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Autore: 1rebeccam    17/11/2014    12 recensioni
ULTIMO CAPITOLO scrisse all’inizio del foglio di word a lettere maiuscole, mosse il mouse e puntò il cursore sull’icona ‘centra’.
La scritta troneggiò al centro superiore del foglio virtuale.
Si sistemò per bene sulla poltrona di pelle e, sospirando, cominciò la fine del suo racconto.
Genere: Angst, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Capitolo 52
 


Quando l’hanno costretta a distendersi su quel lettino, Kate ha chiuso gli occhi senza dare peso al tempo, accarezzando il piano ricoperto del lenzuolo usa e getta tipico degli ambulatori medici. Ci ha passato sopra il palmo della mano, come quando sfiorava il viso di Rick, disteso su quello stesso lettino parecchie ore prima.
Riapre gli occhi sussultando per il rumore di qualcosa di metallico nello studio attiguo.
Era già stata in quell’ambulatorio, ma era così preoccupata e angosciata da non essersi accorta di quanto fosse caldo e accogliente, dell’azzurro tenue delle pareti e delle due stampe raffiguranti un oceano dalla doppia anima, proprio di fronte al lettino.
Guarda verso la porta e sospira.
Dovrebbe essere accanto a lui, non in quell’ambulatorio.
Preme due dita sulla medicazione alla tempia e chiude ancora gli occhi, cercando di mettere a tacere il mal di testa.
Sull’ambulanza, il paramedico le aveva disinfettato la ferita, ma il bruciore che le aveva lasciato la garza sterile, l’aveva indotta a pensare che l’avesse imbevuta di benzina e non di disinfettante, nemmeno il ghiaccio aveva aiutato l’interno della testa che continuava a farle male come se il cervello ricevesse martellate improvvise.
A dire il vero da quando era salita sull’ambulanza e l’adrenalina aveva incominciato a scemare, sentiva dolore in ogni parte del corpo. Il polso era violaceo e gonfio. Il paramedico glielo aveva spalmato con un unguento e fasciato, ma il dolore non era diminuito. L’incontro con Dunn era stato davvero pesante, non solo nel corpo a corpo, ma soprattutto nella mente. Cercare di entrare nei suoi pensieri, di arrivare ai suoi ragionamenti e fare in modo che si fidasse di lei a tal punto da lasciarle la boccettina di veleno nelle mani, l’aveva davvero provata.
Si tocca il polso, chiudendo e aprendo la mano, ed una fitta la scuote fino alla spalla.
Sospira, pensando a come sarebbero potute andare le cose se Abraham non fosse entrato in scena. Le era sembrato di rivivere la stessa situazione di tre anni prima, quando Dunn l’aveva quasi sopraffatta con la sua forza e Castle gli aveva sparato, salvandole la vita.
Si sofferma a guardare il soffitto.
Il viso sofferente di Abraham si fa spazio nella sua mente e non può non sorridere davanti a quell’animo puro che ha rimesso in ordine il sistema del suo universo. Mai avrebbe immaginato di trovarsi su un’ambulanza insieme ad uno sconosciuto. Un omino piccolo e storpio, con un cuore grande come grande era il suo orgoglio.
Si era ritrovata a tenergli la mano mentre finivano di medicarlo. Lui gliel’aveva stretta per il bruciore dello stesso disinfettante usato sulla sua ferita e l’aveva stretta allo stesso modo, quando era stata lei a gemere, anche se in silenzio, per il dolore alla testa.
Dopo qualche minuto Abraham si era assopito grazie ai tranquillanti e lei era rimasta china su di lui a tenergli la mano. Senza motivo. Senza riuscire a staccarsi da quella mano piccola e dalle ossa deformate da una malattia terribile.
Ha rincorso il tempo per ore e la soluzione di tutto è sempre stata sotto i suoi piedi. Letteralmente. Era proprio lì, sotto il cadavere del Professore che Dunn aveva composto ai piedi della quercia come a deriderlo per l’ultima volta, mentre invece è stato proprio Lester Downing a prendersi gioco di lui. Si è lasciato morire pur di dare il tempo ad Abraham di allontanarsi il più possibile dal diavolo.
Ripensando agli ultimi due giorni, si rende conto di aver desiderato la morte di Scott Dunn con tutte le sue forze, ma non si sarebbe mai aspettata che usasse quel veleno destinato a lei.
Tutto questo non ha fatto sparire il vuoto che sentiva dentro quel magazzino davanti ai vaneggiamenti di Dunn. Un vuoto strano, perché pieno di quel peso sul cuore che la tormenta da ore e di continuo.
Agitazione, paura, rabbia… li sente ancora.
Continuano ad essere lì, pesanti come macigni, a riempire il suo vuoto.
Osservando i lineamenti sereni di Abraham, in pace con se stesso e con il suo cuore come un bambino innocente, aveva scosso la testa cercando di smettere di pensare. Avrebbe voluto fare lo stesso. Chiudere gli occhi e dimenticare. Chiudere gli occhi e risvegliarsi proiettata nel futuro, per perdersi nello sguardo azzurro del suo scrittore, tornato a sorridere.
Con questi pensieri accavallati uno sull’altro, l’ambulanza aveva fatto il suo ingresso al Saint Andrew. Nell’atrio del Pronto Soccorso le sue mani si erano separate da quelle di Abraham ed era rimasta immobile, a guardare la barella sparire dietro la solita porta ballerina.
Era entrata in ascensore, chiudendo gli occhi e premendosi ancora una volta le dita sulla tempia e, per l’ennesima volta, aveva percorso quel lungo corridoio. Il silenzio strideva con il suo cervello che continuava a lavorare e a mandare avanti impulsi dolorosi, ma una volta girato l’angolo si era ritrovata tra le braccia di Alexis, che prima di tutti si era accorta del suo arrivo. La ragazza l’aveva stretta forte, mentre Martha le accarezzava la tempia medicata alla buona.
Jim invece, la guardava a qualche passo di distanza, con gli occhi lucidi, senza respiro e il sorriso di sollievo di un genitore angosciato che ha perso persino la forza di stringerla tra le braccia, mentre l’espressione di Ryan era un misto di sorrisi e apprensione.
I suoi occhi, invece, erano fissi su quella porta chiusa.
Quella stessa porta che poche ore prima le era stata sbattuta in faccia per una sceneggiata. Una trappola. Una finzione.
Eppure quando Rick si era irrigidito per il dolore, che non era finto, quando le aveva chiesto di stringerlo lasciando che l’ultima sillaba gli morisse tra le labbra per la terapia farmacologica che faceva effetto, quando davanti a quella porta chiusa aveva sentito il suono monotono del monitor che dichiarava assenza di battito cardiaco, anche il suo cuore si era fermato per un attimo e per un attimo si era dovuta fare violenza per restare lucida e ripetersi che era tutto finto, che lui avrebbe solo dormito, che al suo ritorno sarebbe tutto finito.
-Va da lui Kate…-
Alexis glielo aveva sussurrato all’orecchio, mentre la stringeva tra le braccia.
Era entrata tremando, con un nodo in gola che non riusciva a scacciare e gli occhi fissi sul suo viso sofferente.
Gli aveva preso la mano.
Calda… e tutta la tensione che non l’aveva abbandonata fino a quel momento, si era allentata di colpo.
Castle era vivo, respirava grazie ad una cannula per l’ossigeno ed i suoi battiti erano molto rallentati dal coma indotto, ma era vivo.
Guarda intensamente le due stampe sulla parete, concentrandosi sul mare calmo al tramonto, cercando ancora di fermare i pensieri, ma non ci riesce.
La mente torna sempre dentro quella stanza.
Si solleva piano, cercando di evitare che la testa vortichi freneticamente. Si mette seduta con le gambe a penzoloni sul lettino ed inspira pesantemente per bloccare la nausea. Sapeva che non doveva distendersi. Sapeva che una volta messa giù, sarebbe stata un’impresa riuscire a rimettersi in piedi. Scuote la testa con l’intento di tornare da lui, perchè l’ansia dell’attesa non la schiacci completamente.
Attesa. Si…
Perché il dottor Travis era stato chiaro. Il fisico di Castle era rimasto esposto alla tossina per troppo tempo, l’infezione era in stato avanzato, i polmoni soprattutto erano ormai al collasso ed una sola dose dell’antidoto non sarebbe bastata. L’organismo era provato e molto indebolito, c’era anche la possibilità che non reagisse in maniera positiva al siero. Il coma farmacologico ha rallentato gli effetti della tossina, ma è  anche vero che Ben aveva tenuto a precisare che, nelle sue condizioni poteva essere pericoloso per il suo risveglio.

