Salve
a tutti :D
Perché
ho deciso di iniziare questa long? Boh, non lo so nemmeno io. Stavo leggendo il
libro "Uno splendido disastro" di Jamie Mcguire e a un certo punto mi
sono detta: "Se al posto dei personaggi del libro ci fossero i
protagonisti della nostra amata sitcom?" (indovinate chi saranno i protagonisti
principali. Come se fosse tanto difficile xD). Ci ho pensato davvero a lungo e ho
iniziato a scrivere qualche capitolo pur non avendo in mente un vero e proprio
finale. Infatti è da un bel po' che sono dietro a questa fanfic e il mio
obiettivo era quello di pubblicare quando fosse finita, ma ho sentito il
bisogno disperato di leggere qualche commento D:
È
una rivisitazione del libro, ma riprende solo l'ambientazione e il nomignolo
che il protagonista affibbia alla protagonista. Mi piaceva e così ho deciso di
infilarcelo anche io u.u
Come si intuisce questa storia è una AU e quindi non c'entra un fico secco con la serie, non so se possa piacere o meno, anche perché i personaggi sono molto OOC. In tal caso sono pronta ad abbandonare la storia e a non farmi mai più vedere in questa sezione xD Ma infondo quanti di voi non hanno immaginato almeno una volta di vedere uno Sheldon figo che rimorchia come se non ci fosse un domani? Io sì e anche tanto. u.u
È inutile, sto in fissa, dovrete sopportarmi ancora u.u
Perché un'AU direte voi. Beh, perché inizialmente volevo scrivere un'originale, ma creare nuovi personaggi da caratterizzare e nuove ambientazioni in cui farli muovere mi sembrava difficile (e noioso aggiungiamo). Così ho ripiegato sulla più semplice e meno impegnativa "fanfiction alternative universe" ed eccoci qua con una fanfic orginale-ma-che-originale-non-è. Inoltre negli altri fandom ci sono molte AU e ho pensato che sarebbe stato carino provare a scriverne una visto che non ne ho mai fatte e che mi piace un sacco vedere i personaggi in altre ambientazioni. E poi, diciamocelo, gli Shamy sono belli in tutte le forme e in tutte le salse <3
Dato
che ho scritto solo pochi capitoli i primi aggiornamenti saranno più veloci e
regolari. Poi si ritornerà con gli aggiornamenti random e solo quando
l'ispirazione arriva xD
Questo
è solo il prologo. Forse è un po' "strano", ma serve per la storia.
Prima di lanciarmi contro vari tipi di ortaggi aspettate almeno di leggere il
primo capitolo xD Se interessa pubblico il prossimo capitolo lunedì o comunque
massimo entro fine della prossima settimana, altrimenti nada u.u
Ok
dopo questa presentazione esageratamente lunga mi nascondo e aspetto con ansia
i vostri commenti.
A
presto! :D
Prologo.
Un giorno ti innamorerai, non importa quando,
come o perché.
Riderai, piangerai e sorriderai a causa sua.
E tutto ciò sarà bellissimo.
Una dolce melodia risuonava per tutta la casa. Delle mani
percorrevano i tasti del pianoforte con maestria, sfiorandoli con leggerezza e
forza allo stesso tempo.
Non aveva bisogno dello
spartito. Conosceva a memoria il brano che ormai da anni suonava alla fine di
ogni sua esercitazione.
Sapeva anche di non
essere sola. Qualcuno la osservava sempre di nascosto.
La donna si fermò e
guardò l'intruso con la coda dell'occhio.
« Cosa ci fai
nascosto lì? Dai, vieni qui. » lo chiamò mostrandogli un dolce sorriso.
Il bambino lasciò il
nascondiglio dietro la porta e la raggiunse, un po' arrabbiato per la sua
interruzione. Amava sentirla suonare, sopratutto quell'ultimo brano che
riempiva la sua vita fin da quando aveva memoria.
La donna si girò
completamente verso di lui, specchiandosi negli
occhi azzurri del bambino.
