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Autore: Sabu_chan    20/11/2014    2 recensioni
Favola dedicata a una collega di un corso di arte terapia. Ad oggi non ricordo precisamente quale fosse il suo problema principale, se non il dover correre continuamente e star sempre appresso all'orologio senza trovare un attimo di pausa. Un regalo, ben accettato.
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’OROLOGIO DI LILI’

 

 

 

In una grande città rumorosa e caotica, dove automobili e tram facevano un gran trambusto, la gente correva come se dovesse finire il mondo da un momento all’altro e le case ammucchiate guardavano dall’alto i loro abitanti, viveva una ragazza sempre affannata.

Lilì lavorava sodo e aveva numerosi impegni ai quali concedeva parecchio del suo tempo, pianificava per bene tutti gli orari in modo da incastrare ogni piccola uscita e visita. Apparentemente sembrava una persona molto positiva e solare, sempre pronta a nuove sfide, un treno in perenne corsa.

Ma c’erano due grandi problemi nella sua vita: il primo era lo stress che sembrava serrarle il respiro ogni volta che correva a destra e a manca; il secondo era un problema meno psicologico e più materiale. Portava sempre al polso destro un grosso, pesantissimo orologio, in modo da essere sempre puntuale ed evitare così i ritardi sul lavoro e le consegne.

Aveva la forma di un normale orologio da polso, ma erano le dimensioni ad essere particolari perché il solo polso non gli bastava, bensì teneva gran parte dell’avambraccio. Le lancette erano molto spesse e il quadrante grande quanto una custodia per cd. Il suo peso era quasi insostenibile, al punto che le doleva tutta la gamba destra e il suo povero piede per lo sforzo a camminare e trascinare quel fardello. Purtroppo era necessario, Lilì se ne serviva assiduamente e non poteva proprio farne a meno.

Anche le sue amiche avevano degli orologi ed i loro lavori non richiedevano certo meno impegno di quello di Lilì, ma per qualche bizzarra maniera bastavano piccoli accessori, quasi inesistenti e dal peso minimo. Nemmeno la ragazza riusciva a spiegarsi come quegli affarini insulsi potessero essere effettivamente utili.

La notte, poi, era un tormento. Anche posando il grande orologio sul comodino, questo ticchettava nella maniera più fastidiosa possibile e non c’era verso di farlo smettere, anche chiudendolo in un’altra stanza. Sembrava che il Tempo non volesse abbandonare Lilì nemmeno per un istante, come per ricordarle “io ci sono, non ti dimenticherai facilmente di me!”.

Un giorno, la ragazza poté uscire prima del previsto da lavoro e si recò immediatamente dal dottore per capire quanto era messo male il suo piede. Il medico scosse la testa, tastando la caviglia di Lilì: i muscoli erano molto tesi, si capiva benissimo che stava facendo troppi sforzi con quella gamba per sostenere il peso dell’orologio. Avrebbe dovuto prendere provvedimenti al più presto, oppure chissà cosa sarebbe accaduto.

Dopo questa notizia, Lilì fece finta di non sentire il dolore e corse fino all’orefice più vicino. Era molto tardi quella sera e le serrande stavano per chiudersi. La ragazza batté più volte le mani sulla vetrina per richiamare l’attenzione della negoziante chiusa all’interno. “Dovete aiutarmi, vi prego! Non ci metterò molto!” gridò per farsi sentire. La proprietaria del negozio, sconcertata, andò subito ad aprire e Lilì si gettò all’interno. “Vi prego, ho un grave problema, faccia qualcosa per questo orologio, non posso più tenerlo!”.

La negoziante accolse la richiesta e sfilò l’orologio dal polso della ragazza, lo rigirò più volte, lo analizzò, tentò di smontarlo ma non comprendeva il problema. Nemmeno le dimensioni dell’accessorio sembravano preoccupare la donna, al punto che chiese “Signorina, non mi faccia perdere tempo e mi dica subito dov’è il problema, perché proprio non lo trovo.”.

“Questo orologio è la mia ossessione – spiegò Lilì – è pesantissimo e ha un ticchettio fortissimo soprattutto di notte! Non posso farne a meno ma non ne ho mai trovato un altro adatto a me, cosa posso fare?”

La negoziante rimase pensierosa per qualche istante e, senza il minimo sforzo, come se il pesantore dell’orologio non esistesse, lo portò sul retro per modificarlo. Tornò poco dopo con una piccola sveglia da camera da letto, dalla scatola rosata, e una grande fascia di pelle. “Provi quest’altro apparecchio per un po’, se si troverà bene me lo faccia sapere. Deve portarlo direttamente addosso, sembra l’unico modo per risolvere il suo problema. Lei ha un bisogno costante di regolarità e quel grosso orologio ne è la prova. Ma garantisco che con questo i suoi problemi saranno risolti.”

