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Autore: Lois Lane 89    19/11/2014    1 recensioni
Siamo a Londra, capitale inglese. Abby è una ragazza che lavora come guida alla National Gallery. La sua vita totalmente ordinaria si incrocia con quella del bellissimo attore Jonathan Rhys-Meyers.
Sarà possibile la storia d'amore tra un'attore di Hollywood e una ragazza comune?
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mattina dopo, Jonathan mi svegliò, e dopo aver fatto colazione, ci vestimmo, e mi accompagnò al lavoro.

Prima di entrare alla National Gallery, ci salutammo e mi disse che aveva delle cose da fare.

Non era certo la prima volta che tornavo a casa da sola.

Quella giornata passò velocemente, e quando il mio turno finì, tornai nel mio appartamento a Holland Park.

Dopo cena, mi stesi sul letto, e lasciai che la mia mente vagasse tra i ricordi: rividi tutti i momenti fantastici che avevo passato con Jonathan dal giorno in cui l'avevo conosciuto fino alla sera precedente; mi addormentai.

La sera seguente, mentre tornavo a casa dal lavoro, due ragazzi mi bloccarono la strada.

Cominciarono a mettermi le mani addosso, cercando di sbottonarmi la camicia.

Cercai di impedirglielo, ma loro erano in due, ed erano molto più forti di me.

Mi trascinarono in un vicolo; io iniziai a gridare per cercare di attirare l'attenzione di qualcuno perchè mi aiutasse e chiamasse la polizia, ma loro mi chiusero la bocca per impedirmelo.

Avevo le lacrime agli occhi e il cuore bloccato in gola: avevo delle mani addosso che non erano quelle delicate di Jonathan; queste stringevano e facevano male; vidi che uno di loro aveva un serpente tatuato lungo il braccio.

Mentre uno mi teneva ferma, l'altro ne approfittava; poi si davano il cambio.

Quando ebbero finito, se ne andarono, lasciandomi nel vicolo; mi sedetti contro il muro con le ginocchia copntro il petto, sotto shock.

Poco dopo, sentì delle voci provenire dalla strada, a cui ben presto si aggiunsero delle luci blu e rosse: probabilmente la polizia, e forse anche l'ambulanza.

Delle persone si chiarono su di me, ma gli impedì di toccarmi.

Sentì uno dei poliziotti di Scotland Yard pronunciare il nome di Jonathan.

Ad un certo punto, un uomo si chinò su di me e pronunciò il mio nome: alzai gli occhi, e vidi che davanti a me c'era Jonathan; dal suo sguardo sembrava spaventato.

Mi gettai tra le sue braccia, che mi strinsero.

“Come ha fatto? Non permetteva a nessuno di toccarla.” disse un poliziotto.

“Perchè lei sa che io non le farei mai del male.” rispose Jonathan.

Così dicendo, Jonathan mi aiutò ad alzarmi da terra, e dopo avermi presa in braccio, mi portò nel mio appartamento.

Jonathan si oppose al fatto di portarmi in ospedale.

Una volta che fummo nel mio appartamento, Jonathan mi aiutò a cambiarmi i vestiti, e mi porse un bicchiere d'acqua.

“Mi hai fatto prendere un bello spavento.” disse Jonathan mentre mi stringeva tra le sue braccia.

Mi accorsi che avevo in bocca un sapore orribile: i baci dei due ragazzi.

C'era solo una persona che poteva toccare le mie labbra: ed era accanto a me proprio in quel momento.

Lo guardai, mi avvicinai al suo viso e lo baciai; lui ricambil il bacio e cercò di allontanarmi da lui.

Io scossi la testa: non volevo che si allontanasse.

“Io ti amo Abby; di questo non devi mai dubitare. Ma dopo quello che hai passato, hai bisogno di dormire un po'. Non ti lascio sola; sei al sicuro.” disse Jonathan.

