- Me
enamoré
- Amo le Mpreg,
è più forte di me, immaginare le mie OTP slash
durante una gravidanza.
- Amo le Mpreg
e l’angst, perché un po’ di tristezza e
dolore, rende le riconciliazioni più
dolce.
- Amo le Mpreg,
l’angst e il fluff.
- Dedico per
ciò, questa mia prima storia, a tutti gli amanti del genere.
- Era stato
stupido, tremendamente stupido e insensato. Perché era un
uomo, dannazione. Eppure…
eppure eccolo lì, chiuso a
chiave nel bagno della sua migliore amica, nonché ex
infatuazione pluriannuale,
ad aspettare che il tempo passasse e il timer impostato sul cellulare
gli desse
il via per guardare la sentenza che gli avrebbe potuto stravolgere
l’esistenza,
anche se era immensamente un’idiozia il solo concepire
potesse venire un
risultato differente da quello che si aspettava, ma nonostante
ciò, se ne stava
seduto sulla porcellana bianca della vasca, le mani serrate a
stringerne il
bordo bianco e i piedi a muoversi su e giù con nervosismo in
un frenetico tap tap tap. Il suo
cervello gli diceva
che non poteva essere, che doveva stare tranquillo e che di certo si
sarebbe
fatto una grossa e grassa risata quando si sarebbe sporto a controllare
l’esito
e in un secondo momento avrebbe raccontato il tutto ai suoi amici che
gli
avrebbero anche dato dell’idiota, dopo avergli riso in
faccia: perché era un uomo
dannazione e okay, faceva occasionalmente del sesso con un lupo
mannaro, del
meraviglioso sesso occasionale senza alcun impegno il
martedì, il giovedì e il
sabato e la domenica, ma che lo facesse con una creatura che nel
collettivo delle
coscienze umane non esistesse era una certezza lontana anni luce dal
solo
potersi essere cacciato in una situazione del genere, visto che erano
entrambi
maschi e senza apparati femminili.
- Per di
più,
lui era anche un bravo, bravissimo studente universitario di mattina e
un paio
di pomeriggi a settimana, nel tempo libero cercava di non restarci
secco nel
risolvere qualche enigma e problema legato al soprannaturale assieme al
branco
e lavorava pure in un negozio d’abbigliamento al centro
commerciale quando lo
chiamavano, per non pesare troppo sulle spalle di suo padre che gli
passava i
soldi per “l’affitto”. E soprattutto per
non pesare sul lupo che quando voleva
aveva accesso al suo fondoschiena con una semplice alzata di
sopracciglio, perché
sì, il complesso in cui risiedeva era stato acquistato dalla
parte sopravvissuta
della famiglia Hale e il lupo aveva dato al branco
l’opportunità di
trasferirvici per poter essere più indipendenti dalle
famiglie e unito, visto
che gli appartamenti erano quattro più un attico e a nemmeno
di dieci minuti di
macchina dall’università e a lui Derek aveva dato
libero accesso alla propria Gold American
Express per ogni tipo di
spesa, dalla mobilia alla carta igienica.
- Alla luce di
tutto
ciò, arrivò a una sola conclusione: non poteva
capitare a una brava persona
come lui. Assolutamente, si disse, doveva essere realista e dare retta
al suo
cervello, il suo splendido cervello che realizzava più di
dieci pensieri
simultaneamente, portandoli tutti a termine con egregio successo, e che
non
sbagliava praticamente mai quando si trattava di congetture o altro,
quindi
doveva calmarsi ed evitare un qualsiasi attacco di panico prima di
scoprire
l’esito di quello stupido bastoncino, anche perché
se il suo sesto senso non
aveva sbagliato negli ultimi mesi, non significava avesse ragione anche
in quel
momento. Sì, era stato più stanco
nell’ultima settimana, ma solo di mattina, anche
se ciò bastava a rovinare la sua rutine e a farlo arrivare
in ritardo alle
prime ore di lezione, senza contare che il caffè, il suo
prezioso e amato caffè
fatto di caffeina pura gli faceva venire i conati di vomito ogni
qualvolta
l’aroma si librasse nell’aria e più di
una volta non era riuscito a baciare
Derek dopo che ne avesse bevuto anche solo un sorso, non che si
baciassero
spesso, anzi ora che ci rifletteva non si baciavano quasi mai, se non
quando
facevano sesso.
