanto a lei, continuava a farle un antipatico resoconto dell’operato del nuovo arrivato.
“non potevamo avere una palla al piede peggiore” malignò il ragazzo, concludendo soddisfatto la sua arringa.
La rossa, dopo averlo ascoltato con attenzione, scoprì che la propria arrabbiatura stava pian piano scemando. Nonostante quell’aria da duro, Kentin aveva dei modi impacciati che lo rendevano per certi aspetti quasi adorabile:
“è il suo primo giorno. Siamo stati troppo bruschi con lui”
Jade aprì la bocca ma non riuscì a replicare, preso in contropiede da quell’inaspettata difesa
“dov’è ora?” gli chiese la presidentessa, togliendosi i guanti.
“lascia perdere Iris. Meglio che si cerchi un altro club, sono sicuro che lo troverà”
“sono la presidentessa Jade, non posso permettere che uno studente rinunci dopo appena mezz’ora. Io per prima non mi sono comportata bene con lui. Vado a cercarlo, qui pensaci tu”
 
Uscì dalla serra, sorprendendo sé stessa per la propria allegria: quel giorno si comportava in modo strano, passava dalla gioia alla depressione con la rapidità di un battito di ciglia.
Doveva cercare di accantonare la propria insoddisfazione personale perché di certo Kentin non ne era responsabile. Lui non poteva farci nulla se lei si era fatta dei castelli in aria dopo il loro primo incontro. Quando si erano rivisti quella mattina, non doveva sorprenderla il fatto che lui, non solo non l’avesse riconosciuta, ma che pure la ignorasse: non aveva nulla che la portasse a spiccare sulle altre ragazze… lei non era come Rosalya o…
“Erin” pensò tra sé e sé, riconoscendo l’amica in cortile, intenta a ridere con un interlocutore la cui vista era ancora preclusa alla rossa. Iris si avvicinò ma appena riconobbe la figura di Kentin, si arrestò: tra i due c’era una complicità tale che il volto del ragazzo era disteso in un sorriso luminoso.
Una smorfia che lei non sarebbe mai riuscita a strappargli.
Gli angoli delle sue labbra si piegarono verso il basso, schiacciati dal peso di quell’amara verità. Unirsi ai due sarebbe stato assolutamente fuori luogo e inappropriato.
 
“aspetta Erin! Non hai sentito un rumore?” la interruppe Kentin, guardandosi attorno furtivo.
“a che ti riferisci?” replicò la mora, imitandolo.
Il ragazzo si staccò dal muro e cominciò a studiare l’ambiente circostante, avvicinandosi infine alla recinzione metallica che separava i confini dell’istituto da un campo incolto e abbandonato.
I due si misero in ascolto e sentirono dei rumori di terra che veniva smossa e un respiro affannoso. Le fronde di un voluminoso cespuglio cominciarono a muoversi, mosse da un’energia sconosciuta finchè due iridi brillanti fecero capolino tra di esse, provocando un sussulto in Kentin e strappando un’esclamazione spaventata ad Erin.
“m-ma… Demon!” esultò infine lei, riconoscendo in quella massa di pelo che stava prendendo forma, il cane del rosso.
“lo conosci?” la fissò il suo amico, titubante.
“è il cane di Castiel” si entusiasmò la ragazza mentre l’animale, approfittando di una falla nella recinzione, attraversava il confine e si portava dal lato dei due ragazzi.
Erin si accucciò a terra, accarezzandolo con energia, mentre il cane cercava di leccarla, nonostante le sue proteste. Il giorno prima la ragazza si era presentata a casa di Mauro, il vicino che aveva in custodia Demon, con una richiesta singolare: portare a spasso il cane di Castiel.
“quindi sarebbe questo il cane che s’intrufola e manda all’aria il lavoro del club di giardinaggio” commentò Kentin, studiandolo con divertito interesse.
“cattivo Demon” lo rimproverò Erin senza convinzione, ridendo per la gioia di rivedere l’animale. Ora che tra di loro il rapporto era così migliorato, riusciva a capire perché il rosso gli fosse tanto affezionato
“in effetti, ora che ci penso, anche il giorno in cui sono arrivata qui c’era stato un simile episodio: parlavano di un cane che aveva mandato all’aria dei fiori”
“probabilmente questo cucciolone viene a trovare il suo padrone” ridacchiò il ragazzo, accarezzandogli la testa.
Erin guardò il cane, immaginando Castiel che, durante le sue passeggiate fuori dalle lezioni, uscisse a giocare con l’animale. Era incredibile come nessuno si fosse mai accorto di quella presenza, ma come scoprì tempo dopo, quelle visite erano piuttosto sporadiche.
“non possiamo tenerti qui Demon… devi tornare a casa” gli parlò Erin, ma ovviamente il cane non si mosse.
Sentirono un vocio alle loro spalle e, con terrore, si accorsero che l’intera squadra di basket stava uscendo in cortile, per unirsi all’unica giocatrice che era già pronta per la corsa:
“mi si gelano le palle qua fuori!” stava protestando Trevor
“che cazzo di idea è quella di farci correre con la neve?” gli diede man forte Matt, strofinandosi le mani contro gli avambracci per generare un minimo di torpore.
“smettetela di lamentarvi!” li zittì Dajan “hanno spalato via la neve dalla pista”
Appena si accorsero della figura bassa e scura ai piedi di Erin e del nuovo studente, i cestisti esplosero in esclamazioni di stupore:
“e questo mastino da dove salta fuori?” urlò Liam, che era un grande amante dei cani.
“m-ma morde?” balbettò Kim che non condivideva questa passione con il suo compagno di squadra. I ragazzi accerchiarono l’animale, facendogli festa e Demon, che da tre settimane non era più abituato a tutta quell’attenzione, cominciò a scodinzolare allegro.
“che succede? Perché non state correndo?” tuonò Boris, facendo sussultare Erin. L’uomo si fece strada tra i suoi cestisti e appena vide il cane, sgranò gli occhi, cacciando un urlo portentoso.
“posso spiegare!” s’intromise Erin.
“e questo che ci fa qui?” si arrabbiò, indicando Demon.
“è il cane di Castiel. È venuto a cercarlo”
“di Castiel?” ripetè incredulo l’allenatore, grattandosi il mento “ma è possibile? Quel ragazzo riesce a crearmi problemi anche quando non c’è!”
 
“grazie Francis, ci vediamo domani”
La donna dietro alla cassa rispose con un sorriso: Sophia era una delle poche clienti da essere così gentile e solare da chiamarla per nome e salutarla ogni volta che andava a fare la spesa da lei. Le altre persone si limitavano a pagare il conto, senza neanche guardarla in faccia, mentre la rossa, se non c’era coda alla cassa, si intratteneva volentieri a chiacchierare con quella donna che aveva l’aria di una persona molto sola.
La borsa che teneva in mano era carica quasi al punto di rottura, così la ragazza decise di prenderne una seconda per precauzione.
Appena le porte automatiche le liberarono il passaggio, si trovò di fronte una scena alquanto ridicola, ma soprattutto imprevista: Nathaniel stava camminando tenendo aperta davanti a lui la cartina ed era vestito esattamente come poche ore prima, quando si erano salutati dopo che lei gli aveva dato le indicazioni. Il ragazzo aveva un’espressione frustrata e irritata, che gli arrossava quella pelle altrimenti diafana.
 “si può sapere che ci fai ancora qui tu?” esordì, facendolo trasalire per la sorpresa. Si voltò meccanicamente, scoprendo dietro di lui proprio l’ultima persona che avrebbe voluto incontrare:
“s-sto facendo un giro nei dintorni” mentì, pur di non ammettere quanto fosse pessimo il suo senso dell’orientamento. Chi lo conosceva era convinto che il biondo fosse assolutamente impeccabile in tutto e che fosse praticamente esente da difetti; la verità era che, se c’era una cosa in cui spiccava, era la capacità di nascondere le sue debolezze.
Quando lui e Castiel erano ancora amici infatti, non di rado durante le gite, il biondo si perdeva in città sconosciute, costringendo il rosso a cercarlo nelle vie più improbabili. Diversamente da lui infatti, Castiel sembrava nato con la bussola in mano.
Sophia guardò sospettosa il biondo, finchè un sorriso canzonatorio si dipinse sul suo volto:
“ti sei perso?” lo sfottè.
Il ragazzo non le rispose e tornò a guardare la cartina per nascondere un’espressione corrucciata. Era imbarazzante da ammettere ma, in due ore non era riuscito ad arrivare alla sua destinazione che richiedeva un quarto d’ora a piedi da quando Sophia gli aveva fornito le indicazioni.
La ragazza ridacchiò e accantonò la tentazione di infierire sulla sua povera vittima:
“quindi sono più di due ore che giri a vuoto? Vuoi che ti rispieghi come arrivarci?”
Nathaniel tentennò un po’, ma alla fine, sospirando pesantemente, si arrese:
“sarebbe meglio”
 
