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Autore: writingthepainaway    16/11/2014    0 recensioni
"Forse è che la vita, alle volte, ti gira in un modo che non c'è proprio più niente da dire."
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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"Forse è che la vita, alle volte, ti gira in un modo che non c'è proprio più niente da dire."


“Cari mamma e papà,
sono passati quattro mesi ormai da quando ve ne siete andati  e ancora non riesco ad accettarlo. Avrei dovuto seguirvi  anche io quella sera, e invece no, mi sono ritrovato solo in un letto d’ospedale con le lampade ad accecarmi, dei medici che mi controllavano il battito cardiaco mentre mi dicevano che non ce l’avevate fatta e una leggera commozione cerebrale, qualcosa di peggio no, eh? Avrebbe sicuramente fatto meno male.  La signora Irwin è dolce come sempre, non capisco come faccia ad essere così comprensiva nei miei confronti, anche se nemmeno apro bocca, è dal giorno del vostro funerale che non parlo con nessuno, nemmeno a Luke e a Calum. Parlare mi farebbe solo male, ricordare fa già male, e quello che ho dentro voglio tenermelo per me, non voglio che qualcuno si prenda cura di me o che stia male a causa mia, non capisco come facciano però quei due a continuare a restare, non me lo merito. Lo stesso vale per la signora Irwin, che nonostante io sia distaccato mi sorride comunque, ha un sorriso che illuminerebbe una città intera, è vero, mi ha persino chiesto se volessi andare dallo psicologo, tre volte in questi mesi, e io ho sempre scosso la testa. Non ci voglio andare dallo psicologo, non ne ho bisogno, così come non ho bisogno che mi diano delle stupide pillole per comandare il mio umore, se mi prende qualcosa mi calmo da solo, non ho bisogno che qualcuno mi dica che sto male, questo lo so già.
A volte mi sembra che lo sapevate già che ve ne sareste andati, mi avete lasciato alla donna che badava a me mentre eravate all’estero per lavoro invece che a una delle zie che non sopporto, e avete fatto entrambi un’assicurazione sulla vita che mi ha portato chissà quanti soldi, e in più ci sono anche l’azienda di papà  e la casa, tutto questo in mano mia, davvero mi credete in grado di mantenere tutto questo? Nemmeno riesco a tenermi in piedi, non riesco nemmeno a respirare ora. Oggi la signora Irwin mi ha parlato del fatto che è in contatto con il notaio che deve darmi tutto quello che avevate, ma ha detto che è meglio aspettare qualche altro mese visto che tra poco diventerò maggiorenne e allora potrò fare da solo. Ma non so che farmene della mia vita io, il mese scorso ci ho provato di nuovo, è per questo che non ho più scritto qui fino ad ora, mi vergognavo troppo, dovreste vergognarvi di me. Vorrei raggiungervi, e mi sento in colpa perché dovrei essere almeno riconoscente del fatto che sono ancora qua, dovrei continuare a vivere per voi, per non  deludervi. Ma la verità è che mi odio perché sono qui invece di essere con voi, insomma, perché voi ve ne siete andati e io no? Potevate restare anche voi, oppure sarei potuto venire io. Non so come stiate ma spero che almeno voi ovunque voi siate stiate bene, è tutto una merda qui. Non volevo finisse, e mi dispiace non essere riuscito a dirvi quanto io vi voglia bene.
Mi sento fuori luogo, questa è una famiglia perfetta, ci sono due bravi genitori e tre figli, io divido la stanza con Ashton che è sempre stato un po’ un fratello maggiore per me, addirittura ora si sveglia prima per accompagnarmi a scuola visto che è dall’altra parte della città, non voglio cambiarla perché almeno lì posso vedermi con Luke e Cal, c’è Lauren che si diverte a giocare con i miei capelli, il ciuffo blu si è scolorito, ora è quasi bianco, magari dovrei tagliarmi i capelli, vorrei ritingerli tutti di nero. Ormai sono diventato nero, non ho più nessun colore, non ho più voglia di fare niente, non respirerei nemmeno se non fosse perché questa è un’azione involontaria. Harry mi disegna spesso e sorrido nei suoi disegni, mi dice che aspetta che lo faccia sul serio, i bambini sono così intelligenti… Mi piacerebbe accontentarlo, ma non posso, non sorriderò mai più. Sono sbagliato, sono sbagliato sempre, nemmeno dovrei esserci qui.
Mi mancate, vorrei essere con voi perché almeno la starei bene, forse.
Ho paura, ho paura, ho paura -”
 
