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Autore: Inathia Len    17/11/2014    6 recensioni
E se la storia della Bella e la Bestia non fosse come ve l'hanno sempre raccontata? E se i protagonisti fossero altri?
Leggete di John, che sacrificò se stesso per salvare la sorella Harry, ma finì col trovare l'amore.
Leggete di Sherlock, del principe senza cuore che la fata Irene trasformò in una Bestia orrenda e che riuscì a redimersi grazie all'amore.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Run boy, run




Doveva andare al castello.

Ecco l'unica cosa a cui riusciva a pensare.

Doveva impedire che Moriarty vi arrivasse per primo, che facesse del male a Sherlock, che lo ferisse...

Strinse i pugni e trattenne un sospiro di sollievo, una volta che furono tutti e tre di nuovo all'aria aperta. Si stava preparando un temporale, l'aria era carica di pioggia e il vento sembrava impaziente quanto le nuvole di cominciare lo spettacolo.

John saltò a cavallo di Philip, Harry stava per fare lo stesso, ma lui la bloccò.

-No. È una cosa che devo fare da solo. E dover pensare anche a te...-

-John Watson- lo interruppe lei, arrabbiata e spazientita. -Sono perfettamente in grado di badare a me stessa- disse, trattenendo il cavallo per le redini. -Ma ti capisco- aggiunse, il cipiglio che si scioglieva in un sorriso. -Va' e torna vincitore- lo prese in giro, arricciando il naso e dando una pacca a Philip, che partì al galoppo.

E questa volta fu Harry e seguirlo con la sguardo finché non scomparve all'orizzonte.

-Fa' che ritorni sano e salvo- mormorò, quando lo perse di vista, parlando con Clara, che era voluta rimanere con lei. -Solo questo... Fa che ritorni e non gli accada nulla di male. Ti prego- sussurrò al vento che urlava intorno a lei, attorcigliandole i capelli attorno al volto.

 

 

John cavalcò, lanciando Philip al galoppo, fin quando il cavallo non cominciò ad ansimare pesantemente e la pioggia non cominciò a cadere.

Ma ancora, l'unica cosa a cui riusciva a pensare era che doveva arrivare al castello, aggiustare le cose, quel casino che lui aveva combinato, e poi, perché no, baciare quel testone di Sherlock e vedere se il "vivere per sempre felici e contenti" funzionava anche nella vita reale delle persone normali.

Quando il castello si stagliò l'orizzonte, illuminato dai fulmini, si permise un secondo per far prendere fiato a Philip. Ma il suo sorriso si spense in fretta, perché i suoi occhi catturarono il bagliore delle fiamme e delle torce degli uomini che stavano per assaltare quel luogo che avevo imparato ad amare e a chiamare casa. A capo di tutti c'era Moriarty, accanto a lui Moran, un smorfia soddisfatta sul viso di entrambi.

E John avrebbe voluto gridare, urlare, caricare quel gruppo di folli con la spada sguainata. Ma non aveva una spada e sapeva che quella moltitudine spaventata lo avrebbe ucciso calpestandolo prima che lui avesse avuto la possibilità di arrivare a Moriarty. E allora sarebbe stato tutto inutile.

Inoltre, vide che le difese del castello erano tutte attive e che i servitori non li avrebbero lasciati entrare tanto facilmente.

E allora ricominciò a correre, fregandosene del fiatone di Philip, mosso solo dalla fretta e dal senso di colpa.

 

 

 

 

 

-Padrone, le difese non reggeranno ancora molto- gridò Mycroft, che si era auto eletto portavoce dei domestici. Lestrade, accanto a lui, annuì ondeggiando i bracci.

-I villici sono impazziti, signore. Sono tutti alle porte e agitano i loro forconi e gridano cose oscene e...-

-John?- lo interruppe Sherlock, che aveva appena finito di sigillare il portone principale, chiudendolo con delle grandi sbarre di ferro. -Lo hai visto?-

-No. C'è un uomo che li guida, capelli neri e occhi furbi, ma non è John- lo rassicurò Molly, intuendo la preoccupazione del suo padrone. -John non è con loro.-

-Non è tornato...- mormorò Sherlock, dimenticando per un secondo la battaglia che stava per avere luogo.

