Crossover
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Autore: Bookmaker    16/11/2014    3 recensioni
– Lo so, – disse improvvisamente, anticipando una notizia che sapeva gli sarebbe stata riferita di lì a breve. – Il ragazzo laggiù si è svegliato, ed è appena entrato nella fase di sintesi, giusto?
– Il ragazzo? Di che cosa stai parlando?
Si girò con una certa sorpresa scoprendo di non essere solo, nel mare lunare macchiato di un sangue troppo antico per essere ricordato: un altro essere lo stava fissando.
Non era certamente umano: sembrava un gatto col pelo bianchissimo, con grandi ciuffi che sbucavano dalle orecchie e un anello sospeso attorno ad ognuno di essi.
Genere: Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: Cross-over, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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VII
Intermezzo, secondo momento: Bailamme
 
– Io sono il Sesto Soggetto Deviante, Homura Akemi. Scusate per il ritardo.
Uno strano silenzio era calato sulla sala, rotto solo dal pesante russare di Misato. Shinji allungò un gomito verso la sua tutrice, che si ridestò con un grugnito e girò la testa dall’altra parte, ancora mezza stordita dalla sbronza di poco prima. – Shinji… – protestò mugugnando. – Non è ancora mattina…
Shinji la pungolò ulteriormente. – Signorina Misato, c’è qualcosa che credo dovrebbe vedere.
La donna aprì pigramente gli occhi, guardandosi intorno alla ricerca di qualcosa di strano. Quando però i suoi occhi incontrarono la sagoma di Homura, ancora ferma a qualche metro dal tavolo, il suo atteggiamento cambiò all’improvviso.
Misato scattò in piedi, subito imitata da Mami e Kyoko, e anche Asuka fece lo stesso pur non sapendo esattamente cosa stesse accadendo.
– Ciao, Homura, – esclamò Misato con un sorriso amichevole. Era incredibile come il suo tono fosse completamente cambiato, diventando professionale e rassicurante nel giro di pochi secondi. – Finalmente ci conosciamo! Io sono Misato Katsuragi, e sono la vostra responsabile.
– Il piacere è tutto mio, – rispose Homura freddamente. Il suo volto non tradiva emozioni, e i suoi occhi erano intenti a esaminare punto per punto il grande salone. Sembrava distratta, come se stesse cercando qualcosa.
– Siediti, Akemi, – la invitò Mami indicando con un gesto una sedia vuota. Asuka e Shinji non l’avevano notata, prima, e non erano sicuri che ci fosse sempre stata. – Sapevamo che prima o poi saresti arrivata.
Homura attese qualche secondo, prima di rispondere, continuando nel frattempo a perlustrare la stanza con lo sguardo. – Sì, – disse infine. – Arrivo.
La ragazza si avvicinò al banco, ma fece il giro opposto rispetto a quello per arrivare alla sedia indicatale da Mami. Si diresse invece verso Madoka, sollevando la mano destra e facendo così sollevare la sedia in aria. La ragazza dai capelli rosa sembrò un po’ intimorita da quel comportamento, e si spostò leggermente verso Sayaka, ma Homura ignorò la sua reazione e si sedette ugualmente a poca distanza da lei. Kyoko e Mami si scambiarono uno sguardo d’intesa, ma decisero di non fare commenti e si sedettero a loro volta. Asuka si sedette subito dopo, e Misato rimase l’unica in piedi.
– Bene, Homura, – esclamò ostentando entusiasmo. – Finalmente ti sei fatta viva! Devi aver avuto un sacco di cose da fare, in questo periodo, chissà quante ne hai passate! Avrai parecchie cose da dirci, immagino.
– No, in realtà, – disse la ragazza. Un piattino con una grossa fetta di torta si era adagiato sulla tovaglia davanti a lei, sospinto dalla magia di Mami, ma Homura non lo degnò di uno sguardo. – Non ho fatto nulla.
Misato rimase abbastanza stranita da quella risposta che non lasciava spazio a repliche. Si sedette, prendendo a mangiare la sua fetta di torta a piccoli pezzi e studiando Homura con sguardo attento. La ragazza, per conto suo, ignorò completamente il suo dolce, e rimase in silenzio ad osservare Madoka.
Misato riprovò a spingere la ragazza nella conversazione. – Immagino che ci siano un po’ di cose che vorresti chiedermi, ad esempio chi sono, o cosa…
– So già tutto, – la interruppe Homura seccamente. – È per questo che sono venuta qui.
Misato fece un’espressione perplessa. – Scusami, Homura, ma cosa intendi con “tutto”?
– So cos’è la Nerv e qual è il suo scopo, – disse la ragazza abbassando lo sguardo sul piatto ancora pieno. – So dell’esistenza degli Angeli e degli Evangelion, so chi sono i Children, e so chi sono.
