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Autore: Alex Wolf    21/11/2014    1 recensioni
Questa è la mia prima OS, sono le 01.33 di sera e spero vivamente che sia una cosa decente. Detto questo, buona lettura.
Se Todo o Souji, o chiunque dello Shinsengumi li avesse sorpresi in quella situazione sarebbero stati nei guai entrambi: 1) nessuno di quelli al corrente della vera identità di lei avrebbe esitato a chiamare Harada 2) la sua copertura sarebbe saltata 3) a dire la verità lei neppure ci voleva pensare alla terza opzione. Rabbrividiva solo al pensiero. Quale sarebbe potuta essere? Magari l'avrebbero espulsa dallo Shinsengumi, oppure il fratello avrebbe definitivamente fatto di Shinpachi un enunco, o anche peggio Hijikata avrebbe deciso la loro punizione, da solo
Genere: Guerra, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sanosuke Harada, Shinpachi Nagakura
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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i'm giving up on you.






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4 settimane prima.
 


A lui erano sempre piaciuti un sacco i capelli di lei. Erano lunghi fino alle spalle, di un castano scuro che ricordava quasi il miele di castagne e profumavano costantemente di fiori di ciliegio. Cadevano dritti sulle sue spalle, coprendo la pelle pallida e morbida simili ad una coperta lucida. Adorava accarezzarli, far risalire le mani fra quei fili morbidi e setosi per poi stringerli un poco e portare il viso della proprietaria vicini al suo; e quella sera non era diverso.

-Mi piace il tuo profumo- le sussurrò all'orecchio, mentre affondava il viso nell'incavo della sua spalla e la stringeva di più a se, facendo aderire i loro corpi più di quanto già non fossero. Con i denti prese a mordere un pezzetto di pelle, proprio all'attaccatura con la spalla, poi iniziò a succhiarlo avidamente ma senza esagerare troppo: la pelle di lei si feriva come nulla.

La sentì ridere lievemente a quell'affermazione, poi ricevette un bacio fra i capelli. La ragazza inarcò la schiena e smise di muoversi, facendo scivolare la mani sulla schiena di lui con una dolce carezza. Le dita che non smetteva un attimo di disegnare cerchi immaginari sulla sua pelle calda, bollente.

-Cosa non ti piace di me, Capitano Shinpachi?- La voce di lei era suadente, calda e eccitante mentre entrava nella sua testa e lo portava a chiudere per un attimo gli occhi, in totale estasi. 

Un'altra cosa che gli piaceva della ragazza era quella. Poteva crollare il mondo che lei non perdeva mai il suo timbro familiare, neppure quando piangeva. 

-Non ti piace nulla, o ti piace tutto?- continuò sensualmente, mordendogli poi il lobo per dispetto. 

Lui si ritrovò a ingoiare un fiotto di saliva, mentre sentiva un calore sempre più forte azzannargli il basso ventre e farlo stare bene. 

-Niente. Ogni cosa. Qualunque parte del tuo corpo. Mi piace tutto di te, a discapito di quello che mi vorrebbe fare tuo fratello se lo scoprisse: mi piace ogni centimetro del tuo corpo- le rivelò sorridente, alzando il viso verso l'alto nella sua direzione.

Gli occhi ambrati di lei sorrisero, ma passò solo un attimo prima che li chiudesse e si abbassasse a deporre un bacio sulle labbra di lui. Le loro bocche si congiunsero e incollarono, mentre divorato dal piacere Nagakura accarezzava con la propria lingua quelle della compagna, in attesa che le socchiudesse e gli permetesse di giocare un poco. Lei non tardò molto ad accontentarlo. Le loro lingue s'intrecciarono diverse volte mentre lei si muoveva leggera sopra di lui, causando piacere ad entrambi. Dopo tanto tempo, finalmente, erano di nuovo una cosa sola.

Lei era calda, profumata e sudata, nonostante fosse dicembre, e lo stesso valeva per lui -beh, magari il capitano non era così profumato.

Con delicatezza la giovane donna accarezzò le spalle al rosso, percorse il profilo dei muscoli con le dita pallide e lunghe e sorrise nel bacio, per poi poggiare le mani ai lati del suo viso attirandolo più a se. La ragazza  sospirò, affondando le mani nei capelli di Nagakura e tirandoli leggermente; lui, in tutta risposta, lui le strinse di più il bacino fra le braccia.