« Ti piace? » chiese
indicando lo strumento dietro di lei e lui annuì.
« Vorresti imparare
a suonarlo? »
Il bambino spalancò
gli occhi sorpreso. « Davvero me lo insegneresti, mamma? »
Lo prese in braccio
e se lo mise sulle gambe, rivolto verso la tastiera. Era piccolo, aveva solo
cinque anni, ma era molto intelligente e non avrebbe fatto fatica a imparare.
Lei iniziò a premere
alcuni tasti facendogli vedere le prime note. Lui guardava affascinato le dita
affusolate muoversi da un tasto all'altro e si ripromise che si sarebbe
impegnato al massimo per raggiungere la sua stessa bravura.
« Sai Sheldon, un
giorno arriverà una persona importante nella tua vita. » sussurrò.
Lui alzò lo sguardo
su di lei, incuriosito da quelle strane parole.
« Dovrai suonare per
lei e farle capire quanto la ami. Non dovrai mai smettere. Mai. »
« Come fai tu con
papà? » domandò.
« Esatto. » rispose
dolcemente mentre con la mano destra gli mostrava la scala di Do e con la
sinistra gli cingeva la vita.
Sheldon corrugò la
fronte e smise di prestare attenzione all'esecuzione della madre per riflettere
sulle sue parole. Non l'aveva mai sentita parlare di quelle cose e si chiese perché
mai gliele stesse dicendo, dato che al momento non gli importava proprio nulla
di tutto ciò.
Riprese a
concentrarsi su ciò che aveva davanti solo quando sua madre gli prese una mano
per fargli vedere la corretta postura. Quando premette un tasto e da esso uscì
una nota dal tono grave sentì un brivido percorrergli la schiena. Sorrise verso
la madre e lei ricambiò, contenta che almeno uno dei tre figli mostrasse
interesse verso lo strumento.
« Vieni, è quasi ora
di cena. » disse prendendolo in braccio e allontanandolo dal pianoforte. Lui
mise il broncio. Non aveva la minima voglia di mangiare, non ora che finalmente
stava imparando le prime note.
Lei rise vedendo la
sua espressione torva. « Non c'è bisogno di arrabbiarsi. Hai tutto il tempo che
vuoi per suonare. »
*
Sheldon si guardò
attorno con circospezione. Doveva essere sicuro che nessuno ci fosse nella
stanza o sarebbero stati guai. Restò immobile per qualche secondo, ma nessun
rumore proveniva dalla casa.
Sorrise. Era solo.
Si avvicinò al
pianoforte a muro in un angolo della stanza e con le dita fece scorrere il
bordo fino ad arrivare agli angoli dove si bloccò. Aprì il copritastiera e una
lunga fila di tasti bianchi e neri si mostrò ai suoi occhi. Erano anni che non
toccava più quei tasti, che non si sedeva sulla panca e che non intonava un
brano.
Quel brano.
Serrò le labbra e ne
premette uno. Una lunga nota si diffuse per la stanza e il silenzio la fece
sembrare molto più alta di quanto fosse in realtà.
Erano passati quattro
anni da quando sua madre era morta in un incidente e da quel momento gli era
stato categoricamente vietato di suonare anche solo una nota. Le poche volte
che ci aveva provato suo padre si era arrabbiato moltissimo e l'aveva
minacciato che se non avrebbe smesso avrebbe portato via lo strumento.
Sheldon però non
riusciva a stargli lontano a lungo. Aveva bisogno di sfiorarlo, di sentire la
sua musica. Aveva bisogno di ricordare e quello era l'unico modo per farlo.
« Cosa stai facendo?
»
Una voce grave e
ferma lo fece sussultare, stonando così l'ultimo accordo.
« N-niente. »
mormorò appena vide la persona meno gradita sulla soglia.
L'uomo assottigliò
lo sguardo e si avvicinò a passo svelto, afferrandogli con forza l'esile
braccio.
« Ti ho detto che
non devi suonare! » gridò.