Detto questo, Homura rivolse uno sguardo enigmatico a Shinji, Asuka e Rei. – Shinji Ikari, Asuka Shikinami Langley, Rei Ayanami. Vi stavo cercando.
Asuka sentì un inspiegabile brivido di tensione correrle lungo la schiena. C’era qualcosa di strano, in Homura Akemi. – Ehi, aspetta un momento, – esclamò. – Queste sono informazioni riservate! Come fai ad essere entrata in loro possesso?
Misato intervenne per prevenire la discussione incombente. – Asuka, non è il caso di…
– La domanda è giusta, Akemi, – disse Kyoko addentando un pezzo di torta con un sorriso malizioso stampato in volto. – Prima hai detto di non aver fatto nulla, ma sai un sacco di cose che non dovresti sapere. Noi quattro ci siamo sorbite quasi cinque ore di test, scansioni e visite mediche, prima di avere uno straccio di spiegazione. Tu cos’hai fatto, Akemi?
Homura rispose alla stoccata di Kyoko fulminandola con un’occhiata. – Non sono affari tuoi.
– Okay, okay, – disse Mami alzando la voce per sovrastare possibili repliche di Kyoko. – Penso che sia ora di darci una calmata.
– Aspetta, Mami, – esclamò Asuka con fare perentorio. – Miss faccio-la-misteriosa ha qualcosa da dirci.
Gli occhi di tutti si posarono su Homura. Anche Madoka, che fino a quel momento era stata abbastanza restia a rivolgerle lo sguardo, si ritrovò a fissarla timidamente.
– Io… non ho niente da dirvi. – abbozzò Homura. Sembrava un’altra, rispetto a prima, forse a causa dell’attenzione improvvisamente calata su di lei.
– Allora puoi anche andartene, – sbuffò Asuka, scuotendo la testa e accavallando le gambe davanti a sé. Shinji la guardò con un certo interesse, affascinato da quel semplice gesto e dall’onda prodotta dai suoi capelli nel ricaderle sulle spalle. – Se le tue informazioni sono così preziose, evidentemente noi non ti serviamo poi a molto.
Homura si alzò in piedi con uno scatto, facendo sobbalzare Madoka. Mami e Kyoko si guardarono a vicenda per un istante, ma si limitarono a osservare l’espressione concentrata della maga dai capelli corvini. – Per piacere, Shikinami, ascoltami. Non abbiamo molto tempo.
– Oh, insomma! – replicò Asuka chiudendo gli occhi con sufficienza. – Spiegati chiaramente, per una volta.
– Non posso.
– In tal caso, – sorrise malignamente la Second, riaprendo gli occhi e fulminando Homura con uno sguardo, – credo che resterò qui per un bel po’ a mangiare la torta di Mami e Stupi-Shinji.
– Ehi! – protestò il Third Children, sentendosi chiamare in causa con un appellativo così poco lusinghiero. Lui stesso, però, si rese conto di quanto fosse inappropriata la sua lamentela in un momento come quello.
Homura rimase in silenzio per qualche secondo, studiando gli occhi di Asuka e cercando di decifrare la sua espressione beffarda. – Va bene, – si arrese alla fine. – La verità è che fra poco arriverà una creatura.
– Un Angelo? – esclamò Misato scattando sulla sedia. Homura, tuttavia, scosse la testa.
– No. Si tratta di un essere ben più temibile.
– Peggio di un Angelo? – chiese Asuka, sinceramente perplessa. – Se ti riferisci ad una Strega, sappi che ne abbiamo già incontrata una e…
– Lasciami parlare, ti prego! – sbottò Homura, interrompendo Asuka e attirandosi uno sguardo risentito. – Lui potrebbe arrivare da un momento all’altro!
– Lui? – intervenne Shinji. – Lui chi?
– Credo che Homura si riferisca a me, Shinji Ikari.
Una voce acuta, quasi infantile, eppure matura come quella di un uomo adulto, raggiunse Shinji. Il ragazzo si guardò intorno, cercando di scoprire la fonte di quel suono, ma non vide nulla.
– Ehi, Stupi-Shinji, – lo schernì Asuka. – Che stai facendo? Ti dai allo stretching?
– Voi non l’avete sentito? – chiese il ragazzo rivolgendosi alle commensali. Rei lo guardò sollevando leggermente un sopracciglio.
– Di cosa parli, Ikari? – chiese, le sue prime parole dopo un silenzio piuttosto lungo.
– Non so… – mormorò Shinji. – Credevo di aver sentito qualcuno.
– E l’hai sentito davvero, Shinji Ikari. Solo che stai cercando quel qualcuno nella direzione sbagliata.
