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Autore: ___Page    20/11/2014    3 recensioni
Spalancò gli occhi, sollevandosi con la schiena dal materasso, in un gesto secco e improvviso.
Una mano tatuata andò a posarsi sullo sterno, contro cui il cuore batteva impazzito, mentre cercava di regolarizzare il respiro e calmare l’affanno che gli smuoveva il torace.
Chiuse gli occhi, deglutendo.
-Calma… Calma…- mormorò a se stesso, mentre riprendeva il controllo e il ronzio alla testa diminuiva pian piano.
[Non è un AU]
*Fan Fiction partecipante al LawxMargaret day*
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Margaret, Penguin, Trafalgar Law
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Contro ogni legge, contro ogni regola,
per quegli occhi di ghiaccio capaci di incendiarle il cuore







 
Il tempio era immerso nel verde e nel silenzio, rotto solo dal frinire dei grilli e dal bubbolio dei gufi.
Poco distante, addossato con la schiena ad un albero, Lucio Cornelio Tanico osservava il fuoco scoppiettare davanti alle sue imperscrutabili iridi grigie mentre il suo compagno e sottoposto, Publio Valerio Hardalio, non smetteva un secondo di parlare, emozionato ed entusiasta, di suo figlio, nato pochi giorni prima della loro partenza per Roma.
Chi lo avesse osservato da fuori, senza conoscerlo, avrebbe detto che il soldato non stesse prestando attenzione al compagno e alle sue ciarle.
Anzi, il viso inespressivo e imperturbabile, le mani intrecciate davanti a sé, con gli avambracci posati sulle ginocchia piegate, e il suo sospirare intermittente facevano sospettare che ne fosse infastidito.
Ma Publio conosceva bene il suo vecchio amico nonché superiore, in quanto capo delle guardie del patrizio presso cui prestavano servizio e che avevano dovuto seguire in quel pellegrinaggio, e sapeva che il fastidio percepibile dal suo atteggiamento non era dovuto a lui.
Quando si era arruolato, Lucio lo aveva fatto per servire la patria e sarebbe stato pronto a dare la vita per questo, ma mai avrebbe immaginato di finire al servizio di un ricco e viziato nobile di Agrigento, la cui pusillanimità contrastava enormemente con l’atteggiamento dispotico che riservava ai propri sottoposti, servi o guardie che fossero.
In quel preciso istante stava maledicendo quella stessa buona stella che lo aveva fatto diventare capo delle guardie in breve tempo, per via del suo coraggio, del suo valore e della ferrea disciplina dimostrata.
Era diventato un elemento indispensabile per il loro padrone, che ormai si rifiutava di spostarsi senza di lui, indipendentemente dalla lunghezza del viaggio che si accingeva a intraprendere.
E gli era dispiaciuto chiedere a Publio di lasciare la sua giovane moglie a pochi giorni dal parto, ma uno strano senso di inquietudine, che aveva preso a pulsargli al centro del petto quando gli era stato comunicato di prepararsi per il viaggio, aveva reso essenziale ai suoi occhi la presenza dell’amico al proprio fianco.
Non che Publio fosse stato scontento di seguirli.
Quando aveva saputo che la meta del viaggio era il tempio di Vesta, l’aveva vista come una splendida occasione per ringraziare la dea e pregarla affinché vegliasse sulla sua famiglia, sebbene si fosse ben guardato dal dimostrare tutto il proprio entusiasmo di fronte al padrone, il quale invece si recava là proprio perché sua moglie sembrava incapace di dargli un erede.
E ora da cinque giorni e cinque notti sostavano in mezzo alla vegetazione dei Fori Imperiali, a debita distanza dal tempio e dall’Atrium Vestae.
Sbuffò un’amara risata, il soldato, quando lo colpì il pensiero che quella situazione era quanto di più simile ad un accampamento avesse mai provato in vita sua, senza contare che si sentiva realmente come in guerra.