Guardava il cadavere del gestore del Blue Moltel, lo squarcio nello stomaco e le lettere impresse con il sangue sulla parete, quando le era mancato il respiro e dentro le orecchie le si era insinuato il lamento di Castle.
Lo aveva sentito davvero. Non lo aveva solo immaginato. Aveva sentito una fitta al petto. Un dolore lancinante e fulmineo che le aveva tolto il respiro e che sussurrava ‘non c’è più tempo…’
Qualunque cosa fosse successa, trovare il veleno comportava analizzarlo in laboratorio e una volta capito come, sintetizzare l’antidoto. Tutto questo avrebbe richiesto tempo. Tempo prezioso che Castle non poteva più permettersi, perché, anche se mancavano parecchie ore alle 72 approssimative che aveva stimato il Professore, dargli l’antidoto troppo tardi non lo avrebbe salvato comunque.
‘Non avrai mai quel veleno Nikki… MAI!’
Era corsa fuori sperando che il buio nascondesse il suo dolore e il freddo se lo portasse via.
Il freddo le aveva portato invece ancora Rick, la sua voce, i suoi pensieri…
‘…devi cominciare a leggere il suo libro, non come lo ha scritto lui, ma come vorresti che finisse…’
Come a dire ‘devi riscrivere l’epilogo a modo tuo…’
Aveva preso il telefono, mentre una strana idea le balenava nella testa, ma prima di poter comporre il numero di suo padre per parlare con Castle, il display si era illuminato, mostrando l’ID del dottor Travis e il cuore le si era fermato completamente.
Aveva risposto alla chiamata senza però dire una parola.
‘Non sei pronta a vederlo morire…’
La frase di Dunn le aveva fatto eco nelle orecchie insieme alla voce del dottor Travis, non riuscendo a capire cosa le stesse dicendo.
-Detective Beckett! Kate… mi sente? Sono Ben!-
-Kate…-
Aveva sollevato la testa sospirando.
In mezzo all’eco di voci, quella di Rick si era fatta strada dentro di lei, riportando in vita tutti i suoi sensi.
Castle faceva fatica a parlare, così era stato proprio Ben a spiegarle che Rick aveva avuto un’idea che lui, aveva precisato a dire, trovava non solo strana, ma anche insensata.
-Castle avrebbe pensato che…-
Era riuscito a dire solo quattro parole quando la voce di entrambi, ai due capi opposti del telefono lo aveva interrotto, dicendo in coro qualcosa come ‘deve morire adesso…’
Per un attimo era sceso il silenzio, finchè Ben aveva sbuffato mormorando che insieme cominciavano a dargli sui nervi, ma nessuno dei due aveva fatto caso a lui.
-Siamo… giunti alla stessa… conclusione!?-
Aveva sussurrato Rick al telefono. La sua voce era rauca, si sforzava di parlare, ma il cervello lavorava bene e stava teorizzando qualcosa d’insensato, ma proprio per questo perfetto.
Stava riscrivendo l’epilogo. Come voleva fare lei.
-Si, siamo giunti alla stessa conclusione. L’unico modo di accelerare tutto è costringere Dunn ad uscire allo scoperto…-
-…e l’unico… modo di farlo uscire allo scoperto… è fargli credere che… che io sia morto!-
Il dottor Travis aveva allontanato il telefono da Rick, portandoselo all’orecchio.
Era nervoso ed esasperato dalla discussione che aveva portato a quell’idea insensata, quando Castle aveva avuto l’ultima crisi davanti ad Alexis.  Le sue pulsazioni si erano normalizzate, ma il dolore ormai non lo abbandonava più. Si era avvicinato alla finestra, osservando le luci infinite di una New York sempre sveglia ed eccitante. Lui invece era stanco e sentiva il peso di quel respiro e quei lamenti soffocati che non riusciva più a tenere a bada. Aveva chiuso gli occhi valutando se lasciare la situazione così com’era, aspettando che Beckett o Claire trovassero la soluzione, oppure agire subito per cercare comunque di rallentare l’azione della tossina ed evitare che gli organi interni subissero danni permanenti, permettendo all’organismo di Castle di riposare senza reagire ancora al dolore.
Lui aveva gli occhi chiusi, ma non dormiva, continuava ad emettere piccoli lamenti in mezzo ai respiri.
-Che… stai rimuginando Ben?-
Aveva sorriso. Come sapeva che stava rimuginando?
-Pensavo ad un modo per rallentare l’azione della tossina e perché tu non soffra più così!-
Castle aveva sorriso, reprimendo un lamento.
-Beh… per non sent… sentire più dolore… dovrei morire…-
Ben lo aveva guardato male, ma lui non ci aveva fatto caso perchè il suo cervello si era perso nelle sue stesse parole.
-Pensavo a qualcosa di meno risolutivo.-
Rick si era risvegliato tornando a dargli ascolto.
-Pensavo al coma indotto. Rallenterebbe le tue funzioni vitali al minimo, il che rallenterebbe anche la tossina e…-
-Facciamolo!-
Rick lo aveva interrotto, ma Ben aveva scosso la testa.
-Senza fretta, fammi prima finire. Non sapendo quando potremo darti l’antidoto, potrebbe essere pericoloso per l’organismo che è già troppo debilitato. Potresti avere problemi a svegliarti.-
Rick aveva chiuso gli occhi e sospirato.
-Senza l’antidoto non mi sveglierò comunque…-
Ben non aveva risposto, osservando attentamente Rick che aveva riaperto gli occhi con una strana espressione, come se anche lui si fosse perso di colpo nei suoi pensieri.
-Devo morire!-
Aveva alzato lo sguardo su di lui e aveva annuito.
-Devi aiutarmi a morire Ben.-
In quel momento aveva dato forma alla sua idea di stanare Scott Dunn, anche se Ben non era ancora riuscito a capire come questo li avrebbe portati al veleno.
Lo aveva capito mentre quei due elaboravano al telefono la stessa idea senza fare caso a lui.
-Ascoltami bene Kate, io sono un medico, non un poliziotto e non ho nemmeno tanta fantasia, quindi vedi di stare attenta a quello che devo dirti. Quello che farò io è soltanto il bene del mio paziente, per qualunque altra stranezza non contate su di me!-
In quella frase detta tutta d’un fiato, la pacatezza e la professionalità del dottor Travis si erano perse soffocate dai sentimenti, tanto da passare dal ‘lei’ al ‘tu’ senza nemmeno accorgersene.
-Devi solo… addormentarmi e… rallentare le mie funzioni vitali Ben, per… recuperare tempo… al resto penserà Beckett…
 
