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Autore: Lizzie1624    18/11/2014    5 recensioni
"...Vedeva sè stessa sollevare la sbarra, la tensione e l'ansia si sarebbe potuta tagliare con un coltello.
La notte era opprimente, in quel momento, il buio soffocante.
Rimase in quella posizione per qualche attimo, indecisa sul da farsi, per poi calare con violenza e decisione l'oggetto sui due."
"... Solo un accenno di pensiero, un brandello di ricordo, sfumato ed impreciso, come se qualcuno glielo avesse estratto a forza dalla mente. Una figura che le parlava nel buio, non più di una sagoma. Una sagoma fatta di ombra..."
Genere: Horror, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gli occhi azzurri della rossa saettarono rapidamente al cassetto del mobile in soggiorno, e lei si lanciò contro di esso. Un'altra mano raggiunse il legno del pomello precedendola e lei si ritrasse istintivamente. Zacharias infilò una mano nel vano del cassetto, estraendone una pistola del padre, che l'aveva posta lì in caso di necessità di difesa personale.

Le mani del ragazzo tremarono, mentre stringeva l'oggetto tra le mani e lo puntava goffamente verso la sorella, incitandola a non fare un passo.

Allungò la mano verso il cellulare sul comò e digitò, sempre mantenendo lo sguardo fisso sulla sedicenne schiacciata contro il muro, il 911.

"Zach.", esordì la ragazza. "Posala."

"Stai zitta!", esclamò il quindicenne, visibilmente sconvolto, che cercava di parlare con l'uomo dall'altro capo del telefono.

Kaylee distolse lo sguardo, tenendosi premuta contro il muro, nella flebile illusione che questo bastasse a tenersi a distanza dall'arma. Una sbarra di ferro lucente giaceva a terra, sull'uscio della camera dei genitori. Dal punto in cui si trovava, riusciva scorgere un pezzo del letto matrimoniale in legno di quercia, tanto desiderato dalla madre nei primi anni di matrimonio.

Sul materasso giallo limone, macchiato di rosso, si scorgeva una livida mano affusolata, che penzolava dal letto. Kaylee osservò meglio, mentre sentiva, lontana dai suoi pensieri, la voce del fratello minore che parlava ansioso con l'interlocutore.

Indossava ancora l'anello al dito, ma ora la pelle non era più rosea, ma livida e su una sfumatura tendente al blu verso le punte delle dita. Le unghie erano laccate di un rosa confetto, scorticato nel tentativo convulso quanto inutile di difendersi.

Qualche metro più in là, stavolta per terra sul pavimento, c'era il corpo inerme del padre, semicoperto dal piumone arancio, caduto a terra tra le convulsioni e i gemiti dei due, qualche manciata di minuti prima.

Kaylee strinse le labbra e affondò le unghie mangiucchiate nei palmi delle mani, prima di dirigere nuovamente lo sguardo sul fratello. Il ragazzo sussultò quando incrociò gli occhi della sorella, i capelli biondo cenere incollati alla fronte sudata.

La mano della rossa si allungò verso di lui, e quest'ultimo spostò il dito sul grilletto, facendola ritrarre.

"Ferma! Oppure..", balbettò indeciso, puntando l'arma alla fronte della ragazza.

La risata cristallina della ragazza riempì l'appartamento cupo, nel quale la tensione era quasi palpabile, una risata tranquilla, serena, come se nulla fosse accaduto.

A Zach venne subito in mente la cena di Natale con i parenti, il profumo dell'arrosto, la neve e i vetri gelati, le risate generali e in particolare la sua, la risata di Kaylee.

"Ora mi porteranno via.", chiese rivolta al fratello.

"Tu non vai da nessuna parte. ", rispose l'altro, stavolta con voce più ferma, anche se ancora esitante e balbettante.

La porta si spalancò e quattro uomini vestiti di nero afferrarono Kaylee per le braccia, immobilizzandola. Quasi non riusciva a respirare, i giubbotti che le schiacciavano le costole. Si sporse oltre la massa di muscoli e stoffa e riuscì a vedere il fratello che consegnava diligentemente la pistola nelle mani di una donna dai capelli vaporosi e biondi, mentre lei lo faceva sedere e lui scoppiava in lacrime.

Si lasciò trasportare, il corpo esile trascinato da braccia forzute, sorpresa di sè stessa. Aveva molte volte immaginato di essere in quelle situazioni e si sarebbe aspettata un pianto disperato, o perlomeno che le pizzicassero gli occhi, o il sentire anche solo la mancanza di quella casa. Ma non aveva sentito nulla di tutto questo, era rimasta impassibile.