Lilì osservò dubbiosa il nuovo arrivato. Come poteva indossare al polso una sveglia con quella fascia così lunga? Avrebbe dovuto legarsi tutto il braccio fino alla spalla! E poi pensò che era una sciocca, se si era abituata da una vita a quell’ammasso di ferraglia al polso, poteva benissimo abituarsi anche a quello nuovo!

La ragazza tornò a casa soddisfatta dello scambio (che fortuna, non aveva dovuto pagarlo!) e, una volta entrata nella stanza da letto, si buttò sfinita sul materasso. La giornata lavorativa era stata massacrante e dopo aveva ricevuto una notizia spiacevole, in più aveva fatto una grande corsa per tentare il tutto per tutto all’ultimo minuto. Aveva assolutamente bisogno di dormire.

E così fece, o almeno tentò di fare.

Dopo aver chiuso gli occhi per qualche minuto, Lilì li riaprì per fissare il nuovo orologio. Emetteva leggerissimi ticchettii e, quando l’aveva preso in mano, non le era sembrato poi così pesante. Si sarebbe abituata facilmente o avrebbe avuto bisogno di parecchio tempo? Forse non era così tragico come pareva, questo cambio di vita, ma non ne era del tutto convinta.

Passò così buona parte della nottata a provare l’orologio: prima lo fissò sul polso e girò la lunga fascia di pelle tutto attorno all’avambraccio, poi lo pose direttamente sul dorso della mano e si legò le dita, ancora se lo mise sul gomito e si fasciò fino alla spalla, ma nessuna di queste prove dava i suoi frutti.

Era talmente scomodo che stava addirittura pensando di essere stata truffata. Oh, come le mancava il suo vecchio orologio, così invadente ma anche così pratico, bastava fare un TACK e si agganciava al suo polso in men che non si dica. Non era altrettanto mansueto nel togliersi, ma quella era un’altra storia. Invece quello nuovo aveva un meccanismo di legatura che era un vero dilemma.

Il giorno dopo Lilì era davvero stanca, ancor più della giornata precedente, a causa della notte in bianco e quel maledetto orologio. Il ticchettio non sembrava esistere in mezzo al caos urbano e in più se lo doveva scarrozzare come una borsetta perché non sapeva come legarlo. Era furibonda e frustrata. Non voleva assolutamente più vedere un orologio in vita sua, eppure non poteva nemmeno farne completamente a meno.

La ragazza andò in bagno per prepararsi alla sua giornata lavorativa e portò con sé l’accessorio. “Quasi quasi ti faccio diventare una collana.” disse tra sé e sé, giocando il lungo laccio e mettendoselo intorno al collo.

Improvvisamente si accorse di un curioso particolare: guardandosi allo specchio, notò che l’orario riflesso si poteva leggere normalmente e non era affatto specchiato. Lilì osservò meglio l’orologio vero e proprio e notò che i numeri, nella realtà palpabile, erano invece specchiati. L’unico modo per leggerli bene era farli riflettere, come mai non l’aveva notato prima? Forse era troppo presa dal pensare a come legarlo?

“Questa è bella, è pure difettoso.” disse ancora una volta a sé stessa, maledicendo con parole di mille colori la negoziante che aveva osato truffarla in quella losca maniera. Ma era quasi ora di andare a lavoro e l’unica salvezza temporale che le restava era quell’aggeggio malandrino. Allo stesso tempo si rifiutava di adoperarlo, ancora arrabbiata per lo sgarro subito.

Non si poteva legare al polso e non si poteva utilizzare normalmente, inoltre non ne voleva proprio sapere di vederlo e il tempo stringeva. Così venne l’idea.

Se lo legò attorno al collo e al petto, a mo di zainetto, e provò a guardarsi allo specchio per vedere se riusciva a vedere l’ora: era perfetto! Pesava pochissimo, poteva vederlo riflesso quando le serviva e da quella posizione il ticchettio le giungeva soave alle orecchie, come una canzoncina ritmata per nulla fastidiosa, quindi quando si annoiava poteva canticchiare i secondi e tener conto del tempo che passava.

Dopo quella trovata, Lilì andò ovunque sempre in compagnia del suo orologio amico, per nulla pesante e invadente, un compagno autorevole che le ricordava il Tempo e quindi i suoi impegni, ma mai autoritario e invece molto gentile. Il suo peso ridotto non richiedeva che meno di un minimo sforzo e stava centralmente sulla sua schiena, equilibrando il corpo e consentendo al piede destro di rilassarsi, accompagnando la ragazza verso giornate più serene e ogni tanto ad una passeggiata rilassante, perché il tempo scorreva soave e stranamente saltava fuori uno spiraglio di libertà di tanto in tanto.

   
 
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