Mi sdraiai sul letto, e mi addormentai con le braccia di Jonathan intorno al mio corpo.

La mattina dopo, quando mi svegliai, mi accorsi che avevo al coperta addosso.

Mi alzai, scesi dal letto, uscì dalla stanza e andai in salotto.

Jonathan era lì, e mi porse un bicchiere di succo di frutta.

“Ho chiamato la galleria, e gli ho raccontato quello che ti è successo. Ti augurano di rimetterti al più presto, e hanno detto che ci penseranno loro a coprire i tuoi turni finchè non sarai pronta per tornare. Chi ti ha fatto questo è ancora a piede libero, e non voglio correre rischi.” disse Jonathan.

Posai il bicchiere sul bancone della cucina e presi un foglio di carta con una penna.

Scrissi tutto quello che ricordavo della sera precedente, compreso del tatuaggio a forma di serpente che aveo notato sul braccio di uno di loro.

Quando ebbi finito, lo consegnai a Jonathan: mentre lo leggeva, cambiò espressione e poi propose di portareil foglio alla polizia; io accettai.

Uscimmo di casa insieme, e ci recammo alla stazione di Scotland Yard.

Jonathan consegnò il foglio con la mia dichiarazione, e mi fecero vedere delle foto di pregiudicati per vedere se potevo riconoscere i miei aggressori.

Poco tempo dopo, trovai le due foto che stavo cercando.

I poliziotti si attivarono subito e partirono per arrestare quei due.

Dopo un po', i due ragazzi vennero condotti nella sala degli interrogatori.

Io li vidi attraverso il vetro; Jonathan era accanto a me.

Ero sicura che se non ci fosse stato il vero a separarli, gli sarebbe saltato addosso.

Dopo il riconoscimento, io e Jonathan uscimmo dalla centrale di polizia, e tornammo a casa mia.

“Come ti senti ora?” domandò Jonathan.

“Molto meglio. E questo grazie a te.” risposi io.

Jonathan sorrise; era felice di sentire nuovamente la mia voce.

“Ora che è tutto finito, abbiamo lasciato una cosa in sospeso.” dissi io.

Gli misi le braccia intorno al collo e lo baciai: questa volta non mi allontanò da se.

Passammo insieme tutto il resto della giornata.

Passò una settimanaa dall'aggressione, e decisi che ero in grado di tornare al lavoro; avvertì la galleria il giorno prima e mi feci dare i nuovi turni.

Il giorno in cui tornai al lavoro, avevo il turno che copriva tutta la giornata.

Tornai a casa da sola; infatti non vidi Jonathan, ma ci sentimmo solo al telefono.

Una volta a casa, dopo una doccia veloce, mi stesi sotto le coperte, e mi addormentai.

Il tempo passava veloce, e senza che me ne accorgessi, erano già trascorsi due anni dalla sera in cui avevo incontrato Jonathan nella sala di un cinema: io e lui eravamo sempre più uniti.

Una sera, durante una cena a lume di candela, Jonathan mi chiese di sposarlo: gli risposi di si senza esitazione.

Passò un anno esatto dalla sua proposta: ci sposammo con una cerimonia intima.

Furono invitati solo i parenti e gli amici più stretti.

Passammo due settimane in viaggio di nozze ai Caraibi: un vero paradiso.

Circa due settimane dopo il nostro ritorno a Londra, scoprì di essere incinta: Jonathan era al settimo cielo quando glielo dissi.

Circa nove mesi dopo, nacque un maschietto: lo chiamammo Christopher.

Naturalmente avrebbe portato il cognome del padre: Christopher Rhys-Meyers.

Ma chi lo avrebbe conosciuto lo avrebbe chiamato semplicemente Chris.

Il nostro piccolo fu battezzato quando aveva quattro mesi.

Io e Jonathan avevamo una famiglia, ed eravamo le persone più felici del mondo intero.

THE END

 

   
 
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