Shinji sollevò lo sguardo, e le ragazze fecero altrettanto. L’aveva sentito di nuovo, ne era certo. – Ehi! C’è qualcuno?
– Shinji… – intervenne Misato, una lieve preoccupazione dipinta sul volto. – Chi stai chiamando?
– Signorina Misato, c’è qualcuno! – esclamò Shinji. – Mi sta parlando, ma non riesco a capire da dove arrivi la sua voce!
– Adesso stai calmo, Shinji, – disse la donna. – Non c’è nessuno, qui, a parte noi.
In quel momento, Homura spiccò un balzo e raggiunse la parete a ridosso del grande tavolo imbandito. Mami e Kyoko si trasformarono istantaneamente, richiamando i loro abiti da maghe ed evocando le loro armi davanti a sé.
Prima che Mami potesse puntarle addosso un fucile, Homura estrasse dallo scudo una grande pistola automatica e si lanciò con uno scatto sul lampadario posto al centro della sala. Il grande oggetto ondeggiò pericolosamente, spingendo tutti i presenti ad allontanarsi di corsa dalla tavola, e un insistente tintinnio si spanse in tutta la sala.
Senza dire una parola, Homura puntò la pistola contro un punto del lampadario e aprì il fuoco, facendo esplodere diverse lampadine con un rumore di vetri infranti.
– Che succede, Homura? Ti ho fatto per caso qualcosa di male?
Questa volta tutti poterono sentire quella voce squillante risuonare nelle loro teste. Homura digrignò i denti, stringendo convulsamente la presa sull’arma. – Sta zitto.
Una nuova raffica di proiettili investì il lampadario, danneggiando la catena che lo agganciava al soffitto e facendolo cadere rovinosamente al suolo. Homura saltò prima dell’impatto col pavimento, atterrando senza difficoltà a qualche metro dal lucernario e gettando via la pistola ormai scarica.
– Sei scostante come al solito, vedo. È una cosa che proprio non riesco a capire.
– Ma chi diavolo è che parla? – esclamò Asuka, esasperata da quella situazione, e la sua domanda ricevette ben presto una risposta.
– Ma io, ovviamente.
Una specie di palla bianca e batuffolosa rotolò fuori dai resti del lampadario, per poi aprirsi dopo qualche metro. Un piccolo gatto dagli occhi rossi e lucenti prese a guardarsi intorno, agitando mollemente i lunghi ciuffi di pelo che fuoriuscivano dalle sue orecchie e facendo ondeggiare dietro di sé la sua grande coda. – Buongiorno a tutti, – disse, le labbra immobili. – Io sono Kyuubey, e per voi sono il Primo Soggetto Deviante.
***
C’era un’atmosfera stranamente tesa, nel quartier generale della Nerv. Il corridoio del settore di transito era immerso nel silenzio, e le luci erano state in gran parte spente. Il risultato era un lunghissimo corridoio sospeso nel nulla e dal nulla circondato, di cui non si riusciva a vedere la fine. In questo luogo lugubre, solo i passi di Ritsuko Akagi risuonavano distintamente per via dei tacchi che la donna indossava.
– Ehm… senpai Akagi… – mormorò Maya dietro di lei, guardandosi intorno con aria impaurita. – Ma era proprio necessario lasciare accese solo le luci del corridoio?
– Questione di fondi, come sempre, – replicò Ritsuko voltandosi appena. – Il comandante Ikari ha deciso di applicare dei tagli ai consumi.
– Sì… però adesso non si vede praticamente nulla.
Il passaggio di Ritsuko attivò un sensore di movimento, che a sua volta fece accendere le luci in posizione più avanzata. Contemporaneamente, l’area subito alle spalle di Maya fu inghiottita dall’oscurità, facendo rabbrividire la giovane operatrice.
– Guarda il lato positivo, – disse la dottoressa Akagi, una punta di ironia nella voce. – Meglio un taglio ai consumi che un taglio al personale.
Maya fece una breve risata, sforzandosi di apparire rasserenata dalle parole della sua senpai. – Sì, ha proprio ragione. Di questi tempi, poi, non si sa mai cosa può succederci.
L’operatrice si aspettava un’altra risposta arguta, magari condita con il salace sarcasmo della brillante dottoressa Akagi, ma Ritsuko rimase in silenzio, e l’eco dei suoi passi nel corridoio desolato si fece più cupa.
Ma forse fu solo un’impressione di Maya.
***
– E tu… tu saresti l’alieno che trasforma la gente in maghe?
L’espressione di Asuka era impagabile, sospesa fra l’incredulità e il divertimento per quella situazione ai limiti dell’assurdo. – Tu, con quella faccia?
– Perché? – ribatté Kyuubey storcendo la testa di lato con fare perplesso. – Ti sembra tanto strano?