La sensazione di inquietudine era andata crescendo man mano che si avvicinavano alla capitale e, ora, raggiunto l’apice, non accennava ad abbandonarlo, togliendogli il sonno e l’appetito e obbligandolo a dormire con la lorica musculata addosso, il gladius in vita e lancia, elmo e scutum vicini a sé, tra l’erba.
Accennò un ghigno in risposta alla frase che Publio aveva appena concluso e che lui era stato in grado di registrare ed elaborare nonostante fosse immerso nei propri pensieri.
Si alzò in piedi, percuotendosi le gambe nude per pulirle dall’erba e dal terriccio, mentre Publio seguiva i suoi movimenti con lo sguardo, senza aspettarsi spiegazioni spontanee.
-Dove vai?!- si arrese infine a chiedere quando lo vide voltargli la schiena.
-Due passi per sgranchirmi- fu la laconica risposta del moro, che aveva già preso ad allontanarsi.
Era agitato, Lucio.
Inquieto ed agitato, pur non dandolo a vedere, nascondendosi dietro la sua maschera di impassibilità che lo rendeva tanto rassicurante agli occhi del proprio padrone.
Si rendeva conto di non trovarsi in una situazione di pericolo.
Nella capitale, al seguito di un patrizio troppo insulso per suscitare in chicchesia  il desiderio di toglierlo di mezzo e a pochi passi da un tempio sacro non correva alcun rischio eppure qualcosa non andava.
Lo sentiva chiaramente al centro del petto e, quel che era peggio, non riusciva a capirne l’origine.
Forse non aveva combattuto ma sapeva bene, Lucio, che i nemici peggiori sono quelli di cui non conosci l’identità e dai quali non puoi difenderti.
Si sorprese quando si accorse di essere giunto nei pressi del tholos.
Camminando senza prestare realmente attenzione a dove andasse, aveva raggiunto quel luogo dove gli era parso di dimorare nei giorni precedenti a causa della lunga permanenza a cui si erano visti costretti lui e Publio, mentre il padrone eseguiva riti e preghiere.
Al centro della bianca struttura di marmo, a pianta circolare, crepitava il fuoco sacro, alimentato instancabilmente e senza posa dalle vergini vestali, le sacerdotesse votate alla dea.
Come ipnotizzato dalle fiamme che, fiere, lambivano il soffitto a cupola del tempio, non si accorse subito degli occhi silenziosi che lo scrutavano nella penombra notturna, illuminata solo dalle stelle e dall’ardente simbolo sacro di Vesta.
Si girò di scatto quando percepì il suo sguardo su di sé, trovandola accanto ad una delle colonne esterne del tholos, il delicato palmo appoggiato al freddo marmo scolpito, e il respiro gli si mozzò in gola.
Avvolta nella bianca tunica, i crini biondi raccolti con cura, le iridi cioccolato che riflettevano la luce delle stelle e un timido sorriso sul volto era bella come non mai.
L’aveva colpito subito quella giovane ragazza.
Troppo giovane e troppo bella per consacrare la vita alla castità e a una dea nella quale Lucio non credeva.
Questo aveva pensato non appena l’aveva vista e quel pensiero lo aveva spaventato come non mai.
Perché si era sentito strano sotto l’intenso sguardo di quella vestale, proprio come in quel momento, si era sentito come se la conoscesse da sempre, si era sentito come se gli avessero restituito un pezzo mancante di sé.
Ma soprattutto si era sentito e si sentiva disarmato e indifeso.
Conosceva il suo nome, lo aveva sentito da un’altra vestale un paio di giorni di prima.
Marzia.
Quelle sei lettere si erano impresse a fuoco nella sua mente, insieme con il suo viso e la sua voce.
Staccando a fatica gli occhi dai suoi, riprese a camminare spedito verso una meta imprecisata, superando il tempio e allontanandosi ulteriormente dall’accampamento.
Non gli piaceva, non gli piaceva per niente.
Non gli piaceva come quegli occhi lo facevano sentire.
Non gli piaceva come il suo cuore avesse preso a scalpitare.
Non gli piaceva l’affanno che gli gravava sul petto e il calore che si irradiava nel suo corpo.
Di donne, Lucio, ne aveva avute tante ma non aveva mai provato simili sensazioni, neppure nei momenti di massima intimità.