- «Stiles»
il
suo nome pronunciato con una punta di irritabilità nella
voce al di là della
pesante porta di legno lo fece sobbalzare e scattare in piedi
«Esigo tu esca
fuori dal mio bagno per gli ospiti, immediatamente» lui
cercò di protestare
accusandola di maleducazione e di essere una pessima padrona di casa
«Stilinski, non sono neppure le sei e mezza di mattina, se
non vuoi perdere la
capacità di ascoltare i tuoi stupidi e sconclusionati
monologhi, porta subito
le tue chiappe fuori dal mio bagno per gli ospiti».
- «Sono
indignato» se ne venne fuori con uno sbuffo, abbandonando il
bordo di ceramica
della vasca, recuperando l’asticella e mettendosela in tasta,
ma solo dopo
averla avvolta in una cospicua quantità di carta igienica
soffice e profumata
di color corallo «Sei la peggior vicina che potesse
capitarmi» si lamentò, una
volta abbandonata la piccola camera da bagno.
- «Certo,
perché sono stata io a buttarti già dal letto
nell’unica mattinata libera in
cui puoi dormire» sibilò lei infastidita,
raccogliendo i capelli ramati in una
coda alta con un chicco che teneva su un polso, andando poi a
incrociare le
braccia sotto al piccolo e sodo seno «Sputa
il rospo, Stilinski o dirò a Scott che
hai preferito il mio bagno degli ospiti, invece che il suo»
lo minacciò con
fare estremamente serio; Lydia lo osservò deglutire a vuoto
e portare in
automatico una mano a coprire la tasca da cui si intravedeva della
carta
igienica «Come ho detto, ho tutta la mattinata libera, decidi
se vuoi parlare
con le buone oppure -».
- «Altro
che
Banshee e Banshee, sei una strega» affermò con
fare sconfitto, rilassando però
nel contempo le spalle e distendendo le dita della mano sinistra che
aveva
inconsapevolmente arricciato a pugno «Non lo dirai a nessuno,
vero?» si
premurò, fissando lo sguardo sui propri piedi, coperti da
delle ciabatte di
spugna blu e bianche di quasi due numeri più grandi, aveva
preso quelle di
Derek «Ho un sospetto e volevo comprovarlo, tutto
qui» tagliò corto, avanzando
per superarla e alla domanda perché avesse scelto proprio il
suo di bagno
rispose con estrema sincerità «Perché
non ci sono lupi mannari qui, il lunedì
mattina».
- Lydia
arricciò le labbra da un lato, dandogli ragione ma anche
intenzionata a
scoprire il sospetto che l’aveva svegliata all’alba
«Allora, preferisci della
camomilla o del caffè?» domandò
prendendolo per un avambraccio e iniziando a
trascinarlo con sé verso la cucina.
- Aveva
inutilmente cercato di mentire o deviare gli argomenti e le risposte
per circa due
ore di seguito, ora però iniziava a essere stanco e ad avere
fame, così tanta
fame che il proprio stomaco incominciò vergognosamente a
gracchiare e costrinse
Lydia ad alzarsi e raggiungere la mensola di fianco al frigo ad incasso
e
tornare da lui con una confezione di merendine, ma quando fece per
afferrare
l’oggetto la rossa ritrasse la mano, ghignando leggermente e
alzando un sopracciglio
con fare ovvio «La vuoi, non è vero,
Stiles?» domandò con fare retorico e con
espressione soddisfatta quando lo vide leccarsi le labbra con fare
famelico «Allora
dammi ciò che hai in tasca».
- «Oh,
credimi
che non vorresti toccare ciò che ho in tasca,
davvero» cercò di convincerla con
fare serio, mentre continuava a fissare con fin troppa
golosità la merendina
che l’altra gli stava facendo ondeggiare davanti agli occhi.