– Ma ti sei visto allo specchio, di recente? ­– esclamò Asuka sollevando un sopracciglio. – Senza offesa, ma sembri un incrocio fra un coniglio e un gatto sotto acidi.
– E meno male che è senza offesa… – commentò Kyoko dando una gomitata d’intesa a Shinji.
– Però è vero, – disse l’alieno. – Immagino che Mami e Kyoko te ne abbiano già parlato. Giusto, Asuka Shikinami Langley?
Lo sguardo di Asuka si fece più serio. – Come fai a conoscere il mio nome?
– Kyuubey è un essere telepatico, – disse Kyoko. – È così che comunica. La sua voce arriva dritta nel cervello, l’hai notato?
– Ragazze, potete fare un attimo di silenzio? – chiese Misato. Non si era mai ritrovata a dover gestire così tante persone, e cominciava a sentirsi in difficoltà.
A complicare ulteriormente le cose, Homura decise di ignorarla del tutto. – Perché sei venuto, Kyuubey?
– Volevo conoscere i famosi Children, ovviamente, – rispose l’alieno in tutta tranquillità, allungando una zampa per grattarsi l’orecchio destro. – E, in secondo luogo, volevo rivedere Sayaka e Madoka.
Detto ciò, si rivolse a queste ultime e le fissò negli occhi rimettendosi sulle quattro zampe.
– Allora, ragazze, avete preso una decisione?
– Beh, – abbozzò Sayaka portandosi una mano alla nuca e nascondendo l’altra dietro la schiena. – In realtà, eravamo ancora abbastanza incerte. Però…
– Loro non sono interessate.
L’interruzione di Homura spinse Sayaka a guardare verso di lei, e ciò che vide la allarmò alquanto.
La maga in nero aveva estratto una nuova arma dallo scudo, un grande fucile a pompa con due canne sovrapposte, e lo stava puntando minacciosamente con Kyuubey. Il suo sguardo era furioso, i suoi occhi ridotti a fessure. Il bossolo rosso del primo proiettile era ben visibile attraverso una piccola apertura nel telaio dell’arma, e Homura lo spinse in canna tirando all’indietro l’astina del fucile con un rumore secco. – E adesso, vattene.
– Mi spiace, Homura, – ribatté Kyuubey. La sua voce era sempre la stessa, inespressiva e inutilmente allegra. – I miei impegni sono troppo importanti, per poter essere rimandati.
– Ora basta, Homura! – urlò Misato. Nessuno l’aveva vista, ma la donna aveva già estratto dalla fondina la pistola d’ordinanza. – Metti giù quel fucile!
La ragazza non diede retta a Misato e sparò alla volta di Kyuubey, producendo un rumore assordante e spingendo Madoka, Sayaka e Shinji a coprirsi le orecchie con un’esclamazione di paura. L’alieno schivò il colpo saltando di lato, e la frammentazione del proiettile fece esplodere un’ampia porzione del pavimento di legno nel punto in cui fino a pochi secondi prima si trovava lui.
– Mami!
All’urlo di Kyoko, la maga bionda sparò contro Homura con un fucile a pietra focaia, materializzandone subito un altro e ripetendo l’attacco più e più volte, sollevando un grande polverone proprio davanti all’avversaria. Contemporaneamente Kyoko scattò verso la ragazza, brandendo l’enorme lancia all’altezza della sua testa.
– Vediamo se questo ti fa calmare un po’! – esclamò la rossa, abbattendo l’asta sul pavimento e sfondando le assi. La tempesta di proiettili di Mami si arrestò, e quando la polvere si depositò al suolo, Homura era scomparsa.
– Ma come…? – mormorò incredula Kyoko fissando la voragine nel pavimento, le mani ancora strette sull’impugnatura della lancia. – Dove diavolo è andata?
Mami sollevò una mano con fare imperioso, e dal pavimento intorno a lei emerse una decina di fucili pronti all’uso. La maga ne afferrò un paio, girando rapidamente su se stessa alla ricerca del suo bersaglio, e fu molto stupita nel ritrovarsi Homura a pochi metri di distanza, il fucile a pompa puntato verso di lei.
– Scusami, Tomoe, – disse la ragazza, trapassando Mami con un’occhiata glaciale. – Tu non mi servi.
***
L’ascensore si fermò con un leggero sobbalzo, e Maya rischiò di perdere la presa sul costosissimo terminale mobile stretto fra le sue mani.
– Beh, eccoci arrivate, – disse la dottoressa Akagi dando un’occhiata alla grande D maiuscola comparsa sul contatore dei piani. Dopodiché, la donna si girò di sfuggita verso la sua assistente. – Seguimi, svelta.
