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Autore: Marlene93    18/11/2014    6 recensioni
Mpreg. Angst. Fluff.
Sterek.
Nemici. Incomprensioni. Amore.
Genere: Angst, Commedia, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Mpreg
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Me enamoré
 
 
 
Amo le Mpreg, è più forte di me, immaginare le mie OTP slash durante una gravidanza.
Amo le Mpreg e l’angst, perché un po’ di tristezza e dolore, rende le riconciliazioni più dolce.
Amo le Mpreg, l’angst e il fluff.
Dedico per ciò, questa mia prima storia, a tutti gli amanti del genere.
 
 
 
Era stato stupido, tremendamente stupido e insensato. Perché era un uomo, dannazione. Eppure… eppure eccolo lì, chiuso a chiave nel bagno della sua migliore amica, nonché ex infatuazione pluriannuale, ad aspettare che il tempo passasse e il timer impostato sul cellulare gli desse il via per guardare la sentenza che gli avrebbe potuto stravolgere l’esistenza, anche se era immensamente un’idiozia il solo concepire potesse venire un risultato differente da quello che si aspettava, ma nonostante ciò, se ne stava seduto sulla porcellana bianca della vasca, le mani serrate a stringerne il bordo bianco e i piedi a muoversi su e giù con nervosismo in un frenetico tap tap tap. Il suo cervello gli diceva che non poteva essere, che doveva stare tranquillo e che di certo si sarebbe fatto una grossa e grassa risata quando si sarebbe sporto a controllare l’esito e in un secondo momento avrebbe raccontato il tutto ai suoi amici che gli avrebbero anche dato dell’idiota, dopo avergli riso in faccia: perché era un uomo dannazione e okay, faceva occasionalmente del sesso con un lupo mannaro, del meraviglioso sesso occasionale senza alcun impegno il martedì, il giovedì e il sabato e la domenica, ma che lo facesse con una creatura che nel collettivo delle coscienze umane non esistesse era una certezza lontana anni luce dal solo potersi essere cacciato in una situazione del genere, visto che erano entrambi maschi e senza apparati femminili.
Per di più, lui era anche un bravo, bravissimo studente universitario di mattina e un paio di pomeriggi a settimana, nel tempo libero cercava di non restarci secco nel risolvere qualche enigma e problema legato al soprannaturale assieme al branco e lavorava pure in un negozio d’abbigliamento al centro commerciale quando lo chiamavano, per non pesare troppo sulle spalle di suo padre che gli passava i soldi per “l’affitto”. E soprattutto per non pesare sul lupo che quando voleva aveva accesso al suo fondoschiena con una semplice alzata di sopracciglio, perché sì, il complesso in cui risiedeva era stato acquistato dalla parte sopravvissuta della famiglia Hale e il lupo aveva dato al branco l’opportunità di trasferirvici per poter essere più indipendenti dalle famiglie e unito, visto che gli appartamenti erano quattro più un attico e a nemmeno di dieci minuti di macchina dall’università e a lui Derek aveva dato libero accesso alla propria Gold American Express per ogni tipo di spesa, dalla mobilia alla carta igienica.
Alla luce di tutto ciò, arrivò a una sola conclusione: non poteva capitare a una brava persona come lui. Assolutamente, si disse, doveva essere realista e dare retta al suo cervello, il suo splendido cervello che realizzava più di dieci pensieri simultaneamente, portandoli tutti a termine con egregio successo, e che non sbagliava praticamente mai quando si trattava di congetture o altro, quindi doveva calmarsi ed evitare un qualsiasi attacco di panico prima di scoprire l’esito di quello stupido bastoncino, anche perché se il suo sesto senso non aveva sbagliato negli ultimi mesi, non significava avesse ragione anche in quel momento. Sì, era stato più stanco nell’ultima settimana, ma solo di mattina, anche se ciò bastava a rovinare la sua rutine e a farlo arrivare in ritardo alle prime ore di lezione, senza contare che il caffè, il suo prezioso e amato caffè fatto di caffeina pura gli faceva venire i conati di vomito ogni qualvolta l’aroma si librasse nell’aria e più di una volta non era riuscito a baciare Derek dopo che ne avesse bevuto anche solo un sorso, non che si baciassero spesso, anzi ora che ci rifletteva non si baciavano quasi mai, se non quando facevano sesso.
«Stiles» il suo nome pronunciato con una punta di irritabilità nella voce al di là della pesante porta di legno lo fece sobbalzare e scattare in piedi «Esigo tu esca fuori dal mio bagno per gli ospiti, immediatamente» lui cercò di protestare accusandola di maleducazione e di essere una pessima padrona di casa «Stilinski, non sono neppure le sei e mezza di mattina, se non vuoi perdere la capacità di ascoltare i tuoi stupidi e sconclusionati monologhi, porta subito le tue chiappe fuori dal mio bagno per gli ospiti».
«Sono indignato» se ne venne fuori con uno sbuffo, abbandonando il bordo di ceramica della vasca, recuperando l’asticella e mettendosela in tasta, ma solo dopo averla avvolta in una cospicua quantità di carta igienica soffice e profumata di color corallo «Sei la peggior vicina che potesse capitarmi» si lamentò, una volta abbandonata la piccola camera da bagno.
«Certo, perché sono stata io a buttarti già dal letto nell’unica mattinata libera in cui puoi dormire» sibilò lei infastidita, raccogliendo i capelli ramati in una coda alta con un chicco che teneva su un polso, andando poi a incrociare le braccia sotto al piccolo e sodo seno  «Sputa il rospo, Stilinski o dirò a Scott che hai preferito il mio bagno degli ospiti, invece che il suo» lo minacciò con fare estremamente serio; Lydia lo osservò deglutire a vuoto e portare in automatico una mano a coprire la tasca da cui si intravedeva della carta igienica «Come ho detto, ho tutta la mattinata libera, decidi se vuoi parlare con le buone oppure -».
«Altro che Banshee e Banshee, sei una strega» affermò con fare sconfitto, rilassando però nel contempo le spalle e distendendo le dita della mano sinistra che aveva inconsapevolmente arricciato a pugno «Non lo dirai a nessuno, vero?» si premurò, fissando lo sguardo sui propri piedi, coperti da delle ciabatte di spugna blu e bianche di quasi due numeri più grandi, aveva preso quelle di Derek «Ho un sospetto e volevo comprovarlo, tutto qui» tagliò corto, avanzando per superarla e alla domanda perché avesse scelto proprio il suo di bagno rispose con estrema sincerità «Perché non ci sono lupi mannari qui, il lunedì mattina».
Lydia arricciò le labbra da un lato, dandogli ragione ma anche intenzionata a scoprire il sospetto che l’aveva svegliata all’alba «Allora, preferisci della camomilla o del caffè?» domandò prendendolo per un avambraccio e iniziando a trascinarlo con sé verso la cucina.
 