Fu dunque quando
il suo stomaco lo implorò rumorosamente di assecondare lo
scambio e mettere in
ridicolo pure l’ultimo briciolo di dignità in
cambio di qualcosa con cui
riempire il vuoto esistenziale che da lì ad alcuni giorni lo
perseguiva
costantemente a intervalli regolari durante la giornata, seguito da una
leggera
e fastidiosa nausea, che qualcuno suonò alla porta,
costringendo la padrona di
casa ad abbassare la guardia e permettendo a lui di alzarsi in piedi,
afferrare
la merendina e dirigersi di corsa verso la porta, per tornarsene a casa.
- «Jackson,
fermalo!» urlò Lydia al proprio ragazzo che
però non afferrando il perché di
tale richiesta lasciò lo spazio a Stilinski di passare e
mettersi in salvo
dalle pressioni psicologiche di cui era stato vittima fino a quel
momento,
ricevendo un grazie che si perse per la tromba delle scale in seguito a
un
rumore sordo di porta e poi di chiavi.
- Aveva il
cuore che gli batteva forte e il fiato corto, eppure non aveva fatto
altro che
cinque rampe di scale, nulla di così esagerato, ricordava
che al liceo aveva
fatto molta più fatica durante gli allenamenti di lacrosse.
Tuttavia la fame
prevalse e quel pensiero passò subito in secondo piano,
mentre scartata dalla
confezione e addentava la merendina ripiena di marmellata e gemeva da
quanto
era buona. Gongolò ancora, masticando estasiato e
stiracchiandosi, mentre
andava in cucina e, passando davanti al salotto, non poté
non salutare Derek
che seduto sulla poltrona di pelle nera se ne stava a leggere un
giornale
«De-Derek?» domandò poi, riuscendo
grazie non sa neppure lui a quale stella a
non soffocarsi con il boccone che aveva in bocca «Cos-cosa
fai ancora qui?».
- «Questa
è
casa mia» ci tenne a precisare il lupo con tono piatto,
arricciando il naso e
alzando un sopracciglio «Perché hai qualcosa che
puzza di urina nella tasca
della felpa?».
- Stiles
sentì
la faccia e le orecchie improvvisamente più calde e non
riuscì a inventarsi
nulla per secondi interminabili in cui boccheggiò,
passandosi di tanto in tanto
la lingua sul labbro inferiore, non ottenendo altro se non di fare
insospettire
maggiormente il licantropo che piegò il giornale, posandolo
sul tavolino al suo
fianco e alzò anche l’altro sopracciglio, facendo
un gesto con l’indice come
incoraggiamento a parlare «Ve-vedi, non … non
è come può sembrare»
incominciò
fingendo un po’ più di tranquillità
«Anzi, la cosa è molto buffa, perché
sì,
sai, siamo entrambi uomini, cioè no. L’umano sono
io, tu sei un lupastro bello
e grosso» si corresse, simulando una risata divertita che
face trasparire solo
imbarazzo e incomodità, ma Stiles era già certo
che Derek sapesse esattamente qual
era il suo stato d’animo, grazie a quel stramaledetto olfatto
lupesco ultra
sensibile da alfa che si ritrovava «Oh, fanculo»
soffiò in un borbottio,
ficcandosi in bocca la metà di merendina che ancora
stringeva nella mano destre
e prendendo il pacco di carta igienica che aveva in tasca e
srotolandola «Lo so
che sono un maschio, che biologicamente non posso concepire eccetera,
ma il mio
cervello ha sommato tutti i sintomi che da due settimane a sta parte
ho» iniziò
a sputare parole a raffica, guadando dappertutto tranne che verso lo
stick che
aveva in mano e Derek «Lo so che non potrà mai
essere positivo, ma insomma, non
so dove sbattere la testa e adesso puoi ridere» concluse,
lanciando il
bastoncino a Derek e allontanandosi verso la pattumiera per buttar via
l’involucro della merendina e la carta igienica «Si
può sapere perché non ridi
o mi prendi in giro?» si lamentò, prendendosi un
bicchiere d’acqua e
svuotandolo in un sorso solo «Sarebbe più facile
se ridessi sai, invece di
stare zitt-» Stiles si bloccò quando girandosi
verso il salotto lo trovò
deserto «Ehi, Derek?» lo chiamò,
guardandosi attorno e poi cercandolo nelle
altre stanze che però risultarono vuote, perplesso
dell’improvvisa sparizione
del lupo, ma fiducioso nella sua ritrosia per il parlare con il
prossimo non si
preoccupò più di tanto. Stiles si
stiracchiò, allungando le braccia verso
l’alto, aveva lezione alle dieci e mezza, ma
l’energia che aveva in corpo lo
aveva completamente abbandonato, così recuperò
dall’armadio della camera da
letto una coperta e raggiunse il divano in salotto, una bella dormita
era ciò di
cui aveva bisogno dopo l’interrogatorio di Lydia, neppure
quelli di suo padre
lo sfiancavano così, senza contare l’ennesima
figuraccia fatta con Derek.
