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Autore: StormLight94    21/11/2014    8 recensioni
Fanfiction AU.
Pasadena, California.
Sheldon ha ventidue anni, è molto affascinante e all'università non passa inosservato. Ha una fila di ragazze che gli cadono ai piedi e che morirebbero pur di avere la sua attenzione. Nonostante ciò non ha nessuna intenzione di avere relazioni serie, anzi preferisce divertirsi e passare da una festa all'altra con i suoi migliori amici Leonard, Howard e Raj. È un genio, ma prende tutto troppo superficialmente.
Amy si è trasferita da lontano per iniziare l'università e insieme alla sua migliore amica, Penny, dovrà ambientarsi in quella città nuova. È introversa e preferisce un buon libro a una festa sfrenata. Il suo unico interesse è quello di studiare e prendere buoni voti.
Ma cosa succederebbe se due persone così diverse si incontrassero? E se iniziassero a passare molto tempo insieme? Potrebbe andare bene o sarebbe un disastro?
Dal primo capitolo:
"« Tu?! » dissero all'unisono Amy, con un'espressione sconvolta e Sheldon con un'aria sorpresa e leggermente divertita.
Doveva essere un incubo, o una specie di scherzo.
Il tizio più irritante che avesse conosciuto era il vicino di casa della sua migliore amica."
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amy Farrah Fowler, Sheldon Cooper, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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prologo1

Salve a tutti :D

Perché ho deciso di iniziare questa long? Boh, non lo so nemmeno io. Stavo leggendo il libro "Uno splendido disastro" di Jamie Mcguire e a un certo punto mi sono detta: "Se al posto dei personaggi del libro ci fossero i protagonisti della nostra amata sitcom?" (indovinate chi saranno i protagonisti principali. Come se fosse tanto difficile xD). Ci ho pensato davvero a lungo e ho iniziato a scrivere qualche capitolo pur non avendo in mente un vero e proprio finale. Infatti è da un bel po' che sono dietro a questa fanfic e il mio obiettivo era quello di pubblicare quando fosse finita, ma ho sentito il bisogno disperato di leggere qualche commento D:

È una rivisitazione del libro, ma riprende solo l'ambientazione e il nomignolo che il protagonista affibbia alla protagonista. Mi piaceva e così ho deciso di infilarcelo anche io u.u

Come si intuisce questa storia è una AU e quindi non c'entra un fico secco con la serie, non so se possa piacere o meno, anche perché i personaggi sono molto OOC. In tal caso sono pronta ad abbandonare la storia e a non farmi mai più vedere in questa sezione xD Ma infondo quanti di voi non hanno immaginato almeno una volta di vedere uno Sheldon figo che rimorchia come se non ci fosse un domani? Io sì e anche tanto. u.u

È inutile, sto in fissa, dovrete sopportarmi ancora u.u

Perché un'AU direte voi. Beh, perché inizialmente volevo scrivere un'originale, ma creare nuovi personaggi da caratterizzare e nuove ambientazioni in cui farli muovere mi sembrava difficile (e noioso aggiungiamo). Così ho ripiegato sulla più semplice e meno impegnativa "fanfiction alternative universe" ed eccoci qua con una fanfic orginale-ma-che-originale-non-è. Inoltre negli altri fandom ci sono molte AU e ho pensato che sarebbe stato carino provare a scriverne una visto che non ne ho mai fatte e che mi piace un sacco vedere i personaggi in altre ambientazioni. E poi, diciamocelo, gli Shamy sono belli in tutte le forme e in tutte le salse <3 

Dato che ho scritto solo pochi capitoli i primi aggiornamenti saranno più veloci e regolari. Poi si ritornerà con gli aggiornamenti random e solo quando l'ispirazione arriva xD

Questo è solo il prologo. Forse è un po' "strano", ma serve per la storia. Prima di lanciarmi contro vari tipi di ortaggi aspettate almeno di leggere il primo capitolo xD Se interessa pubblico il prossimo capitolo lunedì o comunque massimo entro fine della prossima settimana, altrimenti nada u.u

Ok dopo questa presentazione esageratamente lunga mi nascondo e aspetto con ansia i vostri commenti.

A presto! :D

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Prologo.

 

Un giorno ti innamorerai, non importa quando, come o perché.
Riderai, piangerai e sorriderai a causa sua.
E tutto ciò sarà bellissimo.

 

 

 

 

 

