Run boy, run
Doveva andare al castello.
Ecco l'unica cosa a cui riusciva a pensare.
Doveva impedire che Moriarty vi arrivasse per primo, che facesse del male a Sherlock, che lo ferisse...
Strinse i pugni e trattenne un sospiro di sollievo, una volta che furono tutti e tre di nuovo all'aria aperta. Si stava preparando un temporale, l'aria era carica di pioggia e il vento sembrava impaziente quanto le nuvole di cominciare lo spettacolo.
John saltò a cavallo di Philip, Harry stava per fare lo stesso, ma lui la bloccò.
-No. È una cosa che devo fare da solo. E dover pensare anche a te...-
-John Watson- lo interruppe lei, arrabbiata e spazientita. -Sono perfettamente in grado di badare a me stessa- disse, trattenendo il cavallo per le redini. -Ma ti capisco- aggiunse, il cipiglio che si scioglieva in un sorriso. -Va' e torna vincitore- lo prese in giro, arricciando il naso e dando una pacca a Philip, che partì al galoppo.
E questa volta fu Harry e seguirlo con la sguardo finché non scomparve all'orizzonte.
-Fa' che ritorni sano e salvo- mormorò, quando lo perse di vista, parlando con Clara, che era voluta rimanere con lei. -Solo questo... Fa che ritorni e non gli accada nulla di male. Ti prego- sussurrò al vento che urlava intorno a lei, attorcigliandole i capelli attorno al volto.
John cavalcò, lanciando Philip al galoppo, fin quando il cavallo non cominciò ad ansimare pesantemente e la pioggia non cominciò a cadere.
Ma ancora, l'unica cosa a cui riusciva a pensare era che doveva arrivare al castello, aggiustare le cose, quel casino che lui aveva combinato, e poi, perché no, baciare quel testone di Sherlock e vedere se il "vivere per sempre felici e contenti" funzionava anche nella vita reale delle persone normali.
Quando il castello si stagliò l'orizzonte, illuminato dai fulmini, si permise un secondo per far prendere fiato a Philip. Ma il suo sorriso si spense in fretta, perché i suoi occhi catturarono il bagliore delle fiamme e delle torce degli uomini che stavano per assaltare quel luogo che avevo imparato ad amare e a chiamare casa. A capo di tutti c'era Moriarty, accanto a lui Moran, un smorfia soddisfatta sul viso di entrambi.
E John avrebbe voluto gridare, urlare, caricare quel gruppo di folli con la spada sguainata. Ma non aveva una spada e sapeva che quella moltitudine spaventata lo avrebbe ucciso calpestandolo prima che lui avesse avuto la possibilità di arrivare a Moriarty. E allora sarebbe stato tutto inutile.
Inoltre, vide che le difese del castello erano tutte attive e che i servitori non li avrebbero lasciati entrare tanto facilmente.
E allora ricominciò a correre, fregandosene del fiatone di Philip, mosso solo dalla fretta e dal senso di colpa.
-Padrone, le difese non reggeranno ancora molto- gridò Mycroft, che si era auto eletto portavoce dei domestici. Lestrade, accanto a lui, annuì ondeggiando i bracci.
-I villici sono impazziti, signore. Sono tutti alle porte e agitano i loro forconi e gridano cose oscene e...-
-John?- lo interruppe Sherlock, che aveva appena finito di sigillare il portone principale, chiudendolo con delle grandi sbarre di ferro. -Lo hai visto?-
-No. C'è un uomo che li guida, capelli neri e occhi furbi, ma non è John- lo rassicurò Molly, intuendo la preoccupazione del suo padrone. -John non è con loro.-
-Non è tornato...- mormorò Sherlock, dimenticando per un secondo la battaglia che stava per avere luogo.