Cosa gli stava succedendo?!
Non le aveva mai nemmeno parlato eppure provava un’irrefrenabile desiderio per quella donna, desiderio che andava al di là della mera carnalità.
Si immobilizzò cercando di recuperare fiato e lucidità mentre la testa vorticava.
Si sentiva stordito e pericolosamente vicino a soccombere all’istinto e non poteva permetterlo.
Non poteva perché se lo avesse fatto sapeva che sarebbe tornato sui suoi passi e, complice il buio e l’ora tarda, l’avrebbe posseduta, fosse anche contro la sua volontà, violando quanto di più sacro esisteva al mondo per una vestale.
E, per qualche inspiegabile ragione, l’idea di farle una cosa simile e condannarla a morte non si limitava a disgustarlo, reazione che sarebbe stata normale e comprensibile, ma gli spezzava proprio il cuore.
L’idea che lei potesse morire lo uccideva.
Fu uno scricchiolio alle sue spalle a farlo voltare di scatto, la mano sull’elsa del gladius e lo sguardo di ghiaccio sgranato.
Sgranato come quello denso e marrone di lei, che lo fissava immobile, il piede nudo posato su un ramo secco ormai spezzato a metà.
Si fissarono alcuni istanti, i petti che si alzavano e abbassavano affannati, finché il soldato non rinfoderò la lama già parzialmente sguainata e si raddrizzò, recuperando come meglio poteva la propria impassibilità.
Ma gli fu impossibile mantenerla quando la vestale riprese a camminare, avvicinandosi pericolosamente a lui con una strana luce negli occhi.
Lucio deglutì a vuoto quando il suo profumo di gelsomino lo investì.
-Che cosa stai facendo qui?!- le domandò glaciale.
-Ti cercavo- ammise sottovoce e con candore la sacerdotessa, facendolo sussultare impercettibilmente.
-È pericoloso- fu il suo atono commento, così in contrasto con quello che gli si rimescolava nel petto.
Si era avvicinata ancora Marzia e lui non riusciva a indietreggiare.
Si sentiva incatenato lì, al suolo, e bramava una vicinanza sempre maggiore, contro ogni razionale logica e prudenza.
Era una vestale.
Non poteva!
Non potevano!
Ma era come se fossero caduti vittime di un qualche sortilegio a cui ormai non potevano sottrarsi, attratti l’una verso l’altro, inesorabilmente.
Si sentiva completo, Lucio.
Si sentiva come se avesse appena trovato la sua perfetta metà.
Non si rese nemmeno conto di quanto fosse vicina finché le sue affusolate mani non si posarono ai lati del suo collo e il suo respiro profumato non lo investì in pieno, stordendolo.
-Non m’importa- sussurrò la vestale sulle sue labbra, fermandovisi a pochi millimetri, mentre il soldato portava le mani sugli esili fianchi fasciati dalla morbida e candida stoffa, stringendoli possessivamente, prima di unire le loro bocche.
Prima di potersene rendere conto, la lorica, la spada e le tuniche giacevano al suolo abbandonate, accanto ai loro corpi nudi, avvinghiati e sudati.
Prima di potersene rendere conto, la vestale e il soldato erano scomparsi, lasciando posto a un uomo e una donna che si amavano senza riserve, non riuscendo nemmeno loro a spiegarsi l’intensità di quel sentimento.
Era come se si fossero aspettati per tutta la vita.
Era come avere ritrovato se stessi.
Persi l’uno nell’altra dimenticarono ogni cosa, il loro status, i loro doveri e le conseguenze a cui avrebbe portato non assolverli.
Si addormentarono l’una nelle braccia dell’altro, esausti e felici, di una felicità che faceva splendere le loro anime, ormai fuse in una.
Fu una voce che lo chiamava insistente e agitata a risvegliarlo.
Socchiuse gli occhi, portando subito un braccio a schermarli e proteggerli dalla luce solare che filtrava attraverso i rami degli alberi mentre, contemporaneamente, stringeva con l’altra mano le spalle nude e diafane di Marzia, facendola mugugnare sul suo petto.