Da quando era tornato al club, Iris non gli aveva rivolto una parola e così Kentin si era messo in un angolino a trafficare con il cellulare. Jade si era avvicinato alla presidentessa e le aveva sussurrato:
“vuoi che vado a chiedergli io di cercarsi un altro club? Non ha nessun senso che rimanga qui se deve comportarsi in quel modo”
“no, lascia stare. Il nostro è l’unico club con posti disponibili. Non abbiamo alternative né noi, né lui”
Quella notizia contrariò alquanto il giovane giardiniere che si lasciò sfuggire un verso stizzito.
“eddai Jade, non capisco perché ce l’hai così tanto con lui” lo rabbonì la rossa, appoggiandogli una mano sulla spalla. Il ragazzo le sorrise dolcemente, lasciando svanire all’istante il suo nervosismo:
“sei tu che sei troppo buona Iris”
Un vaso di plastica venne appoggiato pesantemente sul tavolo davanti ai due studenti, che sollevarono lo sguardo, stupiti da quell’interruzione.
“Amy mi ha detto di metterlo qui” sibilò Kentin, lanciando un’occhiata truce a Jade che a sua volta ricambiò con altrettanta carica nervosa.
“non c’era bisogno di sbatterlo così contro il tavolo” lo rimproverò.
sapessi dove avrei voluto sbattertelo io” pensò tra sé e sé il moro, allontanandosi di pessimo umore.
Iris aveva seguito quello scambio di battute senza fiatare. Quel Kentin era decisamente un ragazza strano.
 
In autobus, dopo l’ennesimo commento a cui Iris non aveva risposto, Erin si spazientì:
“sono le mie battute che fanno proprio pena, o non mi stai minimamente ascoltando oggi?”
La rossa sollevò lo sguardo, realizzando di aver seguito fin troppo distrattamente le parole dell’amica.
“scusami… ero sovrappensiero”
“è tutto il giorno che sei strana Iris… da quando hai visto Kentin, ad essere precisi”
L’amica arrossì e non aggiunse altro, mentre Erin ridacchiava:
“la vuoi sentire una cosa interessante? Mentre ero in cortile con Kim e il resto della squadra, si sono avvicinati a noi alcuni del club di atletica e parlandoci insieme, è venuto fuori che hanno ancora posto per un nuovo studente”
“strano” commentò Iris sorpresa “non è quello che Melody ha detto a Kentin”
“o forse è Ken a non aver detto a noi la verità: scommetto che se chiediamo a Melody, ci dirà che non è vero che il club di giardinaggio era l’unica alternativa”
La rossa fissò perplessa l’amica, poi scosse il capo:
“non dire stupidaggini Erin. Perché mai Kentin avrebbe mentire? E poi lui odia le piante quindi se è finito nel mio club vuole dire che non aveva altre opzioni. Se ce le avesse avute avrebbe optato per il club di basket”
“no, dice che non è portato per gli sport d squadra”
“di certo sarebbe meno impedito di quanto non lo sia con le piante… e comunque ci saresti stata tu. Mi sembra un motivo più che valido”
“farà presto a farsi altri amici, vedrai. Non ha certo un brutto carattere”
“non sto parlando di amicizia Erin” borbottò Iris a disagio. Lasciò andare un sospiro rassegnato e controllò di sbieco l’espressione dell’amica, in piedi davanti a lei.
Quel giorno l’autobus era particolarmente pieno e la mora aveva acconsentito a rimanere aggrappata al sostegno metallico, lasciando il posto a sedere per Iris.
Quest’ultima la vide passare dallo smarrimento, poi alla sorpresa ed infine ad un’ilarità irrefrenabile:
“aspetta! Stai dicendo che secondo te Kentin mi viene dietro?”
“non vedo perché la cosa sia così assurda: c’è un buon feeling tra di voi” si difese Iris, offesa dalla reazione superficiale dell’amica. La mora non si rendeva conto di quanto quella questione le stesse a cuore.
“ma non dire sciocchezze! È il suo primo giorno e, oltre ad essere vicini di banco, ci conoscevamo già da prima. Vedrai che nei prossimi giorni si aprirà un po’ anche con te” le promise, facendole l’occhiolino.
Iris arrossì e abbassò il capo. Non era dell’umore per parlare all’amica di tutto ciò che le frullava per la testa in quel momento. Inoltre, meno di tre minuti e sarebbe arrivata a casa: quell’intervallo di tempo era insufficiente per riepilogare e concentrare tutte le sue insicurezze.
“non hai nulla di cui preoccuparti Iris” mormorò Erin guardando fuori dal finestrino. La rossa notò che gli occhi dell’amica si erano addolciti e il viso celava un tenero imbarazzo “mi sono accorta che ti piace, quindi non proverei mai a mettermi tra di voi… e come se ciò non bastasse, c’è anche il fatto che ho capito che a me piace Castiel” le sussurrò.
“CHE COSA!?!” strillò Iris, facendo sobbalzare tutti. Le mani dell’autista ebbero una sorta di spasmo sul volante, tanto era stato improvviso e acuto l’urlo della passeggera.
Tutti si voltarono verso le due ragazze, chi scrutandole con biasimo, chi con curiosità.
“ma sei impazzita?” le bisbigliò Erin avvampando.
“sei tu che te ne esci con queste confessioni di punto in bianco!” ribattè Iris, sconvolta.
“e come dovevo dirtelo scusa?” mormorò la mora, guardandosi i piedi.
La rossa era la prima a venire a conoscenza di quella verità che aveva richiesto così tanto tempo per essere realizzata da parte della diretta interessata.
“finalmente ci sei arrivata quindi” commentò infine.
“tu l’avevi capito?”
“diciamo che dopo che ti sei lasciata con Nathaniel, lui mi ha spiegato come stavano le cose… ma fino ad allora, ero convinta che per te fosse solo un amico” si giustificò.
Nell’autobus si diffuse il suono della fermata prenotata e le due ragazze constatarono che era arrivato il momento di separarsi.
“senti, ne parliamo un’altra volta, d’accordo?” patteggiò Erin. Iris però aveva ancora il volto pietrificato dallo shock, così l’amica scoppiò a ridere:
“eddai scema, non fare quella faccia! L’hai detto anche tu che Nathaniel-“
“sì, ma non pensavo l’avrei ammesso così candidamente” la interruppe la rossa, il cui tempo a disposizione si stava esaurendo sempre più “ti ci sono voluti mesi prima di parlarci di Sophia, ero convinta che, anche se avessi capito quello che provavi per Castiel, te lo saresti tenuto per te, negando l’evidenza”
“ho promesso a Rosa che tra di noi non ci sarebbero stati più segreti, e sei compresa anche tu nel pacchetto” le spiegò Erin, sorridendole teneramente.
Il giorno del compleanno della sua amica, Iris aveva fatto finta di non vedere i momenti in cui lei si rabbuiava e si isolava dal resto della compagnia. Aveva preferito lasciarle i suoi spazi perché si sentiva incapace di consolarla. La persona che aveva di fronte in quel momento invece sembrava molto più forte e serena. Prima che un’amica, Erin era diventata il suo esempio, la sua fonte di ispirazione per la persona che sarebbe voluta diventare.
Istintivamente, Iris le si avvicinò e le stampò un bacio sulla guancia:
“ti ho mai detto quanto sono felice di essere tua amica?” e con un sorriso dolcissimo, scese dall’autobus, mentre Erin rimaneva alquanto sorpresa da quello slancio di affetto.
 