Sorride scuotendo la testa, ripensando a come si era sentito spiazzato Ben, quando lei e Castle avevano pensato insieme al nuovo epilogo da riscrivere. Un epilogo la cui prima parte era andata abbastanza bene e la seconda richiedeva ancora di aspettare.
Aspettare che l’antidoto facesse effetto. Aspettare che Rick reagisse. Aspettare che la febbre scendesse, che i valori si normalizzassero.
Aspettare e basta!
Fosse facile…
Pensa, dondolando le gambe a penzoloni sul lettino, anche se il suo cuore ha smesso di battere in maniera irregolare e, da quando ha sentito il calore della mano di Rick nella sua, si è tranquillizzata. Sente dentro quel cuore che ha sofferto, corso e pianto per ore, che andrà tutto bene. E’ una cosa insensata. Lo sa. Se ne rende conto. Ma non le importa. Nelle ultime ore non ha fatto altro che agire e ragionare in maniera completamente irrazionale, tanto da essersi lasciata andare solo alle sue sensazioni e percezioni, invece che alle prove e alle evidenze dei fatti. Forse perché Scott Dunn non era un caso qualunque. Forse perché pensare sopra le righe era l’unico modo di porre fine al suo gioco macabro. Forse perché l’amore che prova per Rick la unisce a lui più di quanto lei stessa avrebbe mai potuto immaginare.
Tutti coloro che le sono vicini hanno sempre sguazzato sulla loro connessione mentale, su quegli sguardi che non hanno bisogno di parole, ma la pressione e la paura di perderlo hanno aumentato questa unione, non solo nella mente, ma soprattutto nell’anima. Voleva lasciarsi andare ancora all’irrazionalità, voleva dare retta al suo cuore e alle sue sensazioni e il suo cuore le diceva di non avere più paura.
Stringe le labbra sporgendosi in avanti sul lettino, mettendo i piedi a terra. Scende con calma, si avvicina alla finestra e poggia la fronte sul vetro freddo.
Fuori dai cancelli dell’ospedale i giornalisti sono radunati intorno al capitano Gates, che gesticola vistosamente davanti ai microfoni.
Quando erano arrivati in ospedale l’aveva persa di vista proprio perché si era fermata per rilasciare un comunicato stampa sugli sviluppi finali del caso del killer silenzioso, che già da vari minuti andava in onda sul canale della CNN.
Si sofferma a guardarla, grata per come ha gestito quello che lei stessa aveva definito un caso personale. È scesa in campo coordinando le indagini dal primo istante, pronta a mettersi contro la stampa e contro un giudice federale. Seria, orgogliosa, instancabile. Pronta a starle dietro in ogni sua decisione, anche e soprattutto in quell’idea insensata che avrebbe potuto metterla in cattiva luce davanti al Capo della Polizia. Aveva ascoltato il piano seguendo ogni suo ragionamento e, nonostante non fosse completamente d’accordo, aveva seguito passo passo il copione fidandosi di lei…
 