Se Todo o Souji, o chiunque dello Shinsengumi li avesse sorpresi in quella situazione sarebbero stati nei guai entrambi: 1) nessuno di quelli al corrente della vera identità di lei avrebbe esitato a chiamare Harada 2) la sua copertura sarebbe saltata 3) a dire la verità lei neppure ci voleva pensare alla terza opzione. Rabbrividiva solo al pensiero. Quale sarebbe potuta essere? Magari l'avrebbero espulsa dallo Shinsengumi, oppure il fratello avrebbe definitivamente fatto di Shinpachi un enunco, o anche peggio Hijikata avrebbe deciso la loro punizione, da solo.

Per un attimo la giovane si sentì correre un brivido lungo la schiena, e si ritrovò a sperare vivamente che non stessero procurando troppo rumore. I muri di quella residenza non erano così spessi come si voleva far credere, senza contare che le porte erano praticamente carta... Però, alla fine non stavano facendo nulla di sbagliato, no? Non era vietato dalla legge che due amanti condividessero un letto durante la notte (e molto di più), no? E poi, perché si preoccupava degli altri e delle loro opinioni? Con un flash, si ritrovò a pensare a qualche ora prima, quando il capitano era approdato alla sua soglia.

-Stasera al diavolo tutti- le aveva sussurrato il rosso prima che tutto accadesse, quando era apparso davanti alla porta della sua stanza con i soliti indumenti verdi, che richiamavano la fascia sulla sua testa. -Voglio solo te.-

-E mio fratello? Come la mettiamo con lui, mh? Come minimo ti starà cercando per uscire a bere- ma lei non stava già più nella pelle. La sola idea di aver l'uomo che amava finalmente, completamente per se l'allettava più di qualunque cosa. 

-Voglio solo te- aveva ripetuto lui, baciandola di slancio per poi richiudersi la prota scorrevole alle spalle.


E allora lei si era ritrovata a chiedersi da quanto non passavano una serata così, senza essere costantemente interrotti da Chizuru o Sanosuke, o chiunque fosse. Da quanto non lasciavano la guerra fuori dalla porta e si concedevano l'uno all'altra? Settimane, forse addirittura mesi. Sicuramente mesi, si.

Erano successe così tante cose in così poco tempo che negli ultimi tempi persino parlarsi era diventato un evento raro: quando lui non era in battaglia, lei era in perlustrazione sotto le spoglie di un soldato della settima unità e quando rincasava era talmente stanca che non salutava neppure il fratello e si chiudeva nella propria stanza per riposarsi. Altre volte, invece, Harada non si faceva certo problemi a togliere dalle "grinfie" della sorella l'amico per portarlo fuori a bere -così d'allontanarlo da lei-, e così i due potevano dire "addio" ai piani che si erano prefissati. A sua idea, quel fannullone di Sanosuke ci godeva a tenerli lontani l'uno dall'altra quando sentiva i ferormoni crescere. Dannato lui e il suo istinto fraterno che usciva nei momenti meno opportuni! Era così protettivo, verso il suo commilitone. 

Ma quella sera, finalmente, erano di nuovo insieme. 

-Aishiteru
- gli sussurrò a un tratto lui, mentre lei si accingeva a mordergli il labbro. Con un braccio le strinse i fianchi e con l'altro le cinse la schiena, capovolgendo la situazione: ora non erano più seduti, lei lo guardava da sotto la sua mole con le mani strette dietro il suo collo.

-Anata wo aishiteru- mormorò in risposta la ragazza, incoricando le gambe sul bacino di lui.

I loro occhi azzurri, come il cielo primaverile quelli di lui, e ambrati, come il tramonto autunnale quelli di lei, si sorrisero sinceramente come mai avevano fatto quella sera. Erano entrambi felici di stare in quella stanza, in quel momento, insieme.

Era dicembre, le coperte del letto di lei erano state gettate chissà dove nella stanza e i loro indumenti sostavano nel buio, lontano dai raggi di luna che invece illuminavano i due. Era dicemebre, la notte era gelida e la finestra aperta ma lei non aveva freddo. Al contrario stava sudando, come lui, e la cosa per una volta tanto non le dispiaceva. Era dicemebre, e finalmente dopo tanto tempo Sakura e Nagakura era nuovamente una cosa sola.