Erano quasi le sette. Sophia stava rientrando dopo aver trascorso l’ultima ora in un pub con degli amici. Era stata una serata come tante, in cui fingeva di divertirsi per non dover pensare a tutto ciò che le gravava dentro.
Si trovò a chiedersi se Nathaniel fosse riuscito a trovare il campus, anche se era talmente improbabile che non ce l’avesse fatta, che solo in un manga quella situazione poteva verificarsi.
Eppure, quella figura appoggiata stancamente contro il palo sembrava proprio il biondino: stesso giubbotto nero, jeans scoloriti e scarpe da ginnastica verdi.
“non può essere così impedito” mormorò tra sé e sé la ragazza, avvicinandosi tanto divertita quanto perplessa.
Nathaniel riguardò per l’ennesima volta quella maledetta cartina. A forza di aprirla e ripiegarla, i lembi erano consunti, in alcuni punti si era addirittura strappata.
Quella città era un labirinto e le indicazioni dei passanti poco chiare. Il cellulare era morto da un pezzo, dopo aver resistito ore con il navigatore acceso. Doveva presentarsi al Campus verso mezzogiorno, invece erano le sette di sera.
Quello era decisamente il suo record: in passato si era già perso altre volte, ma mai per più di due ore.
Si ricordò di quella volta in gita al parco naturalistico in cui si era staccato dal gruppo, per inseguire una lepre. Gli era bastato allontanarsi di pochi passi per perdersi completamente nella foresta. All’epoca era solo un bambino delle elementari, trasferitosi da appena un paio di giorni dalla fredda Svezia e non era riuscito a calamitare l’interesse di nessuno dei suoi compagni.
Stava ormai per disperarsi, quando sentì la vocina del bambino che il giorno prima aveva protestato con la cuoca della scuola per una porzione troppo piccola di pizza. I capelli neri di Castiel erano sempre stati un po’ lunghetti, ricordando la pettinatura del personaggio di Benji, del suo cartone animato preferito. Era un bambino vivace e rumoroso, incontrollabile per le maestre e un pieno di energia per i suoi amici.
“perché corri dietro ai conigli? Sei stupido per caso?”
Nessuno dei due bambini poteva immaginare che quella semplice e per nulla gratificante frase avrebbe segnato l’inizio di una grande amicizia.
“lo stupido sarai tu”  lo aveva rimbeccato Nathaniel offeso, cercando di non dare a vedere quanto si fosse agitato “era una lepre”
Castiel aveva corrucciato la fronte e replicato stizzito:
“se sei tanto intelligente, arrangiati da solo a tornare dagli altri”
Nathaniel sorrise, accantonando quel ricordo.
Quand’era partito, sapeva che l’amico non aveva dato notizie a nessuno della sua permanenza in Germania. Lo conosceva fin troppo bene per capire cosa gli passasse per la testa: Castiel stava cercando di tagliare i ponti con Morristown e con l’unica persona che poteva prendere il posto di Debrah.
Con il senno di poi, il biondo rimpianse di essersi fatto avanti con Erin: aveva sempre avuto il dubbio che anche l’amico fosse interessato alla ragazza, ma aveva agito da egoista, pensando solo a sé stesso, cercando di convincersi che i suoi sospetti fossero infondati.
Ora Erin era un capitolo chiuso, ma non era troppo tardi per rimediare: appena avrebbe avuto sottomano un computer, avrebbe scritto all’amico, annunciandogli che non stavano più insieme.
“non ci posso credere!”
Nathaniel sobbalzò e alzò lo sguardo verso quel viso che ormai era fin troppo familiare:
“ma sei peggio di Ryoga!” lo schernì Sophia.
“e chi è?”
“lasciamo perdere. Possibile che tu sia così… idiota? Pensavo che ad Erin piacessero quelli un po’ svegli” commentò candidamente la ragazza, affondando le mani nel cappotto.
Nathaniel sospirò contrariato, riponendo via la cartina, come se fosse l’arma di un delitto:
“mi sei venuta incontro solo per mettere il coltello nella piaga?”
“mica sono così stronza principino” lo rimproverò Sophia, con un sorriso malefico “ero venuta ad offrirle il mio aiuto, accompagnandola personalmente alla sua meta ma a quanto pare non si merita i miei servigi” concluse girando i tacchi soddisfatta.
“aspetta!” la richiamò il ragazzo, guardando le spalle di Sophia e finalmente si accorse cosa c’era in lei che tanto lo aveva colpito: certi atteggiamenti della ragazza, specie quei toni un po’ arroganti, le ricordavano quelli di Castiel.
“accetto la tua offerta. Sono anche disposto a pagarti” le disse, raggiungendola. La rossa scoppiò a ridere e lo tranquillizzò, dicendogli che per quella sera il servizio era gratis.
 
“e così tu e mia sorella ora non state più insieme?” indagò Sophia, intrecciando le dita dietro la schiena.
“da un paio di settimane ormai” calcolò il biondo.
Camminavano per le vie della città, illuminata da insegne al neon e dalle luci dei ristoranti.
“sei stato tu a lasciarla?”
Il ragazzo annuì mentre sul volto della sua interlocutrice si disegnava una smorfia di disapprovazione:
“sei un idiota allora. Non troverai mai una ragazza come mia sorella”
“lo so, ma non avevo altra scelta. Lei è innamorata di un altro e anche io, a quanto pare, non riesco a dimenticarmi di una ragazza”
Sophia lo studiò con interesse, mentre Nathaniel la scrutava con la coda dell’occhio. Rimasero un po’ in silenzio, finchè il ragazzo sbottò:
“vuoi chiedermi qualcosa?”
“e di che?”
“di quello che ti ho appena detto” specifico, sorpreso dal suo totale disinteresse.
“del fatto che tu e Erin siete innamorati di altre due persone? Sono fatti vostri, io che c’entro?”
Nathaniel rimase talmente basito, che smise di camminare. Sophia se ne accorse solo quando l’aveva distanziato di cinque passi.
“che ti prende ora?” lo destò “guarda che io non sono mica un’impicciona come mia sorella! Se vuoi parlarmene ti ascolto, ma se pensi invece che verrò a supplicarti di raccontarmi delle tue pene d’amore, hai sbagliato persona”
Decisamente non assomigliava alla sorella.
Nathaniel ricordò che alla base del loro primo litigio c’era stata proprio la curiosità e l’insistenza con cui Erin cercava di fargli raccontare cosa fosse realmente accaduto con Debrah.
Sophia invece era quel tipo di persona che rispettava gli spazi altrui, con una tale tranquillità che sembrava non le importasse minimamente di chi aveva accanto.
Il ragazzo affrettò la camminata e si riportò accanto alla rossa.
“sei molto diversa da tua sorella” commentò stranito.
“non sai quanto” ridacchiò l’altra, sorridendo amaramente, senza approfondire cosa si celasse realmente dietro quella semplice battuta.
Inoltre le mancava molto la gemella ma il suo orgoglio le impediva di concedersi una simile ammissione.
“lei come sta?”
“bene… ma tu non la senti mai?”
“la chiamo qualche volta da quando sono qui”
“sei stata un mistero per tutti questi mesi. Ancora oggi non capisco perché Erin non mi abbia parlato di te”
“si vergognava troppo di avere una sorella del genere” scherzò l’altra, calciando un malcapitato sassolino.
“conoscendo la mia di sorella, di certo non era questo il suo problema” commentò il ragazzo, pensando a come si comportava Ambra fino ad un mese prima.
“hai una sorella?”
“sì, l’hai anche conosciuta” ammise divertito il ragazzo “è Ambra”
Questa volta toccò a Sophia bloccarsi, con la mascella ridicolosamente spalancata:
“tu sei il fratello di Ambra?” e dopo aver ottenuto un cenno di approvazione, la ragazza sbottò:
“prova ad azzardarti di parlare male di lei in mia presenza, e ti gonfio di botte!” lo minacciò, parandosi davanti a lui e portandosi in un’assurda posizione di attacco.
“credo che tu sia la prima persona che sento prendere le sue difese”
“se il resto del mondo è così idiota da non accorgersi quanto vale quella ragazza, non spetta certo a me abbassarmi alla stupidità generale” sentenziò Sophia, tornando a camminare indispettita “comunque siamo arrivati alla tua nuova reggia Lowell”
“la smetti di darmi soprannomi di gente che neanche conosco?”
“era un personaggio di Georgie… non l’hai mai visto questo anime?”
“ho presente il cartone ma… ti sembro uno che guardava quel genere di anime?”
“non si sa mai. Potresti sempre aveva qualche lato nascosto, magari inquietante e insospettabile”
Nathaniel ignorò quella ragazza che si divertiva a farsi beffe di lui e ammirò la costruzione che lo fronteggiava.
L’edificio era costituito da mattoni rossi, secondo un’architettura che ricordava le antiche chiese romaniche che aveva ammirato nell’ultimo viaggio in Italia con la sua famiglia. Nonostante fosse ora di cena, c’era un certo via vai nel viale, contornato da un giardino le cui piante erano favorite dal mite clima californiano.
“beh, grazie. Non fosse per te sarei ancora per strada” sospirò, sollevato di essere finalmente arrivato a destinazione.
“pensa che comiche se fosse la sede sbagliata!” replicò Sophia divertita. I due scoppiarono a ridere, poi però Nathaniel si fece serio all’istante e, tradendo una palpabile ansia, domandò.
“l’altra sede è tanto lontana da qui?”
La nota apprensiva della sua voce suscitò nuovamente l’ilarità della ragazza.
“ma insomma, un perfettino come te non sa neanche dove dovrà alloggiare?”
“avevo guardato la via: dovrebbe essere la Lyon”
“allora è questa la tua sede, sta tranquillo. Per oggi finisce qui la puntata, Dora
Il biondo la guardò interrogativo, così la rossa sollevò gli occhi al cielo:
“Dora l’esploratrice! Ma non l’hai mai sentita nominare? Il fatto che tu non capisca i mie riferimenti mi fa proprio sentire patetica e sfigata”
“non sei un po’ grandicella per guardare i cartoni?” obiettò Nathaniel.
“non ho detto che guardo Dora… ho detto che so chi è” si difese la ragazza, borbottando infastidita “allora, intendi entrare, o salti anche la cena?”
“si adesso vado… ma per te non è un problema tornare a casa da sola?” si preoccupò il ragazzo, osservando il cielo nero.
“di certo non posso chiedere a te di accompagnarmi” lo punzecchiò “finiresti per vagabondare tutta la notte per la città”
Nathaniel non aveva modo per replicare, così scrollò le spalle e le rivolse uno dei sorrisi più gentili che lei avesse mai incrociato:
“grazie ancora. Buonanotte Sophia”
“’notte” farfugliò lei “e cerca di non perderti per i corridoi del campus”
 
