"This is a modern farytail 
                                                                                                                                                                No happy endings 
                                                                                                                                                                    No wind in our sails"
                                                                                                       


Stava fuori dal cancello, senza fare nulla, sapeva il codice per aprirlo e sapeva dove lei metteva la chiave di scorta, sarebbe potuto entrare senza problemi, cinque minuti massimo e si sarebbe trovato faccia a faccia con lei, non sarebbe più potuta scappare, non avrebbe più potuto evitare i suoi messaggi e il suo sguardo.
E lui? Sarebbe riuscito a reggere il suo sguardo? Lo sguardo di chi ha il cuore ferito.  Ed era stato lui a ferirlo.
Forse era per questo che non entrava, stava fuori a guardare, ad aspettare che una luce si accendesse, a sperare che anche lei, come lui, faticasse a dormire quella notte. Sapeva che era in casa, l'aveva vista rientrare e non era più uscita. 
No, non era stato fermo davanti a casa sua tutto il giorno, gli era solamente capitato di passarci più e più volte, casualità, coincidenza...
Ed ora era là, fermo immobile, negli occhi uno sguardo colpevole, nella mente le immagini di quel video che aveva già visto ma sapere che tutto il mondo l'avrebbe visto e saputo cosa lei provava lo distruggeva, lo faceva sentire arrabbiato ed estremamente colpevole allo stesso tempo. Ma la cosa peggiore era quello che aveva nel cuore: le sue lacrime, quelle che lui le aveva strappato e lo sapeva, lo sapeva che non aveva alcun diritto di farle del male, lei era il suo angelo, l'aveva salvato fin troppe volte, ma non riusciva a stare attento, non riusciva a pensare prima di agire. Normalmente, in pubblico, avrebbe dato la colpa alla fama, ma sapeva che non era così, lui lo sapeva, lei lo sapeva, lo sapeva benissimo.
Una luce al piano superiore si accese, pensava di sapere che stanza fosse, fece un rapido calcolo, e poi calcolò di nuovo, e ancora una volta, era la sua, la luce era sempre là, come un faro che indica ai marinai la via di casa, che li guida fino a tornare al porto da cui sono venuti, il loro porto sicuro che li avrebbe sempre accolti a braccia aperte, che si fossero o non si fossero macchiati di un qualche peccato. Ma lei? Lei lo avrebbe accolto ancora tra le sue braccia? Avrebbe di nuovo asciugato le sue lacrime che ogni tanto gli rigavano le guance? 
Perso nei suo pensieri, senza rendersene conto, aveva aperto il cancello e ora teneva la chiave stretta tra le sue mani, guardò per l'ultima volta la stanza e vide un'ombra snella, i capelli lunghi e lisci legati in una coda di cavallo, guardare giù probabilmente incuriosita dal rumore del cancello ora richiusosi. 
Rimase là, a guardare quell'ombra così familiare eppure così sconosciuta, così vicina e così lontana, poi la luce si spense e lui entrò.

                                                                                                                                 "The bed is getting cold and you're not here
                                                                                                                                                     The future that we hold is so unclear"

Si svegliò di soprassalto, l'aveva sognato, di nuovo,  e non avrebbe dovuto, le aveva solo fatto del male, più e più volte eppure perchè lei si sentiva in colpa? Si sentiva in colpa per non aver risposto ai suoi messaggi, alle sue chiamate; si sentiva in colpa per aver rilasciato quel video dopo il quale lui aveva cominciato a chiamarla ed a scriverle costantemente. Non gli aveva mai risposto. L'aveva totalmente ignorato e faceva male, una lacrima scendeva ogni volta che riceveva un messaggio, cercò il telefono e dovette accendere la luce per farlo. Un nuovo messaggio: era lui.
"Scusa.Ti amo."
Non doveva credergli, non poteva credergli di nuovo, cascarci di nuovo, non poteva. Non doveva sentirsi in colpa per averlo ignorato. Lui le aveva fatto del male, lui avrebbe dovuto sentirsi in colpa e forse lo faceva ma lei non lo poteva sapere e non voleva saperlo, o forse sì. Scosse la testa come per scacciare quei pensieri dalla mente. Guardò l'orario del messaggio, risaliva ad un'ora prima: le 2:11.
Si asciugo qualche lacrima e fece per spegnere la luce quando sentì il rumore del cancello aprirsi e si alzò per andare alla finestra e guardare giù. Lui era lì, davanti a casa sua, avrebbe riconosciuto quella sagoma ovunque, era là, era là per lei. In quel momento capì. Capì perchè entrambi continuavano a soffrire, lui faceva soffrire lei  e lei faceva soffrire lui. Erano come due atomi di cariche opposte che si attraggono e quando si incontrano collidono ed uno dei due perde una carica, positiva o negativa che sia e rimane ferito però da allora potranno essere separati soltanto da un'altro genere di reazione chimica e quando questa accade è doloroso, fa molto male, ma non impedisce ai due atomi di riavvicinarsi nuovamente. Ed è questo che è l'amore, no? L'amore è chimica, e un'attrazione inspiegabile e, a volte, tanto forte da provocare un'esplosione. E lui era stato attratto dal suo atomo con carica opposta, era andato da lei e chissà da quanto era fuori ad esitare se aprire il cancello. Lo conosceva, esitava raramente, lui, ma quando lo faceva avrebbe potuto esitare per ore, giorni.
La stava guardando, si era accorto che era sveglia e che era alla finestra e fu allora che lei decise di lasciarsi andare: l'osservò per un po', fermo davanti alla porta, poi spense la luce e torno nel suo letto. Sapeva che lui sarebbe entrato ed aspettò in silenzio che lui salisse nella sua stanza.
                                                                                               
                                                                                                                         "There's a million reasions why I should give you up 
                                                                                                              But the heart wants what it wants"

Era dentro, aprì la porta della camera da letto, sapeva che lei l'aveva visto prima di spegnere di nuovo la luce e quello poteva significare due cose: voleva che se ne andasse o aveva deciso di lasciarlo fare e lasciarlo tornare da lei. Aveva rischiato credendo nella seconda opzione, ed ora la guardava sdraiata su un fianco sotto le coperte, le gambe leggermente piegate, con le mani si cingeva la vita.
Lentamente si sdraiò affianco a lei, insinuando le mani sotto le sue,  che lo lasciò fare, appoggiando il viso nell'incavo nel suo collo, respirando il suo profumo ed accarezzando la sua pelle perfetta. 
Appena si appoggiò potè sentire le sue lacrime, le lacrime di quel ragazzo che, nonostante tutto, amava e che la amava e piangeva per lei e di colpo realizzò che non aveva bisogno che le dicesse nulla, aveva solo bisogno che l'abbracciasse e la tenesse stretta. Portò una mano al suo viso, l'altra mano ancora sulla sua, e gli asciugò le lacrime.
"Ti amo anche io" sussurrò e lo sentì sorridere contro il suo collo.








Note: Il titolo è una canzone degli Imagine Dragons, My Fault.

---------------------------------------Angolo Autrice-----------------------------------
Salve gente, volevo solo spendere due secondi per dire che questa storia è un sogno che ho fatto giorni fa e quindi un colpo di pazzia da fangirl (come tutte le mie fanfiction del resto).
Mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate nelle recensioni che vi sia piaciuta o no, fatemi sapere, le critiche sono sempre ben accettate quindi non esitate se ne avete. 
SmileyGirl