Maya non comprese appieno il senso di quelle parole, ma si mise sull’attenti e andò dietro la senpai non appena le porte dell’ascensore si aprirono. Il corridoio successivo era quanto di più buio Maya avesse mai visto. Man mano che le due avanzarono, dei piccoli led luminosi si accesero a destra e a sinistra, illuminando le pareti dello strettissimo passaggio. Maya si avvicinò ulteriormente alla senpai, quasi stringendosi alla sua schiena.
– Senpai Akagi… – mormorò, guardandosi intorno con soggezione. – Dove ci troviamo?
– È una dipendenza del livello sotterraneo E, – spiegò Ritsuko senza smettere di camminare. – Il livello provvisorio W. È qui che custodiamo il materiale relativo ai Soggetti Devianti.
Maya sbarrò gli occhi con stupore, accostandosi alla senpai nonostante lo spazio angusto in cui si trovassero. – Vuole dire… che io ho l’autorizzazione per entrare in un posto simile?
– Ma certo, – disse la scienziata. – Altrimenti non saresti qui con me.
Il corridoio era giunto ad una porta blindata con diverse sbarre di acciaio a vista che la sbarravano. Probabilmente, l’interno era altrettanto corazzato. Maya fece per avanzare ulteriormente, ma Ritsuko la ostacolò sollevando un braccio e sbarrandole la strada. – Non muoverti, ora, – disse sottovoce. Dopodiché si schiarì la voce, rivolgendosi alla porta e scandendo: – Apertura. Identificativo: dottoressa Ritsuko Akagi. Password: Alma Mater.
Diversi faretti si accesero ai piedi di Ritsuko abbagliando Maya, ma la donna rimase immobile. Una serie di sottili fasci di luce azzurra scaturì dai lati della porta, dal soffitto e dalle pareti laterali, scorrendo lentamente lungo il corpo della donna. Una volta che tutta la sua figura fu mappata, Ritsuko si avvicinò con cautela alla porta d’acciaio e accostò la mano destra al piccolo schermo opaco che sporgeva di qualche centimetro dal muro. Contemporaneamente avvicinò il volto ad una finestrella di vetro scavata nella porta, e sottili fili luminosi scansionarono entrambi i suoi occhi.
Una volta che tutte quelle operazioni furono completate, la porta si aprì scorrendo lateralmente nelle pareti, e rivelò un nuovo ambiente avvolto dall’oscurità.
– Che seccatura, – esclamò Ritsuko in tono stizzito. – Non ne posso più di questo buio. Collegare l’alimentazione secondaria.
Non appena la donna ebbe pronunciato il suo ordine, potenti lampade si accesero davanti a lei, illuminando a giorno un’enorme sala simile ad un incrocio tra un archivio e un laboratorio e destando lo stupore di Maya.
– Coraggio, Maya, – disse Ritsuko. – Abbiamo del lavoro da fare.
– Sì!
Nonostante la stanza fosse abbastanza spoglia, con un unico grande tavolo che ne occupava la parte centrale, non c’era quasi spazio per muoversi. Tanto il tavolo quanto il pavimento erano ingombri di fascicoli e appunti scritti con la tipica, illeggibile grafia di Ritsuko. La gran parte delle pareti era ricoperta di fogli colmi di grafici e formule, molte delle quali risultavano oscure anche per Maya. Il risultato di tutto ciò era un senso di disordine generalizzato, quasi angosciante.
La dottoressa Akagi si avvicinò al tavolo, prendendo una sedia pieghevole e trascinandola verso un’altra identica. – Siediti, forza. C’è qualcosa che dovresti vedere.
***
Il boato dello sparo risuonò cupamente nel salone. Mami rimase immobile, gli occhi sbarrati, domandandosi perché non sentisse alcun dolore.
“Io sono… morta?”
Si sentiva paralizzata, incapace di muovere anche il più piccolo muscolo. Solo i suoi occhi erano ancora sotto il suo controllo, sebbene tremolassero leggermente e faticassero a mettere a fuoco gli oggetti davanti a lei. Il suo sguardo indugiò sul volto di Akemi, contratto in una smorfia di rabbia o di dolore, per poi spostarsi su Madoka e Sayaka, che osservavano atterrite la scena in posizione più arretrata. Mami vide il fucile di Homura passare davanti al proprio volto, la canna ancora fumante per via del colpo appena esploso, ma ebbe l’impressione che ci fosse qualcosa di strano, in quel movimento.
L’arma si spostò dapprima verso la destra di Mami, per poi tornare indietro e colpire Homura alla tempia sinistra. Tutto ciò avvenne in poche frazioni di secondo, che a Mami apparvero dilatarsi in un tempo infinito. Dopodiché, una mano afferrò la maga per il colletto del suo abito e la strattonò via, facendola cadere supina sul pavimento ancora odorante di fumo.
