Ice Hearted
Princess
Prologo.
Odio. Questo era
il sentimento che da sempre le attanagliava le viscere. Fin da quando
era nata,
lo aveva percepito aleggiare tra le mura di quella casa e, poco a poco,
si era
insinuato in lei irrimediabilmente.
Dopo la nascita
dei suoi fratelli, quell’odio era stato alimentato dal senso
di paura e
oppressione che il minore dei due e suo padre le infondevano
continuamente.
Aveva sempre
considerato quella dimora e quel paese una prigione. La sua stessa vita
le
appariva una cella buia e fredda.
Per non
sprofondare nell’oblio di quell’esistenza priva di
uno scopo e colma di dolore
era divenuta lei stessa una persona fredda e aveva celato i suoi
sentimenti
dietro ad una maschera da ragazza forte e cresciuta
prematuramente…
Ice
Hearted
Princess.
L’uscio
cigolò
lievemente ed una ragazza dai corti capelli biondi legati in quattro
codini
entrò di soppiatto in casa. Lo sbattere della porta
d’ingresso risuonò
nell’abitazione innaturalmente silenziosa e fece sobbalzare
la giovane, solo
per un momento.
Ancora qualche
attimo ed una voce profonda e minacciosa giunse da una delle stanze
- Dove diavolo
sei stata?! Sei in ritardo e devi ancora preparare la cena! Che figlia
ingrata…-
Temari
entrò
nella cucina dove il padre, seduto a tavola, guardava la televisione,
l’inseparabile bottiglia di birra stretta in una mano.
Senza
rivolgergli un saluto, iniziò a cucinare, gli occhi colmi di
un disprezzo mal
celato.
Poco dopo, un
rumore di passi provenienti dalle scale che conducevano al piano
superiore
annunciò l’arrivo del fratello minore.
Il giovane dai
capelli rossi entrò nella stanza e salutò la
sorella con un sorriso beffardo –
Finalmente la principessa è arrivata. Temevamo di morire di
fame.-
- Invece di
criticare, Gaara, perché non impari a cucinare e a dipendere
meno dagli altri?!-
Temari
cercò di nascondere il tremito
che le percorreva la schiena ogni qual volta incontrava gli occhi del
più
giovane.
- Non mi
provocare, sorellina, o ci penso io a chiuderti quella boccaccia
velenosa.- Le
rispose gelidamente quest’ultimo, con una calma quasi
innaturale.
Fortunatamente,
in quel momento l’uscio di casa si aprì e pochi
istanti dopo fece capolino un
ragazzo piuttosto robusto dai capelli castani. Aveva il respiro
affannoso, come
se avesse corso fino a quel momento.
- Guarda guarda,
il mio fratello incapace. In questa casa il ritardo è una
regola.- Lo salutò
Gaara con un ghigno.
Il più
grande
gli rivolse un’occhiataccia, tuttavia non rispose alla
provocazione. Si
abbandonò su una delle sedie esausto, mentre Temari iniziava
ad apparecchiare la
tavola e a servire la cena con mala grazia.
Dopo aver
consumato il pasto in silenzio, la maggiore lavò le
stoviglie e fece per
andarsene, ma fu fermata dal padre – Non credere che ti
lascerò uscire anche
questa sera. Scordatelo!-
Il suo alito
puzzava a tal punto di alcool che alla figlia venne voglia di dare di
stomaco.
- E dai,
papà.
Ho finito tutti i miei lavori. E poi ho diciotto anni, posso benissimo
decidere
della mia vita da sola.- Affermò convinta la ragazza.
Tuttavia, il fiato le si
mozzò in gola quando uno schiaffo la colpì su una
guancia. Trattenne le
lacrime, non voleva dargliela vinta. Continuò a fissare il
padre con sguardo
accusatore, cercando di non badare alla sensazione di calore che la
fece
avvampare di rabbia.
- Portami
rispetto, ragazzina! Finché vivrai sotto il mio tetto
sottostarai alle mie
regole! Quella porta la varcherai solo per andare a lavorare o quando
te lo
ordinerò io! E non provare ad uscire di nascosto come tuo
solito!- Il padre
terminò la frase con una golata alla bottiglia di birra, per
sottolineare che
per lui il discorso finiva lì.
