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Autore: NymeriaBS    18/11/2014    4 recensioni
Salazar Serpeverde ha nuovamente litigato con Godric Grifondoro circa l'ammissione di soli Purosangue ad Hogwarts e questa volta le cose sembrano essere più serie del solito. Solo una persona, Priscilla Corvonero, potrebbe far cambiare idea a Salazar, ma forse questa volta è troppo tardi. Forse questa volta sono destinati anche loro ad una frattura insanabile.
Partecipante al contest: Che sapienza e ambizione trovino la loro melodia indetto da Fantasiiana sul forum di EFP.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Priscilla Corvonero, Salazar Serpeverde
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Nome autore (sia su EFP sia sul Forum): NymeriaBS (entrambe le piattaforme)
Titolo della storia: I don't need you anymore
Genere: Generale, Malinconico
Rating: Verde
Pacchetto: Ambizione
Breve introduzione: Salazar Serpeverde ha nuovamente litigato con Godric Grifondoro circa l'ammissione di soli Purosangue ad Hogwarts e questa volta le cose sembrano essere più serie del solito. Solo una persona, Priscilla Corvonero, potrebbe far cambiare idea a Salazar, ma forse questa volta è troppo tardi. Forse questa volta sono destinati anche loro ad una frattura insanabile.

I don’t need you anymore



Il tempo era scaduto. In nessuna maniera quella situazione si sarebbe protratta ancora a lungo, Salazar si era ormai deciso a mettere una fine a questa straziante agonia che si prolungava da ormai anni.
Si era illuso che fondare una scuola con quello che era il suo migliore amico e altre due Purosangue fosse la cosa giusta da fare, si era già figurato come uno dei quattro luminari che aveva aperto la via del progresso magico, vedeva già il suo nome impresso sui libri di storia. Nessuno, nemmeno fra duemila anni, avrebbe ignorato chi fu Salazar Serpeverde e per cosa visse, era questo il suo sogno. Accumulare potere in una vita terrena non suscitava più di lui la stessa mistica ebbrezza di un tempo, sebbene non gli dispiacesse l’idea di essere una delle quattro persone a comando di un’intera scuola, di poter disporre di un’intera Casata per i propri fini, né il ricevere continuamente onorificenze per le sue gesta. Ma al momento aveva una nuova ambizione: rendere il suo nome immortale, era questo il pensiero che lo spingeva ogni giorno ad agire secondo piani prestabiliti.
Ora, invece, stava per rinunciare a gran parte dei suoi sogni. Dopo anni di una coesistenza più o meno pacifica era giunto il momento della resa dei conti. Aveva dovuto prevedere quel momento fin da quando gli altri tre si erano opposti all’idea di ammettere solo Purosangue. Avevano respinto ogni suo pensiero, per anni aveva ingoiato quel misto di malumore e rancore che alla fine aveva ottenuto come unico risultato un’esplosione fatale.
L’ennesimo litigio con Godric non aveva solo posto fine alla loro amicizia, aveva anche segnato una svolta nella Storia di Hogwarts. Aveva affrontato in duello il suo vecchio migliore amico, un duello che era finito in un misero pareggio. Entrambi avevano abbandonato la Sala Grande, Salazar diretto verso i sotterranei e Godric verso la Torre Est.
Era proprio nei sotterranei che camminava Salazar, calpestando furente il pavimento di pietra, le mani strette in due pugni e gli occhi verdi fissi davanti a sé, determinati e illuminati da una luce dettata dal furore della sua rabbia. La lunga barba castana tremava ad ogni passo, mentre i capelli, ormai radi, erano scomposti. Nel complesso non era un bell’uomo: un po’ più basso rispetto alla media, tendeva a camminare con le spalle in avanti, il che gli causava una piccola gobba e gli dava un aspetto più scimmiesco che umano.
