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Autore: miss dark    17/11/2014    3 recensioni
Febbraio 2093. In un mondo sopravvissuto alla crisi del petrolio e alla Terza Guerra Mondiale, retto dal Terzo Governo degli Oligarchi e trasformato in un Sistema dove le persone non sono esseri umani, ma ingranaggi di una macchina informatica, gruppi di Cyber Resistenza tentano di ripristinare l'ordine naturale delle cose e di risvegliare le coscienze assopite della popolazione. Aileen e le sue Mine agiscono nell'oscurità da anni per mettere a punto un piano capace di ridare speranza all'umanità, ma un evento improvviso sembra metterne in pericolo la riuscita.
[Prima classificata al concorso "Distopia" indetto da BabyJenks sul forum di EFP]
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Sono emozionata, e non poco.
E' una vita che non pubblico una storia a capitoli ed arrivare all'ultimo è una soddisfazione malinconica di cui mi ero dimenticata.
Ho tentennato tanto prima di pubblicare, aspettando il momento adatto per dire "addio" alla mia "creatura"
e questo forse è il momento giusto, nel silenzio della notte, quando potrà risuonare nelle orecchie di chi vorrà leggerla.
Lascio qui le mie ultime parole a questa storia,
perchè voglio che la fine si commenti da sè.
Ringrazio chi ha recensito e chi lo farà, chi ha letto e chi a in programma di leggere,
chi, magari tra mesi o magari mai, arriverà e leggerà tutto d'un fiato:
grazie a tutti per aver dato un po' più di vita a questi personaggi,
che, altrimenti, sarebbero stati solo miei, poverini.
In questa storia ho descritto una parte di me che non mi lascerà mai
e spero che non sia una descrizione definitiva.
Ora vi lascio alla storia, godetevela, come io me la sono goduta.
Alla prossima,
vostra, Miss.


 









22 Febbraio 2093
 
Capitolo diciassettesimo
 
 

Migliaia e migliaia di persone continuavano a confluire nella via principale del Centro Abitativo 1, stipandosi dietro le transenne della Cyber Parata, sotto il controllo militare dei Sorveglianti, che, fucili alla mano, osservavano attentamente quella fiumana crescente e sempre più indistinta.
I carri avrebbero cominciato a sfilare soltanto da lì a due ore, eppure nessuno riusciva a contenere la propria emozione. I bambini si facevano strada in mezzo a quella giungla di gambe per trovare una via di fuga e mettersi a correre di qua e di là, giocando a fare la guerra, mentre, a qualche metro di distanza, i padri avevano già iniziato a farla davvero. Già dalle nove del mattino volavano per le strade grossi pugni ben assestati, calci, testate, schiaffi e addirittura sputi. Le donne si erano compostamente messe in fila dietro le transenne; gli uomini si ubriacavano e si picchiavano alle loro spalle. Sembrava ormai una tradizione ben consolidata.
Se qualche estraneo avesse potuto assistere a quella giornata, avrebbe probabilmente pensato che il giorno del giudizio non fosse poi troppo lontano. Purtroppo, però, nessuno, in nessun angolo della Terra, era più estraneo a scazzottate e sfilate militari. Tutti si erano adeguati e, forse, ne erano addirittura contenti: un giorno libero, passato interamente fuori casa era un miracolo, più che una punizione divina.
Alle due del pomeriggio la folla era diventata quasi incontenibile e i Sorveglianti al di qua delle transenne erano triplicati: di lì a poco, gli Oligarchi avrebbero fatto la loro comparsa trionfale.
 
 
Il Sorvegliante 217, o anche signor Shufford, sedeva scomposto sulla propria sedia, nella sala delle telecamere. Da qualche giorno a quella parte aveva iniziato ad odiare il proprio lavoro. Quel maleducato di un Magistro l'aveva trattato da vero stupido e lui si era sentito umiliato: nessuno avrebbe dovuto zittirlo in quel modo, specialmente davanti ad una vecchia traditrice come quella schifosa Madame Maquis.
Il signor Shufford era un uomo presuntuoso e permaloso, nonché incline a portare rancore . Quando era uscito dall'ufficio del Magistro della Ricerca, aveva sputato davanti alla sua porta e aveva giurato di fare di tutto per farsi licenziare. Se quello era il modo di dimostrare gratitudine a chi gli proteggeva il culo per tutto il giorno, allora di lui potevano farne anche a meno.
Perciò, approfittando del compito che gli era stato assegnato quel giorno, decise di prendersi una vera e propria vacanza, meritatissima, dal suo punto di vista. Aveva appoggiato i piedi alla scrivania ed aveva sintonizzato lo schermo sullo speciale di Carnevale del notiziario. Amava veder sfilare l'esercito, lo eccitava quasi.
Alle due del pomeriggio, quindi, schiacciava beatamente un pisolino, conciliato dal lauto pasto appena consumato, in attesa dell'inizio della Parata. Si era persino slacciato la cintura dei pantaloni.
 