Il giorno seguente, tre ragazze erano impegnate a confabulare in bagno, finchè da una di esse, si sprigionò un’esclamazione esagerata:
“L’HAI SENTITA ANCHE TU?”
Rosalya si era voltata euforica verso Iris, che sorrideva divertita.
“L’HA DETTO! SIAMO TESTIMONI!”
“non urlare! Ci sentono tutti!” la rimproverò Erin, guardandosi attorno circospetta. In bagno c’erano solo altre due ragazze, ma non sembravano prestare attenzione al trio.
“oddio, come sono contenta! La mia bambina sta crescendo!” gongolò la stilista, saltellando sul posto “ti prego, ripetilo!”
“eh? Ma ti si è liquefatto il cervello? L’ho detto una volta, è più che sufficiente”
“invece no! Devi ripeterlo, così poi trovi il coraggio di dirlo anche a lui”
“scordatelo! Manco si fa vivo, figurati se vado a rovinare quel poco che potrebbe essere rimasto della nostra amicizia”
“ma sono sicura che lui ricambia!” sbottò Iris.
Erin scoppiò in una risata tale, anche quando uscirono dal bagno, le sue mascelle le dolevano per quanto aveva riso.
 
Quel sabato pomeriggio Iris si era recata a casa di Erin. La prima settimana dal rientro delle vacanze si era conclusa con l’inserimento ufficiale di Kentin, al loro gruppo di amici.
Nel club di giardinaggio, lui e Iris interagivano lo stretto indispensabile e la ragazza era costretta ad intervenire quando la scarsa manualità del moro comprometteva gli sforzi di tutti gli altri membri. Tra i due c’era una strana tensione, che invece il ragazzo non aveva con il resto dei suoi nuovi amici. Parlava addirittura in modo più spontaneo con Violet, ma con la rossa, l’interazione era molto più complicata e intermittente.
Quanto ad Erin, Boris aveva chiesto a Dajan di assumersi la responsabilità di allenare anche lei e, dall’occhiata malefica che il capitano le aveva lanciato, la cestista non riuscì a capire se era un preludio di quanto l’avrebbe fatta sgobbare, oppure un avvertimento di quanto il suo essere da terzo incomodo tra lui e Kim, fosse sgradito. Quest’ultima invece, si era dimostrata entusiasta di avere la compagna di squadra con lei, proponendo anche a Trevor di unirsi a loro, in modo da cominciare ad esercitarsi sugli schemi di gioco.
“Dajan è un mostro!” si lamentò Erin reclinando la testa all’indietro.
“infatti ti vedo particolarmente distrutta” ridacchiò Iris, mentre passava in rassegna una serie di siti internet. La settimana successiva, le due studentesse avrebbero dovuto affrontare un compito di matematica, materia particolarmente odiata da entrambe. Poiché non riuscivano a risolvere i quesiti, avevano pensato di unire le loro menti e, con l’ausilio di internet, cercare qualche esercizio svolto.
“e sapessi quante parole mi ha detto!” protestò Erin e, cercando di imitare la voce di Dajan, riportò “ma insomma Erin! Si può sapere cosa avete fatto tu e Castiel tutto questo tempo? Giocato a carte?”
Iris sorrise, mentre Erin sbuffava infastidita.
“sai Erin” le disse d’un tratto, mentre tamburellava a caso i tasti del pc “sono felice di vedere che ti sei abituata all’assenza di Castiel. Ti ho sempre vista allegra ultimamente… possibile però che non ti manchi?”
“ogni giorno” replicò secca, con un sorriso amaro “ma non posso scrivergli ancora… l’ho già fatto martedì, dopo che Rosalya mi ha obbligato e ancora non mi risponde. Se continuassi ad insistere, accentuerei la consapevolezza che non gliene frega un tubo di me”
“se gli avessi scritto quello che ti ha detto di dirgli Rosa, sta pur certa che ti avrebbe risposto”
“ma figurati se avrei fatto una cosa del genere”
“ti aveva anche preparato la mail” ridacchiò la rossa, cancellando l’ennesima equazione non risolta.
“beh, secondo me avrebbe riconosciuto lo stile di Rosalya e avrebbe pensato ad uno scherzo”
“me la rileggi? Era troppo forte” la spronò Iris, che di concentrarsi sulla matematica non ne aveva nessuna intenzione.
Erin sorrise e aprì la casella di posta, ricercando la mail dell’amica:
“ehi Castiel, anche se sei così idiota da non rispondere ai miei messaggi, c’è una cosa che devo dirti… in realtà manco io capisco come sia possibile una cosa del genere visto che hai la capacità cerebrale di un piccione, ma sta di fatto che mi piaci”
“la confessione più dolce e romantica della storia” sghignazzò Iris.
“ti pare che gli avrei mandato una cosa del genere? E comunque, a prescindere dalla forma, come vi ho già detto martedì, nessun’altro deve sapere di questa cosa, lui in primis… chiaro?”
La rossa sollevò le spalle:
“lo sai come la pensiamo Erin, ma non possiamo neanche obbligarti a fare ciò che non vuoi. È la tua vita, te la devi gestire tu”
“grazie” concluse la ragazza sollevata “senti, visto che qui non riusciamo a carburare” disse, indicando il quaderno “che ne dici di uno spuntino? Vado a prendere le patatine”
“ok grazie” sorrise l’amica, mentre la mora si alzava.
Iris nel frattempo, tentò per l’ultima volta di cimentarsi con le derivate. Almeno un’espressione doveva risolverla, era una questione personale: non poteva essere così stupida da non riuscire a spuntarla.
Non pretendeva di essere un geniaccio come Kentin, ma almeno di portarsi a dei voti migliori di quelli che aveva collezionato fino a quel momento. Sbuffò infastidita: era tutta la settimana che cerca di non pensare a lui, eppure più si imponeva di non farlo e più il ragazzo le veniva in mente.
Tornò a picchiettare le dita sui tasti del pc, strano vizio che si manifestava in lei quando era particolarmente nervosa.
Improvvisamente, sentì una sorta di tu-tu e, prima che potesse avere il tempo di alzare lo sguardo sullo schermo, aveva premuto Invio.
Sullo schermo vide apparire un ragazzo con un berretto di pile in testa e un’inconfondibile espressione.
Non poteva sbagliarsi.
Solo una persona aveva quegli occhi così scuri e penetranti e quell’espressione eternamente corrucciata:
“C-Castiel” borbottò sbattendo le ciglia più volte e avvicinandosi allo schermo, incapace di credere a quanto stava vedendo.
Il ragazzo sgranò gli occhi, alternando sul suo viso già arrossato, un turbine di sentimenti che andavano dallo stupore al disorientamento.
Sembrava particolarmente agitato, al punto da balbettare confuso:
“I-Iris?” ma prima che potesse aggiungere altro, un secondo ragazzo si frappose, allontanando in malo modo la faccia del compositiore dallo schermo:
“ALLORA? E’ lei Erin?” urlò eccitato all’orecchio del ragazzo.
La diretta interessata, accorse in quel momento, incuriosita dalle voci che aveva sentito provenire in salotto. I due ragazzi videro il volto di Iris sollevarsi e la sentirono rispondere meccanicamente:
“non immaginerai mai chi c’è qui”
Erin aggirò il tavolo, incapace di comprendere perché l’amica fosse così sconvolta.
Non fece neanche a tempo ad accomodarsi davanti alla webcam che già l’aveva riconosciuto; anche se la qualità del video non era delle migliori, l’illuminazione della stanza non era ottimale e non poteva vedere la caratteristica chioma rosso fuoco, non aveva dubbi su chi ci fosse dall’altra parte dello schermo.
“Castiel…” mormorò incredula.
“allora? È lei Erin?” tornò a ripetere il secondo ragazzo, indicando questa volta la mora. Aveva i capelli rasati e un paio di piercing sul sopracciglio destro, oltre che alcuni anche sui lobi delle orecchie e sotto il labbro inferiore. Portava un dilatatore sull’orecchio sinistro e non sembrava molto alto di statura. Aveva un sorriso contagioso ed esagerato, con dei canini un po’ accentuati.
“deve essere la mora!” s’intromise una terza voce maschile.
