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Autore: amy holmes_JW    18/11/2014    2 recensioni
la serenità è qualcosa che bisogna conquistare, qualcosa che si guadagna con fatica e si perde con estrema facilità.
Basta una visita per far crollare la bolla della vita perfetta di Sherlock e John, fatto di casi, di tazze di tè, di amicizia, di amore.
dal prologo:
" Il mondo crolla: basta una frase detta di getto freddamente a rallentare il tempo nell’appartamento e a rimischiare le carte del destino. [...] John non credette alle sue orecchie. I suoi incubi si stavano per avverarsi. "
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il campanello del 221B suonava ininterrottamente con suoni secchi e decisi.
- John! La porta. Hanno suonato. – urlò Sherlock senza aprire gli occhi, e sperando di poter tornare subito nel proprio Mind Palace.
- Sherlock, non posso andare ad aprire. Sono in accappatoio. Non abbiamo ordinato nulla, deve essere sicuramente un cliente. Mostrati disponibile e ascoltalo, io arrivo. – John rispose, tenendo il tono di voce elevato, dalla propria stanza mentre si vestiva in fretta.
- Non è di certo un cliente, la pressione è decisa e forte, inoltre è troppo insistente. - il consulting detective si alzò malvolentieri dal divano senza aspettare la risposta, poiché era solo una costatazione fine a se stessa. Si sistemò la camicia e, pigramente, si diresse alla porta pensando distrattamente al coinquilino.
Aprì la porta, pronto ad attaccare chiunque fosse venuto a disturbare, ma ciò che vide lo lasciò pieno di sgomento, che nascose velocemente; due uomini in divisa, i cappelli sotto le braccia, le cinture strette in vita tenevano fermi i guanti immacolati. L’unica differenza nell’abbigliamento era il numero di medaglie di ognuno.
Sherlock li ispezionò con gli occhi gelidi, respirò leggermente più forte quando costatò che le fondine erano vuote, poi si spostò lasciandoli entrare e accompagnandoli nel salotto incasinato.
I due si accomodarono compostamente sul divano, mentre il detective si sedette sulla sua poltrona.
- Siamo qui per parlare col capitano Watson. – spiegò uno con voce bassa e guardando solo di striscio la stanza intorno a lui.
- Immagino non per cortesia. – Sherlock rifletté tenendo lo sguardo fisso, accavallando le gambe e sostenendo il mento con la mano destra, la voce non riuscì a nascondere l’acidità in parte gratuita.
In quel momento arrivò John, fresco di doccia, con un sorriso che si gelò alla vista dei due ospiti.
- Salve. – salutò con circospezione spostando lo sguardo dubbioso da uno all’altro.
Al suono della sua voce i due si voltarono e, sull’attenti, lo salutarono col consueto gesto; John rimase immobile e rigido senza rispondere.
- Mi presento, colonnello Berrey, e lui è il sergente in seconda Clark, è venuti per lei capitan Watson. – parlò il militare rimasto in silenzio fino a quel momento.
- Non capisco per quale motivo siate qui, ma prego, sedetevi e ditemi cosa vi porta da me. – John fa segno con la mano enfatizzando le sue parole, accomodandosi a sua volta sulla propria poltrona.
- Credo che la mia presenza non sia necessaria, lasciate che prepari un tè per tutti. – disse Sherlock in un tono fin troppo servile, il dottore scambiò uno sguardo di apprensione con lui. Sapeva che non era da Sherlock preparare il tè e fare il padrone di casa, ma, soprattutto, anche se non voleva ammetterlo ad alta voce davanti ai militari, John sentiva il bisogno che lui rimanesse lì al suo fianco.
- Capitan Watson, lei è un militare eccezionale, le sue doti mediche sono impressionanti e lei sembra avere ripreso pienamente il possesso del suo corpo. Sappiamo che la sua malattia psicosomatica è completamente guarita. – iniziò il colonnello.
- Credo che lei sia a conoscenza degli ultimi fatti successi nel Medio Oriente e nel nord dell’Africa. – fece eco il sergente cercando di arrivare velocemente al dunque.
- Certo, sono informato su ogni cosa, come ogni cittadino della Gran Bretagna – rispose acido John col desiderio ardente che se ne andassero velocemente, e per sempre.
A Sherlock, di ritorno con la teiera fumante circondata da cinque tazze del tè, zucchero e latte; tutto disposto ordinatamente su un vassoio, non scappò il sorrisetto nervoso trattenuto dal sergente.
La tensione era sicuramente palpabile. I militari raccontavano zelantemente dei colpi, dei gesti di resistenza e delle decapitazioni per mano del nucleo estremista ISIS, divenuto così famoso ultimamente. La maggior parte delle informazioni era di dominio pubblico, ma altre no; questo portò John a pensare e l’idea che quella visita gli faceva saltare in mente era un’idea che lo colmava di orrore.
Per mascherare la tensione, tutti, contemporaneamente, sorseggiarono il loro tè.