– Mami! Va tutto bene?
La voce di Kyoko non sembrava appartenerle: la preoccupazione che trasmetteva non si addiceva affatto al suo carattere. Tuttavia Mami non fece caso a quel dettaglio, e prese a singhiozzare timidamente per via della tensione.
Kyoko sollevò uno sguardo feroce verso Homura, ma ciò che vide la lasciò stupefatta.
Asuka aveva preso il fucile.
Era stata lei a deviare la traiettoria del colpo indirizzato a Mami, ma non solo. Era riuscita a disarmare Homura, e ora stava lottando con lei in una specie di corpo a corpo usando il fucile come arma da mischia.
– Kyoko! – esclamò Shinji arrivando alle spalle della rossa. – Come sta, Mami?
– È solo un po’ scossa, credo, – lo rassicurò Kyoko. In realtà, lei stessa non si sentiva particolarmente serena. – Si è presa un bello spavento.
– Non ce l’ho con te, Shikinami! – ansimò Homura ripulendosi il sangue colato dall’angolo della sua fronte a seguito del colpo infertole da Asuka. – Fatti da parte!
– Non se ne parla! – urlò Asuka. La ragazza ritrasse il fucile, per poi affondare un colpo mirando all’addome dell’avversaria e colpirla con l’estremità di entrambe le canne.
Homura rimase senza fiato. In parte dipendeva dall’attacco di Asuka, che le aveva completamente svuotato i polmoni comprimendole il diaframma; in secondo luogo, la sensazione delle due canne sovrapposte del fucile che premevano contro il suo stomaco le impediva di pensare.
Asuka tirò il carrello del fucile, espellendo la cartuccia già esplosa e rimpiazzandola con un nuovo proiettile. – E ora, – sibilò lapidaria, – ti consiglio di andartene in fretta.
Homura deglutì a fatica, sforzandosi di rimanere immobile e di sostenere lo sguardo truce della Second Child. – Non posso farlo.
La maga indietreggiò con uno scatto, prendendo Asuka alla sprovvista e spingendola a premere il grilletto. Il proiettile fuoriuscì ruggendo dalla canna dell’arma, spargendo scintille tutt’intorno alla bocca di fuoco, e sul volto di Asuka comparve una smorfia, una specie di sorriso crudele e brutale: a quella distanza, di Homura Akemi non sarebbe rimasta che l’impronta sulla carta da parati.
***
– È straordinario…
– Vero? E quelli sono solo i dati relativi all’elettromagnetismo locale. Tieni.
La dottoressa Akagi porse a Maya una serie di plichi tenuti malamente insieme per mezzo di graffette e spille, e l’operatrice cominciò a sfogliarli con cautela.
– Quelli sono i risultati dei test di valutazione psico-fisica, – disse Ritsuko senza smettere di trascrivere dati sul suo terminale portatile. – Guardali pure, li ho già ricopiati.
Maya scorse rapidamente le cartelle, senza riuscire a trovarvi niente di strano. – Non capisco, – disse mordendosi le labbra per la concentrazione. – Le onde cerebrali sono un po’ alterate rispetto alla norma, ma abbiamo appurato che questo deriva dal contatto telepatico con Kyuubey. A parte questo, non mi sembra che ci sia niente di strano.
– Anche alle ragazze è stato detto lo stesso. Tuttavia, ci sono alcuni dettagli che potrebbero esserti sfuggiti. Prova a leggere i risultati dei test fisici di Kyoko e Mami, e soprattutto l’analisi istologica.
Maya rivolse alla senpai uno sguardo interrogativo, ma non le chiese nulla e scorse i fascicoli fino alle pagine relative al Secondo e al Terzo Soggetto Deviante. Cominciò a leggere attentamente i risultati dei vari test, ma scoprì ben presto di non avere le conoscenze mediche necessarie a comprenderli.
Scosse la testa con determinazione, riprendendo a leggere i dati e confrontandoli stavolta con quelli del Quarto Soggetto, Madoka Kaname, e del Quinto Soggetto, Sayaka Miki. Nuovamente, non le sembrò di vedere nulla di strano, ma un dato catturò la sua attenzione. Non conosceva il significato di quei numeri, ma vederli così diversi nelle due coppie di fascicoli le fece capire la portata di quella anomalia.
– Ma questo… – mormorò incredula. – Questo non è possibile!
– È per questo che ti ho portata qui, – sospirò Ritsuko deponendo il portatile e togliendosi gli occhiali per guardare Maya negli occhi. – Devi aiutarmi a capire cosa diavolo sta succedendo a quelle ragazze.
***
Era sparita.