Kate si era girata sentendo dei passi alle sue spalle. Il capitano Gates le stava andando incontro seguita da Esposito e Ryan.
Aveva chiesto al dottor Travis di restare in linea facendo cenno ai colleghi di salire in macchina. La Gates aveva preso posto sul sedile davanti, accanto a lei, mentre Ryan ed Esposito si erano sistemati sui sedili posteriori, con un enorme punto interrogativo stampato sul viso.
-Castle ed io abbiamo un piano per stanare Dunn…-
La loro espressione non era cambiata, ma il capitano Gates aveva annuito, facendo cenno con la mano di continuare.
-Castle deve morire adesso!-
Il silenzio totale aveva fatto sorridere Rick.
-Certo… detta così è… un po’ inquietante Beckett!-
Il capitano Gates l’aveva guardata intensamente per qualche secondo, storcendo le labbra.
-La cosa che Dunn desidera di più è vederlo morire e godersi te mentre lo guardi morire…-
Kate aveva annuito stringendo le labbra e la voce flebile di Castle si era unita a loro dal telefono.
-…ma se io morissi adesso, Dunn andrebbe in escan… descenza perché avrei rovinato metà del suo piano…-
-…e quando avrà ripreso la lucidità verrà a cercare me.-
-Pensi davvero che la morte anticipata di Castle lo farebbe correre da te? Per fare cosa poi? Ucciderti davanti a decine di poliziotti che, sa benissimo, ti staranno intorno per proteggerti?-
Aveva chiesto Esposito sporgendosi in avanti dal sedile posteriore.
-Deve farlo per forza Espo, per portare a termine almeno una parte dell’epilogo che ha sognato. Segue una trama ben precisa e l’epilogo sono io.-
A quel punto la Gates aveva alzato la mano per fermarla.
-Quello che stai pensando non mi piace per niente Beckett.-
Lei l’aveva guardata senza rispondere e il capitano aveva scosso la testa.
-Tu vuoi che lui venga a cercarti e, tra parentesi, se credesse alla morte di Castle, lo farebbe di sicuro. Solo che tu vuoi che nessuno lo fermi…-
L’aveva guardata fisso negli occhi.
-…è questo che vuoi?!-
Esposito e Ryan avevano corrucciato la fronte, mentre la Gates era rimasta a fissarla in attesa di una risposta.
-Signore, anche se facesse qualche errore e riuscissimo ad arrestarlo, non risolveremmo niente. E’ stato chiaro. Non mi darà mai quel veleno. Non glielo troveremo addosso, lo avrà messo certamente in un posto sicuro.-
-E la morte anticipata di Caslte a cosa porterebbe? Se lo crede morto, anche se uscisse allo scoperto per te, non avrebbe motivo di portarsi dietro il veleno!-
Ryan l’aveva interrotta quasi sbuffando, ma prima che Kate potesse rispondere, il capitano aveva preso la parola, senza distogliere lo sguardo da lei.
-Per questo nessuno deve fermarlo. Beckett pensa che Dunn voglia restare solo con lei. Vuole ucciderla, ma vuole anche sbatterle in faccia la sua vittoria, perciò deve agire con calma per arrivare all’epilogo che si è prefissato.-
Kate aveva annuito e dal cellulare era arrivato un sospiro pesante.
-Capitano… lei è connessa benissimo!-
La Gates si era avvicinata al telefono, sollevando un sopracciglio, come se Rick potesse vederla nella sua solita posa autoritaria.
-Signor Castle non è con i complimenti che mi convincerà a dare il consenso ad un’azione così pericolosa…-
-Capitano... non metterei mai… in pericolo Beckett per salvare me… lei è… è l’unica in grado di… di fermare Dunn e poi… voi sarete con lei e…-
-Niente affatto!-
Kate lo aveva interrotto quasi urlando e lui aveva cominciato a balbettare ancora di più.
-Ch… che vuoi di… dire?-
Sempre con gli occhi fissi su Beckett, era stata la Gates a prendere la parola.
-Stavolta è lei a non essere connesso, signor Castle! La sua Kate ha in mente di agire da sola…-
Aveva lasciato la frase in tronco guardandola con uno sguardo che le aveva messo soggezione.
-…non è così Beckett?-
La soggezione era durata poco e senza distogliere gli occhi dal suo capitano, come se fosse una sfida visiva, aveva annuito.
-Dunn mi terrà sicuramente sotto controllo, per non parlare del fatto che si assicurerà che non abbia addosso un microfono.-
Castle aveva tossito violentemente ed ognuno di loro aveva posato gli occhi sul telefono tra le mani di Kate, trattenendo il respiro.
-No, K… Kate, questo… mai!-
Si era reso conto che l’idea che avevno avuto poteva funzionare solo se alle condizioni di Beckett e questo non lo avrebbe mai permesso, ma Kate aveva sussurrato al telefono.
-E l’unico modo…-
Poi aveva guardato la Gates con gli occhi spalancati.
-E’ l’unico modo capitano!-
La donna aveva stretto le mani sul grembo, scuotendo la testa.
-Nessuno ti dà la certezza che ti porterebbe dove ha nascosto il veleno. Potrebbe semplicemente prenderti alle spalle e tagliarti la gola… non se ne parla.-
Kate era esasperata, si sentiva ribollire dentro, sentiva che sarebbe potuta esplodere. Perché era così difficile capire che Scott Dunn stava seguendo una trama ben precisa? Che non le avrebbe mai tagliato la gola perché avrebbe potuto farlo in qualunque momento da quando era scappato di prigione? Ha scritto nove interi capitoli ribadendo che la vuole distruggere. E’ così difficile pensare come lui e capire che il suo faccia a faccia sarebbe finito con lui che le sventola il veleno davanti agli occhi, dopo aver ucciso Castle? Il capitano sembrava irremovibile, il tempo continuava a passare e Rick al telefono faceva fatica a respirare.
Aveva stretto le labbra, puntando gli occhi sulla Gates, quasi implorandola.
-Capitano…-
-No! Senza una trasmittente che ci indichi la tua posizione, non se ne fa niente!-
La tensione nell’auto era diventata tagliente. Il capitano Gates capiva benissimo lo stato d’animo di Beckett, ma non poteva permettere che si mettesse in pericolo senza nessun appiglio. Sapeva anche che avrebbe dovuto tenerla d’occhio perché sarebbe stata capace di buttarsi nel vuoto anche senza il suo permesso.
Si erano voltati tutti a guardare Ryan che, improvvisamente, si era appoggiato allo schienale del sedile, come perso nei suoi pensieri, tanto che Esposito gli aveva dato una gomitata. Lui aveva alzato la testa sorridendo.
-Si potrebbe…-
Si era fermato un attimo come per dare un senso logivo all’illuminazione che aveva avuto.
-Una trasmittente può essere rilevata solo se il trasmettitore è acceso…-
Perfino Esposito aveva aggrottato le sopracciglia, aspettando che continuasse.
-Potremmo mettere addosso a Beckett una trasmittente microscopica e lasciare il trasmettitore spento, per accenderlo in seguito. Se davvero Dunn dovesse portarla lontano dall’ospedale, controllerebbe subito se ha una cimice addosso, non credo che si metterebbe lì con il metaldetector in mano a concludere il suo epilogo.-
Il capitano aveva abbassato la testa pensierosa ed era stato proprio Castle a rispondere.
-Sarebbe completamente… sola comunque… per troppo tempo…-
-Ha ragione. Dovremmo aspettare quanto? Mezz’ora, un’ora? Sarebbero troppi anche dieci minuti.-
Kate le aveva preso le mani d’istinto e la Gates aveva stretto le labbra, fissandola.
-Capitano la prego. E’ l’ultima speranza che abbiamo…-
Aveva guardato il telefono continuando a stringerle le mani e il capitano aveva digrignato la mascella.
-Anche se fossi d’accordo… per fare arrivare a Dunn la notizia della sua morte, dovremmo divulgarla attraverso la stampa, come dovremmo agire? Con un comunicato stampa? Un bollettino medico rilasciato ai giornalisti in ospedale? Basterebbe una fuga di notizie qualsiasi per mettere in guardia Dunn che potrebbe anche sparire. Chiunque può scoprire che è una trappola, cominciando dal personale ospedaliero che, per un attimo di notorietà, potrebbe spifferarlo alla stampa e rovinare tutto…-
-Dovremo inscenare una… una tragedia in piena regola e… dovremo saperlo… solo noi…-
Aveva balbettato Rick guardando Ben che aveva corrucciato la fronte.
-Puoi… puoi manovrare quel monitor in modo che faccia casino e che poi… non dia più segnali vitali?-
Il dottor Travis aveva annuito in silenzio, era una cosa facile da fare per chi conosce i macchinari di rianimazione, ma ancora non era sicuro di aver capito fino in fondo quello che avevano in mente.
Il piano era somministrare a Castle una dose di medicine che lo inducesse in coma farmacologico. Prima che perdesse conoscenza doveva succedere tutto, alla luce del sole, nel senso che il monitor avrebbe dato le attività vitali alterate, che il dottor Travis avrebbe dovuto cercare di rianimarlo e poi constatare il suo decesso, davanti a tutti, compresi poliziotti di guardia e personale ospedaliero presente in reparto, in modo che una qualunque fuga di notizie, riportasse solo che lo scrittore Richard Castle era deceduto.
Una scena ‘rumorosa’ che doveva arrivare alle orecchie di chiunque.
Castle a questo punto aveva attirato la loro attenzione.
-Aspettate un momento… mia madre ed Alexis…-
Kate lo aveva bloccato immediatamente.
-Loro devono essere messe al corrente. Non permetterei mai che soffrano questo dolore… mai!-
Aveva chinato la testa deglutendo e per un attimo si era fermata a riflettere su quello che stavano per fare. Era l’ultima occasione di avere il coltello dalla parte del manico, se avesse fallito, quel dolore di cui parlava e che conosceva bene, avrebbe annientato le donne della sua vita… e lei.
-Bene… non… non lo sopporterei nemmeno io…-
Aveva sussurrato Castle.
-…e poi sono brave attrici entrambe… anche Alexis se la caverà bene!-
Kate aveva sorriso scuotendo la testa e Ben si era offerto di occuparsi di avvertire Martha, Alexis e Jim senza dare nell’occhio e avrebbe dovuto anche parlare con Claire e Lanie per capire come dosare la terapia per Castle…
 