Il mio fiore di ciliegio -com'era solito chiamarla per via del nome- è sempre la più bella, si ritrovò a pensare a un tratto lui, mentre la guardava chiudere gli occhi dal piacere e trascinarlo più giù verso di lei. E' la cosa più preziosa che possiedo.

Mentre Shinpachi si apprestava a raggiungere il suo apice, lei inarcò la schiena e i loro petti si toccarono avvisandoli che entrabi i cuori avevano preso la stessa, veloce frequenza.

Per una volta dopo tanto, finalmente, erano riusciti a stare assieme. 


 
 
Ora.

 
 
 
 


Nel gennaio del quarto anno dell'Era Keiou (1868) scoppiò una guerra fra l'esercito del Bakufu e le forze unite di Satsuma e Choshu. Era la battaglia di Toba-Fushimi.Il vecchio Bakufu aveva 15.000 uomini, l'alleanza Sarsuma-Choshu 5.000. Il Bakufu aveva molte truppe, ma furono velocemente sopraffatte dall'esercito nemico, equiaggiato con armi più moderne.

La battaglia che infuriava per le strade della capitale era talmente fuori controllo a causa della nuove armi che l'esercito del Bakufu ormai aveva perso le speranze.

Sakura era scappata dall'attuale residenza dello Shinsengumi, si rifiutava di essere vista dal fratello com una semplice donna che necessitava di protezione come Chizuru. Lei non si sarebbe mai fatta eguagliare a quella ragazza che, sebbene utile in casa, non aveva mai dimostrato di saper utilizzare una lama. Che non aveva mai dimostrato realmente carattere. Era buona solo a pinagere e chinare il capo, come una qualche serva.

Sakura non era così. Lei non voleva esserlo.

Ancora nascosta dietro un muro che fungeva da difesa momentanea, la donna estrasse dal fodero la seconda katana e prese un respiro. La prima era andata, distrutta da tre colpi di pistola ben assestati da uno stronzo qualunque, e poi un muro contro il quale l'avevano spinta. Si era salvata grazie ad un compagno, che l'aveva aiutata prima di eclissarsi nella mischia.

 Erano in guerra. Lei era un soldato dello Shinsengumi, aveva giurato di difendere la città e il Bafuku. L'esercito era stato quasi interamente sterminato. Poteva farcela. Cè l'aveva sempre fatta. 

Posso farcela anche questa volta.

Con i capelli legati in una coda alta che frustava l'aria carica di spari, Sakura gridò e uscì dal suo nascondiglio. Vedeva i propri compagni cadere a uno a uno sotto le pallottole, e pregava per le loro anime. Avevano tutti dei figli, o almeno la maggior parte. Figli adesso orfani di padre.

No. Mio figlio nascerà in un epoca senza guerre e sangue. Crescerà nella pace!, pensò lei, e l'occhio le cadde di scatto sul ventre. Si sentì male:perché non era rimasta nella sede degli Shinsengumi? Se fosse morta li, nessuno avrebbe saputo...

-Io non posso morire- mormorò a se stessa, mentre la lama della spada rifletteva le lauce del sole. -IO NON DEVO MORIRE!- abbaiò, infilzando l'ennesimo nemico con precisione assoluta. La lama trafisse la trachea dell'uomo, senza incontrare troppi ostacoli. Il sangue schizzò ancora una volta sui vestiti di lei, tinteggiandoli di scarlatte sfumature. L'impugnatura della katana era talente sudicia di quel liquido calda che fece fatica ad estrarla. 

Avrebbe dovuto restare ferma ancora qualche secondo, avrebbe pensato poi la donna. 

Quando il corpo del nemico cadde a terra esanime, alle sue spalle apparve un altro uomo. In mano reggeva un fucile diretto proprio a lei, che trattenne il fiato. Il primo colpo, un suono assordante che si disperse nell'aria, la centrò alla spalla.

Fu come essere colpiti da una freccia, con più forza però. Con uno strappo Sakura sentì la pelle lacerarsi, bruciare. Il sangue prese a zampillare fuori dalla ferita come se fosse una fontana, la vista iniziò a macchiarsi di puntini neri prima del previsto. La ragazza cadde a terra, in ginocchio. Fra le mani reggeva ancora la katana lurida di sangue.