Asuka rimase impietrita, il fucile ancora stretto fra le mani, a fissare lo sfregio nerastro comparso sulla parete di fronte a lei in seguito al suo sparo. Si guardò intorno, ma Homura era scomparsa.
– Dov’è andata? – urlò. Tutti presero a cercare ansiosamente la ragazza dai capelli corvini, ma sembrava sparita nel nulla.
– Vado a cercarla! – esclamò Kyoko serrando la presa sulla lancia, ma Misato la fermò.
– Nessuno si muova! – urlò la donna. La sua voce aveva riacquistato un piglio autoritario, forse a causa dello spavento di poco prima. Improvvisamente, il fatto che tenesse in mano una pistola non sembrò per niente rassicurante. – Chiamerò il quartier generale e farò circondare la zona. Se Homura è ancora qui, la troveremo.
– Ma…
– Non voglio obiezioni, – disse Misato in tono lapidario, stroncando il tentativo di protesta di Asuka. – Se ci dividiamo, diventiamo un bersaglio facile.
La Second e Kyoko sembrarono non condividere appieno quella scelta, ma preferirono tacere.
La sala era completamente in subbuglio. La torta era stata sventrata da un proiettile vagante, probabilmente sparato da Mami nell’impeto della battaglia, e come risultato si era accasciata sul tavolo con tutta la sua mole, sfondando il piano di legno e imbrattando il pavimento e le sedie tutt’intorno.
I muri presentavano numerosi fori di proiettili, ciascuno circondato da una piccola bruciatura nerastra, e lo stesso valeva per il pavimento. Mentre Asuka e Kyoko si erano avvicinate a Misato e stavano discutendo animatamente con lei, Shinji, Madoka e Sayaka stavano assistendo Mami, ormai ripresasi ma ancora incerta sulle gambe.
Quanto a Rei, la First Child aveva preso una sedia ancora pulita e ci si era seduta. Ora assisteva senza interesse alle scaramucce di Misato e delle due guerriere dai capelli rossi, tenendo però gli occhi vermigli fissi sulla porta d’ingresso. Sembrava che stesse aspettando qualcosa.
Oltre la porta, non si udiva nulla.
***
Homura spiò cautamente l’interno del salone, badando a rimanere nella zona d’ombra proiettata dallo stipite della porta d’ingresso. La ragazza con gli occhi rossi, Rei Ayanami, stava guardando verso di lei. Ritrasse immediatamente la testa e trattenne il respiro, restando in attesa di sue reazioni e sperando di non essere stata vista. Non successe nulla, e Homura si concesse di respirare di nuovo.
“C’è mancato poco…” pensò deglutendo. Ripensò alla scena appena svoltasi, riepilogando gesto per gesto le sue azioni. Nonostante tutto, non era riuscita a convincere i tre ragazzi ad allearsi con lei. “Ho fallito di nuovo”.
Fece per muovere un passo verso l’uscita di quel luogo, ma avvertì un movimento fulmineo proveniente dall’ombra che la circondava.
Prima che potesse fare qualcosa, un braccio si saldò intorno al suo collo in una stretta ferrea. Homura fu trascinata verso il muro, e una mano le coprì la bocca impedendole di parlare.
– Ma guarda che cosa ha catturato il gatto, miao!
Homura rabbrividì nell’udire quella voce familiare, e girando la testa riuscì a vedere il profilo di Mari Illustrious Makinami.
– Salve, Homura Akemi. Ci incontriamo di nuovo.
La ragazza l’aveva abbrancata saldamente, e la fissava con un sorriso spiritato. I suoi occhi, in particolare, fecero gelare il sangue nelle vene di Homura: nel buio della stanza risplendevano di una tenue fosforescenza verde, proiettando un inquietante alone luminoso sul volto della maga.
– Ora toglierò la mano, – disse Mari. Il suo tono era allegro, sebbene stranamente minaccioso. Sembrava un predatore a caccia, una belva che giocava con la sua vittima prima di darle il colpo di grazia. – Naturalmente, se urlerai non potrò garantire per la tua incolumità. Hai compreso?
Homura annuì debolmente, e Mari si esibì in un diabolico sorriso. – Bravo topolino.
La mano scivolò via dalla bocca di Homura, permettendole di respirare di nuovo correttamente. La maga si affrettò a mormorare: – Posso spiegarti tutto.
– Ah-ah-ah, – la interruppe Mari, avvolgendo entrambe le braccia intorno al suo addome e appoggiando la testa sulla sua spalla destra. – Al tempo. Adesso, sarei molto curiosa di sapere che cosa ci facevi qui.
– Io… – esitò Homura. Non avrebbe voluto rivelare il suo scopo, specialmente ad un soggetto che si era dimostrato così imprevedibile. Tuttavia, le circostanze non deponevano a suo favore. – Stavo cercando i piloti degli Eva. Volevo arrivare da loro prima di Kyuubey.