Aveva inutilmente cercato di mentire o deviare gli argomenti e le risposte per circa due ore di seguito, ora però iniziava a essere stanco e ad avere fame, così tanta fame che il proprio stomaco incominciò vergognosamente a gracchiare e costrinse Lydia ad alzarsi e raggiungere la mensola di fianco al frigo ad incasso e tornare da lui con una confezione di merendine, ma quando fece per afferrare l’oggetto la rossa ritrasse la mano, ghignando leggermente e alzando un sopracciglio con fare ovvio «La vuoi, non è vero, Stiles?» domandò con fare retorico e con espressione soddisfatta quando lo vide leccarsi le labbra con fare famelico «Allora dammi ciò che hai in tasca».
«Oh, credimi che non vorresti toccare ciò che ho in tasca, davvero» cercò di convincerla con fare serio, mentre continuava a fissare con fin troppa golosità la merendina che l’altra gli stava facendo ondeggiare davanti agli occhi. Fu dunque quando il suo stomaco lo implorò rumorosamente di assecondare lo scambio e mettere in ridicolo pure l’ultimo briciolo di dignità in cambio di qualcosa con cui riempire il vuoto esistenziale che da lì ad alcuni giorni lo perseguiva costantemente a intervalli regolari durante la giornata, seguito da una leggera e fastidiosa nausea, che qualcuno suonò alla porta, costringendo la padrona di casa ad abbassare la guardia e permettendo a lui di alzarsi in piedi, afferrare la merendina e dirigersi di corsa verso la porta, per tornarsene a casa.
«Jackson, fermalo!» urlò Lydia al proprio ragazzo che però non afferrando il perché di tale richiesta lasciò lo spazio a Stilinski di passare e mettersi in salvo dalle pressioni psicologiche di cui era stato vittima fino a quel momento, ricevendo un grazie che si perse per la tromba delle scale in seguito a un rumore sordo di porta e poi di chiavi.
Aveva il cuore che gli batteva forte e il fiato corto, eppure non aveva fatto altro che cinque rampe di scale, nulla di così esagerato, ricordava che al liceo aveva fatto molta più fatica durante gli allenamenti di lacrosse. Tuttavia la fame prevalse e quel pensiero passò subito in secondo piano, mentre scartata dalla confezione e addentava la merendina ripiena di marmellata e gemeva da quanto era buona. Gongolò ancora, masticando estasiato e stiracchiandosi, mentre andava in cucina e, passando davanti al salotto, non poté non salutare Derek che seduto sulla poltrona di pelle nera se ne stava a leggere un giornale «De-Derek?» domandò poi, riuscendo grazie non sa neppure lui a quale stella a non soffocarsi con il boccone che aveva in bocca «Cos-cosa fai ancora qui?».
«Questa è casa mia» ci tenne a precisare il lupo con tono piatto, arricciando il naso e alzando un sopracciglio «Perché hai qualcosa che puzza di urina nella tasca della felpa?».
Stiles sentì la faccia e le orecchie improvvisamente più calde e non riuscì a inventarsi nulla per secondi interminabili in cui boccheggiò, passandosi di tanto in tanto la lingua sul labbro inferiore, non ottenendo altro se non di fare insospettire maggiormente il licantropo che piegò il giornale, posandolo sul tavolino al suo fianco e alzò anche l’altro sopracciglio, facendo un gesto con l’indice come incoraggiamento a parlare «Ve-vedi, non … non è come può sembrare» incominciò fingendo un po’ più di tranquillità «Anzi, la cosa è molto buffa, perché sì, sai, siamo entrambi uomini, cioè no. L’umano sono io, tu sei un lupastro bello e grosso» si corresse, simulando una risata divertita che face trasparire solo imbarazzo e incomodità, ma Stiles era già certo che Derek sapesse esattamente qual era il suo stato d’animo, grazie a quel stramaledetto olfatto lupesco ultra sensibile da alfa che si ritrovava «Oh, fanculo» soffiò in un borbottio, ficcandosi in bocca la metà di merendina che ancora stringeva nella mano destre e prendendo il pacco di carta igienica che aveva in tasca e srotolandola «Lo so che sono un maschio, che biologicamente non posso concepire eccetera, ma il mio cervello ha sommato tutti i sintomi che da due settimane a sta parte ho» iniziò a sputare parole a raffica, guadando dappertutto tranne che verso lo stick che aveva in mano e Derek «Lo so che non potrà mai essere positivo, ma insomma, non so dove sbattere la testa e adesso puoi ridere» concluse, lanciando il bastoncino a Derek e allontanandosi verso la pattumiera per buttar via l’involucro della merendina e la carta igienica «Si può sapere perché non ridi o mi prendi in giro?» si lamentò, prendendosi un bicchiere d’acqua e svuotandolo in un sorso solo «Sarebbe più facile se ridessi sai, invece di stare zitt-» Stiles si bloccò quando girandosi verso il salotto lo trovò deserto «Ehi, Derek?» lo chiamò, guardandosi attorno e poi cercandolo nelle altre stanze che però risultarono vuote, perplesso dell’improvvisa sparizione del lupo, ma fiducioso nella sua ritrosia per il parlare con il prossimo non si preoccupò più di tanto. Stiles si stiracchiò, allungando le braccia verso l’alto, aveva lezione alle dieci e mezza, ma l’energia che aveva in corpo lo aveva completamente abbandonato, così recuperò dall’armadio della camera da letto una coperta e raggiunse il divano in salotto, una bella dormita era ciò di cui aveva bisogno dopo l’interrogatorio di Lydia, neppure quelli di suo padre lo sfiancavano così, senza contare l’ennesima figuraccia fatta con Derek.
Sbadigliò sguaiatamente, socchiudendo gli occhi e dandosi nuovamente dell’idiota per l’idea assurda e stupida che aveva concepito e portato a termine facendo quel test di gravidanza.
 