Sheldon riusciva a
sentire l'odore pungente di whiskey provenire da lui. Era di nuovo ubriaco.
Con un gesto secco
lo tirò verso di sé facendolo quasi inciampare nella panca. Il braccio avvolto
nella sua stretta cominciava a fargli male, ma non si sarebbe lamentato. Non
voleva dargliela vinta.
« Non sto facendo
nulla di male. » disse cercando di trattenere il tremolio nella voce.
« Vattene. » il tono
duro e freddo usato dall'uomo lo metteva sempre a disagio. Gli mancava il modo
dolce e gentile con cui sua madre si rivolgeva a lui.
Si allontanò di
qualche passo guardandosi i segni rossi rimasti sul braccio poi si girò di
scatto.
« Perché non posso suonare
come faceva la mamma? » chiese in tono fermo e puntando lo sguardo su di lui.
« Non voglio che ti
avvicini a questo piano, Sheldon. Se tua madre è morta è solamente per colpa
tua! »
Sheldon si irrigidì.
Non era colpa sua se quel giorno l'aveva implorata di portarlo al nuovo negozio
di giocattoli. E non era nemmeno colpa sua se lui era sopravvissuto e lei no.
Non aveva mai
creduto di essere in qualche modo il responsabile, nonostante negli ultimi anni
suo padre non avesse fatto altro che ripetergli il contrario.
Uscì sbattendo la
porta.
Non sarebbe rimasto
in quella casa a lungo.
Sheldon era nella
sua camera quando sentì dei rumori provenire dalla stanza di fronte alla sua.
Si avvicinò per capire cosa stesse accadendo. Dal rumore ovattato a causa delle
porte chiuse sembrava fosse qualcuno che stesse riempiendo uno zaino. O un
grosso borsone da viaggio. Forse suo fratello aveva deciso di andare via
qualche giorno con gli amici, pensò.
Aprì leggermente la
porta e vide suo fratello uscire dalla stanza con un grosso zaino nero consunto
sulle spalle. Indossava anche un giubbino nonostante fossero in piena estate.
« Dove vai? » chiese
timidamente.
« Via. » tagliò
corto sistemandosi meglio lo zaino. Non lo guardava negli occhi, come se avesse
paura di dirgli qualcosa.
« E quando torni? »
disse avvicinandosi di un passo.
Lui si passò una
mano sul viso dai bei lineamenti e sospirò sconsolato.
« Non lo so. Forse
mai. »
Il viso di Sheldon
si fece cupo.
Se ne stava andando
via di casa.
Alzò lo sguardo
determinato. « Allora portami con te. »
In quel momento di
tutti i dispetti che gli aveva fatto, di quando lo prendeva in giro con gli
amici e di quando quella volta lo fece cadere dalla bicicletta, non gli
importava nulla. Non voleva che se ne andasse. Voleva solo rimanere con suo
fratello perché, anche se avevano una certa differenza di età, gli voleva bene.
Con lui in casa si sentiva protetto, ma se ora lui se ne andava si sarebbe
sentito solo. Tremendamente solo.
Il ragazzo più
grande si abbassò alla sua altezza.
« Non puoi venire
con me. Sei troppo piccolo. » disse cercando di usare un tono più calmo e rassicurante.
« Non sono piccolo.
Ho già dieci anni! » brontolò, incrociando le braccia al petto.
Lui sorrise
malinconico. Gli sarebbe mancato quel nanetto capriccioso e rompiscatole.
Gli mise le mani
sulle spalle, stringendole.
« Devi rimanere qui,
Sheldon. »
« Io non voglio
rimanere qui con papà. » mormorò a disagio.
« Non devi rimanere
per lui, ma per tua sorella. Hai capito? Devi restare qui per lei. »
Ecco, era sempre
colpa di sua sorella. Proprio una gemella doveva avere? Non potevano essere
soltanto loro due?
« Allora quando sarò
diventato più grande verrò con te. Mi prenderai con te vero? »
Il fratello più
grande lo spinse con delicatezza dentro la stanza.