Le due amiche videro avvicinarsi uno dei ragazzi più belli della loro vita: aveva dei capelli biondi, pettinati in modo non convenzionale e con ciuffi direzionati in modo da lasciar vedere le meravigliose iridi, che nonostante la qualità del video, si intuivano essere verdi, con delle strane sfumature sul giallo. Era vestito in modo molto casual, con una semplice tuta da ginnastica, ma la sua mise non bastava a penalizzare la sua bellezza. Il suo sorriso, diversamente da quello dell’altro sconosciuto, era ammaliante e carismatico e le due ragazze arrossirono talmente tanto che i tre ragazzi se ne accorsero.
“levatevi dalle palle idioti!” li cacciò Castiel in malo modo, ma i due sorrisero beffardi.
Il primo che aveva fatto la sua comparsa, si allungò sopra la schiena del rosso, piegandolo con il proprio peso e costringendolo a sbattere la fronte contro la tastiera:
“piacere di conoscervi ragazze! Io-sono-Chester!” urlò scandendo le parole e avvicinandosi talmente tanto alla webcam che le due ragazze potevano vedergli solo la punta del naso:
“idiota, guarda che ti sentono e poi parlano la nostra lingua, che Castiel scandisci le parole?” lo rimproverò l’altro ragazzo, rimasto senza nome.
Mentre il rosso si dimenava nel tentativo di scrollarsi Chester di dosso, nel campo visivo delle ragazze, comparve una quarta figura molto alta e con gli occhiali.
“con chi state parlando?” chiese.
Il nuovo ragazzo aveva un’espressione molto seria e sembrava avere poco meno di trent’anni.
“è la ragazza di Castiel” rispose il ragazzo biondo con candore.
“non è la mia ragazza!” sbottò il rosso, inviperito, riuscendo finalmente a scrollarsi di dosso Chester, che volò sul pavimento.
“quella di cui parlava sempre nel sonno quando è arrivato qui?” indagò il nuovo arrivato con curiosità, accomodandosi gli occhiali sul naso, mentre Erin ed Iris si guardarono confuse perché non erano riuscite a sentire cosa avesse detto.
Videro il biondino annuire e avvicinarsi alla webcam mentre il compositore cercava di ricomporsi.
“piacere, sono Ace”
Le due amiche avevano assistito a quello scambio di battute, senza battere ciglio. Erano spaesate da quel trio che non lasciava il tempo al loro amico di interagire con loro.
Ace si voltò verso l’unico che non aveva ancora rivelato il suo nome e lo schernì:
“Damien, ti presenti o fai sempre il solito coglione?”
“a differenza vostra, sto lasciando al nostro piccolo Mozart il suo spazio” replicò Damien, con le braccia incrociate al petto.
“grazie” replicò Castiel stizzito ma non fece in tempo ad aggiungere altro che Chester si intromise:
“vi dispiace ragazze se restiamo qui?”
“ma quanto morti di figa siete? Non avete le prove adesso?” sbottò Castiel esasperato, urlando quasi in faccia al suo amico.
“c’è Jun che fa il palo, tranquillo brother” lo informò Ace battendogli una mano sulla spalla e senza staccare lo sguardo dal monitor.
Chester nel frattempo aveva approfittato della distrazione di Castiel per rimediare una sedia e trovare posto accanto a lui. Era un personaggio alquanto buffo poiché, nonostante l’aria da duro, aveva degli occhioni enormi, che sembrano luccicare per la fibrillazione di parlare con le due ragazze dall’altra parte del mondo.
“Jun il palo? Avrà preso sonno in piedi!” protestò Castiel.
Aveva appena pronunciato quelle parole, che si sentì un rumore di fondo e i quattro ragazzi si voltarono in sincrono. Erin e Iris non potevano vedere cosa avesse attratto la loro attenzione, finchè sentirono Ace sbottare:
“e tu che ci fai qui? Non dovevi essere in saletta?”
Avanzò un ragazzo dai lunghi capelli scuri, tali da nascondergli metà viso. Aveva un’aria terribilmente apatica e sembrava quasi sonnambulo, tanto che sbattè addosso a Ace, senza fare una piega.
“vieni qua Jun-chan, ci sono le amiche di Castiel!” lo chiamò Chester, tutto eccitato e procurandogli una sedia accanto a lui, cominciando a battere ritmicamente il palmo della mano su di essa.
Le due ragazze notarono subito i tratti orientali del nuovo ragazzo che, non appena si accorse di loro, si inchinò educatamente.
“sei giapponese?” chiese Erin sorpresa, riuscendo finalmente a trovare lo spazio per parlare anche lei. Il ragazzo sorrise leggermente ma non replicò, così toccò a Chester rispondere per lui:
“Jun-chan non parla quasi mai, comunque no, è tutto made in China
“tutto un corno, sua madre è canadese” lo corresse Damien.
Chester si voltò sconvolto verso il cinese e, con un’espressione tradita e offesa, lo rimproverò:
“e non me l’hai mai detto? Allora sei un cinese tarocco Jun-chan!”
Erin ed Iris si stavano sforzando di non ridere.
Quella situazione stava prendendo una piega sempre più assurda.
Jun scrollò le spalle ma anche se non interagiva con il resto dei presenti, sembrava a perfetto agio, seduto accanto a Chester, che a sua volta era spalla a spalla contro un sempre più furente Castiel.
Ace si sporse ancora di più verso lo schermo, gravando sulla schiena del compositore, mentre Damien cercava di occupare l’ultima zona rimasta libera del campo visivo della webcam.
Erano settimane che non lo vedeva e, berretto a parte, il rosso non era cambiato affatto: Erin non riusciva a smettere di sorridere e non tanto per la vivacità dei suoi nuovi amici, quanto per l’effetto che la vista di quel ragazzo suscitava in lei. Proprio perché la sua attenzione era tutta concentrata su di lui, notò chiaramente che l’irritazione del rosso stava raggiungendo livelli comici e l’avrebbe fatto esplodere da un momento all’altro.
Il compositore infatti, si voltò di scatto verso i ragazzi e sbottò esasperato:
“SI PUÒ SAPERE CHI CAZZO VI HA DETTO CHE POTEVATE RESTARE!?”
Chester mise il broncio e si difese.
“uffa Cas quanto rompi i coglioni! Stiamo solo facendo conversation
“voi siete i…Tenia giusto?”
I quattro ragazzi tornarono a prestare attenzione alle due ragazze sullo schermo, constatando che a parlare era stata Iris.
“esattamente” confermò Ace facendole un occhiolino ammiccante che ammaliò entrambe.
Castiel sbuffò grattandosi la testa ma il berretto che teneva sul capo rendeva difficoltosa quell’operazione:
“perché hai il berretto?” indagò Erin.
Il rosso sviò lo sguardo della ragazza, mentre Chester e Ace cominciarono a sghignazzare.
“non vuole farsi vedere con il nuovo look” mormorò beffardo Damien, verso il quale il rosso si voltò, furente:
“ti ci metti anche tu adesso?”
“suvvia Cassy, non fare la preziosa” lo schernì Ace “del resto hai un pelato accanto a te, i tuoi capelli a confronto sembrano lunghi”
“non sono pelato!” sbottò Chester irritato “sono rasati”
Jun non partecipava minimamente a quello scambio di battute, ma rimaneva in silenzio ad osservare le ragazze, con un leggero sorriso stampato sulle labbra.
“ti sei tagliato i capelli?” chiesero quasi in coro le due ragazze, costringendo la band a prestare loro attenzione.
“e vedessi che bell’ometto che è adesso” commentò Chester schioccando la lingua.
Gli arrivò una sberla talmente fissa sul collo che per i successivi cinque minuti sparì sotto il tavolo.
“infatti non ho mai capito perché ti ostinassi a tenere quel colore assurdo… mi vergognavo a farmi vedere in giro con te… tu Erin gliel’hai mai detto che lo cambiasse? Magari a te avrebbe dato retta” interagì Ace.
Castiel stava per esplodere, avventandosi anche sul biondo quando Erin un po’ in difficoltà, commentò:
“non è uno che dà retta facilmente alla gente”
“che non lo so? Appena gli fai un appunto ti morde”
“come sta Demon?” lo interruppe Castiel, sperando di sviare l’argomento.
“bene, ma io voglio vedere il nuovo look” lo stuzzicò Erin impaziente, anche se avrebbe voluto sapere il perché di quella domanda.
“non esist-“ e prima che il rosso facesse in tempo a completare la frase, Ace gli strappò il berretto.
Non c’era più traccia della fulgida chioma rossa: al loro posto, si presentavano dei corti capelli neri. Il contrasto con l’immagine precedente dell’amico era talmente forte che le due ragazze scoppiarono in una risata fragorosa.
“sembri uno studentello delle medie Cas” lo derise Iris, incapace di trattenersi. Quel commentò eccitò Chester in particolare che esclamò:
“qua la mano bella, dammi il cinque” e avvicinò il palmo alla webcam. La rossa assecondò divertita quel gesto, nascondendo per un attimo la webcam con il palmo della sua mano, mentre Castiel tornava a nascondere il suo nuovo look.
Erin dal canto suo, pensò che, se l’amico avesse lasciato crescere un po’ i capelli con il loro colore naturale, sarebbe stato persino più affascinante di Ace, ma di certo non poteva ammettere una cosa del genere in quel momento.
“perché non racconti ad Erin come mai ti trovi con questo bel look?” lo schernì Chester.
“c’è un motivo particolare?”
“oh sì, una scommessa che Castiel ha perso miseramente” ridacchiò Ace.
“diciamo che è stato sfortunato… credo che la sfiga sia insita nella tua natura Cas” osservò Damien.
“che scommessa?” insistette Erin, sempre più curiosa.
La band guardò il loro compositore con un sorriso idiota e quest’ultimo, avvampando borbottò:
“lascia perdere, comunque appena ricresceranno, li farò tornare rossi”
“in effetti ti crescono ad una velocità che ha dell’incredibile” osservò Damien “Chester te li aveva rapati a zero settimane fa e sono già abbastanza lunghi”
“quanto è che sono lunghi adesso?” indagò Jun, parlando per la prima volta mentre gli altri, eccetto Castiel scoppiavano a ridere. Aveva una voce molto bassa e silenziosa oltre che sorprendentemente grave nella timbrica.
Gli amici scoppiarono in una risata goliardica che li portò alle lacrime mentre le ragazze non riuscivano a capire la causa di tutta quella vivacità. Evidentemente doveva essere accaduto un episodio di cui loro non erano a conoscenza.
Sommerso dalle prese in giro dei suoi compagni, Castiel commentò scocciato:
“Erin ci sentiamo un’altra volta”
“no, ti prego!” replicò ansiosamente, sentendo il cuore andarle in gola.
Non era quasi riuscita a parlare con lui, non poteva lasciarlo andare così.
Per la prima volta da quando era iniziata quella videochiamata, calò uno strano silenzio e la mora, cercò di rimediare all’imbarazzo che aveva creato. I Tenia la guardavano perplessi, mentre Iris, consapevole dei sentimenti dell’amica, teneva lo sguardo fisso sulla tastiera:
“v-volevo dire, sono simpatici i tuoi amici. Mi fa piacere conoscerli” mediò la mora, gesticolando nervosamente con le dita.
“il piacere è nostro Erin. Speriamo di conoscerci a giugno quando torneremo in America” replicò con solarità Ace, ripristinando l’allegria generale.
“lì le cose come vanno? Obama ha fatto qualche riforma?” intervenne Chester mentre il resto dei ragazzi rimaneva basito.
“ma che domanda del cazzo è questa?” sbottò Damien irritato per la stupidità dell’amico.
“ma come? Dici sempre che devo apparire più intelligente!” protestò Chester.
“così confermi solo quanto sei scemo… e se proprio ti interessa, leggiti le notizie in internet”
“il tempo?” s’intromise Ace.
“ragazzi vabbè che la connessione qui fa schifo però non siamo isolati dal mondo” sospirò Damien alzando gli occhi al cielo.
“avete problemi con la rete? Ma non siete a Berlino?” indagò Iris.
“nì… siamo a non so quanti chilometri da Berlino, in una paesello sperduto in mezzo alle montagne” chiarì Ace “e da domani sarà anche peggio”
“è domani che andiamo ad Hogwarts?” esclamò sconcertato Chester, apprendendo quella notizia per la prima volta.
“Hogwarts?” ripeterono in coro le due amiche.
“sì, è un posto che abbiamo battezzato così perché ricorda vagamente il castello di Harry Potter” illustrò Chester con saccenteria.
“la somiglianza l’hai vista solo tu Ces” puntualizzò Jun, intervenendo per la seconda volta.
“INSOMMA! SONO QUINDICI MINUTI CHE VI ASPETTO IN SALETTA! CHE STATE COMBINANDO QUI?”
I cinque ragazzi trasalirono all’istante, voltandosi in un’unica direzione.
Sul monitor comparve una ragazza dai lunghi capelli rosa ondulati, che sembrava uscita da un anime giapponese. Nonostante la bassa statura, aveva una voce autoritaria e sicura:
“eddai! Non ti scaldare Bree” la rabbonì Ace, con uno dei suoi sorrisi spiazzanti “stiamo chiacchierando con la ragazza di Castiel che non vede da più di tre settimane!”
“infatti Mozart può chiacchierare quanto vuole, il suo lavoro oggi l’ha fatto… siete voi che siete degli scansafatiche! Avanti.. marsch!” ordinò inviperita, portandosi le mani sui fianchi.
Chester e Jun si alzarono rassegnati dalla loro postazione, mentre Damien ed Ace si allontanarono dallo schermo. A malincuore salutarono le due ragazze: Ace uscì di scena lanciando loro un bacio con la mano, Damien e Jun fecero un cenno con il capo mentre Chester si sbracciò.
Mentre la porta si chiudeva, anche se Erin ed Iris non potevano sentire, Bree borbottava maliziosa:
“allora, è carina questa Erin?”
Nella stanza era rimasto solo Castiel e il silenzio che si era impadronito della stanza sembrava quasi irreale.
“così sono quelli i Tenia… sono…” tentennò Erin.
“degli idioti” completò l’ex rosso.
“sono fuori di testa, ma sono simpatici” convenne Iris divertita.
“presi singolarmente. Li metti insieme e sono devastanti”
“ma vedo che ti sei integrato bene Mozart… carino il tuo nuovo soprannome” lo sfottè Erin, mentre Castiel replicava con un verso stizzito.
Iris alternò lo sguardo tra i due e, con un sorriso rassegnato, si alzò dal suo posto.
“scusami Castiel, ma devo fare una telefonata… è stato bello rivederti, magari cerca di non far passare altre tre settimane senza farti vivo”
Il ragazzo scrollò le spalle e un ghigno poco convinto gli tese il viso. Erin ringraziò l’amica per la sua premura e non appena questa lasciò la stanza, spostandosi in cucina, tornò a guardarlo.
Ora che finalmente erano rimasti soli, senza distrazioni, potè concentrarsi su di loro.
Le era mancato più di quanto ne avesse la reale consapevolezza. Quell’ultima settimana le sembrava di aver imparato a stare senza di lui ma ecco che compariva, smentendo ogni sua più ottimistica convinzione.
Sentiva di avere gli occhi inumiditi dall’eccitazione e dalla gioia di rivederlo e sperò che lui non potesse accorgersi dell’effetto che suscitava in lei. C’erano troppe cose che doveva chiedergli e cercò di dare loro un ordine di priorità, partendo dalla domanda più pressante:
“perché ti sei fatto vivo solo ora? Ti avevo scritto in un paio di occasioni”
Aveva un tono neutro, quasi disinteressato, ma in realtà cercava disperatamente di non dare a vedere quanto fosse ferita.
“lo so. Ma qui la connessione fa davvero pena, cioè è da poco che ci siamo spostati qui dove qualcosa prend-“
“Castiel, siamo nel ventunesimo secolo” lo interruppe la mora “se avessi voluto rispondermi l’avresti fatto, ti bastava andare in un internet cafè o qualcosa del genere. E poi vuoi farmi credere che vi isolano per sei mesi dalle vostre famiglie? Senza la possibilità di contatto? Sei finito in un gulag russo?”
Castiel ridacchiò nervosamente, ma l’amica non sembrava intenzionata a lasciar cadere l’argomento:
“se ti dà fastidio che ti scriva, non lo faccio più, ma devi dirmelo”
Si pentì all’istante delle sue parole, temendo di essersi data la zappa sui piedi. Castiel non le rispondeva, sembrava concentrato a pensare ad altro, ma lei non demorse. Doveva recuperare in qualche modo quella proposta infelice, così optò per una sincera constatazione:
“però sai… non riesco neanche ad arrabbiarmi con te… mi fa troppo piacere rivederti”
Il ragazzo si morse il labbro e staccò gli occhi dallo schermo, guardando un punto indefinito della stanza in cui si trovava.
Erin non poteva notare l’impercettibile rossore che gli aveva tinto le guance, così ipotizzò che ormai l’amico fosse totalmente disinteressato a lei, confermando una volta per tutte, i suoi sospetti più pessimisti.
“non mi aspetto che tu dica che per te sia lo stesso, ma almeno mi vuoi dire perché ti sei deciso solo ora a farti vivo?”
“diciamo che è stato un caso” replicò vago.
