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Autore: Son of a Chopperman    19/11/2014    0 recensioni
Butch riflette se quello che sta per fare sul ring è una buona idea e si convince di sì. L'azione passa poi direttamente sul quadrato da combattimento, dove il Toro non solo "non manda il suo culo al tappeto alla quinta ripresa", ma finisce per uccidere il suo avversario per la durezza eccessiva dei colpi. Senza neanche cambiarsi, poichè nell'arena ci sono gli uomini di Marcellus Wallace che lo cercano, salta giù dalla finestra, sotto la quale ad aspettarlo c'è un taxi. Butch intraprende una conversazione con l'autista su cosa si provi ad uccidere un uomo con le proprie mani e, una volta sceso, poichè questa l'ha identificato inizialmente come "il pugile assassino della radio", le offre dei soldi in più per tenere la bocca chiusa sulla corsa appena avvenuta. Butch entra poi nel motel, dove ad aspettarlo c'è la moglie Fabienne, con la quale egli ha un rapporto orale. Infine, dopo essersi fatto una doccia, si addormenta come un sasso, ma i suoi non sono sogni tranquilli.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
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Sono seduto su una panca e rifletto se quello che sto per fare valga davvero la pena. Diavolo, ma perchè continuo a pensarci? Una volta che tutta questa storia sarà finita sarò a godermi il mio Vodka Martini, sdraiato sulla spiagga di una sperduta isola tropicale, mano nella mano a Fabienne. Ah, le notti di sesso, le sbronze che durano giorni, la calma e la tranquillità di un paradiso dimenticato da Dio. Ma ora basta, non è il momento di fare tali fantasticherie, ho un compito da svolgere. Il rumore della campana che suona, seguito da quello del presentatore che annuncia il prossimo incontro, mi riportano sulla Terra. Batto i guantoni l'uno contro l'altro e mordo il paradenti. Sono un toro e quant'è vero iddio adesso salgo su quel ring e il figlio di puttana lo incorno. "Alla quinta il mio culo andrà al tappeto". Dannato Marcellus Wallas, ti faccio vedere io come si fa sposare il deretano di qualcuno col suolo. L'arena è piccola, ma calda. Sono finiti i tempi del Trump Plaza, del Madison Square Carden, del Pontiac Silverdome. Ma a me non importa, sono ricco. Fanculo il ceto sociale del pubblico e la grandezza del palazzetto. Il tizio che devo affrontare è già sul ring che mi aspetta; è grosso, carnagione marroncino chiaro, è l'abbronzatura che ti fai lavorando ore al porto sotto il sole. Questo ha visto giorni migliori, ve lo dico io. Fare il pugile e dover arrotondare scaricando casse per portare il pane a casa è raschiare il fondo del barile. Ok, sono pronto. Per i primi quattro round recito la parte, ci sono gli uomini di Marcellus tra il pubblico. Alla quinta ripresa inizio a vacillare nei primi secondi, il tizio scuro mi mette all'angolo e l'arbitro chiama un break, ma la pausa dura pochi secondi. Mi lancio su di lui come una furia, inizio a menare colpi come se piovessero, utilizzando la combinazione "Corpo-testa". Al decimo o undicesimo pugno che gli mollo al costato, il tizio apre le difese per l'ultima volta. Un pugno violentissimo. Crack. Ho sentito le ossa del suo cranio rompersi. Il pubblico non ci crede, qualche bambino piange. Non so dove sono, ma gli scagnozzi del grande capo si staranno corrodendo il fegato. Adesso lavorano per un povero stronzo che, oltre ad avere un pugile morto sulla busta paga, è pure stato fregato. Coi soldi ci si può comprare il mio ritiro, ma non la mia faccia. Si fotta Marcellus Wallace, si fotta il mio culo al tappeto. Ho vinto io, in tutto e per tutto. Corro negli spogliatoi senza neanche farmi alzare il braccio dall'arbitro, non mi tolgo manco i guantoni e, afferrata la mia borsa, apro la finestra del camerino e