« Fai il bravo. »
poi chiuse la porta.
Sheldon rimase
fermo. Ascoltò i suoi passi riecheggiare per il corridoio e poi scendere le
scale. Sentì delle voci provenire dal piano inferiore, poi urla, insulti e una
porta sbattere con violenza facendo cadere uno dei sopramobili di cui sua madre
avvertiva sempre di fare attenzione.
Corse alla finestra
e lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava lungo il vialetto di casa. Suo
fratello si girò un'ultima volta per osservarlo prima che una macchina nera si
fermasse davanti a lui per farlo salire.
Quella fu l'ultima
volta che lo vide.
*
Cacciò il borsone con
forza dietro il sedile posteriore e si sedette dalla parte del passeggero
ignorando volutamente l'espressione di rimprovero del conducente.
« Ehi stai attento!
La macchina è nuova. »
« Una macchina degli
anni 90, di terza mano e senza servosterzo. Gran bell'acquisto. » rispose
sarcastico mentre picchiettava nervoso le dita sulla gamba.
« Almeno io la
macchina ce l'ho. » borbottò sistemandosi gli occhiali. « Lo hai detto a Missy?
»
Sheldon si girò
verso di lui con aria leggermente esasperata.
« Hai intenzione di
partire o vuoi rimanere qui tutto il giorno? »
« Glielo hai detto
sì o no? » insisté l'amico senza dar segni di cedimento.
Sheldon distolse lo
sguardo ed emise un lungo sospiro.
« Certo che gliel'ho
detto e le ho anche chiesto se voleva venire via con me. Ha detto che non se ne
vuole andare e adesso mi odia perché è convinta che la stia abbandonando. Ora
possiamo partire? » disse sperando di finirla lì e che l'amico accendesse il
motore e si allontanasse il più possibile.
« Senti, sei proprio
sicuro di voler―»
Sheldon sbuffò
stizzito. « Leonard sono sicuro. Non posso più stare qui lo sai bene. Se lei ha
intenzione di rimanere qui sono affari suoi. Io ho fatto la mia scelta. » si
toccò involontariamente una parte del braccio ancora dolorante e con i segni
della lite con suo padre avvenuta il giorno prima. No, non poteva rimanere un
giorno di più. Diede un'occhiata fuori dal finestrino e vide sua sorella mentre
lo fissava dalla finestra del salotto con uno sguardo carico di rabbia e odio. « Piuttosto, sei sicuro di volermi seguire?
Tu non hai nessun motivo per lasciare questa città. Posso benissimo cavarmela
da solo. »
Leonard finalmente
accese il motore. Cominciò lentamente a lasciare quella via e ad allontanarsi
da quella casa che, almeno per Sheldon, avrebbe visto soltanto per l'ultima
volta.
« Ovvio che ti
seguo. Senza di me chissà dove andresti a finire. L'ultima cosa che voglio è
averti sulla coscienza. » proruppe dopo aver passato l'incrocio.
Sheldon appoggiò una
guancia sul palmo della mano e sorrise impercettibilmente mentre osservava il
paesaggio scorrergli davanti.
« Sai che non troveremo
mai tuo fratello vero? »
« Lo so. » rispose
tranquillamente tirando fuori dalla tasca del giubbino una cartina piegata alla
bene e meglio. « Infatti non ho nessuna intenzione di cercarlo. Andremo qui. »
indicò un punto sulla cartina. « A Pasadena, California. »
« Pasadena? E a fare
che cosa? » chiese perplesso alternando lo sguardo dalla cartina alla strada.
Sheldon lo guardò
con ovvietà. « A iniziare la nostra nuova vita, Leonard. »
" I venti del
destino soffiano quando meno ce lo aspettiamo.
A volte hanno la
furia di un uragano, a volte sono lievi come brezze.
Ma non si possono
negare, perché spesso portano un futuro impossibile da ignorare."
-Le
parole che non ti ho detto -