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Non aveva nessun senso portare avanti quella conversazione: lui non voleva parlare con lei, mentre lei avrebbe passato anche ore davanti a quel pc, anche se gli occhi avessero cominciato a lacrimarle o la testa a dolerle.
“quindi vuoi che chiudiamo qui la videochiamata?” mormorò mestamente, con un’irrefrenabile amarezza.
“no” la fermò il ragazzo, con convinzione “sono contento di vederti Erin”
La ragazza sentì una gioia commovente scorrerle nelle vene, iniettata con troppa rapidità perché potesse metabolizzarla.
“anch’io” replicò con un sorriso dolce, mettendo più enfasi di quella che avrebbe voluto in quell’ammissione che le aveva sciolto il cuore.
Castiel sorrise, cercando di stemperare tutta la tensione che sentiva addosso. Non sarebbe mai riuscito a dirle cosa stava provando in quel momento.
“allora la Germania? Com’è?” esclamò Erin, sgambettando sotto il tavolo.
“è una figata di posto. Non mi dispiacerebbe viverci, se non fosse per la lingua: il tedesco fa proprio schifo”
“e il lavoro come procede?”
“bene, da quando sono qui mi sono buttato anima e corpo sulla musica”
“e i Tenia? Come gruppo intendo… come sono?” lo martellò Erin.
“diciamo che sono tanto idioti come persone, quanto fenomenali sul palco”
“non mi sembrano così idioti Castiel, anzi. E poi insieme a loro mi sembri quasi… felice”
Il ragazzo si zittì, arrossendo leggermente. Non voleva ammettere che Erin ci avesse preso in pieno. Continuava a criticare quel quartetto solo per non ammettere quanto si sentisse bene in loro compagnia.
“Mauro mi ha detto che hai portato a spasso Demon la settimana scorsa” esordì d’un tratto.
“quindi le telefonate al tuo vicino le fai, mentre ai tuoi amici no?” lo stuzzicò indispettita, capendo il senso della domanda che le aveva rivolto poco prima: era stato Mauro a dire a Castiel del nuovo rapporto tra lei e il suo cane.
“Demon è il mio cucciolone, ovvio che voglio sapere come sta” si difese Castiel “comunque grazie. Mi piacerebbe vedervi a spasso insieme… anche se mi mancherà vedervi litigare”
Erin sorrise; era talmente presa dal guardare il moro che non si accorse di una piccola massa di pelo aranciato che stava zampettando sulla tavola. Ariel arrivò a camminare indisturbata sulla tastiera, facendo sobbalzare Erin e sorprendere Castiel.
“cos’era quella cosa che è passata?” domandò perplesso che, a causa della vicinanza con la webcam, aveva intuito solo una nuvola di pelo rossiccia.
“questa cosa” cominciò Erin, afferrando delicatamente la gattina “è il migliore regalo di compleanno che io abbia mai ricevuto” spiegò, mostrandogli l’animale.
“mi fa piacere che ti sia piaciuto” sorrise orgoglioso l’amico.
“ti presento Ariel”
“Ariel? Perché diavolo le hai dato il mio nome?” borbottò offeso.
Erin ridacchiò e commentò:
“ormai lo consideravi il tuo nome? Però sai, mi dispiacerà non chiamarti più così, ora che hai quei capelli”
“te l’ho detto, li farò tornare rossi” la tranquillizzò il ragazzo, indicandosi ciò che il berretto teneva celato alla vista.
“non capisco perché ti sei incaponito con quel colore” sbuffò Erin “stai così bene con i capelli neri”
Castiel rimase senza parole, accentuando il crescente imbarazzo dell’amica. Sorrise beffardo e commentò:
“allora Nathaniel aveva proprio ragione. Mi ha detto che non riuscivi più a stare senza di me” scherzò, inconsapevole di quanta verità ci fosse dietro quell’affermazione.
“Nathaniel ti ha scritto?”
“qualche giorno fa: mi ha detto della California e di voi due. Sei proprio scema Erin, ti sei lasciata sfuggire il miglior uomo del mondo”
“se ti piace tanto, sposatelo tu” replicò offesa, strappandogli un sorriso “e poi quando mi ci ero messa insieme, non ti sei certo complimentato con me”
L’amico storse il labbro, voleva replicare ma evidentemente non sapeva come fare mentre la mora soggiungeva:
“quindi avete cominciato a sentirvi?”
Castiel tentennò. La verità era che, in quell’ultima settimana, era proprio con Nate che aveva riallacciato i rapporti. Dopo che il biondo gli aveva scritto dalla California, incitandolo a contattare Erin, i due avevano cominciato a tenersi in contatto per mail, raccontandosi le reciproche esperienze. Castiel tuttavia non poteva rivelare ad Erin che, mentre era impegnato ad ignorare i suoi messaggi, chattava spensieratamente con il suo migliore amico.
“solo una mail” mentì.
“Erin, posso rientrare?” le sussurrò Iris, che si era stancata di aspettare in cucina.
L’amica le sorrise e le fece cenno di accomodarsi. Non poteva lasciarla impalata per tutto il tempo.
“allora, voi che novità mi raccontante?” le chiese il rosso, appena la ragazza prese posto accanto alla mora.
“c’è un nuovo studente che ha preso il tuo posto” annunciò Erin.
“accanto a te?” chiese spontaneamente il ragazzo, con un’espressione indecifrabile:
“sì, si chiama Kentin Affleck”
“è carino?”
Le due ragazze si guardarono perplesse per poi tornare a guardare l’amico:
“Castiel ma… sei passato all’altra sponda?” chiese la rossa in titubante difficoltà.
“ma non dire idiozie!” avvampò il ragazzo, incrociando le braccia al petto “volevo solo sapere com’è fisicamente”
“dovresti chiederlo ad Iris” la canzonò Erin, lanciandole un’occhiata esaustiva.
“perché?” domandò il ragazzo, la cui irritazione cominciò a vacillare; Iris nel frattempo diede una gomitata all’amica e replicò:
“quando tornerai Castiel? Non intendi mica rimanere in Germania fino a giugno?”
Erin spostò lo sguardo sullo schermo, attendendo con trepidazione quella risposta:
“perché, si sente tanto la mia mancanza?” si pavoneggiò.
“fa’ pure lo sbruffone, ma pensa che persino Rosa si annoia senza di te” lo ammonì Iris.
“sicuramente per un altro mese non mi potrò muovere da qui”
“ma allora c’è la possibilità che torni prima?” si illuminò Erin.
“beh, magari un salto in America lo posso fare una volta, ma con quello che costa il biglietto, non ci sperate troppo”
“faremo una colletta tra di noi” scherzò la rossa.
“Castiel! Teeger vuole parlarti”
Erin riconobbe la voce di Bree che fece poi capolino alle spalle di Castiel.
“adesso?” chiese il ragazzo.
“sì, mi dispiace. Gli ho detto che eri tutto love-love, ma non mi ha dato retta”
La ragazza fece un cenno di saluto allegro alle due ragazze, scrutandole con curiosità. Aveva un visetto molto dolce, che per certi versi ricordava quello di Violet, ma diversamente dall’artista, Bree era dotata di una personalità forte e decisa. Diede una pacca al giovane compositore e lo incitò a seguirla:
“digli che arrivo… e comunque smettila di dire stupidate”
Erin si morse il labbro.
Era arrivato il momento di lasciarlo andare.
“non far passare altre tre settimane senza dare tue notizie capito?” lo minacciò Iris “e ritieniti fortunato che non ci fosse qui Rosa”
“in tal caso, avrei messo giù all’istante” sghignazzò il ragazzo.
Iris sorrise, aspettando che anche Erin dicesse qualcosa. Nonostante l’affollamento di pensieri nella sua mente, l’unica esclamazione che l’amica riuscì a esternare fu:
“beh, allora buon lavoro”
Castiel sorrise leggermente e, dopo l’ennesimo richiamo da parte di Bree, fece un cenno sbrigativo con la mano.
La videochiamata venne chiusa e sullo schermo delle ragazze tornò la finestra di Skype che annunciava che il moro non era più in linea.
Erin si appoggiò contro lo schienale della sedia, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé, dove fino a qualche secondo prima c’era il ragazzo di cui era innamorata.
“ehi Iris” le disse d’un tratto, rompendo il silenzio calato nella stanza “secondo te, è Castiel che è cambiato, o è cambiato il modo in cui io lo guardo?”
L’amica sbattè le palpebre un paio di volte, poi sorridendo, replicò dolcemente:
“direi entrambe le cose”
“allora sono proprio nella merda”