Sposta lo sguardo dal suo capitano sul cielo limpido. La luna si difende contro le prime luci dell’alba. Solo un paio di ore prima quella stessa luna aveva illuminato la speranza di un nuovo giorno, quando era uscita finalmente da quell’edificio.
Di fronte a lei, appoggiato con la schiena allo sportello dell’auto del capitano, gli occhi fissi sul cameraman che filmava tutto, il telefono all’orecchio e le labbra in movimento frenetico, il direttore della CNN le aveva fatto cenno con la testa, sorridendole appena con lo stesso sguardo ammirato che le aveva riservato dopo la diretta televisiva.
Spero dal più profondo della mia pietra che riesca a prenderlo e ad avere quella tossina in tempo per salvare la vita al signor Castle... e  che io sarò il primo a saperlo quando avverrà…
Era un giornalista in primis, ce l’aveva nel sangue, anelava allo scoop, ma per quanta faccia tosta potesse avere, Trenton Bell non si sarebbe mai sognato di ritrovarsi protagonista essenziale di un epilogo che il mondo avrebbe saputo entro pochi minuti, il tempo necessario che finisse di raccontare gli ultimi dettagli in redazione. Una diretta televisiva a cui lei, stavolta, non avrebbe partecipato. Niente interviste. Questi erano patti. Aveva risposto al suo sguardo, annuendo grata per il suo prezioso aiuto, sollevando ancora una volta gli occhi al cielo nero, ma pieno di stelle…
 
