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Autore: Alechan Black Helsing    28/10/2008    2 recensioni
«La smetti. Sei imbarazzante, ed infantile» E senza che me ne accorga la mia mano è già sulla sua faccia, uno schiocco e poi il silenzio di chi ci sta guardando. «Io non sono infantile, la persona sciocca ed infantile sei tu! E l’hai ampiamente dimostrato. E io, che sono stata così idiota a difenderti all’inizio. Santo cielo, tutto tempo perso.» La storia di due non.
Genere: Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A feast for Me.
Capitolo Unico

«Hey, Tu! Di un po’!» Gli corro dietro a perdifiato, perché per l’ennesima volta mi sta evitando; quando sono abbastanza a tiro gli afferro il maglione facendolo voltare.
E’ arrabbiato.
«Quante persone ancora calpesterai per fare del male a me!»
«Piantala di urlare, ci guardano tutti»
Punto i piedi incrociando le braccia al petto. «Che mi guardino, io non ho paura, e non ho sbagliato»
Sottolineo quelle parole, voglio vedere fino a che punto reggerà quel suo perverso gioco che finirà per uccidermi; è sfiancante, vedere come i miei amici cadono sotto il peso dei suoi gesti.
«La smetti. Sei imbarazzante, ed infantile»
E senza che me ne accorga la mia mano è già sulla sua faccia, uno schiocco e poi il silenzio di chi ci sta guardando.
«Io non sono infantile, la persona sciocca ed infantile sei tu! E l’hai ampiamente dimostrato. E io, che sono stata così idiota a difenderti all’inizio. Santo cielo, tutto tempo perso.»
Giro i tacchi quando vedo la sua donna fissarmi sbigottita, la oltrepasso rapidamente ed esco nell’aria gelida di un dicembre di un pessimo anno.
Sento una mano stringermi una spalla «Lo hai schiaffeggiato! E’ stato forte»
«Ah, Wilson, ti prego taci, avrei preferito non farlo è stato assurdo.»
Tira rapidamente fuori dalla tasca del giubbotto una sigaretta e la porta alla bocca accendendola poi, con l’accendino che gli ho regalato. Ci sediamo su una panchina fredda al chiaro di un lampione.
«E’ che, io non lo sopporto più tutto questo, mi capisci? Cioè, io ero innamorata, ma solo dell’idea che avevo del lui che era prima di quella – annuisce – e ora, a che punto siamo arrivati? Ti licenzia perché siamo amici, parla coi MIEI amici, ed i miei colleghi, cerca di scoprire se è ancora nella mia testa… Io» Mi ferma «Andy, che senso ha torturarsi così? Hai fatto il tuo dovere, gli hai fatto capire che in te non c’è più niente di lui, o per lui. Andy, è un povero coglione»

Lo so Will che hai ragione, ma allora perché ora sento il cuore pulsarmi a questa velocità? Perché la mano che l’ha toccato non vuole raffreddarsi?
M’incammino verso una casa vuota, priva del benché minimo segno di una cena, non importa, accendo il pc, e cerco di parlare con qualcuno, Cameron mi stà aspettando:
-Ho trovato un vecchio cd che mi mandasti.
-Davvero Cam? Io ho una brutta notizia.
-Oddio
-L’ho picchiato. Cioè, non picchiato, l’ho schiaffeggiato
-Parli di…
-Si.
-Oh.
-…
-And? Senti, ora, sinceramente, perché l’hai fatto?
No aspetta, la domanda è sbagliata,
Perché credi che la cosa ti faccia stare male? Perché è così vero, altrimenti avresti detto che era una
bella notizia.
-Cam. Tu mi conosci meglio di chiunque altro, e sai che io avevo un’idea della sua persona. E, amavo
molto quell’idea, ma era, appunto, solo un’idea. Lui è reale, ed è una merda.
-Si. Ok. Ma?
-Ma non riesco ad accettarlo.
-And, è ok, cioè, è giusto, gli hai voluto bene, idea o no. Ed ora. Beh, lo sappiamo tutti.
-Già.
-Già.

Decido che è meglio mangiare una pizza, butto lo sguardo fuori dalla finestra e piove, non m’importa, io amo questa città con la pioggia. La rende reale, tangibile, umana ai miei occhi. L’aria è ancora più fredda, perciò spingo ancora più giù il cappello sulla testa e cerco di camminare sul marciapiede tempestato di pozzanghere, la pizza buona, la fa solo Luigi, quindi è li che vado; il locale è magnifico avvolto nella penombra, Marion mi saluta da dietro il bancone e Luigi arrivandomi alle spalle mi da una pacca «Allora cara la nostra signorina Andy, che prendiamo questa sera?» S’infila rapidamente il grembiule per poi sciacquarsi le grosse manone paterne sotto l’acqua. «Il solito… Gigi» Mi rivolge uno sguardo di disgusto e poi si volta iniziando a farcire la mia margherita con doppia mozzarella:
«Gigi… Bah, cos’è questa mania di accorciare i nomi? Io amo il mio nome intero Luigi. Mi fa pensare ai fratelli Bros –si volta- ricordi i fratelli Bros?»
Annuisco sfogliando pigra una delle riviste vicino ad un tavolo. La porta del locale si apre.
«Non ci posso credere, sei TU!» Volgo lo sguardo alle spalle appena in tempo per vedere la porta richiudersi alle spalle di Clark, corredato come al solito di fidanzata. E’ lei che mi si avvicina a passo rapido. «Abbiamo un conto in sospeso ragazzina»
«Signora, l’unico conto che ho in sospeso al momento è quello col caro vecchio Luigi, che prevedo di saldare tra – consulto un orologio immaginario – 25 secondi» La donna non ha la minima intenzione di spostarsi, allora la guardo incuriosita e lei continua dando spettacolo «Ti sei permessa di alzare le mani sul mio uomo. Di certo non è finita la questione.» Ora è lui che guardo negli occhi, fugge dal mio sguardo «Abbi almeno le palle per questo. Denunciami se ti senti violato. E ora, se volete scusarmi, io vorrei cenare.» Finalmente decide di farmi passare, butto i soldi sul bancone ed esco col cartone in mano. Che serata soddisfacente, proprio perfetta.