Si era svegliato verso l’una passata, ancora un po’ spossato e pieno di fame. Ancora nel dormiglia stava ragionando se vestirsi e scendere a prendere qualcosa al take a way all’angolo o se cucinare qualcosa da sé. Sentì il proprio stomaco reclamare nutrimento e da lì dedusse che il vestirsi, il scendere le scale, camminare fino al take a way e poi tornare a casa gli avrebbe fatto perdere troppo tempo se paragonato con lo scaldarsi gli avanzi della sera prima che aveva in frigo.
Si alzò dal divano e prese in mano il bastoncino senza guardarlo, tanto era certo del risultato negativo e andò in cucina, tuttavia, quando schiacciò la leva della pattumiera e si aprì il coperchio abbassò lo sguardo sulle caselline nel momento in cui lasciò cedere il test e non poté che sgranare gli occhi e aprire così improvvisamente la bocca in una ‘o’ muta che la mandibola gli scricchiolò, dandogli la sensazione che gli si sarebbe staccata.
Stiles rimase a fissare laddove era caduto il bastoncino per diversi secondi se non interi minuti, prima che si abbassasse a recuperarlo. Aveva letto un migliaio di volte le istruzione sul bugiardino, sapeva a memoria come dovevano essere le lineette se il test non fosse stato positivo o se non fosse stato valido e quindi da rifare; il test che Stiles aveva ostinatamente in mano non era né da rifare né negativo. Era fottutamente sbagliato. Non c’era altra opzione. Fortunatamente aveva preso una confezione doppia e il gemello di quello che teneva in mano se ne stava in camera da letto, nel suo cassetto in mezzo alle felpe dei suoi eroi dei fumetti preferiti, laddove Derek non avrebbe mai cercato un indumento in prestito.
 