« Salazar, aspetta! »
Una voce femminile raggiunse Serpeverde, che si fermò al centro del corridoio. Sapeva perfettamente a chi apparteneva quella voce. Poteva essere solo lei, Priscilla Corvonero. Lei, colei che sfidò tutti i suoi ogni e il suo intero equilibrio, portandolo a vacillare davanti ad ogni sua scelta se a chiederlo era lei. Perfino ora gli bastò sentire la sua voce per essere scosso da un fremito, che aveva represso a stento. Sapeva già perché era lì, era lei che ogni volta lo faceva desistere dai suoi progetti, che lo portava a deporre l’ascia di guerra. Questa volta, però, non l’avrebbe ascoltata.
« Vattene. »
Priscilla non lo ascoltò. Lo raggiunse svelta, parandoglisi davanti. Era molto alta rispetto le altre donne dell’epoca, lo superava almeno di quindici centimetri, ed era di una bellezza straordinaria e tremenda allo stesso tempo. I capelli neri incorniciavano un volto a forma di cuore, gli occhi –neri anch’essi- erano profondi e sembravano penetrarti dentro, ricercando i segreti più profondi. Il che, forse, non era nemmeno sbagliato considerando gli esperimenti che portava avanti. Priscilla si era convinta che si potesse leggere la mente umana, aveva formulato una teoria che chiamava “legilimanzia”, ma fino ad ora non si trattava di nulla di più serio di uno studio.
Era di una bellezza giunonica, che sapeva infondere timore in chi la guardava e che portava chiunque ad abbassare lo sguardo al suo passaggio, quasi temessero che la serietà del suo volto, la maturità che trasudava il suo sguardo, spesso definito sovrannaturale, potessero causare la loro morte.
Salazar l’aveva trovata affascinante fin dal primo incontro e ancora ora non riusciva a capacitarsi di come loro due potessero avere una relazione. Era una relazione assolutamente segreta, sebbene Tosca e Godric sospettassero ragionevolmente qualcosa. A dire il vero, nessuno dei due era certo che si potesse definire “relazione” quel legame che intercorreva fra i due maghi. Era iniziato tutto come un’affinità intellettuale, era stato Salazar a darle qualche suggerimento per quella sua idea di creare scale semoventi e ben presto i due maghi si erano trovati in una perfetta sintonia di tipo intellettivo che li aveva portati a passare quasi ogni sera insieme a studiare i diversi aspetti della magia. Certo, Priscilla lo faceva per amore del sapere e Salazar per sete di gloria, ma il fine era lo stesso.
Ben presto quel legame puramente intellettuale si era trasformato, ma nessuno dei due era in grado di spiegare il come. Era bastato sfiorare per sbaglio una mano e ben presto quel castello di sapere si era sgretolato, per lasciare il posto a una costruzione fatta di tacito amore e sogni segreti.
La segretezza della loro relazione non era mai stata concordata, probabilmente perché per decidere cosa rendere pubblico avrebbero dovuto prima parlare della natura del loro legame. E mai, nemmeno una volta, Salazar e Priscilla si azzardarono a definire il loro amore. Non una parola, non un riferimento, era un amore destinato a consumarsi ardendo e a restare segregato nel profondo di una camera da letto. Nessuno dei due aveva mai avuto il coraggio di parlarne per primo, nessuno dei due era disposto a mettere da parte l’orgoglio.
« Che cosa hai intenzione di fare? »
Il tono di Priscilla era vagamente aggressivo, il che significava che era seriamente arrabbiata. Lei non alzava mai la voce, convinta che solo così si sarebbe goduta tutte le bellezze che la vita le offriva. Era in grado di rimanere calma anche nelle situazioni più disperate ed era una delle cose che Salazar amava più di lei.
« Che cosa vuoi che faccia? Lascio questo posto. Togliti. » Salazar provò a superarla, senza riuscirci. Solo ora posò lo sguardo su di lei e nuovamente il suo cuore vacillò.