 
Matilde aveva permesso alla figlia di andare a vedere la Parata a casa dei loro vicini di casa. Avevano una figlia, si chiamava Cindy, e Matilde sperava che le due bambine potessero andare d'accordo: quello era l'unico giorno in cui fosse consentito fare amicizia.
Erano già le tre del pomeriggio a New York, la Parata era iniziata da dieci minuti e lei era più impegnata che mai: sintonizzare tutti gli schermi del Sistema sul notiziario era impresa facile a dirsi, ma ben difficile a farsi. Stava trafficando con le immagini e con il suo Sistema di Lavoro quando, tra le persone affluite per godersi la Parata nel Centro Abitativo 1, notò un volto a lei conosciuto. Mandò indietro l'immagine e la fermò nel punto che le interessava: non c'erano dubbi, quella che aveva visto in mezzo alla strada era Aileen. Sapeva che lei era lì per comunicare con precisione ai due Assistenti quando iniziare e quando terminare il loro lavoro, ma l'espressione che aveva sul viso non convinceva Matilde. Certo, poteva sbagliarsi. L'immagine, ingrandita un po' di volte, era decisamente poco chiara, ma Aileen stessa le aveva insegnato a fidarsi del suo intuito e, in quel momento, proprio lui le suggeriva che qualcosa non andava.
- Cos'hai in mente, capo? - si chiese Matilde riprendendo il proprio lavoro.
 
 
Aileen era appena scesa in strada quando Matilde l'aveva notata tra le immagini del notiziario. Forse l'espressione strana che lei aveva notato era quella di una persona pronta al sacrificio, ma più probabilmente si trattava di disgusto. Aileen non aveva mai preso parte a quella pagliacciata oligarchica e nei giorni successivi aveva sempre cercato di evitare i notiziari, che non facevano altro che riproporre le stesse immagini senza interruzione: quant'è bello il Carnevale, viva gli Oligarchi, le persone erano proprio felici.
Ora che si trovava in mezzo a quella folla, ora che aveva visto la gente ubriaca, le risse, i bambini spaventati che correvano per le strade e le donne ammassate dietro le transenne, ora aveva ritrovato la motivazione per saltare sul palco. Non sarebbe esistita una cosa del genere in un mondo libero, ne era sicura. Erano ormai le tre e venti quando riuscì a raggiungere il palco destinato agli Oligarchi. Lì i controlli erano molto maggiori rispetto al resto della strada, ma Aileen aveva subito trovato un buco nella loro formazione.
L'acutezza dei Sorveglianti non la deludeva mai.
 