- Sbadigliò
sguaiatamente, socchiudendo gli occhi e dandosi nuovamente
dell’idiota per
l’idea assurda e stupida che aveva concepito e portato a
termine facendo quel
test di gravidanza.
- Si era
svegliato verso l’una passata, ancora un po’
spossato e pieno di fame. Ancora
nel dormiglia stava ragionando se vestirsi e scendere a prendere
qualcosa al
take a way all’angolo o se cucinare qualcosa da
sé. Sentì il proprio stomaco
reclamare nutrimento e da lì dedusse che il vestirsi, il
scendere le scale,
camminare fino al take a way e poi tornare a casa gli avrebbe fatto
perdere
troppo tempo se paragonato con lo scaldarsi gli avanzi della sera prima
che
aveva in frigo.
- Si
alzò dal
divano e prese in mano il bastoncino senza guardarlo, tanto era certo
del
risultato negativo e andò in cucina, tuttavia, quando
schiacciò la leva della
pattumiera e si aprì il coperchio abbassò lo
sguardo sulle caselline nel
momento in cui lasciò cedere il test e non poté
che sgranare gli occhi e aprire
così improvvisamente la bocca in una ‘o’
muta che la mandibola gli scricchiolò,
dandogli la sensazione che gli si sarebbe staccata.
- Stiles rimase
a fissare laddove era caduto il bastoncino per diversi secondi se non
interi
minuti, prima che si abbassasse a recuperarlo. Aveva letto un migliaio
di volte
le istruzione sul bugiardino, sapeva a memoria come dovevano essere le
lineette
se il test non fosse stato positivo o se non fosse stato valido e
quindi da
rifare; il test che Stiles aveva ostinatamente in mano non era
né da rifare né
negativo. Era fottutamente sbagliato. Non c’era altra
opzione. Fortunatamente
aveva preso una confezione doppia e il gemello di quello che teneva in
mano se
ne stava in camera da letto, nel suo cassetto in mezzo alle felpe dei
suoi eroi
dei fumetti preferiti, laddove Derek non avrebbe mai cercato un
indumento in
prestito.
- «Oh,
fanculo»
borbottò, quando dopo un’ora su entrambi i test le
linee non erano ancora
sparite, perché sperava davvero, che qualcosa cambiasse, che
una di quelle
linee sparisse «Non può capitare realmente a
me» piagnucolò, realizzando solo
in quell’istante perché Derek era sparito senza
dire nulla, sentendosi
immediatamente solo, rifiutato e perso «Oh, dannazione
Stiles» cercò di darsi
un contegno, provando a ricacciare indietro le lacrime che avevano
incominciato
a pizzicargli gli angoli degli occhi «Non siamo una
coppia» si disse, andando a
schiaffeggiarsi piano le guance quando si rese conto di essersi
depresso ancora
di più a quel commento sarcastico «E poi i test
sono fatti per le donne,
probabilmente hanno sbagliato perché sono uomo»
ragionò, andando finalmente a
mangiare e a placare i gorgoglii del proprio stomaco, ma quando
è arrivato a
metà piatto di lasagne che inizia a suonargli il cellulare;
a malincuore manda
giù il boccone che ha in bocca e si appresta a rispondere.
