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Autore: Tenue    17/11/2014    2 recensioni
"E' un mese e poco più di caduta nella più totale disperazione.
Non appena l'ultimo giorno dell'anno giungerà al termine, qualcosa si schianterà al suolo fatto di vetro e ghiaccio... "Sarà forse la tua vita?""
Genere: Sentimentale, Song-fic, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Salve a tutti! Non sono nuova di questa sezione, ma sono comunque un po' nervosa a pubblicare. ^^
Vi invito a recensire, per farmi sapere se la storia vi piace o se per voi è solo una cazzata stratosferica...ad ogni modo, accetto le critiche, in modo da poter migliorare.

é un po' contorta come storia, ma spero che possa piacere.


F a l l    b e t w e e n    t h e    p i e c e s    o f    g l a s s    a n d   i c e

Prologo

Verso la fine di novembre, le nostre vite cominciarono a scivolare sempre più in basso, nel baratro della disperazione. Cominciò la nostra caduta nel vuoto, e nel fatidico giorno del 31 dicembre atterrammo sul quel pavimento di vetro e ghiaccio, il freddo pavimento della verità. Un mese e poco più, un violento intreccio di sangue, musica e amore...amore proibito...proibito come la felicità.
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1^ capitolo - Face Down
20 novembre
Gli spifferi del vento entravano prepotentemente nel box quella sera. Nonostante l'aria fosse praticamente freddissima, i componenti della band continuavano a suonare indisturbatamente, in particolare il cantante, che indossava solo una maglietta a maniche corte; inspirò forte, sentendo ghiacciarsi la trachea, le sue braccia nude quasi tremavano, provocandogli una strana sensazione, tra il piacere del sentire dolore e la sofferenza del proprio corpo.
Cantò il ritornello alzando la voce, forte ma al tempo stesso soave.

Do you feel like a man
When you push her around?
Do you feel better now, 
as she falls to the ground?


Il cantante girò di poco la testa, solo per scorgere la figura esile della ragazza seduta in un angolo sotto ai fili del contatore della luce, intenta a guardare i suoi quattro amici che suonavano. Si conoscevano fin dall'infanzia e tutti avevano sempre avuto la passione per la musica. Formare una band era sempre stato il loro sogno, anche se Kelly si accontentava solamente di osservarli.

Well I'll tell you my friend, 
one day this world's going to end
As your lies crumble down, 
a new life she has found!


Il loro sguardo s'incrociò per un attimo 

She said: I finally had enough!

Lui la scrutava con i suoi occhi neri come le tenebre; e lei ricambiava il suo sguardo nascondendo una grande ammirazione.
Il chitarrista allungò l'ultima nota qualche secondo, poi si fermarono. Il cantante si passò una mano tra i capelli biondi lunghi fino oltre le spalle, sospirando ed avvicinandosi alla ragazza.
-Allora, Kelly? Come ti è sembrato?-
Lei alzò lo sguardo, e da sotto la lunga frangia corvina apparvero due enormi occhi turchesi. Gli rivolse un broncio, che lui solitamente definiva "adorabile".
-Sei stonato. Come sempre!-
Lui scoppiò a ridere -Stupida, non raccontare balle! Io non stono mai!
-Certo, certo...- sorrise. Abbassò lo sguardo arrossendo e vari di ciocche lunghissime di capelli, prima tenute dietro le orecchie, le ricaddero davanti al viso - Ormai dovresti saperlo, che adoro la tua voce- sussurrò.
Arrossì un poco anche lui. l'avrebbe baciata in quel momento; avrebbe voluto stringerla tra le braccia e accarezzarle le guance arrossate. Avrebbe tanto voluto che lei si liberasse di tutta la sofferenza che aveva dietro quei magnifici occhi chiari.
Eppure si trattenne, perchè sapeva che non avrebbe potuto.
-Ora devo andare- sussurrò lei , con voce appena udibile.
-Kelly... non sei obbligata...-
-Io...ora devo andare.- Ripetè più sicura, senza far trasparire alcuna emozione nella voce.
Lei si alzò e s'incamminò; poi si fermò improvvisamente.
-Dylan...- 
-Dimmi.-
Schiuse le labbra piano. -Scusami!- e scappò fuori dal box, immergendosi nel gelo di quella fredda sera di novembre.
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Kelly attraversò il vialetto della casa del suo "fizanzato", facendo attenzione a non scivolare sulle lastre di giaccio che si erano formate sull'asfalto. Ormai erano le dieci di sera, perciò era buio pesto. Tutto ciò che riusciva a scorgere erano le tenui luci giallastre dei lampioni che illuminavano il centro paesino non molto distante. Tutto ciò che sentiva era il suo respiro affannato dal freddo e dall'inquietudine, che le procurava costanti scosse di adrenalina, che si manifestavano attraverso dolorose fitte alla pancia. Arrivata di fronte alla porta di casa bussò. La porta fu aperta, e lei fu strattonata dentro.
...
Due ore dopo di stava trascinando in bagno. Appena la porta si richiuse dietro di lei, si tolse la maglia nera a collo alto facendo attenzione a muovere piano le braccia. Sfilò lentamente un braccio e poi l'altro, poi lasciò cadere l'indumento a terra. Portò la mano destra all'altezza della spalla opposta. Sussultò al contatto con la mano gelida. Si accarezzò piano la spalla, poi scese, molto delicatamente e iniziò a contare quanti lividi avesse, tra quelli che stavano sparendo e quelli nuovi, più grandi e dolorosi, aventi sfumature che andavano dal verde acido al violaceo.