Il capitano Gates aveva riflettuto a lungo su tutta la situazione e alla fine aveva annuito.
-D’accordo. Ma così facendo, dovremo per forza fare un comunicato stampa, perché la notizia arrivi anche a Dunn.-
Kate aveva accennato un mezzo sorriso, poi aveva fatto una strana smorfia con le labbra che la Gates non aveva afferrato, alla fine si era chiusa nelle spalle.
-Pensavo che un giornalista potrebbe eludere la sorveglianza e trovarsi in reparto al momento giusto, in questo modo la notizia verrebbe divulgata ‘per caso’ senza che nessuno di noi debba avere a che fare personalmente con la folla che bivacca fuori dall’ospedale.-
-Un giornalista!?-
Aveva chiesto la Gates sollevando un sopracciglio e Kate aveva annuito.
-Uno importante… magari uno che si venderebbe la madre per un scoop.-
Il capitano Gates aveva alzato gli occhi al cielo.
-Vuoi che Trenton Bell partecipi alla sceneggiata!?-
Aveva alzato la voce più di quanto volesse, il pensiero di doversi fare aiutare da un uomo pomposo, egocentrico ed insopportabile come il direttore della CNN l’aveva scioccata! Ma era pur sempre un poliziotto, la situazione era grave e, anche se il piano non le piaceva per niente, aveva accettato di parlare in gran segreto con il signor Bell, sapendo bene che non ci avrebbe messo molto a convincerlo a collaborare con la sua squadra.
-Dottor Travis, quanto tempo le serve per organizzare tutto?-
-I farmaci agiranno in una decina di minuti, dei macchinari me ne occuperò al momento giusto.-
-Bene. Ryan tu occupati della trasmittente. Io vado a parlare con il signor Bell. Saremo in ospedale prima di un’ora dottore, la chiamiamo appena siamo pronti.-
Il capitano Gates aveva guardato Kate digrignando la mascella.
-Ti daremo quarantacinque minuti per attivare la trasmittente Beckett, non di più. Da quel momento sapremo dove sei e pronti ad intervenire. Ci servirà una parola d’ordine nel caso ti trovassi in difficoltà…-
 
Torna a sedersi, posando lo sguardo sulla porta aperta dello studio accanto, non riesce a capire perchè Lanie ci stia mettendo tanto per preparare una siringa ed una provetta. Certo era un po’ irritata quando le ha intimato di mettersi distesa e non muoversi, ma metterci tutto questo tempo non è da lei.
In quelle ore frenetiche, non era riuscita ad immaginarsi come sarebbe stato ‘l’epilogo’, di sicuro sapeva solo che avrebbe fatto qualunque cosa pur di avere tra le mani quella boccettina di veleno. Qualsiasi cosa. Anche uccidere o lasciarsi uccidere. Ed era proprio quello che aveva fatto una volta entrata nella tana del lupo. Aveva appoggiato le labbra sulla bottiglietta, aveva sentito il gusto dolciastro del veleno, consapevole che avrebbe potuto ucciderla lentamente, ma non ci aveva pensato due volte, pur di avere la fiducia incondizionata di Dunn.
Arrivata in ospedale lo aveva completamente dimenticato, fino a quando Esposito non l’aveva raggiunta in reparto, ascoltando in silenzio le spiegazioni del dottor Travis e la sua voce dura l’aveva riportata alla realtà, chiedendole ironicamente, se ‘avesse davvero assaggiato il veleno’…
Aveva lasciato la frase in sospeso e digrignato la mascella e non aveva fatto nulla per nascondere la rabbia che sentiva dentro per la sua avventatezza.
Non era riuscita a rispondere a nessuno degli sguardi sgomenti che si erano posati su di lei, perché Lanie l’aveva presa per mano, fiondandosi nello studio di Ben e costringendola a distendersi sul lettino per farle un prelievo, con l’ordine tassativo di non muoversi per nessun motivo.
 
