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Autore: Midnight_whisper    19/11/2014    1 recensioni
Un ponte unisce o divide? Rende più vicini o sottolinea la distanza fra le due sponde?
Questa è la storia di un'esperienza speciale, di un ponte speciale, tracciato dalla luna.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Aveva i capelli pieni di sabbia. Detestava quella sensazione. Eppure il cielo era così buio, le stelle così luminose. Valeva la pena di lasciarsi andare sulla sabbia, ne era certo. Il suono rumoroso delle onde emergeva ogni tanto fra le chiacchiere dei ragazzi mentre il signore seduto proprio a qualche metro da loro continuava imperterrito a pescare, a osservare la sua lenza in acqua, nonostante il buio.
La notte gli metteva sempre in movimento qualcosa, dentro. Di notte, era come se riuscisse a esprimersi meglio, se si sentisse più se stesso, più nudo. Curioso come l’oscurità fuori corrispondesse a tanta chiarezza dentro, tanta sicurezza. Crollava il valore del giudizio degli altri e sentiva che di sé non restava che il nucleo, in quei momenti, la sua parte più vera, essenziale.
Si mise a sedere, guardò il mare. Su di esso, galleggiava la luna. Uno spicchio rossastro apparentemente a pochi metri dall’acqua, ma che lentamente si levava, si faceva più chiaro, più luminoso, più bello e meno timido. E li guardava, guardava tutti i ragazzi seduti sulla sabbia umida. Sull’acqua si dipinse rapidamente un lungo riflesso. Un riflesso, o forse no. No, non era un riflesso, di questo lui ne era certo, era come un sentiero, anzi, meglio, un ponte, un ponte per la luna, il ponte della luna.
Rimase a osservare le onde luccicanti qualche istante, mentre tutti attorno a lui discutevano del più e del meno. Si chiese se anche loro riuscissero a vedere il ponte. Probabilmente, in un altro momento, sarebbe rimasto in silenzio, non avrebbe detto nulla, ma era notte e di quello che gli altri avrebbero pensato non gli importava poi così tanto.
“Non è bello il ponte che la luna traccia in acqua?”
“Che ponte?”
“Quale? Dove?”
“La luce della luna fino a qui, traccia un ponte.”
“Un ponte? No, non è un ponte.”
“Io ancora non ho capito di che stiamo parlando.”
“Se è un ponte, però, scusa, devi poterlo attraversare. Se non lo attraversi non c’è.”
“Sì, è vero. Attraversalo.”
“Ma non è un ponte come gi altri... lo puoi solo guardare.”
“Ah, quello! Ma per me è solo un riflesso.”
“Tu capisci tutto un’ora dopo, però è vero. Anche per me è solo un riflesso.”
“Però, se ci pensate bene... Vedete, è proprio lì! Lo vedo anche io il ponte.”
Si girò verso chi aveva parlato per ultimo. E così, anche lei vedeva il ponte.
“Lo vedi?”
“Sì.”
Forse era proprio quello a unirli. La stessa sensibilità per certe cose, lo stesso ponte. Eppure, era anche paradossale il modo in cui quel ponte, allo stesso tempo, li dividesse. Un ponte dovrebbe congiungere, collegare. Ma il fatto stesso che esista significa che c’è qualcosa che necessita di essere collegato, che non è collegato, che è distante. Ecco. Loro erano, in fin dei conti, semplicemente distanti. Dai due lati opposti del ponte, su due sponde diverse. Entrambi lo vedevano, ma nessuno lo attraversava. Già, come aveva detto lui stesso “lo puoi solo guardare”. Che se ne facevano di vedere lo stesso ponte, allora? Si sentiva solo preso in giro. Sarebbe stato molto più facile se lei non avesse visto nulla, se l’avesse preso in giro dicendo che si trattava di nient’altro che un riflesso. E invece no, si sentiva come marchiato sulla pelle, collegato per sempre, forse condannato a osservare il ponte, a osservare lei. Perché dovevano essere loro due? Perché dovevano essere in grado di vedere la stessa cosa, di capire la stessa cosa, di provare la stessa cosa. A rifletterci su, però, si sbagliava. Non provavano la stessa cosa.
Erano rimasti soli, ancora distesi sulla sabbia, potevano ancora guardare lo stesso pescatore, le stesse onde, sentire gli stessi rumori e gli stessi odori, toccare la stessa sabbia. Immaginare lo stesso ponte, ancora per poco, prima di perdersi. La abbracciò. Attorno a loro l’unica luce era la debole lanterna che gli altri avevano lasciato in spiaggia. La abbracciò. Per la prima e ultima volta. Anche lei riusciva a vedere il ponte. Non poteva fare a meno di pensare che esistesse un plurale, un “noi”. Loro avevano la stessa sensibilità. Ci erano nati con la stessa sensibilità e ci sarebbero anche morti. Da quel ponte, loro sarebbero sempre stati uniti.
Si vedevano grazie al ponte.
Ma chi voleva prendere in giro. Non ci sarebbe mai stato un “noi”. Solo un “io” e un “te”. Smise di parlare, smise anche di guardarla negli occhi, mentre sentiva che l’abbraccio stava per finire.
Non si toccavano per colpa del ponte.
  
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