Temari rimase
immobile ancora per pochi secondi, poi corse su dalle scale fino nella
sua
stanza, dove si chiuse pesantemente la porta alle spalle e finalmente
poté
sfogarsi prendendosela con i cuscini del divano che fungeva da letto.
Quando si fu
calmata, si diede una sistemata per poi avvicinarsi alla finestra e
tentare di
aprirla. Con suo immenso rammarico si accorse che era stata sigillata
dall’esterno e non c’era modo di uscire.
- Fottuto
vecchio…!-
Sussurrò a denti stretti per poi abbandonarsi nuovamente sul
divano e fissare
il soffitto, la mente trasportata lontana da un vento immaginario. Da
sotto i
cuscini estrasse un semplice fazzoletto di stoffa, che poggio sul
petto, vicino
al cuore.
Restò a
fantasticare fino a tarda sera, quando fu distratta dal bussare alla
porta
della sua camera.
- Chiunque tu
sia, vattene.- Ringhiò, nascondendo nuovamente quel suo
piccolo tesoro.
- Temari,
aprimi, sono io. –
Quel sussurro la
fece sorridere, ma solo per un momento. Prima di andare ad aprire, la
sua
espressione era tornata quella dura di sempre.
Si trovò
dinnanzi Kankuro che, con un ghigno divertito, le sgusciò a
fianco fin dentro
alla camera.
- Cosa vuoi?-
domandò Temari, fingendosi irritata. In realtà,
la presenza del fratello era
l’unica cosa che la facesse sentire vagamente a suo agio in
quella casa.
- Calma,
sorellina, dovresti solo ringraziarmi: sto per mettermi nei casini per
causa
tua.- Il ragazzo le sorrise, aspettando una qualunque reazione da parte
sua.
- Cosa staresti
per fare?- Chiese la giovane perplessa.
Se possibile, il
ghigno di Kankuro si allargò maggiormente – Ti
aiuto a sgattaiolare fuori.-
Vedendo lo
sguardo confuso della sorella, non attese oltre: la afferrò
per un polso e la
trascinò silenziosamente fino in camera sua.
Una volta
varcata la soglia della stanza dei due fratelli, Temari si
guardò intorno
circospetta
–
Dov’è Gaara?-
- E’
uscito con
una scusa. Credo che non tornerà molto presto.- Le rispose
Kankuro, mentre
apriva silenziosamente la finestra affacciata su una via buia.
- Perché
la
vostra non è stata sigillata?- Domandò la sorella
irritata.
- Forse
perché
Gaara non ha bisogno di scappare di nascosto ed io, alla sera, sono fin
troppo
stanco anche solo per provarci!- Scherzò il ragazzo,
invitandola poi ad uscire.
Temari si
avvicinò lentamente, fermandosi a fianco del fratello e
fissandolo – Sicuro di
non cacciarti nei guai? Ormai sei un mio complice!-
Sogghignò, celando dentro
di sé una sensazione di gratitudine infinita.
Per sua fortuna,
Kankuro non aveva bisogno di gesti di affetto o parole gentili per
sentirsi
appagato e, ricambiando quel sorriso, le fece un cenno col capo
– Sbrigati,
prima che cambi idea e ti consegni alla giustizia!-
Temari non se lo
fece ripetere. Agilmente, saltò sul davanzale e si
calò da una corda che il
fratello stringeva saldamente. Atterrò infine sul cemento di
una stradina di
paese poco illuminata.
Lanciò un
ultima
occhiata, ma alla finestra già non vi era più
nessuno.
Corse. Corse per
sfogare la propria anima da quel dolore che la perseguitava
incessantemente.
Per sentirsi più leggera e lasciare che un caldo vento la
trasportasse lontano
da quella casa, da quel paese, da quei ricordi. Ma quando
riaprì gli occhi si
ritrovò nuovamente a correre per quei vialetti scuri e tutti
uguali. Se non li
avesse conosciuti così bene, probabilmente si sarebbe persa.
Tuttavia, proseguì
decisa e si fermò solo quando, da una strada semibuia,
giunse sotto un portico
antico ed illuminato.