-Non posso morire- disse meccanicamente, portandosi una mano sulla pancia.

Il nemico, che le si era avvicinato nel frattempo, sputò a terra e posizionò la canna della pistola sul cuore di lei.

-Tutti possono morire- sibilò meschinamente, togliendo la sicura.

-Già, tutti- affermò Sakura. Ignorando il dolore lancinante alla spalla destra, con un ultimo sforzo che le costò davvero fatica, strinse fra le dita bianche la spada e con uno splancio la infilzò nel ventre dell'uomo. Il colpo di pistola che seguì colorò il suo mondo di nero.





-Se molli adesso, ti uccido- le intimò il fratello, stringendo nella propria mano quella di lei. Era così fredda, e aveva il respiro così pesante. 

Tossendo una risata amara fuori dalle labbra, Sakura volse la testa in direzione di Harada. I loro occhi s'incontrarono nella fievole luce della candela, e lui si ritrovò a trattenere il fiato più di quanto già non facesse. La sorella, la sua piccola e innocente Sakura aveva le guance rosse di febbre e la pelle bianca come un foglio. Uno strato di sudore gli imperlava la fronte. Sulle bende che le coprivano il petto risaltavano grosse macchie rosse, sangue.

-N-non sei m-molto l-leale, Harada- sospirò lei, tentando di non mettere troppo intervallo fra una parola e l'altra. Non voleva farlo preoccupare più di quanto già non fosse.

Il ragazzo sorrise, quasi a volerla incoraggiare, poi le accarezzò la fronte. 

-Saresti dovuta rimanere al palazzo degli Shinsengumi- soffiò pacatamente fuori il ragazzo, e lei si sentì morire dentro.

Sarebbe dovuta restare a palazzo, era vero. Se l'avesse fatto, adesso il suo adorato fratello non si sarebbe sentito così. 

-Ho sete, potresti portarmene?- si ritrovò a chiedere lei, stringendo un poco la mano calda del giovane. Non stava bene, lo sentiva dentro. Piano piano le veniva sempre più sonno, le forze scemavano e i pomoni dolevano come schiacciati sotto un masso. Se ne stava andando, ma non voleva che suo fratello la vedesse spengersi.

-Certo.- Sanosuke si alzò con velocità, andò verso il tavolo presente nella stanza ma rimase a mani vuote: non c'era acqua li sopra. Lei lo sapeva, l'aveva chiesta apposta. -Non ce n'è più Vado a prenderla.-  Gli occhi verde bottiglia del castano sorrisero alla giovane, che ricambiò con un pò di difficoltà.

-Grazie.-

Lui aprì la porta e mise un piede fuori. Le spalle incurvate dalla stanchezza e dal brutto presentimento. 

-Harada- quando la voce della sorella lo richiamò, voltò il capo nella sua direzione come fosse un nemico: veloce e sull'attenti. Lei si era alzata leggermente sui gomiti -che stesse già meglio?-, aveva piegato un poco la testa verso destra facendo cadere i lunghi capelli come una cascata e gli aveva sorriso.

-Ti voglio bene.-

-Anche io, sorellina- rispose lui, senza mai abbassare gli angoli della labbra. Ma chissà perché, non riusciva a farsi piacere la scena di poco prima.



La pancia le doleva forte, ma la cosa peggiore era il petto. Se morire doveva fare così male sperò che almeno passasse in fretta. Chiuse gli occhi e sospirò, portandosi una mano al ventre fasciato. Ora non avrebbe più potuto dare un futuro a suo figlio, perché un bambino non ci sarebbe più stato. Non sarebbe esistita nemmeno lei, non più almeno. Sarebbe scomparsa nel tempo, Il fantasma qualsiasi di uno dei tanti soldati morti in battaglia quel giorno. Non ci sarebbe stato nessun libro a riportare le sue imprese, nessun uomo a ricordare le sue parole. 

-Ti amo- le mormorò una voce all'orecchio, e subito dopo una mano fresca le coprì la fronte. Sakura non aprì gli occhi, si limitò a poggiare sopra quelle dita conosciute le proprie. E così anche Nagakura era arrivato, sebbene lei gli avesse chiesto di non venire. All'inizio gli aveva proibito di avvicinarsi alla sua camera non voleva che la vedesse in quello stato, tutta via era felice che l'avesse ignorata. Quello poteva essere l'ultima volta che l'avrebbe rivisto.