-Ma non è meglio così?- cercò di consolarlo Molly, mentre Lestrade e Mycroft si allontanavano. -Voglio dire... Se fosse stato qui sarebbe stato un pericolo, no?-

-E se fosse stato al capo di quel corteo?- la provocò Sherlock. -Se non se ne fosse andato per la sorella ma perché mi odiava e odiava stare qui? Ha detto che si sentiva prigioniero... Anche dopo tutto questo tempo. Anche dopo che... Oh, lascia perdere.-

-Anche dopo che ti sei innamorato di lui?- chiese lei, con un sorriso triste.

Sherlock la guardò sorpreso. Non credeva lei avesse intuito. Non Molly Hooper, la giovane e dolce cameriera.

-Io ti vedo, Sherlock- disse, chiamandolo con il suo nome, per una volta. -Io ti vedo, ma tu non vedi me. Perché io non conto, perché io non sono nessuno. Ma proprio per questo ti conosco meglio di chiunque altro. E sei innamorato di John in modo così meraviglioso e semplice che fa quasi male al cuore. Perché non sei sicuro che lui ricambi e questo ti terrorizza, il non avere il controllo, per una volta. Ma fidati, è questo il bello dell'amore, il fatto che mandi sempre all'aria qualsiasi piano, il fatto che non si possa programmare e ci sconvolga. Quindi ama, Sherlock, non avere paura delle conseguenze. Perché è meglio aver amato e perduto, che non amato affatto.-

Sherlock la guardò come se la vedesse per prima volta, ma Molly non gli diede tempo di replicare, fece un piccolo inchino e si confuse di nuovo tra la folla di domestici. E lui rimase fermo in quel via vai di voci e preoccupazioni. Fermo, sì, ma non solo.

-Meglio rotto che non avercelo affatto, un cuore- mormorò a se stesso, stringendosi nel mantello.

 

 

 

 

 

Jim stava fermo davanti all'entrata del castello, la folla che si stava ingegnando per entrare. Alzò una mano e li zittì tutti quanti, arricciando le labbra e beandosi di quel potere.

Seb, accanto a lui, lo guardava in attesa di ordini.

-Voi laggiù- disse, indicando un gruppetto di tagliaboschi che si era unito alla loro marcia lungo la strada. -Abbattete quell'albero. Altrimenti non entreremo mai e tutta questa strada sarà stata inutile. È fate in fretta, che sta cominciando a piovere- aggiunse stizzito, quando una goccia di pioggia gli cadde sulla fronte.

E così si sposto sotto un altro albero, controllando che il cielo fosse libero da lampi e tuoni. Seb lo seguì dopo pochi attimi, assicuratosi che i tagliaboschi avessero cominciato il loro lavoro.

-Non mi hai dato nulla da fare- si lamentò, appoggiandosi alla corteccia, mani in tasca, esattamente come Jim.

-Non ho dato nulla da fare a un sacco di gente.-

-Mi dai sempre qualcosa da fare- insistette Moran, cocciuto. -Perché questa volta no?-

-Stiamo davvero discutendo di questo?-

-Rispondimi, allora.-

-Perché odio vederti sprecare le tue qualità con questa plebaglia. Contento? Ho altro in mente per te.-

-Avrei dovuto saperlo che avevi un piano.-

-Sì, avresti dovuto. E ora piantala. Controlla piuttosto che non cominci seriamente il temporale. Dovranno aver finito per allora, non voglio finir colpito da un fulmine a causa delle loro inettitudine.-

Seb rimase per un attimo in silenzio, l'orecchio teso a sentire se ci fossero stati dei mutamenti nella situazione climatica. Ma nulla era diverso, a pare il fatto che ora l'aria era piena della fatica e delle urla di incoraggiamento dei tagliaboschi.

-Puoi dirmi qualcosa in anteprima? Sai che amo i tuoi piani.- "e anche te", ma questo lo aggiunse solo nella sua mente.

-Solo una cosa piccola- sorrise Jim, arricciando il naso. -Tieni d'occhio l'orizzonte, perché ho l'impressione che John Watson farà presto la sua apparizione. D'altra parte, è il protagonista dello spettacolo. Non si potrebbe mai fare senza di lui.-

 
 
 
 
  
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