 
Aleksej e Richard, ognuno nelle rispettive postazioni al Server Nord e al Server Sud, fingevano di lavorare come se fosse un giorno qualunque. Si erano fatti assegnare il turno di giorno, anche se avrebbero potuto tranquillamente stare nelle loro stanze per godersi la Parata. Era un loro diritto, ma non certo un dovere, anzi, il Magistro apprezzava quel genere di iniziativa.
Le sale del Server erano praticamente vuote, a Sud come a Nord, tutti avevano deciso di staccare un po' la spina e probabilmente anche loro due l'avrebbero fatto volentieri, non fosse stato che c'era una missione da portare avanti.
Aleksej era eccitato. Non voleva altro che sentire il via di Aileen. Aveva nascosto la radiotrasmittente, già accesa, sotto la scrivania, nessuno sarebbe andato a controllare, specialmente quel giorno. Nel frattempo, apriva e chiudeva sottosezioni del Server, un po' per ingannare l'occhio di chi - ma chi? - fosse passato per caso, ma soprattutto per ricontrollare la quantità di materiale da distruggere. Non poteva minare il Server a caso, c'erano degli obiettivi ben precisi, elementi già infettati da Yvonne, che facevano la spola da un Server all'altro, portandosi dietro pacchetti di dati che, grazie all'azione di Aleksej e di Richard, avrebbero trasportato anche il loro virus. Che genio che eri, amica mia, pensò Aleksej con un sorriso. Avrebbe tanto voluto sapere che all'altro capo del mondo c'era lei ad agire e non quel Richard un po' balordo e poco affidabile.
Contrariamente alle aspettative di Aleksej, però, l'uomo, che non si era fatto sconfiggere del tutto dal fatalismo, attendeva con calma e concentrazione il momento decisivo. Anche lui si era portato dietro la radiotrasmittente e l'aveva nascosta nella propria postazione, già accesa e funzionante.
Aveva finalmente imparato a memoria gli schemi - li aveva bruciati quella mattina - e ora li ripassava mentalmente. Non capiva ancora perché dovesse colpire proprio determinate sottosezioni, ma Aleksej gli aveva intimato di attenersi pedestremente a quello che aveva letto e così lui avrebbe fatto. Sperò che nessuno arrivasse nel momento sbagliato, non tanto perché temeva lo scoprisse, quanto perché aveva paura che lo distraesse. Ci volevano due minuti esatti per portare a termine la missione: doveva mantenere alta l'attenzione e non pensare ad altro. Non era poi così difficile, no? Guardò l'orologio sul computer: le 15.25. Il discorso stava per iniziare.
 
 
- Su, dai, metti sulla Parata, Jin! -
- Ti ho detto che non mi va di fare male il mio lavoro. Siamo qui per controllare gli Assistenti, non per goderci uno spettacolo. -
I due Sorveglianti, designati alla sala telecamere del Server Nord, stavano litigando in quel modo già da dieci minuti.
- Senti, ascoltiamo solo il discorso del Primo Oligarca e poi spegniamo, ti va? - cercò di negoziare Carlos. Jin stava per cedere. - Dai, vedrai che non succederà niente, non c'è nessuno al Server, sono tutti a guardare la Parata nel dormitorio! -
Jin si lasciò convincere. Nei suoi geni non c'era alcuna inclinazione alla disobbedienza, ma quel Carlos, con la sua pigrizia, lo stava lentamente trascinando sulla strada sbagliata. Per una volta sola non morirà nessuno, pensò Jin sintonizzando lo schermo sul notiziario.
Adesso, cari cittadini di tutto il Sistema, il momento più atteso da tutti noi! Ecco il nostro Primo Oligarca!
 
 
La folla andò in visibilio.
Possibile che tutti fossero veramente eccitati dal discorso di quel mostro? Aileen non riusciva a farsene una ragione.
I sei Oligarchi salirono sul palco, salutarono il pubblico con un gesto della mano e si sedettero sui loro troni, disposti al centro della piattaforma. Il Primo Oligarca rimase in piedi e fece qualche passo verso la folla, alzò le braccia verso l'alto e quel movimento, così offensivo dal punto di vista di Aileen, così presuntuoso e così fuori luogo, parve accendere ulteriormente gli animi degli astanti. Se possibile, si misero a gridare ancora più forte, coprendo addirittura il rumore degli aeroplani, ancora in volo sopra le loro teste.
Poi l'uomo abbassò improvvisamente le braccia e la folla tacque.
- Miei cari cittadini, mie care cittadine, Uomini e Donne della Provvidenza - fece una pausa e un boato di sollevò dalla folla, - Uomini del Potere - altro boato, - Uomini e Donne di Scienza, Internauti e Assistenti ai Server, - per ogni categoria di lavoratori si erano sollevate grida di apprezzamento,  - grazie per aver preso parte alla Cyber Parata di quest'anno. -
Tutti, finalmente, tacquero. Il rispetto per quell'essere immondo era disgustoso.
- Torre, mi ricevi? Passo - gracchiò improvvisamente una voce nella borsa di Aileen.
Lei estrasse la radiotrasmittente e, chinandosi come se avesse perso qualcosa, la nascose con il proprio corpo.
- Ti ricevo, Alfiere. Passo. -
- Gli schermi sono sincronizzati. Passo. -
- Perfetto - fece Aileen, - addio, Alfiere. E grazie a te di tutto. Passo e chiudo. -
Scacciò ogni sentimentalismo, non aveva tempo per quelle cose.
Sintonizzò in fretta la radio sulla funzione di trasmittente.
- Re, Regina, è ora di iniziare. -
Non attese alcuna risposta, spense la radio, la rimise in borsa e si alzò.
Si fece un varco tra le persone che la dividevano dal palco, prese un profondo respiro e poi, a quattro zampe, si intrufolò tra i Sorveglianti, impegnati ad osservare la folla. Si rialzò alle loro spalle e, senza capacitarsi si come fosse stato possibile, salì sul palco.
 