-Cosa non era chiaro nella frase non muoverti per nessun motivo!?-
L’esclamazione di Lanie, apparsa all’improvviso, la fa sussultare di nuovo e si rende conto di non essersi rilassata per niente, l’adrenalina è scemata, ma sente ancora i nervi a fior di pelle.
-Mi sono solo messa seduta.-
Sussurra senza toglierle gli occhi di dosso, ma il viso di Lanie si indurisce ancora di più. Senza guardarla in faccia, le lega il laccio emostatico al braccio e prende la siringa per il prelievo.
-Lanie…-
Kate cerca di ammorbidirla, ma il suo sguardo di fuoco la zittisce. Con calma e precisione la dottoressa Parish preleva una provetta di sangue, le mette una garza sul braccio e le fa segno di tenerla. Sempre in assoluto silenzio, mette il tappo alla provetta, scrive sull’etichetta i dati del paziente e si avvia verso l’uscita.
-Lanie!-
La richiama Kate con esasperazione. L’amica si blocca sulla porta senza però girarsi.
-Pensi davvero che questo silenzio ti faccia sentire meglio o cambierà quello che è successo?-
Lanie si gira a guardarla, le labbra strette in segno di rimprovero e gli occhi fissi sui suoi.
-Sono stanca e affamata Beckett e non vorrei dire qualcosa che a stomaco pieno potrebbe risultare sbagliata.-
Kate scuote la testa, solo allora Lanie poggia la provetta sul carrello di metallo e le si avvicina puntandola con un dito.
-Dimmi che è stato lui a metterti quella boccettina sulle labbra. Dimmi che ti ha costretta, che non avevi altra scelta!-
Kate resta in silenzio a fissarla e questo la fa sbuffare. Si volta per andarsene di nuovo, ma l’amica la ferma prendendola per il braccio.
-Dovevo avere la sua attenzione, dovevo avere la sua fiducia incondizionata…-
-…ed era necessario avvelenarsi con le proprie mani per questo?-
Kate scuote la testa sospirando.
-Il piano prevedeva che restassi sola con lui e una volta nelle sue mani, sarei dovuta andare alla cieca…-
Lanie stringe le labbra, facendole capire che il piano era stupido fin dall’inizio, ma Kate continua con la sua spiegazione.
-Dovevo capire quale finale avesse scelto per Nikki… mentre vaneggiava mi sono resa conto che voleva che mi distruggessi da sola per il dolore e la colpa e quando mi ha messo la boccettina davanti…-
Sospira cercando di calmarsi, chiude gli occhi per eliminare dalla sua mente lo sguardo allucinato di Dunn.
-Dovevo assolutamente fargli credere che mi aveva in pugno e… e poi mi ha liberato una mano…-
La guarda dritto negli occhi prendendole le mani.
-Non ho mai rischiato niente Lanie, lo sai anche tu. Il veleno nelle mie mani significava l’antidoto per Castle e di conseguenza anche per me. Non sono mai stata in pericolo…-
-Davvero? E se ti avesse preso in giro? Se dentro quella bottiglietta ci fosse stato un altro veleno che ti avrebbe uccisa all’istante?-
-Aveva una trama ben precisa Lanie, non lo avrebbe mai fatto…-
Lanie le lascia le mani di scatto perdendo completamente la pazienza.
-Ti rendi conto di quello che dici Kate?! La sua trama? Il suo libro? Era uno psicopatico! Hai pensato solo un momento a quello che stavi rischiando?-
-NO! Non ci ho pensato! Una volta dentro quel magazzino non ho potuto programmare nulla, dovevo agire d’istinto e l’ho fatto!-
Anche Kate perde la pazienza e si ritrova a sospirare tenendosi ancora la testa che ha ricominciato a martellare. Il comportamento di Lanie la lascia spiazzata. La dottoressa deglutisce e riprende la provetta tra le mani per mettere fine a quella discussione.
-Non avrei potuto lasciarlo morire senza tentare qualunque cosa… e lo avresti fatto anche tu!-
Sussurra, prima che Lanie possa andarsene.
-Lo so!-
Risponde Lanie senza girarsi.
-Ho passato ore cercando di trovare una soluzione che avrebbe salvato Castle e di conseguenza te, perché sapevo che se non avessimo trovato quella formula ti saresti buttata a Kamikaze su Dunn…-
La voce le si incrina e scuote la testa sussurrando anche lei.
-…ma non ci sono riuscita! Volevo proteggerti, ma per quanto abbiamo provato, Claire e io, non siamo riuscite a trovare le dosi giuste per mettere al sicuro Castle e… te!-
Riporta lo sguardo su di lei.
-Ti conosco. So che agisci senza pensare. So che sei capace di farti ammazzare senza pensare al dolore di chi ti ama… lo hai fatto per anni. Anche con lui.-
Le lacrime hanno preso il sopravvento e fa per andare via, ma la mano di Kate è più veloce. Le prende la sua e Lanie si volta di scatto verso di lei abbracciandola.
-Non sono riuscita a proteggerti…-
Kate la stringe forte per poi scostarsi e guardarla.
-Lanie! Sai che hai detto una stupidaggine, vero!?-
La dottoressa annuisce, asciugandosi le lacrime.
-Si… come tutte quelle che hai detto e fatto tu finora…-
Si ritrovano a ridere e si abbracciano di nuovo. Lanie stringe la provetta di sangue nel palmo della mano e cerca di ricomporsi.
-Ci vorrà una mezz’oretta per avere i risultati, comunque non dovresti avere nessun problema. Torno tra un po’ con la tua dose di antidoto.-
Kate annuisce e le mette il braccio sulle spalle facendo la mossa di volere uscire con lei, che la guarda male.
-Ti prego Lanie! Ho bisogno di stargli vicino. Aspettare nella stanza di Castle non mi ucciderà, non credi?-
-Dovresti riposare… ma tanto che te lo dico a fare!-
Lanie continua a mormorare qualcosa, ma Kate non la segue. La guarda sorridendo e si ritrova dentro il magazzino insieme a Scott Dunn. Era entrata nella tana del lupo con il solo intento di fermarlo. Per quanto Castle lo avesse detto e ripetuto, si era resa conto delle sue intenzioni all’improvviso e all’improvviso aveva capito cosa fare per fargli abbassare la guardia. Doveva mostrarsi debole, sconfitta, pronta a porre fine al suo dolore.
Non era stato difficile.
Non era stato difficile per il semplice fatto che, mentre Scott Dunn le prospettava la sua vita futura senza Castle, mentre ripeteva cantilenando niente carezze, niente baci, niente sorrisi… mentre immaginava tutto questo, per un attimo, un solo attimo, ha sentito davvero il desiderio di lasciarsi andare.
Assorta in quel pensiero, che mai avrebbe confidato a Lanie, vede la mano dell’amica passarle davanti agli occhi.
-Sicura che la botta in testa non ti abbia causato danni dentro quel cervellino già malato?-
Lei scuote la testa e, uscendo, Lanie per poco non travolge Alexis che dietro la porta stava per bussare.
-Scusa Lanie… volevo sapere come sta Beckett!-
-Oh tranquilla… è ancora viva!-
Solleva la mano sbuffando ed esce di corsa, mentre Alexis corruccia la fronte e Kate solleva le spalle.
-E’ il suo modo di sfogarsi.-
Alexis sorride, scuotendo la testa.
-Anche Esposito è parecchio arrabbiato, non ha detto più una parola da quando Lanie ti ha sequestrata.-
-Gli passerà…-
La ragazza annuisce sospirando.
-E’ davvero tutto a posto?! Cioè… il veleno non…-
-E’ tutto a posto Alexis. Sto bene, non ho nessun sintomo e tra poco mi daranno l’antidoto. Non sono in pericolo…-
Alexis diventa seria improvvisamente. Abbassa lo sguardo arrossendo visibilmente, contorcendosi le dita nervosa.
-Tuo padre si è aggravato!?-
Le chiede Kate preoccupata mettendo una mano sulle sue, ma la ragazza scuote la testa tornando a guardarla.
-No, no… non è cambiato niente da quando lo hai lasciato… io volevo solo… prima quando… quando…-
Kate le stringe le mani annuendo, cercando di tranquillizzarla e capire il perché di quel balbettio. Alexis fa un altro sospiro e la guarda dritto negli occhi continuando ad arrossire.
-Quello che ho detto prima, durante la messa in scena della… della…-
Sbuffa alzando gli occhi al cielo.
-…non riesco nemmeno a dirlo. Insomma quello che ti ho detto, non lo pensavo davvero.-
Kate solleva le sopracciglia e lei stringe le labbra senza smettere di guardarla.
-Abbiamo avuto le nostre incomprensioni, ma mai e poi mai ti allontanerei da lui…-
Kate si ritrova a sorridere quando Alexis abbassa lo sguardo.
-...è solo che il dottor Travis ci ha detto di non lasciare trapelare niente, che doveva essere credibile per chiunque di estraneo ci fosse intorno a noi, che qualunque indiscrezione alla stampa avrebbe rovinato tutto e che tu dovevi sembrare abbastanza sconvolta da fare qualcosa di stupido,  ed io ho…-
Kate ferma quel fiume di parole stringendole le mani ancora più forte.
-Lo so!-
-Ne sei sicura? Non vorrei che pensassi che…-
-Non penso niente Alexis, solo che sei una brava attrice. Buon sangue non mente!-
Alexis scuote la testa con gli occhi lucidi.
-Quando ti ho chiesto se eri pronta a tutto per mio padre, non intendevo questo! Il veleno Kate… ti rendi conto che hai assorbito quel veleno?!-
Sospira chiudendo gli occhi.
-E potrebbe essere stato tutto inutile…-
Kate corruccia la fronte mentre Alexis sfugge il suo sguardo.
-…se non si svegliasse? Se il suo organismo non resistesse?-
-Andrà tutto bene!-
La rassicura Kate, sorridendole.
-Nelle ultime ore ha sofferto tanto. Sembra così indifeso!-
Sussurra con un nodo in gola e lei le accarezza il viso, fermandole due dita sotto al mento per incatenare lo sguardo al suo.
-Hai ragione. E’ indifeso. Quando qualcosa succede al di fuori del nostro controllo è così che diventiamo. Indifesi.-
Le sorride inclinando la testa, sentendo il calore delle sue lacrime sulla mano.
-Ma è anche forte, testardo… andrà tutto bene!-
La prende sotto braccio e la spinge lungo il corridoio.
-Accompagnami da lui…-
 