«Oh, fanculo» borbottò, quando dopo un’ora su entrambi i test le linee non erano ancora sparite, perché sperava davvero, che qualcosa cambiasse, che una di quelle linee sparisse «Non può capitare realmente a me» piagnucolò, realizzando solo in quell’istante perché Derek era sparito senza dire nulla, sentendosi immediatamente solo, rifiutato e perso «Oh, dannazione Stiles» cercò di darsi un contegno, provando a ricacciare indietro le lacrime che avevano incominciato a pizzicargli gli angoli degli occhi «Non siamo una coppia» si disse, andando a schiaffeggiarsi piano le guance quando si rese conto di essersi depresso ancora di più a quel commento sarcastico «E poi i test sono fatti per le donne, probabilmente hanno sbagliato perché sono uomo» ragionò, andando finalmente a mangiare e a placare i gorgoglii del proprio stomaco, ma quando è arrivato a metà piatto di lasagne che inizia a suonargli il cellulare; a malincuore manda giù il boccone che ha in bocca e si appresta a rispondere.
Dopo una breve conversazione con Deaton, e aver scritto su un foglietto di carta un numero di telefono e un indirizzo a cui si doveva presentare alla quattro e un quarto, tornò a mangiare e ignorò deliberatamente la raccomandazione di non muoversi da solo e di aspettare Derek.
 