« Lo hai già detto centinaia di volte. »
« Questa volta faccio sul serio. »
Salazar non era convinto di quel che diceva. Lasciare quel posto significava lasciare Priscilla e lei poteva essere la sua scelta involontaria, perché mai avrebbe deciso di sottomettersi spontaneamente ai poteri dell’amore, di vivere la sua vita offerta, di accantonare definitivamente ogni più piccola diatriba. Perché poteva essere lei quella che avrebbe sempre amato, e proprio per questo non avrebbe rinunciato a lasciare Hogwarts. La purezza del sangue valeva meno del sorriso di Priscilla, ma a sua volta questo era meno importante del suo orgoglio e, specialmente, non poteva continuare a vivere in quella maniera, sottomesso a un sentimento che gli impediva di vivere e seguire i suoi sogni.
« Non ti credo. »
La rabbia repressa trovava sfogo nel suo volto. Gli occhi erano strizzati, la mascella contratta. E di nuovo, Salazar esitò. Forse stava facendo una stupidaggine, forse… No. Lasciare Hogwarts era la cosa giusta da fare, non poteva scendere a compromessi con gente che voleva lasciare l’istruzione aperta a tutte le persone dotate di potere magico. Però… però forse poteva trovare una soluzione. Fu così che, al centro di uno dei corridoi dei sotterranei, agguantò il braccio sinistro di Priscilla, attirando la donna a sé, per poi lasciarsi sfuggire un solo sussurro. Perché certe parole equivalevano ad ammettere i sentimenti per la donna, certe parole non potevano essere urlate ma solo pronunciate in un sussurro straziante e ovattato.
« Vieni con me. »
Priscilla sgranò gli occhi, facendo un passo indietro e sottraendosi alla presa dell’uomo.
« Cosa…? » Una domanda appena sibilata, che le morì in gola.
Spazientito, il respiro di Salazar si fece più affannato, mentre il collo lentamente si tinse di una tonalità purpurea e le labbra si strinsero fra loro, livide.
« Priscilla, sai cosa vedo? Vedo un mondo pieno di presunti re e regine, ma sai la verità? La verità è che questo è un mondo sterile, buio e privo di vie di uscite. Se continueranno su questa scia non faranno altro che autodistruggersi, è un incantesimo che non sanno gestire, un bombarda sul punto di esplodere. Ma noi… noi insieme possiamo cambiare questo. »
Priscilla scosse il capo incredula, mentre arretrava di un paio di passi. Quella proposta aveva scalfito la barriera del suo orgoglio, aveva fatto breccia nel cuore e aveva innestato quell’idea che forse sarebbe potuta andare con lui. Dopotutto, cosa c’era di sbagliato? Lui era colui che ascoltava le sue inquisizioni più profonde, colui che volente o nolente avrebbe amato sempre. E ora lei, la donna sempre d’un pezzo, una donna di granito che sapeva sempre affrontare ogni situazione, barcollava sotto il peso di una singola richiesta, che la portava a scegliere fra l’amore e l’onore e i propri ideali.
« Pensaci, Priscilla. Tutti quei maghi che vanno in giro tronfi ma che non valgono più di un dente di avvincino… noi, noi siamo meglio di loro. Se restiamo uniti, possiamo conquistare e prenderci quel che ci serve. Siamo noi i migliori maghi in circolazione, insieme non possiamo temere nulla. Vieni con me, lascia questa fogna. Vieni con me e sarai regina. »
Reprimere le lacrime fu quasi impossibile per Priscilla. Non si può nascondere che la proposta la allettasse, ma allo stesso tempo ne era mortalmente offesa. Non sapeva se era per quel definire “fogna” quella scuola per cui aveva tanto lottato o perché le stava chiedendo di rinunciare a tutti i suoi sogni e principi, ma era consapevole che dire sì sarebbe stata la cosa più sbagliata di sempre. E, al tempo stesso, la cosa che più desiderava fare. Ma fra l’amore e l’orgoglio sapeva chi sacrificare.