-Cos'è che non ami di me, Capitano Shinpachi?- lo stuzzicò lei, con la voce che era solita usare in sua presenza. O almeno ci provò, non avrebbe mai saputo dire se ci fosse riuscita.

-Niente. Ogni cosa. Qualunque cosa- rispose fedelmente lui, sentendo il cuore farsi piccolo nel petto. Era come se si stesse man mano raggrinzendo, cadendo nella consapevolezza che quelli sarebbero stati i loro ultimi attimi.

Lo capiva dalla stretta di lei, debole e insicura, dal suo respiro pesante e a scatti, dal sangue sulle fasciature che Chizuru le aveva fatto solo qualche ora prima.

Il suo fiore di ciliegio sempre in fioritura stava per raggiungere l'inverno. Presto si sarebbe seccato e avvizzito,e  lui non poteva fare nulla per impedirlo. Questo era quello che faceva più male.

-Av-vrei voluto renderti oorgoglioso- mormorò a un tratto lei catturando tutta l'attenzione di lui, che cacciò i pensieri negati nell'ombra. -avrei v-voluto... orgoglioso di me.-

-Io sono orgoglioso di te. Lo sono sempre stato- rispose di getto il capitano, stringendole con più forza la mano. Lei gemette e lui capì che non aveva la forza di resistere. Era troppo debole. La lasciò andare.

-N-non hai capito.- Sakura tossì fuori una risata. Doveva esserle costata molto sforzo visto il modo in cui si andò ad affievolire. -A-vrei voluto renderti orgoglioso di me, come madre.- Spostò una mano sul ventre. 

Gli occhi azzurri del Capitano seguirono quel gesto con sgomento, poi gioia, paura e infine consapevolezza. 

-M-mi dispiace. Ho fallito, sia come guerriero che come madre.- I suoi occhi d'ambra si velarono di una patina traslucida, da cui iniziarono a salpare lacrime salate, che scorrevano sulle guance rosse come rose, a causa della febbre.

-Sakura.- Shinpaci non sapeva che dire. Non sapeva se era più sorpreso da quella notiza, o dal modo in cui la ragazza stava piangendo. 

Lei era li, gli occhi in lacrime rivolti al soffito della nave. Lui era li, gli occhi fissi sul viso di lei.

-P-p-perdonami. Non sono stata in grado di proteggerlo. Quell'uomo, non pensavo avrebbe mirato al mio ventre. Mi dispiace. Perdonami. Mi dispia...- Sakura non terminò la frase, perché il ragazzo le prese il viso fra le mani e la baciò. Lei sentì le proprie labbra congelate ustionarsi a contatto con quelle calde di lui, ma non si oppose a quel gesto. Era un bacio deciso e intenso quello del rosso, quasi volesse riporvi dentro tutti i sentimenti che provava in quel momento.

-Smettila di scusarti: ci riproveremo. Ci riusciremo- lo sentì sussurrare una volta che si fu staccato. Le teneva il viso fra le mani, si era seduto sul materasso per guardarla meglio. -Andremo via da qui, dalla guerra e ci proveremo a costruirci una famiglia. Ci riusciremo, va bene?- Lui credeva nelle sue parole, voleva crederci.

Più la guardava, più gli smebrava di vederla scivolare via dalle sue mani. Le lacrime continuavano a scenderle lungo le guance, inarrestabili, e lei pareva così fragile che solo un movimento sbagliato avrebbe potuto creparla. Lei era fragile. 

Ce la farà, si ripeteva come mantra.Come se fosse stato possibile.

"Ci riusciremo." Lei voleva crederci in quelle parole, ignorare il destino e crederci. Credrci. Crederci. Crederci. 

Con un leggero sorriso sulle labbra, Sakura annuì. -Aishiteru.-

-Si. Ti amo anche io.- Le labbra di Nagakura si posarono sulle sue leggere e morbide, e piano piano la ragazza chiuse gli occhi e si abbandonò.

Con la sensazione di quel bacio sulle labbra, quegli occhi azzurri che le sorridevano, quelle braccia che la cingevano e quella mani che l'accarezzavano... Con l'immagine di una famiglia, di lei e Shinpachi con un bambino in braccio, i sorrisi sulle labbra Sakura smise di vivere.










 
  
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