She said "This doesn't hurt!"

-Non fa male.- Sussurrò, rivolgendosi all'immagine triste che si affacciava dall'altra parte dello specchio. -Non fa male.-
Continuò a fissare lo specchio, incessantemente. Aveva lo sguardo perso dietro ad un ammasso di capelli agrovigliati, sembrava una pazza. Forse lo stava diventando.
Iniziò a ridere, prima piano, poi più forte, più forte, finchè non diventò una risata isterica. I capelli che le ricadevano davanti, che le nascondevano il viso, furono portati indietro con un gerto secco della mano. I suoi occhi incavati scrutavano lo specchio, e lei continuava a sorridere follemente.
-Sei fortunata lo sai?-  Disse rivolgendosi alla sua immagine riflessa -Ora...ora io esco dal bagno...e...e anche tu con me...perchè tu...fai tutto quello che faccio io!- Rise sguaiatamente. -Ma appena uscirò da qui...- inspirò profondamente -Io...andrò da lui...e lui lo farà ancora, sai? Mi picchierà, di nuovo! E tu... sarai semplicemente scomparsa...in attesa che io torno davanti ad uno specchio...- Continuò a dire frasi sconnesse di fronte allo specchio a volte sussurrando, a volte gridando. 
Ben presto i suoi occhi divennero lucidi, ma s'impose di non piangere.
-Nhn...Non fa male- Tirò su col naso rumorosamente -Non fa ma_-
Poi le gambe cedettero, sentì la testa sbattere contro il lavandino.
E tutto divenne buio.
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-Perchè non scappi?- Le aveva chiesto Dylan, tempo fa.
Kelly non si aspettava una domanda del genere. Gli rispose onestamente, perchè lui era il suo migliore amico.
-Il padre del mio..."fidanzato" è il capo di mia madre sul lavoro...e lui è tanto cattivo quanto il figlio- gli aveva detto in tono di disprezzo -Se io mi ribellassi al suo volere...mia madre verrebbe licenziata...e io non voglio che ciò accada...perchè i soldi della mamma ci servono!-
-Ma...-
-Non preoccuparti, Dylan- gli aveva sorriso -Non fa male!-

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21 novembre
Dylan pareva piuttosto determinato a studiare quel giorno. Lui e Kelly si erano trovati a casa sua intenti a deddicarsi allo studio.
Dylan era al primo anno di università, mentre Kelly frequentava il quarto anno del liceo artistico.
Mentre lui stava ripassando i suoi ultimi appunti di medicina, su un grosso quadernone pieno di scarabocchi, schemi ed evidenziature, Kelly stava riflettendo su un nuovo progetto per un gioiello, per la materia di design industriale.
Si portò la penna tra le labbra, iniziando a mordicchiarla. Lui si distrasse per un attimo dai suoi disordinatissimi appunti, prendendo piuttosto, a studiare lei.
-Hey Kelly.-
-Mhn-
-Stai bene? Non sembra che tu abbia dormito molto stanotte...-
-Eh? Ah, no...in effetti non ho dormito molto-
-Come mai?-
-Incubi-
Lui le poggiò una mano sulla spalla in un gesto di conforto, ma lei sobbalzò, lasciandosi sfuggire un gemito.
-Ma che...Kelly, cosa_-
-Lascia stare, lascia stare...-
-Ma_-
-Ti ho detto di lasciar stare.- disse seccatamente.
-No. Kelly, ho lasciato stare per troppo tempo.-
Lui l'afferrò di scatto, aprendole la cerniera della felpa e levandogliela.
Lei inizialmente si dibattè, ma poi lo lasciò fare. Rimase in canotiera, e Dylan le prese delicatamente il braccio.
-Kelly...cosa ti ha...Cosa ti ha fatto!- Chiese lui, alzando la voce.
Lei non fu capace di mentirgli, iniziò a singhiozzare senza riuscire a trattenersi. Lui la strinse tra le sue braccia, facendole appoggiare la testa sul suo petto. 
-Shh, Kelly calmati...andrà tutto bene, non gli permetterò più di farti del male...-
-Ma...ma la mamma e_- singhiozzò - Dylan, se mi ribellassi mi ucciderebbe...e lo farebbe anche alla mamma!-
-Ascoltami, devi fidarti di me...-
-No, no, la mamma ha detto che... Dylan, la ucciderà...ucciderà la mamma...-
-Kelly, tua madre...è già stata uccisa...-

Il calore del corpo del ragazzo, la delicatezza con cui l'abbracciava, i leggeri baci che di tanto in tanto le lasciava sulla fronte e sui capelli... Furono l'unica cosa che Kelly sentì, per le prime due ore. 
Lentamente, comprese che sua madre non c'era più. In un attimo, una fitta dolorosissima le trapassò la pancia. E svenne tra le sue braccia.

Fine I capitolo


canzone: Face down dei Red jumpsuit apparatus
 
  
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