guardo giù: ad aspettarmi c'è già il mio taxi. Getto il bagaglio e poi mi butto anch'io, finendo su un cumulo di sacchi della spazzatura. Me li scrollo di dosso e apro velocemente la portiera, poi incito l'autista a partire subito. Chi mi sta trasportando al motel da Fabienne è una ragazza ispanica. O almeno credo. Ogni mio dubbio viene chiarito quando mi chiede se sono il pugile. Le chiedo di quale pugile sta parlando mentre mi tolgo i guantoni e mi srotolo le fasciature dalle mani. Lei mi risponde che sta alludendo a quello della radio. Le dico di sì, mentre mi infilo la maglietta bianca. La sua domanda successiva è cosa si prova ad uccidere un uomo. La mia risposta è che questa informazione le costerà una sigaretta. Non se lo fa dire due volte e me ne passa una, che accendo subito. Le dico che non provi assolutamente niente, è qualcosa di vuoto. Io ho sentito solo il rumore delle ossa del suo cranio che si frantumavano, l'ho a dir poco distrutto. Sorride, mi chiedo il perchè. Cosa ci sarà mai di affascinante nel sentire il racconto di un omicidio, in fondo siamo a Los Angeles. Il resto del viaggio prosegue in silenzio, ma la signorina che guida, la quale scopro chiamarsi Esmeralda Villalobòs, non mi stacca per un attimo gli occhi di dosso dallo specchietto retrovisore nè si toglie dal volto un sorriso quasi eccitato. Arriviamo al motel e, una volta sceso, la guardo negli occhi verdi come la giada e, oltre ai quaranta della corsa, gliene passo altri cento. Dopo averle regalato la cospicua mancia, mi appoggio al finestrino e le chiedo chi ha trasportato stasera. Lei mi risponde che sul suo taxi, questa notte, è salito un bel trio di mariachi pieni d'alcool in corpo e ben vestiti. Siamo d'accordo. Giro la chiave nella serratura ed entro nella stanza. Sul letto è stesa Fabienne. Starà dormendo? No. Mi chiede com'è andata e io le rispondo che ho appena ucciso un uomo. Lei non si scompone, anzi quasi sorride. Mi chiede di sdraiarsi lì con lei, ma io le rispondo che puzzo troppo e devo farmi una doccia. Ma in fondo, a lei piace il mio odore e così la accontento. Mi si sdraia sopra e mi bacia delicatamente. Io la giro e le vado sopra, baciandole il collo. Le dico che ho voglia di lei e Fabienne mi dà del bambino birbante. Scendo e inizio a sfilarle le mutandine bianche. Lei mi tiene la testa, mi chiama "amore mio" e dice che l'avventura è appena cominciata. Ed ha ragione. Per mezz'ora sono in un altro mondo e lei è con me, poi torno a concentrarmi sulla realtà e vado a farmi una doccia. Mentre Fabienne si lava i denti le propongo alcuni posti che potremmo visitare o nei quali potremmo andare con tutti i soldi che ho ricavato da questa cosa. Messico, Costa Rica, Caraibi. Ora è tutto nelle nostre mani. La bacio, il mio piccolo tulipano. Le piace quando la chiamo così. Sono troppo stanco però. Mi sdraio sul letto e perdo subito i sensi. Sogno di essere in un paesaggio completamente nero. L'oscurità è sconfinata, dove mi giro è buio. Davanti a me c'è un uomo di colore in smoking grigio. Dopo avermi dato del brutto figlio di puttana, sorride sadicamente e tira fuori una pistola. Bang. Mi sveglio di soprassalto. Era solo un sogno. Marcellus non può sapere dove sono e dove andrò. Lui ha perso, io ho vinto. Fine della storia. Solo nei sogni mi può battere, quel povero stronzo fallito del cazzo. Mi alzo e chiedo a Fabienne se le va di fare colazione con me, lei annuisce. Dev'essere già in piedi da un po' e sta guardando un film pieno di motociclette, esplosioni e gente che vola da ogni parte nello schermo. Mi infilo i pantaloni e la maglietta e frugo dentro la tasca interna della mia valigia. Guardo Fabienne con occhi spiritati. Andava tutto così bene. Dove cazzo è l'orologio d'oro di mio padre?
   
 
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