La infilarono in un macchinone, la parte anteriore del guidatore divisa da quella posteriore da una spessa e fitta grata di ferro.

Rimase in silenzio, le mani infilate nelle manette dietro la schiena, perdendosi nuovamente nei suoi pensieri, concentrata. D'un tratto le parve di rivivere quella scena, ma distante, impotente, come se fosse una pellicola di un film, che le scorreva veloce davanti agli occhi.

 

Si vedeva avanzare nel corridoio, il rumore leggero dei piedi nudi sul pavimento, determinata ma impaurita, mentre stringeva tra le dita sottili la sbarra di metallo pesante, fino a far diventare le nocche bianche e le dita doloranti.

Raggiungeva la porta della loro stanza, sbattendo inavvertitamente contro il legno scuro degli stipiti, un rumore secco. Sua madre si era rigirata tra le lenzuola, ma non si era svegliata.

Aveva indugiato, fissando i segni neri di pennarello indelebile sul legno, tacche ad altezze diverse, con scritto di fianco Kaylee oppure Zach e l'anno corrente. Le avevano fatte anno per anno, per segnare la loro statura e vedere di quanto erano cresciuti, ma ora le tacche laccate di nero erano sbiadite e rovinate dal tempo. Kaylee sbirciò all'interno della camera. La madre dormiva su un fianco, raggomitolata su sè stessa, le ginocchia strette al petto. Il padre a pancia in su, la bocca leggermente socchiusa, una mano sul petto, che si sollevava e si abbassava con il respiro, e una abbandonata sul materasso.

Vedeva sè stessa sollevare la sbarra, la tensione e l'ansia si sarebbe potuta tagliare con un coltello.

La notte era opprimente, in quel momento, il buio soffocante.

Rimase in quella posizione per qualche attimo, indecisa sul da farsi, per poi calare con violenza e decisione l'oggetto sui due.

 

 

"Muoviti!", la visione venne interrotta dalla voce profonda di un uomo, un armadio a due ante, che la incitava ad uscire dalla vettura. Kaylee si trascinò debolmente sul sedile, gli indumenti macchiati di un rosso tendente al marrone, le braccia percorse da graffi profondi.

La mano dell'uomo si avvolse intorno al suo braccio e la scaraventò all'esterno, mentre lei riprendeva l'equilibrio e cercava di non stramazzare a terra.

Kaylee si perse nei pensieri, rivivendo una volta dopo l'altra quella scena macabra, non riuscendo a ricordare cosa fosse accaduto in precedenza. Solo un accenno di pensiero, un brandello di ricordo, sfumato ed impreciso, come se qualcuno glielo avesse estratto a forza dalla mente.

Una figura che le parlava nel buio, non più di una sagoma. Una sagoma fatta di ombra, così scura e densa che se Kaylee ci avesse infilato la mano dentro avrebbe avuto la consistenza del petrolio, viscoso e appiccicaticcio. Cercò di carpire le parole che fuoriuscivano da quella bocca inconsistente (che poi, era sicura che fosse una bocca?), ma era una lingua strana, incomprensibile, anche se per nulla gutturale o dal suono volgare. Eppure era sicura che, quando la figura le aveva parlato, lei aveva capito tutto perfettamente ed aveva eseguito all'istante. Cosa l'aveva spinta a compiere un gesto tanto inaspettato e imprevedibile? Come aveva potuto compiere quell'atto solo perchè un ombra, una figura estranea, che poteva benissimo essere frutto della sua mente, le aveva detto di farlo? E poi, perchè...

 

La ragazza sobbalzò, risvegliata fin troppo bruscamente, per la seconda volta, da una porta che sbatteva, e si accorse di trovarsi di fronte ad una porta color crema.

L'uomo che la sospingeva ne chiamò un altro, che uscì trafelato da un ufficio.

"Nolan, la numero 7.", disse sussurrando appena all'ometto mingherlino, che annuì e sgambettò verso la porta, inserendo la chiave unta e vecchia nella toppa. Di fronte a lei si presentò una stanza bianca. La spinsero dentro e Kaylee perse l'equilibrio, cadendo a terra, mentre la porta si richiudeva sbattendo. Osservò attentamente la stanza prima di rialzarsi.

Era bianca, con una leggera sfumatura azzurrina che partiva dal pavimento e si affievoliva verso l'alto. Un letto duro e polveroso, Kaylee era praticamente sicura che appena ci si fosse seduta sarebbe stata ricoperta di cimici dei letti, in uno sbuffo polveroso, piccoli insetti simili a semini di mela. Un water che puzzava terribilmente di vomito, al quale la ragazza non volle nemmeno avvicinarsi. Una stretta finestrella in alto, molto in alto, che lasciava entrare un barlume di luce argentea. Si buttò a sedere sul letto e scorse un angolo di stoffa verde che spuntava da sotto il cuscino. Lo tirò e scoprì una divisa verde, che fu ben felice di indossare, visto che gli indumenti che portava erano ancora macchiati e puzzavano terribilmente.