«Michael?» una voce rompe la quiete in cui il ragazzo seduto alla scrivania illuminata solo da una piccola lampada sta seduto e una donna di corporatura robusta, capelli biondi e un volto dolce, come solo quello che le madri hanno, fa capolino dalla porta notando la sua schiena coperta da una felpa nera tremare, la penna cade a terra e la donna guarda il ragazzo stringere le mani attorno al suo corpo mentre si avvicina piano per stringerlo a se, cullandolo come se fosse un neonato. Oh, non di nuovo, pensa lui mentre silenziosamente le lacrime gli solcano il volto, non vuole piangere di nuovo tra le braccia della donna che l’ha raccolto il mese prima sul pavimento del suo bagno, ora i medicinali li ha persino chiusi a chiave in un armadietto per fare in modo che non provi ancora ad uccidersi, ma lui non vuole essere un peso, deve andarsene, pensa mentre la donna continua a cullarlo continuando a ripetergli le stesse parole: «Andrà tutto bene, si sistemerà tutto, non sei solo qui…» e a lui non resta che stringere gli occhi e cercare di calmarsi, le cose tanto non andranno bene.
 
Quando Michael si calma Anne Irwin gli sorride premurosa mentre gli asciuga le ultime lacrime e gli accarezza il viso dicendogli un «Non ti preoccupare, non ti lascerò andare» per rassicurarlo mentre il ragazzo la guarda con i suoi occhi verdi ancora bagnati e le palpebre rosse e gonfie annuendo debolmente, è così che si sente, debole, schiacciato dall’enorme peso che gli dà questa vita, ma la sua non può definirsi tale e la disprezza, non merita di vivere.
«Ora vatti a sciacquare la faccia che è pronta la cena, ti aspetto di sotto.» la donna lo saluta dandogli un bacio sulla fronte e il ragazzo si  alza per fare come detto, raccogliendo prima però la sua penna per scrivere ancora sul suo diario.
 
“La signora Irwin mi ha salvato di nuovo, non me lo merito.”
 
Solo allora, prima di chiuderlo, nota il modo in cui aveva scritto le ultime righe prima dell’arrivo della donna, la scrittura va via via ingrandendosi e le forme delle lettere non sono precise e delineate ma sembrano dei semplici scarabocchi, sembra che un bambino si sua messo a pasticciare il suo quaderno, tipico dei suoi attacchi, pensa lui e sospira chiudendo il suo quadernetto con la copertina verde smeraldo, è il colore della speranza, già. Lui però la speranza che già da sempre era poca l’ha persa completamente, è certo che le cose non andranno bene, non andranno mai bene.
Va a sciacquarsi la faccia e scende di sotto nella sala da pranzo dove trova tutti riuniti attorno al tavolo che lo salutano, ricambia con un gesto della mano ma, a differenza loro, non gli sorride, resta indifferente, Michael Clifford non sorride e non parla più, ma quella famiglia è tutto ciò che gli resta, non ha nulla oltre a loro. È questo che il ragazzo pensa per tutta la durata della cena e continua a pensare anche sdraiato nel letto che ora dovrebbe considerare suo, dopo che Ashton gli ha augurato la buonanotte e lui ha risposto semplicemente guardandolo negli occhi riconoscente, Michael Clifford è un fantasma. Michael Clifford è costretto a vivere quando nemmeno vuole, e si odia per rifiutare qualcosa che ha così tanto valore, e resta lì, a tremare nel buio e a piangere in silenzio, quella specie di voto di silenzio che aveva fatto l’ha fatto anche per quando piangeva, Ashton non l’ha mai sentito piangere e nemmeno dovrà farlo.


 
***
Woah, non ci credo che sto pubblicando qualcosa ancora, è da una vita che non lo faccio!
Allora si, grazie per essere arrivati fin qui a leggere, spero che vi sia piaciuto questo primo capitolo, ci ho messo un sacco a decidermi di pubblicare e tutte le volte che rileggevo non ero mai completamente convinta, ora direi che sono abbastanza soddisfatta di questo lavoro e spero che piaccia anche a voi che siete arrivati fino a qui a leggerlo. E' solo una piccola introduzione questa.
La citazione che ho messo sia all'inizio del capitolo che come intro è del libro Seta di Baricco, penso sia adatta a definire come vede la sua vita il personaggio di Michael, non ha più niente. 
Ora vi lascio, fatemi sapere che ne pensate!
Al prossimo capitolo,
Chiara.
  
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