 
- Jin, guarda quella! - esclamò Carlos.
Jin sbarrò gli occhi, incredulo.
- Ragazzi, venite a vedere! - urlò ancora Carlos, affacciandosi sul corridoio e richiamando l'attenzione della maggior parte dei Sorveglianti.
- Una ragazza è salita sul palco! -
 
 
- Impossibile! - sussurrò il signor Shufford tirandosi su a sedere con uno scatto.
- Impossibile - ripeté con maggior voce.
- Cosa è impossibile, Shufford? - chiese un Sorvegliante dal corridoio.
- Una ragazza... è salita sul palco! - esclamò incredulo.
Al Server Nord come al Server Sud tutti i Sorveglianti furono incollati allo schermo da quella scena veramente impossibile.
 
 
- Cosa starà succedendo di così incredibile? - si chiedeva Richard, senza però perdere la concentrazione. Le sue dita digitavano codici alla velocità della luce, senza fermarsi un attimo.
- Una ragazza è saltata sul palco! - gridò qualcuno all'ingresso dell'enorme stanza del Server.
I pochi presenti si alzarono rumorosamente dalla sedia e corsero a vedere.
-  Chi cavolo sarà? - si domandò Richard, senza nemmeno staccare lo sguardo dallo schermo.
 
 
- Aileen?! - esclamò Matilde, saltando in piedi. - Che diavolo vuoi fare, stupida pazza?! -
 
 
- Tra voi c'è chi resiste! Non dovete mollare! Ribellatevi al Sistema! Non siete soli! - gridò Aileen con tutto il fiato che aveva in gola.
Ce l'aveva fatta. Quello era il messaggio giusto, chiunque avrebbe capito. Sperò con tutto il cuore che almeno le prime file l'avessero sentita. Forse era meglio ripeterlo una seconda volta.
- Tra voi c'è chi resiste! - gridò di nuovo.
Poi, all'improvviso, si sentì colpire da qualcosa di bollente, dritto in mezzo al petto.
- Non dovete mollare! - riuscì ad urlare ancora.
Un secondo colpo la fece crollare a terra. Guardò dritto negli occhi di una donna che si trovava in prima fila: - Ribellatevi al Sistema - sussurrò, abbastanza forte per farsi capire da lei.
Una scarica di proiettili piovve su di lei dagli elicotteri.
- Non siete soli - mormorò con gli occhi che si offuscavano.
Non sono sola, pensò mentre sentiva le forze abbandonarle il corpo.
Davanti ai suoi occhi sfilarono i volti di tutte quelle persone che avevano resistito insieme a lei. Poi apparve Philip, luminoso come la speranza che ancora le riscaldava il cuore.
Non sei sola, si ripeté.
 
 
La folla, subito freddata da quella scena spaventosa, iniziò a vociare sempre più rumorosamente. Le persone che non erano riuscite a sentire, chiedevano alle file più avanti di riferire.
- Cittadini, cittadine, non spaventatevi - il Primo Oligarca, terreo in volto, cercò di richiamare la loro attenzione, ma invano. - Vi prego, state zitti, ascoltatemi - tentò nuovamente, alzando la voce nel microfono. Ma anche questa volta fu inutile.
La folla non tacque finché l'ultimo bambino, nell'ultima fila, a decine di metri di distanza, non seppe che no, non erano soli e che sì, era vero, c'era davvero una Cyber Resistenza. Solo allora, spaventati ed eccitati allo stesso tempo, stupiti e consolati, felici ed inquieti, tacquero per scoprire cos'avesse da dire loro quell'uomo vestito di bianco e con il volto seminato di rughe.
Il Primo Oligarca prese fiato e parlò nel microfono per buoni cinque minuti, prima di rendersi conto che nessuno riusciva a sentirlo. La corrente era saltata, i pannelli per il controllo dell'audio si erano improvvisamente spenti, le telecamere dei giornalisti erano morte. Gli schermi di ogni computer del Sistema erano spenti.
Nessuno seppe mai cos'aveva da dire il Primo Oligarca.
Tutti ricordano le parole di Aileen.





 
  
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