Poggiò
una mano
sui freschi mattoni di una scala ingiallita che conduceva ad
un’ abitazione e
riprese fiato. Quando alzò lo sguardo,
si perse per un momento nei profondi occhi scuri di un
ragazzo che la
contemplava dall’alto in basso, poggiato al mancorrente dei
gradini. Aveva un’espressione
annoiata in volto, accompagnata da uno strano sorriso. Un sorriso che
l’aveva
fatta impazzire fin dal primo momento.
- Hei,
“seccatura”,
di nuovo qui a tormentarmi?!- La salutò.
- Non ti
illudere, Nara. Passavo di qui per caso. - Rispose lei, sarcastica.
- Hai di nuovo
litigato con tuo padre?-
- E cosa te lo
fa pensare?-
- Il modo in cui
ti sei precipitata da me. -
Temari tacque
per qualche istante. Lo ammirava davvero, quel ragazzo insopportabile,
anche se
era troppo orgogliosa per ammetterlo. L’aveva compresa fin da
primo momento
quando, gli occhi annebbiati dalle lacrime per un ennesimo litigio con
la
famiglia, era scappata, perdendosi in quelle stradine intricate.
Spaventata e
triste, si era abbandonata ad un pianto sommesso, convinta che nessuno
avrebbe
udito i suoi lamenti.
- Tieni, mi scoccia
veder piangere una
“seccatura” così attraente.-
All’udire
quella
voce, aveva alzato lo sguardo, per incontrare gli occhi di un giovane
dai
capelli mori, che le stava porgendo un fazzoletto. Titubante, lo aveva
preso e
si era smarrita nel profumo della sua stoffa. Non se ne era
più separata.
Da quella sera,
Shikamaru era divenuto il suo confidente, anche se i due avevano
continuato a
mantenere un atteggiamento distaccato e pungente.
Ormai, avrebbe
potuto giungere in quella stradina di paese ad occhi chiusi.
- Allora? Vuoi
dirmi cosa ti è successo o trascorriamo il resto della
serata in silenzio?!-
Quella domanda
lievemente pungente la risvegliò dai suoi dolci ricordi. Gli
unici che avrebbe
potuto così definire nella sua triste vita.
Stancamente, si
sedette su uno dei gradini che conducevano all’ingresso
dell’abitazione
dell’amico e quest’ultimo le si affiancò.
-
Quell’odioso
vecchio ha sigillato la finestra della mia camera. Non posso
più uscire.-
- Bé,
adesso sei
qui.- La consolò Shikamaru.
- Solo grazie a
Kankuro. Se finisce nei guai per avermi aiutato sarà solo
colpa mia.- Confidò
amaramente Temari.
- Non credo che
tu lo abbia costretto. Se ha deciso di aiutarti avrà avuto
le sue buone ragioni
e non si pentirà delle conseguenze.-
- Lo sai che mi
fai davvero infuriare quando tiri fuori il tuo lato più
saggio?!- Ghignò la
ragazza.
- Ma se è
proprio per questo che vieni da me tutte le sere. –
Replicò il giovane.
- Devi sempre
avere l’ultima parola, Nara?- Domandò lei
sarcastica. Non sapeva spiegarselo,
ma quei continui battibecchi con l’amico
l’aiutavano a sfogarsi. Era un modo
per liberarsi della tensione che la perseguitava come
un’ombra ogni istante
della sua giornata. Quando superava quella vecchia volta e veniva
abbagliata
dalla luce improvvisa di quella strada, l’ombra di
oppressione svaniva,
dissolta dalla visione di quel ragazzo che tanto le aveva dato e che
continuava
a starle vicina tuttora, nonostante i modi di lei continuassero a
mantenersi
sostenuti.
Quando stava con
lui, non aveva bisogno di difendersi e mostrarsi forte, anche se
ciò le dava
una certa sicurezza. Il fatto che quel giovane l’avesse vista
piangere e fosse
riuscito perfino a farla ridere di gusto per la prima volta nella sua
vita li
aveva avvicinati maggiormente. Era riuscito a far breccia nel duro
cuore di
quella principessa di ghiaccio.
- Hei, Nara?-
Shikamaru
alzò
lo sguardo nella sua direzione.