-Lucio! Svegliati!-
Sbatté le palpebre, mettendo a fuoco e sollevandosi con il busto, mentre anche Marzia si risvegliava.
-Publio…- mormorò con voce incerta, riconoscendo l’amico che lo guardava terrorizzato, girandosi di tanto in tanto a lanciare febbrili occhiate alle proprie spalle.
-Lucio alzati presto! Devi andartene da qui! Dovete andarvene entrambi!-
-Ma che succede?!- domandò, accigliandosi.
-Che succede?! Mi prendi in giro?! Ti rendi conto di cosa avete fatto?!-
Se ne rese conto.
Se ne rese conto in quel momento, portando uno sguardo sconvolto sul corpo nudo e perfetto di Marzia, che fissava un punto imprecisato in mezzo agli alberi, terrorizzata e a corto di fiato.
-Il fuoco… il fuoco sacro…- mormorava, isolata da tutto e scioccata dal sacrilegio che aveva appena commesso.
-Lucio!!!-
Il tono urgente di Publio lo riscosse.
Rapido si alzò in piedi, rivestendosi prima di sollevare Marzia di peso e infilarle la tunica.
-Che cosa ho fatto?!- mormorò portandosi una mano alla bocca, mentre cocenti lacrime prendevano a scorrere sulle sue guance.
-Marzia! Dobbiamo andare!- la chiamò deciso, scuotendola per le spalle.
La vide puntare gli occhi grandi e umidi sul suo viso, fissandolo stravolta qualche istante prima di annuire e avviarsi con lui.
Si arrestò non appena si accorse che Publio li stava seguendo.
-Che fai?!- domandò, girandosi a fronteggiarlo autoritario.
-Non ti lascio solo, io…-
Rimase interdetto quando Lucio lo circondò con le braccia, stringendoselo al petto in un fugace e fraterno abbraccio.
-Sai che non abbiamo una sola possibilità. Tu devi tornare da tua moglie e da tuo figlio- sussurrò rapido al suo orecchio, facendogli sgranare gli occhi -Addio amico mio-
Strinse appena le mani intorno alle sue spalle e, senza dargli il tempo di ricambiare, si staccò da lui, tornando rapido verso Marzia, lasciandolo sconvolto e a mani vuote a fissare il suo migliore amico allontanarsi per sempre.
Corsero finché le gambe li ressero e il respiro gli bastò ma inutilmente.
Il reato da loro commesso era troppo grave.
Un debito da saldare con la vita.
Continuò a lottare menando fendenti con la spada, Lucio, anche quando si trovarono circondati e senza via di scampo, da solo contro un numero di uomini che non riuscì a quantificare.
Non lo fece per spirito di sopravvivenza ma per lei.
Per dare ancora un briciolo di speranza a cui la donna che amava potesse aggrapparsi.
Forte e piena di coraggio si liberò con decisione dalle mani che l’avevano afferrata per portarla via, strappandola a lui, e corse tra le sue braccia per dargli un ultimo disperato bacio e mormorargli sulle labbra.
-Non me ne pento-
-Nemmeno io- fu la veloce e sussurrata risposta del soldato.
Quello stesso giorno, sul calar della sera, la vestale Marzia, rea di aver perso la verginità e aver lasciato estinguere il fuoco sacro, fu sepolta viva, in un sepolcro del Campus Sceleratus, mentre Lucio Cornelio Tanico veniva fustigato a morte.
 


Angolo dell'autrice:
Eccoci qui! 
Mamma mia non ci credo che lo abbiamo fatto davvero! 
Voglio ringraziare tutti colori che sono arrivati fin qui ma soprattutto le autrici che hanno accettato di partecipare permettendoci di organizzare questo day che per noi è una cosa bellissima! 
E un grazie speciale a voi, per ogni volta che abbiamo divagato mentre cercavamo l'immagine o la frase, per le risate e le chiacchierate, per tutto, perchè oltre a essere due grandi autrici siete anche due grande amiche, Emy e Zomi
Grazie di cuore! 
Piper. 
  
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