- In pratica, siamo qui per dirvi che lei è arruolato nuovamente nell’esercito. –

il mondo crolla: basta una frase detta di getto freddamente a rallentare il tempo nell’appartamento e a rimischiare le carte del destino.
Sherlock poggia con mano impercettibilmente tremolante, la tazza, John nota il liquido ambrato del compagno muoversi all’interno della porcellana, nascondendo ogni cosa dietro uno sguardo impassibile.
- Vi dimenticate la cosa più importante, io sono un EX-medico militare, sono stato congedato circa cinque anni fa. – disse sottolineando la parola “ex”, la rabbia nella voce tradì la sua compostezza. Sherlock sentì il bisogno di alzarsi per calmare il dottore e, se stesso, perciò, lo affiancò, stringedogli la spalla per dare sostegno a entrambi.
I due militari si guardano accigliati per il gesto prima che il sergente tornò a parlare.
- È stato reinserito con direttive speciali, deve ammettere che non è passato inosservato in questi anni. – il veleno bruciava sulle lingue di ogni uomo nel 221B.
- Direttive speciali? – John non credette alle sue orecchie. I suoi incubi si stavano per avverarsi.
- E inderogabili, ha una settimana prima di presentarsi all’aeroporto militare. Il suo stile di vita le permette di poter entrare  subito in campo. La sua esercitazione sarà direttamente sul suolo straniero. Ovviamente il suo compito sarà ancora quello di medico. – fu il colonnello a mettere la parola fine alzandosi e avviandosi alla porta e ristabilendo l'oridne gerarchico militare, poichè; quando un colonnello parla un sergente e un capitano devono stare agli ordini.
Clark eseguì il saluto militare davanti a uno Sherlock immobile e un John livido di rabbia.
I militari uscirono nel silenzio assordante dell’appartamento.


Dopo minuti interminabili il biondo si alzò e si pose di fronte al moro appoggiando la fronte contro la sua. Gli occhi di ghiaccio non vedevano, erano inespressivi, persi in pensieri lontani.
- Sherlock, torna da me, ti prego. – il detective si risvegliò alla supplica sussurrata a un passo dalle sue labbra.
- Non ce la farai, appena arriverai là il trauma psicosomatico, si presenterà con una forza distruttiva. Solo la notizia ti ha provocato un forte fastidio alla gamba, tanto che ora ti stai sorreggendo appoggiandoti allo schienale della poltrona, inoltre un leggero tremolio si è impossessato della tua mano destra. – Sherlock era tornato il freddo calcolatore, dedito alle deduzioni e all’osservazione. Questo era un bene.
Un sorriso amaro appare sulla bocca di John.
- Vorrà dire che mi rispediranno subito a casa. -
- No, crederanno che sia un brutto tiro mancino per tornare a Londra, chiunque sia ributtato in guerra farebbe carte false per andarsene il più presto possibile. Non sarebbe molto degno di te, Capitan Watson. – Sherlock non sentiva davvero ciò che diceva, il cervello parlava dando fiato alla bocca, nessun filtro lo bloccava.
- Mr. governo inglese, al nostro primo incontro mi disse che i dolori erano causati dalla mancanza della guerra, magari questi piccoli fastidi passeranno appena metterò piede in quei luoghi dimenticati da Dio. A domani Sherlock. – il ricordo del primo giorno della vita con il detective colpirono John come uno schiaffo a mano ben aperta, decise, così, di rifugiarsi per l’intera giornata nella sua stanza circondato dalle sue vecchie cose da militare e i pensieri.

- Mycroft –

Quando Sherlock riemerge dal suo mind palace con il nome del fratello sulle proprie labbra è notte fonda. Decide di suonare qualcosa per John, perché sa che è assopito nella sua ex stanza e non nella loro, perché sa che non sta dormendo bene.









ennesima storia senza pretesa nel fandom Sherlock, una vocina mi dice che forse dovrei cercare altri fandom, ma al momento le idee mi vengono solo su questa fantastica serie.
Vorrei solo precisare alcune cose:
- questa storia non vuole minimizzare i problemi che ora colpiscono gran parte del mondo, ma vuole essere quasi una liberazione di una paura.
- i gradi militari potrebbero, anzi, sono quasi sicuramente, sbagliati
- i personaggi non mi appartengono, ma sono, in primis del grande Sir.A.Conandoyle e, poi, di quel sadico di Moffatt e il più pacato Gattis
- scrivo solo per il piacere di farlo

Penso di aver abbastanza rotto le suddette,per questo andrò a nascondermi nella grotta di Smaug per fargli i grattini sul pancino.
Grazie per chi leggerà e chi, mosso da grande compassione, lascierà un commento.
Che la fortuna possa essere sempre in vostro favore (HG)
e... Don't Panic (HGG)
See u :D


 

 

  
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