« Io non voglio essere regina. »
Furono queste le ultime parole che Priscilla rivolse a Salazar, prima di oltrepassarlo e tornare su i suoi passi.
« E io non ho più bisogno di te. »
Fu impossibile trattenere le lacrime, che iniziarono a sgorgare copiose, rigando le guance di Priscilla. Ma non si voltò né pronuncio un’altra parola, così come mai per il resto della sua vita lo sguardo si posò nuovamente sull’amato.
Fu in quel preciso momento, quando i due amanti si davano il più brusco e falso degli addii nei freddi e bui sotterranei di un castello, che capirono che è sempre accaduto che l’amore abbia ignorato quanto fosse profondo fino al momento del distacco.
Dopo quella sera Priscilla si sarebbe chiusa nella Torre di Corvonero, rifiutandosi di uscire per più di tre settimane, impegnata a versare tutte le sue lacrime nella più profonda solitudine della sua camera, rifiutando ogni visita. Sperava che così avrebbe vomitato quel sentimento che l’avvelenava e che il suo cuore sarebbe stato libero da ogni sofferenza, ma era una donna troppo intelligente per non sapere che questo non sarebbe mai successo, che avrebbe sempre patito sotto il peso di un amore perduto e mai riconosciuto.
Salazar era a sua volta occupato a risistemare i pezzi della vita che aveva prima, cercando di convincere se stesso che per Priscilla non aveva mai provato nulla, ottenendo però scarsi risultati. E se Priscilla scelse l’isolamento, lui passò le settimane successive a progettare e costruire una camera che avrebbe potuto vendicarlo e portare a termine la sua opera. Una camera in cui chiudere qualcosa che avrebbe finalmente epurato quella scuola dal male una volta per tutte.
L’ultima volta che Priscilla vide Salazar fu quando si affacciò alla finestra della sua torre e lo guardò percorrere a grandi passi il parco della scuola, che stava abbandonando per sempre. Quella visione le causò il peggiore dei mali: l’apatia.
Se Tosca e Godric non avrebbero fatto altro che commentare la scelta di Salazar di abbandonarli, giudicandolo spesso e volentieri, lei non ci riusciva. Il suo cuore era avvolto da uno strato protettivo di ghiaccio che le impediva di provare qualsiasi sentimento. Sapeva che era la cosa di cui doveva più preoccuparsi, ma al momento era solo lieta di non provare apparentemente più nulla per Salazar.
Per il padre di quel bambino che aveva scoperto di portare in grembo durante il suo isolamento, quel bambino che avrebbe cresciuto come un Corvonero e non come un Serpeverde e di cui Salazar non avrebbe mai avuto notizia.
Perché amare voleva dire sottomettersi e buttare via i propri sogni e impeti orgogliosi e sia Priscilla Corvonero che Salazar Serpeverde di fierezza e desideri ne avevano troppi. Amare voleva dire essere pronti ad affrontare anche le fiamme dell’inferno per il proprio amato, pronti a sacrificare perfino se stessi, e chi è troppo vile per farlo è destinato unicamente a una vita di solitudine ed apatia, alla perpetua insoddisfacente ricerca di qualcosa. Per quanto si possa dedicare la propria vita al sapere o alla gloria, per quanto si possa realizzare il sogno della propria vita, chi ha amato davvero anche solo una volta ed ha rinunciato all’amore per codardia potrà solamente vivere in preda al rimorso, perennemente insoddisfatto.
Perché chi ha amato davvero aveva già tutto quel che gli bastava per vivere e se l’è fatto sottrarre senza nemmeno opporre resistenza. Chi rinuncia a una vita d’amore non può far altro che vagare per il resto della sua vita senza meta, ricercando la soddisfazione nelle cose più insignificanti, rifiutandosi d’accettare l’idea di aver buttato via l’unica vera fonte di appagamento in un solo momento, con un’espressione sprezzante sul volto e la paura negli occhi.
   
 
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