– Ah, sì? – chiese Mari con una punta di ironia. Lentamente, la sua stretta intorno a Homura si fece più forte, arrivando a schiacciarle gli organi interni e provocandole una strana sensazione, più simile alla paura che al dolore. La maga gemette, sforzandosi di rimanere più silenziosa possibile.
– E dimmi, piccola infiltrata, – ghignò Mari. – Perché stavi per fare del male alla Principessa? Perché stavi per ferire Asuka?
– Ti… sbagli, – ansimò Homura. La stretta di Mari era sempre più forte, stava arrivando a comprimerle il diaframma fino a impedirle di respirare. – Shikinami… mi serve per salvarla!
Un’espressione sorpresa comparve sul volto di Mari. La ragazza allentò la presa su Homura, lasciandola riprendere fiato. – Salvarla? – chiese. – Salvare chi?
Homura la fissò negli occhi per qualche secondo, senza dire nulla. – Non posso dirtelo.
Mari fece una smorfia delusa. – Ancora segreti? Pensavo che ormai mi conoscessi abbastanza bene da non nascondermi più questo genere di cose.
– È troppo importante, – disse la maga sostenendo lo sguardo della ragazza. – Non posso mettere a rischio la mia missione rivelandone il significato.
– Okay, va bene, basta che non ricominci a parlare per enigmi.
Homura si accorse ad un tratto che Mari l’aveva liberata dalla sua morsa, arretrando di qualche passo. I suoi occhi, inoltre, erano tornati alla loro normale tinta verde acqua.
– Mi credi, dunque? – chiese Homura avvicinandosi cautamente a lei.
– Suppongo di sì, – borbottò Mari frugando nel suo zaino. – Non avresti motivo per mentire. Inoltre, in base a quanto mi hai detto fino ad ora e a quanto ho visto, deduco che tu e quella specie di gatto alieno non andiate molto d’accordo. La faccenda della Principessa, tuttavia, mi è poco chiara.
– Non ho intenzione di farle del male.
– Lo so, me l’hai già detto. Voglio però che tu sappia, – disse ad un tratto, sollevando lo sguardo dalla sacca e fissando Homura dritto negli occhi, – che se dovesse succedere qualcosa alla Principessa, esigerò di persona una ritorsione dal responsabile.
Homura annuì, intimidita dall’espressione truce di Mari. In risposta a quel gesto, Mari sorrise amichevolmente. – Ottimo. L’importante è capirsi, no?
Estrasse dallo zaino una specie di ampio mantello nero, gettandoselo sulle spalle con un ampio movimento. – Scusami, ho un po’ di freddo. E adesso, perché non torni di là e ti scusi con tutti quanti per il casino che hai combinato?
– Ma…
– Oh, andiamo! – disse Mari con un occhiolino. – Ti accompagno io, così potrò aiutarti a spiegare la tua versione della storia.
– Va… va bene.
Homura voltò le spalle a Mari, dirigendosi poi verso la porta ancora aperta. Si fermò poco prima di varcare la soglia, timorosa di cosa sarebbe accaduto.
– Coraggio, – la incitò Mari picchiettandole la schiena con la punta dell’indice. – Vai!
Homura avanzò oltre, e fu subito abbagliata da un fascio di luce. A quanto pareva, Mami e Kyoko avevano riparato il lampadario. – Ecco… – mormorò, le mani protese a coprirsi il volto. – Volevo scusarmi, e…
– Rei!
Quando Homura aprì gli occhi, scoprì che Rei Ayanami era davanti a lei. La fissava con aria inespressiva, gli occhi rossi puntati nei suoi, le mani distese lungo i fianchi. Homura non l’aveva notato, prima, ma indossava un meraviglioso abito di lino bianco.
– Eseguo.
Rei afferrò il braccio di Homura e lo sollevò, girando su se stessa e immobilizzando la maga minacciando di dislocarglielo. – Aspetta! – esclamò Homura. – Mi arrendo!
– Scusami, – disse Rei con voce monocorde. – Ma questi sono gli ordini.
Il ginocchio della First spinse contro le gambe di Homura, costringendola a mettersi in ginocchio, e in pochi secondi la maga si ritrovò con la faccia schiacciata contro il pavimento e il peso di Rei gravato sulla schiena.
– Ottimo lavoro, cocca del comandante! – esclamò Asuka correndo da lei.
Homura non ascoltò il resto della conversazione. Era troppo impegnata a fissare torvamente la stanza attigua attraverso la porta, constatando che Mari era sparita nella mimetica ottica.
“Okay,” pensò con rassegnazione. “Questa volta hai vinto tu."
   
 
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