- Dopo una
breve conversazione con Deaton, e aver scritto su un foglietto di carta
un
numero di telefono e un indirizzo a cui si doveva presentare alla
quattro e un
quarto, tornò a mangiare e ignorò deliberatamente
la raccomandazione di non
muoversi da solo e di aspettare Derek.
- Aveva cercato
l’indirizzo che il veterinario ex capo di Scott gli aveva
lasciato su Google Maps, scoprendo
con piacevole
sorpresa che il posto in cui doveva recarsi non distava neppure una
mezzora da
dove abitava, così, dopo una doccia rigenerante, e
l’essersi vestito con una
felpa e dei jeans, lasciò l’appartamento; aveva
preso l’ascensore e giocherellava
con le chiavi della jeep ma non appena le porte si aprirono una mano le
intercettò ancora in aria e gliele sequestrò.
- «Non
puoi
guidare in queste condizioni» furono le parole che gli
vennero dette, mentre le
sue chiavi venivano messe nelle tasche di un giubbotto di pelle scura.
- «Posso
prendermi cura di me stesso da solo, Derek» sputò
con un po’ di rabbia,
allungando un braccio con il palmo della mano aperto verso
l’alto «Dammi le mie
chiavi».
- «Non
finché
c’è il rischio che ti addormenti
guidando» sentenziò lapidario il mannaro
fissando gli occhi verdi in quelli ambrati del più piccolo e
avanzando nel
piccolo vano elevatore, costringendo Stiles a indietreggiare,
finché le sue
spalle non cozzarono con la parete a specchio e le porte non si
chiusero «Non
puoi metterti in pericolo» aggiunse, andando ad appoggiare
una mano sul centro
del suo petto e spingendo leggermente nell’istante in cui
espirò, aiutandolo a
regolarizzare il respiro e ghignando contro le sue labbra
nell’istante in cui
gemette per il bacio a stampo che gli appoggiò sulla bocca
poco dopo.
- «Chi
ti credi
di essere?» aveva parlato una volta che il lupo gli si era
allontanato dal
volto, anche se in realtà aveva il cuore che gli tremava e
in testa una voce
non faceva che ripetere “ancora uno, ancora uno”
«Prima sparisci senza dire
nulla e poi -» Stiles si ammutolì da solo, quando
percepì qualcosa di freddo serrarsi
attorno al suo polso sinistro.
- «È
un
manufatto, azzera l’odore di chi lo porta»
snocciolò brevemente, dandogli le
spalle e pigiando il bottone apriporta, uscendo
dall’ascensore di gran passo
«Muovi il sedere, Stilinski» fu il turno
dell’umano di ghignare, mentre il suo
cuore, che aveva smesso di tremare come un pulcino, si sentiva meno
solo «Smettila
di sorridere e pure di pensare, posso sentire le tue stupide rotelle
muoversi
fin qui» venne ammonito, mentre prendevano posto
nell’abitacolo della Camaro.
- Stiles
sbuffò
a quelle parole, incominciando a lagnarsi sul fatto che se sorrideva e
stava
zitto non andava bene, se parlava ininterrottamente non andava bene e
veniva
pure minacciato di morte se non stava zitto «Insomma,
lupastro, devi fare
qualcosa per il tuo bipolarismo, sai?» affermò
improvvisamente irritato «Ho
pensato davvero fossi regredito alla fase
“problema-scappo”» parlò,
dandogli
poi una pacca leggera sulla spalla e abbandonandosi contro il sedile,
improvvisamente sentiva le palpebre pesanti «Ho creduto mi
stessi nuovamente
tagliando fuori, lasciandomi nei casini» riuscì a
dire sbadigliando due volte e
finendo la frase con un borbottio, prima di addormentarsi senza neppure
accorgersene «Visto che non siamo … una
coppia».
- Note.
- Un applauso a
voi che siete arrivati fin qui! Sono pronta a leggere ciò
che pensate di questo
primo capitolo e soprattutto di ricevere critiche costruttive! Un
bacione e a
martedì prossimo!