 
NOTE DELL’AUTRICE
 
Eccomi. Dunque, innanzitutto, lasciatemi scaricare la coscienza ammettendo che, dal punto di vista della forma, non sono soddisfatta di questo capitolo -.-‘’.
Sarà per la sovrabbondanza dei dialoghi diretti, ma rispetto agli ultimi capitoli, questo non mi sembra granchè, è scritto proprio in modo banalotto :(… se non altro spero che il contenuto sia stato più interessante XD… lo ammetto: io amo i Tenia ^^
Pensate che la parte in cui compaiono per la prima volta, facendo andare fuori dai gangheri Castiel, l’avevo scritta almeno due mesi fa, sull’ispirazione del momento.
Il fatto è che io adoro il mondo degli artisti *^*: ecco quindi che nella mia mente questa band doveva essere composta da gente un po’ strana ma affascinante. In queste note non mi soffermo troppo sugli altri eventi come quelli di Nathaniel o di Kentin, se non per spiegarvi il titolo del capitolo: diciamo che questa parte è stata una dedica ad alcuni dei protagonisti maschili della mia fic che, descrivendoli, li ho trovati, nella loro “idiozia” (Nathaniel che si perde, Kentin che stermina la piante, Castiel che si fa rapare a zero) adorabilmente teneri *^*. Ero quasi tentata a mettere qualcosa anche su Dajan e Armin con le rispettive consorti, ma poi avrei messo troppa carne al fuoco -.-‘’.
Ma torniamo a quelli che per me sono i veri protagonisti del capitolo (che nella versione iniziale per l’appunto, si intitolava “i Tenia”): questi quattro ragazzi, ah, aspettate, vi metto qua sotto il disegno, così andate meglio a immaginarli ;)
 
Scusate se non l’ho colorato, ma ultimamente il tempo scarseggia che è già tanto che questa settimana sia riuscita ad essere puntuale con la pubblicazione del capitolo :(.
Vi rinfresco la memoria: quello con gli occhiali si chiama Damien (in onore a Damien Rice), il pelato è Chester (stesso nome del frontman dei Linkin Park, al quale mi sono ispirata anche come immagine), il più figo al centro è Ace (creato grazie ad un’indicazione di Sabrina), mentre quello a lato è Jun (che Chester chiama Jun-chan anche se il suffisso è un vezzeggiativo femminile usato in Giappone, mentre Jun sarebbe per metà cinese -.-… ma Chester è idiota e quindi ci sta).
Ovviamente, quel visetto così felice e solare al centro del gruppo, con la maglietta con la scritta e il berretto, è il nostro Castiel ^^.
Ok, a questo punto devo dirvi una cosa: ho una notizia buona e una meno buona; quale volete prima?
Io opto di solito per la cattiva, così poi mi consolo con la buona: allora, visto che scrivo sempre durante il weekend, mi prendo una pausa di due settimane, perché il prossimo weekend sono in trasferta da una mia amica… ergo, non prima di fine Novembre mi metterò a lavorare sul 41.
La buona invece è questa: dunque, come vi dicevo, io amo questi quattro matti che sono usciti fuori (alias i Tenia) tanto che ho pensato di cimentarmi in una sorta di spin-off sull’arrivo di Castiel in Germania.
Tutte voi vi siete chieste “che Castiel sta facendo Castiel in Germania??”
Ecco, visto che non intendevo dedicare un capitolo del genere della storia “ufficiale” a questa cosa, ho pensato a questa mega one shot ;). Verrà fuori quale è stata la scommessa che Castiel ha perso, il perché i ragazzi sono scoppiati a ridere quando Jun gli ha chiesto dei capelli, e molto altro ^^
Visti i tempi biblici che ci metterei a realizzarla, ho deciso di darmi la scadenza entro Natale, quindi consideratela un regalino da parte mia ;) (avrei voluto farvi una sorpresa, ma la mia linguaccia ha finito per straparlare e ad un paio di ragazze aveva già accennato a questa idea, quindi non potevo continuare a tenerla ancora segreta -.-)
Accennerò a questa cosa anche sull’ “intervista” che dovrei mettere fuori tra oggi e domani, appena finisco di revisionare e pubblicare questo capitolo.
 
n questa OS che uscirà a Natale comunque, verranno fuori al meglio i Tenia, il personaggio di Bree dedicato a Sabrina (che mi ha suggerito il nome e l’aspetto fisico;)) e tutto lo staff con cui si è trovato a lavorare il rosso ;). In realtà avevo talmente tanta voglia di mettermi al pc, che ho già scritto due pagine… finendo per divagare XD
Vi metterei volentieri l’anteprima, ma poi sono sicura che la cambierei -.-‘’… insomma, verrà una cosa lunghetta e anche un po’ diversa dal mio solito stile narrativo… non dico altro, su questo ci risentiremo a Natale ;)
 
Ok, spero di avervi incuriosito un po’, perché, diversamente dalla OS “intervista”, su questa di Castiel ci tengo davvero parecchio, lo ammetto -.-‘’… più di quanto dovrei, quindi sarò molto dura con me stessa se il risultato non sarà soddisfacente :S… basta, la smetto di lamentarmi.
 
Grazie per aver letto e, recensioni a parte, ci si sente tra due settimane ^^
 
 
  
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