-Ma non è meglio così?- cercò di consolarlo Molly, mentre Lestrade e Mycroft si allontanavano. -Voglio dire... Se fosse stato qui sarebbe stato un pericolo, no?-
-E se fosse stato al capo di quel corteo?- la provocò Sherlock. -Se non se ne fosse andato per la sorella ma perché mi odiava e odiava stare qui? Ha detto che si sentiva prigioniero... Anche dopo tutto questo tempo. Anche dopo che... Oh, lascia perdere.-
-Anche dopo che ti sei innamorato di lui?- chiese lei, con un sorriso triste.
Sherlock la guardò sorpreso. Non credeva lei avesse intuito. Non Molly Hooper, la giovane e dolce cameriera.
-Io ti vedo, Sherlock- disse, chiamandolo con il suo nome, per una volta. -Io ti vedo, ma tu non vedi me. Perché io non conto, perché io non sono nessuno. Ma proprio per questo ti conosco meglio di chiunque altro. E sei innamorato di John in modo così meraviglioso e semplice che fa quasi male al cuore. Perché non sei sicuro che lui ricambi e questo ti terrorizza, il non avere il controllo, per una volta. Ma fidati, è questo il bello dell'amore, il fatto che mandi sempre all'aria qualsiasi piano, il fatto che non si possa programmare e ci sconvolga. Quindi ama, Sherlock, non avere paura delle conseguenze. Perché è meglio aver amato e perduto, che non amato affatto.-
Sherlock la guardò come se la vedesse per prima volta, ma Molly non gli diede tempo di replicare, fece un piccolo inchino e si confuse di nuovo tra la folla di domestici. E lui rimase fermo in quel via vai di voci e preoccupazioni. Fermo, sì, ma non solo.
-Meglio rotto che non avercelo affatto, un cuore- mormorò a se stesso, stringendosi nel mantello.
Jim stava fermo davanti all'entrata del castello, la folla che si stava ingegnando per entrare. Alzò una mano e li zittì tutti quanti, arricciando le labbra e beandosi di quel potere.
Seb, accanto a lui, lo guardava in attesa di ordini.
-Voi laggiù- disse, indicando un gruppetto di tagliaboschi che si era unito alla loro marcia lungo la strada. -Abbattete quell'albero. Altrimenti non entreremo mai e tutta questa strada sarà stata inutile. È fate in fretta, che sta cominciando a piovere- aggiunse stizzito, quando una goccia di pioggia gli cadde sulla fronte.
E così si sposto sotto un altro albero, controllando che il cielo fosse libero da lampi e tuoni. Seb lo seguì dopo pochi attimi, assicuratosi che i tagliaboschi avessero cominciato il loro lavoro.
-Non mi hai dato nulla da fare- si lamentò, appoggiandosi alla corteccia, mani in tasca, esattamente come Jim.
-Non ho dato nulla da fare a un sacco di gente.-
-Mi dai sempre qualcosa da fare- insistette Moran, cocciuto. -Perché questa volta no?-
-Stiamo davvero discutendo di questo?-
-Rispondimi, allora.-
-Perché odio vederti sprecare le tue qualità con questa plebaglia. Contento? Ho altro in mente per te.-
-Avrei dovuto saperlo che avevi un piano.-
-Sì, avresti dovuto. E ora piantala. Controlla piuttosto che non cominci seriamente il temporale. Dovranno aver finito per allora, non voglio finir colpito da un fulmine a causa delle loro inettitudine.-
Seb rimase per un attimo in silenzio, l'orecchio teso a sentire se ci fossero stati dei mutamenti nella situazione climatica. Ma nulla era diverso, a pare il fatto che ora l'aria era piena della fatica e delle urla di incoraggiamento dei tagliaboschi.
-Puoi dirmi qualcosa in anteprima? Sai che amo i tuoi piani.- "e anche te", ma questo lo aggiunse solo nella sua mente.
-Solo una cosa piccola- sorrise Jim, arricciando il naso. -Tieni d'occhio l'orizzonte, perché ho l'impressione che John Watson farà presto la sua apparizione. D'altra parte, è il protagonista dello spettacolo. Non si potrebbe mai fare senza di lui.-