Aveva cercato l’indirizzo che il veterinario ex capo di Scott gli aveva lasciato su Google Maps, scoprendo con piacevole sorpresa che il posto in cui doveva recarsi non distava neppure una mezzora da dove abitava, così, dopo una doccia rigenerante, e l’essersi vestito con una felpa e dei jeans, lasciò l’appartamento; aveva preso l’ascensore e giocherellava con le chiavi della jeep ma non appena le porte si aprirono una mano le intercettò ancora in aria e gliele sequestrò.
«Non puoi guidare in queste condizioni» furono le parole che gli vennero dette, mentre le sue chiavi venivano messe nelle tasche di un giubbotto di pelle scura.
«Posso prendermi cura di me stesso da solo, Derek» sputò con un po’ di rabbia, allungando un braccio con il palmo della mano aperto verso l’alto «Dammi le mie chiavi».
«Non finché c’è il rischio che ti addormenti guidando» sentenziò lapidario il mannaro fissando gli occhi verdi in quelli ambrati del più piccolo e avanzando nel piccolo vano elevatore, costringendo Stiles a indietreggiare, finché le sue spalle non cozzarono con la parete a specchio e le porte non si chiusero «Non puoi metterti in pericolo» aggiunse, andando ad appoggiare una mano sul centro del suo petto e spingendo leggermente nell’istante in cui espirò, aiutandolo a regolarizzare il respiro e ghignando contro le sue labbra nell’istante in cui gemette per il bacio a stampo che gli appoggiò sulla bocca poco dopo.
«Chi ti credi di essere?» aveva parlato una volta che il lupo gli si era allontanato dal volto, anche se in realtà aveva il cuore che gli tremava e in testa una voce non faceva che ripetere “ancora uno, ancora uno” «Prima sparisci senza dire nulla e poi -» Stiles si ammutolì da solo, quando percepì qualcosa di freddo serrarsi attorno al suo polso sinistro.
«È un manufatto, azzera l’odore di chi lo porta» snocciolò brevemente, dandogli le spalle e pigiando il bottone apriporta, uscendo dall’ascensore di gran passo «Muovi il sedere, Stilinski» fu il turno dell’umano di ghignare, mentre il suo cuore, che aveva smesso di tremare come un pulcino, si sentiva meno solo «Smettila di sorridere e pure di pensare, posso sentire le tue stupide rotelle muoversi fin qui» venne ammonito, mentre prendevano posto nell’abitacolo della Camaro.
Stiles sbuffò a quelle parole, incominciando a lagnarsi sul fatto che se sorrideva e stava zitto non andava bene, se parlava ininterrottamente non andava bene e veniva pure minacciato di morte se non stava zitto «Insomma, lupastro, devi fare qualcosa per il tuo bipolarismo, sai?» affermò improvvisamente irritato «Ho pensato davvero fossi regredito alla fase “problema-scappo”» parlò, dandogli poi una pacca leggera sulla spalla e abbandonandosi contro il sedile, improvvisamente sentiva le palpebre pesanti «Ho creduto mi stessi nuovamente tagliando fuori, lasciandomi nei casini» riuscì a dire sbadigliando due volte e finendo la frase con un borbottio, prima di addormentarsi senza neppure accorgersene «Visto che non siamo … una coppia».
 
 
 
 
 
 
Note.
Un applauso a voi che siete arrivati fin qui! Sono pronta a leggere ciò che pensate di questo primo capitolo e soprattutto di ricevere critiche costruttive! Un bacione e a martedì prossimo!
   
 
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