Poi appoggiò la testa sul cuscino, brandendo una penna a sfera che aveva trovato sotto il letto, in un cumulo spesso di polvere, e cominciò a scarabocchiare sul muro.

Dopo qualche ora sentì un leggero pizzicore sul polso sinistro, e alzò la manica della tuta verde mela, scoprendo il polso esile. Tre punture della dimensione di una monetina da dieci centesimi si stagliavano sulla pelle del polso, rosse e pruriginose.

"Come pensavo.", disse fra sè e sè.

Volse lo sguardo verso il materasso e seguì il percorso della creaturina che si affannava, con non poca difficoltà, a scalare una piega della coperta ruvida. L'insetto nero si infilò infine sotto il materasso, e non ricomparve più.

Si sdraiò sul materasso duro, affondando la testa nel cuscino e chiudendo gli occhi.

---

Toc.

Crrr.Crrrr.

Toc.

 

Kaylee spalancò gli occhi. Il rumore si faceva più forte.

 

Toc, toc.

Crrrrrrrrr.

 

Rivolse lo sguardo alla finestra. Non riusciva a scorgere cosa o chi ci fosse all'esterno, ma era quasi sicura che il rumore provenisse da lì.

 

Toc, toc, toc.

Crrrrrr.

 

Rimase immobile, seduta sul materasso, cercando di vedere cosa ci fosse fuori dalla finestrella senza farsi vedere.

 

STOCK!

 

Kaylee sobbalzò violentemente, non riuscendo a trattenere un urletto di sorpresa. Qualunque cosa fosse, sapeva che lei era sveglia e che aveva sentito.

Si alzò lentamente in piedi sul materasso, per poter raggiungere il vetro e sbirciare all'esterno.

Niente di niente. Un ramo frondoso copriva quasi tutta la visuale, e tra le foglie faceva capolino uno spicchio incerto di Luna, oscurata in parte dalle nuvole, che la stavano ricoprendo del tutto.

 

Kaylee riuscì a raggiungere con una mano la maniglia, ed aprì l'anta della finestra.

Niente. Assolutamente nulla. Non c'era nessuno.

Magari era stato un gatto, magari se l'era sognato, o forse erano solo i rami di quello stupido albero che, ondeggiando al ritmo del vento, colpivano il vetro.

Scosse la testa e richiuse l'anta, per poi sdraiarsi nuovamente e coprirsi fino al naso.

 

In quel momento, i raggi argentei della Luna smisero di illuminare la stanza, come coperti da qualcosa. Lo sguardo di Kaylee si spostò verso di essa.

 

"Tutto questo non è reale, non è reale."

 

La stanza era avvolta nella penombra. Si vedeva poco o niente.

 

"Non essere stupida, non è vero niente."

 

Ma Kaylee riuscì a scorgerla, seppur quasi invisibile.

 

"Non.. è..reale.."

 

Kaylee la vide, sempre più nitida.

 

"T-tu..non sei r-r...."

 

Rimase immobile, mentre l'ombra, appollaiata come un avvoltoio in attesa della preda sul davanzale della finestrella, allungava, lentamente e inesorabilmente, una densa mano scura verso di lei.
 








HOLA. ;)

Questa è la prima storia che pubblico, spero che vi piaccia e che la leggiate in tanti! Non esitate a recensire, positivo o negativo che sia il giudizio.
Questa 'storia' è nata grazie ad una mia amica, Giorgia, a cui la dedico.
Lei scrive molto, e visto che io mi reputo abbastanza brava (spero non pensiate il contrario :'( ), ho scritto questo spezzone come input, per mostrarle come doveva fare. Risale a circa un mese fa ed è restata in un misero file del mio computer, un po' per la paura di cosa pensasse il popolo di efp, un po' perchè me la sono completamente dimenticata. Oggi ho deciso di pubblicarla, per vedere cosa ne pensate del mio stile e per vedere se cominciare a lavorare su una storia a capitoli, un po' più lunga.
Ringrazio tutti quelli che recensiranno e anche i lettori silenziosi..
Bene, che dire più? Grazie di aver considerato questo mio operato per due, cinque, dieci minuti del vostro tempo, spero di tornare a scrivere presto.
Grazie ancora,
Lizzie :3

 

   
 
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