Dopo che il capitano era scesa dall’auto, seguita da Ryan ed Esposito, era rimasta sola con il telefono tra le mani, sentendo uno strano brivido sulla schiena.
-Kate!-
La voce di Rick l’aveva fatta sussultare e aveva tolto il viva voce portandosi il telefono all’orecchio.
-E’ un buon piano Castle!-
L’aveva detto per auto convincersene, ma lui aveva sospirato.
-No… non lo è… è pericoloso…-
Era preoccupato. Per lei. Come sempre. Le era venuto un groppo in gola e aveva desiderato di potersi stringere a lui e lasciarsi proteggere… ne aveva un bisogno immenso.
-Fidati di me Castle!-
-Sai che non è questo… ho… ho paura…-
Lei aveva chiuso gli occhi cercando il coraggio che temeva di non avere e poi aveva sorriso alla sua nuova uscita.
-Portami il suo scalpo!-
 
Mentre si dirige verso la stanza di Castle, abbracciata ad Alexis, mette la mano in tasca e stringe la boccettina vuota di veleno, che ha tolto dalla mano del cadavere di Dunn… non era il suo scalpo, ma Castle si sarebbe accontentato…


Angolo di Rebecca:

Che dire di questo capitolo? Solo che è chilometrico, avete ragione!
Per sommi capi abbiamo visto com'è nata la messa in scena (completamente fuori, tutti quanti, compresa la Gates).
Rick è vivo, fa il bello addormentato, ma il cuore di Kate è abbastamza tranquillo (forse)...
Lanie era leggermente arrabbiata, Alexis invece non vedeva l'ora che tornasse sana e salva e non solo per la vita del suo papà...

Vi siete riprese dal matrimonio del secolo? Io no :p quindi non mi resta che augurarvi buona luna di miele!

PS: avete notato nente di diverso nel banner di questo capitolo??? Baci! <3




 
  
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