- Vuoi vedere
che questa volta riesco ad avere io l’ultima parola?-
Il ragazzo
sorrise sarcasticamente – Sentiamo: come credi di riuscirci?-
Lei gli rispose
con un’occhiata di sfida, poi un impulso selvaggio, che da
tempo le premeva in
petto e non era riuscita mai a comprenderne a fondo la causa, la spinse
forse troppo
violentemente addosso al
giovane. Le loro bocche si unirono, e fu come se quella non fosse la
prima
volta. Sembrò che quelle labbra si conoscessero
già dal principio ed
attendessero solamente di ritrovarsi dopo lunghi anni. Con impeto
altrettanto
forte, il ragazzo rispose a quel bacio magico. Ad entrambi parve che il
tempo
si fosse fermato. La realtà che erano abituati a conoscere
si sgretolò e volò
via come sabbia al vento, abbandonandoli ad un buio eterno di pace.
Quando le bocche
si separarono lentamente, il mondo riprese le proprie sembianze. Ma
quella
sensazione meravigliosa perdurò, nei cuori ora scaldati da
un calore nuovo dei
due giovani che finalmente avevano scoperto il vero significato
dell’amore. Un
concetto che espresso a parole ha un significato superficiale ed
approssimativo,
ma una volta provato si manifesta in tutta la sua magia e rimane per
sempre
celato nella parte più remota del proprio essere.
- Allora? Questa
volta ho vinto io!- Scherzò Temari, determinata ad imporre
la sua superiorità
sul Nara, nonostante ciò potesse compromettere quel momento
delicato e dolce.
Tuttavia, quando Shikamaru le rivolse il più bello dei
sorrisi, non poté che
ritenersi una persona davvero felice. Lì, in quella strada
vecchia ed
all’apparenza insignificante, una ragazza aveva trovato una
ragione di vita,
per la quale combattere ogni giorno contro le difficoltà,
contro la propria
famiglia e contro se stessa.
- Va bene,
questa volta lascio correre, ma domani mi prenderò la mia
rivincita.-
- Figuriamoci se
un tipo pigro come te si prenderà la briga di volere una
rivincita!- Ribatté
Temari.
- Allora ti
sorprenderò.- Le rispose Shikamaru.
La ragazza
rispose al sorriso, dopodiché si alzò e,
pulendosi i pantaloni, fece un cenno
di saluto al giovane – Ci si becca in giro, Nara. –
- Scherzi?! Ma
se sono sempre qui!-
Temari fece per
incamminarsi, ma una mano le afferrò dolcemente il polso e
la costrinse a
voltarsi nuovamente.
- Sicura di non
voler restare? La mia casa è fin troppo grande
perché io ci viva da solo.- Il
tono di Shikamaru si era fatto improvvisamente serio e lievemente dolce.
La ragazza fu
tentata da quella proposta. Rifarsi una vita nuova era ciò
che aveva sempre
desiderato. Tuttavia, scosse il capo. Gli ultimi eventi le avevano
fatto aprire
gli occhi e comprendere che doveva affrontare la propria
realtà, prima di
potersela lasciare alle spalle, affinché non la
perseguitasse per il resto
della sua esistenza.
- Mi spiace,
Nara, ma prima devo sistemare alcune cose. - Dolcemente, si
liberò dalla presa
del giovane e, già muovendo i primi passi e voltandogli le
spalle, aggiunse – E
poi, se venissi a vivere con te, non so per quanto durerebbe questa
bellissima
magia.-
“ Ed io
voglio continuare a vivere questo
bellissimo sogno tutte le notti che verranno. Qui, in questa stradina
di paese.
Dove posso sempre trovare conforto nel vederti.” Queste ultime
parole non le pronunciò,
ma le pensò così intensamente da farsi dolere le
tempie. Avrebbe continuato per
la sua strada, ma avrebbe affrontato le proprie paure con la
consapevolezza di
sapere che lì avrebbe sempre trovato un’ancora di
salvezza. Un appiglio che
l’avrebbe aiutata a risalire dal baratro in cui era
precipitata durante quegli
anni di tristezza. Una mano pronta ad aiutarla non appena avesse messo
il piede
in fallo.
La semplice strada di un paese che in principio odiava e riteneva la propria prigione si era rivelata il luogo più bello che avesse mai conosciuto.
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Note dell'autrice:
Spero che questa storiella vi sia piaciuta.
Ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno e anche il bellissimo concorso che mi ha permesso di ispirarmi e scrivere questa fanfiction.
Grazie
binky