E’ ormai notte inoltrata, non riesco a dormire, allora decido di sbirciare la posta elettronica, digito la password ingurgitando un sorso di latte caldo, quando sul monitor compare un indirizzo che non dovrebbe esserci, esito qualche istante giocherellando col mouse, e poi apro la mail.

“ Non so da dove cominciare.
Sei una bambina impertinente. Credi che tutto sia fatto contro di te, odi le persone e lo dimostri sempre con quel tuo sguardo ironico e sprezzante.
Sei contro le regole eppure immersa nel tuo sciocco modo di vedere la vita e le situazioni.
Quello che non riesco proprio a capire di te, è il perché ti accanisci tanto su qualcosa che ti è stato chiuso, mi sembrava di averti chiaramente fatto capire che è anche solo assurdo pensare ad una relazione fra noi due.
E comunque, anche nel caso in cui, avessi deciso di dare una chance a questa cosa quanto sarebbe durata? Avresti sofferto.
Avrei sofferto anche io. E non sarebbe stato giusto. Quello che non capisci, cara la mia giovane signorina è che e’ sbagliato quello che stai facendo ORA tu. Mi impedisci di vivere la mia vita con Grabrielle, mi impedisci di essere sereno. Non voglio riempire ulteriormente questa mail. Questo è un recapito di un programma di messaging, quando riterrai opportuno scusarti, nel caso in cui ti manchi il coraggio questa è un’alternativa valida”

Prendo il contatto e lo inserisco fra la lista. On Line.
-Prima di tutto, perché sono io che ti rovino la vita quando tu non fai altro che rompere ai miei amici per sapere di me? Perché non li lasci in pace?
-…Io? Ho licenziato Wilson per scarso rendimento, e i tuoi “amici” sono anche miei amici, o amici di amici, non è colpa mia se il tuo ego smisurato ti fa finire in ogni discorso.
-Oh, andiamo, questa è una bella presa in giro. Sei TU che mi vuoi nei discorsi. Sei TU che mi cerchi. Sei TU che ti ostini a tirarmi in ballo anche quando ne sono fuori.
-Non è così.
-Ah, davvero?
Nessuna risposta, vado a portare in cucina il bicchiere vuoto cercando di non svegliare Charlotte I, tornando alla sedia faccio però tappa a prendere un pacchetto di patatine, che apro attendendo la risposta.
-Forse.
-Iniziamo a ragionare ora
-Ok, forse, ho esagerato. Ma quel primo errore, quello che ha mandato tutto in frantumi è stato tuo.
-Ed io l’ho mai negato? Ti pare forse il contrario?
-Non lo so
-Già, non lo sai perché non l’hai MAI chiesto! Tu hai preso la palla al balzo per allontanarmi, forse perché lei ti stava cominciando a ronzare intorno, o forse perché eri stufo, non lo so. Ma non hai mai voluto sapere la verità.
-Forse non avrebbe fatto differenza.
-O forse si, ma, ora ci stiamo prendendo in giro. Io non mi scuso. Non ho torto, non questa volta almeno, vuoi che mi scusi per quell’errore, va bene: mi dispiace, sono stata invadente ed inopportuna.
-…Ok. Accetto le tue scuse…
-Non voglio niente. Direi che me ne torno a dormire ora.
-Aspetta, mi dispiace, per aver attaccato Wilson, ed averti introdotta in conversazioni che non ti avrebbero nemmeno sfiorata.
-Pace, ormai l’hai fatto è andata. Non mi guardo indietro.
-Sei sicura?
-Si.
-E ora?
-Ora? Niente, tu sei cambiato. Se proprio lo vuoi sapere Clark, non mi piaci come sei ora, io sono ancora legata a quello che tu eri prima, ed anche all’idea che mi ero fatta di te. Ti sei rivelato altro, passerà.
-Sono le tre del mattino, non lavori domani?
-Si, esattamente come te.
-Ancora una cosa prima che tu vada.
-Cosa
-Buon Compleanno, Andromeda, divertiti alla festa che ti hanno organizzato.
-Grazie.
Ed ora sono off line.

Quando mi sono svegliata per andare al lavoro, mia madre mi ha chiesto come mai avevo gli occhi gonfi. Ho mentito. Ho detto che sono rimasta a chiacchierare con Wilson fino alle 4, non che ho pianto per Clark.
Ma ora non ci voglio pensare, sono le tre del pomeriggio del mio diciannovesimo compleanno, stò per andare alla festa che mi hanno organizzato.
Una festa per me.

  
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