Una dolce melodia risuonava per tutta la casa. Delle mani percorrevano i tasti del pianoforte con maestria, sfiorandoli con leggerezza e forza allo stesso tempo.
Non aveva bisogno dello spartito. Conosceva a memoria il brano che ormai da anni suonava alla fine di ogni sua esercitazione.
Sapeva anche di non essere sola. Qualcuno la osservava sempre di nascosto.
La donna si fermò e guardò l'intruso con la coda dell'occhio.
« Cosa ci fai nascosto lì? Dai, vieni qui. » lo chiamò mostrandogli un dolce sorriso.
Il bambino lasciò il nascondiglio dietro la porta e la raggiunse, un po' arrabbiato per la sua interruzione. Amava sentirla suonare, sopratutto quell'ultimo brano che riempiva la sua vita fin da quando aveva memoria.
La donna si girò completamente verso di lui, specchiandosi negli occhi azzurri del bambino.
« Ti piace? » chiese indicando lo strumento dietro di lei e lui annuì.
« Vorresti imparare a suonarlo? »
Il bambino spalancò gli occhi sorpreso. « Davvero me lo insegneresti, mamma? »
Lo prese in braccio e se lo mise sulle gambe, rivolto verso la tastiera. Era piccolo, aveva solo cinque anni, ma era molto intelligente e non avrebbe fatto fatica a imparare.
Lei iniziò a premere alcuni tasti facendogli vedere le prime note. Lui guardava affascinato le dita affusolate muoversi da un tasto all'altro e si ripromise che si sarebbe impegnato al massimo per raggiungere la sua stessa bravura.
« Sai Sheldon, un giorno arriverà una persona importante nella tua vita. » sussurrò.
Lui alzò lo sguardo su di lei, incuriosito da quelle strane parole.
« Dovrai suonare per lei e farle capire quanto la ami. Non dovrai mai smettere. Mai. »
« Come fai tu con papà? » domandò.
« Esatto. » rispose dolcemente mentre con la mano destra gli mostrava la scala di Do e con la sinistra gli cingeva la vita.
Sheldon corrugò la fronte e smise di prestare attenzione all'esecuzione della madre per riflettere sulle sue parole. Non l'aveva mai sentita parlare di quelle cose e si chiese perché mai gliele stesse dicendo, dato che al momento non gli importava proprio nulla di tutto ciò.
Riprese a concentrarsi su ciò che aveva davanti solo quando sua madre gli prese una mano per fargli vedere la corretta postura. Quando premette un tasto e da esso uscì una nota dal tono grave sentì un brivido percorrergli la schiena. Sorrise verso la madre e lei ricambiò, contenta che almeno uno dei tre figli mostrasse interesse verso lo strumento.
« Vieni, è quasi ora di cena. » disse prendendolo in braccio e allontanandolo dal pianoforte. Lui mise il broncio. Non aveva la minima voglia di mangiare, non ora che finalmente stava imparando le prime note.
Lei rise vedendo la sua espressione torva. « Non c'è bisogno di arrabbiarsi. Hai tutto il tempo che vuoi per suonare. »

 

*

 

 

Sheldon si guardò attorno con circospezione. Doveva essere sicuro che nessuno ci fosse nella stanza o sarebbero stati guai. Restò immobile per qualche secondo, ma nessun rumore proveniva dalla casa.
Sorrise. Era solo.
Si avvicinò al pianoforte a muro in un angolo della stanza e con le dita fece scorrere il bordo fino ad arrivare agli angoli dove si bloccò. Aprì il copritastiera e una lunga fila di tasti bianchi e neri si mostrò ai suoi occhi. Erano anni che non toccava più quei tasti, che non si sedeva sulla panca e che non intonava un brano.

Quel brano.
Serrò le labbra e ne premette uno. Una lunga nota si diffuse per la stanza e il silenzio la fece sembrare molto più alta di quanto fosse in realtà.
Erano passati quattro anni da quando sua madre era morta in un incidente e da quel momento gli era stato categoricamente vietato di suonare anche solo una nota. Le poche volte che ci aveva provato suo padre si era arrabbiato moltissimo e l'aveva minacciato che se non avrebbe smesso avrebbe portato via lo strumento.
Sheldon però non riusciva a stargli lontano a lungo. Aveva bisogno di sfiorarlo, di sentire la sua musica. Aveva bisogno di ricordare e quello era l'unico modo per farlo.
« Cosa stai facendo? »
Una voce grave e ferma lo fece sussultare, stonando così l'ultimo accordo.
« N-niente. » mormorò appena vide la persona meno gradita sulla soglia.
L'uomo assottigliò lo sguardo e si avvicinò a passo svelto, afferrandogli con forza l'esile braccio.
« Ti ho detto che non devi suonare! » gridò.
Sheldon riusciva a sentire l'odore pungente di whiskey provenire da lui. Era di nuovo ubriaco.
Con un gesto secco lo tirò verso di sé facendolo quasi inciampare nella panca. Il braccio avvolto nella sua stretta cominciava a fargli male, ma non si sarebbe lamentato. Non voleva dargliela vinta.
« Non sto facendo nulla di male. » disse cercando di trattenere il tremolio nella voce.
« Vattene. » il tono duro e freddo usato dall'uomo lo metteva sempre a disagio. Gli mancava il modo dolce e gentile con cui sua madre si rivolgeva a lui.
Si allontanò di qualche passo guardandosi i segni rossi rimasti sul braccio poi si girò di scatto.
« Perché non posso suonare come faceva la mamma? » chiese in tono fermo e puntando lo sguardo su di lui.
« Non voglio che ti avvicini a questo piano, Sheldon. Se tua madre è morta è solamente per colpa tua! »  
Sheldon si irrigidì. Non era colpa sua se quel giorno l'aveva implorata di portarlo al nuovo negozio di giocattoli. E non era nemmeno colpa sua se lui era sopravvissuto e lei no.
Non aveva mai creduto di essere in qualche modo il responsabile, nonostante negli ultimi anni suo padre non avesse fatto altro che ripetergli il contrario.
Uscì sbattendo la porta.
Non sarebbe rimasto in quella casa a lungo.

 

 

Sheldon era nella sua camera quando sentì dei rumori provenire dalla stanza di fronte alla sua. Si avvicinò per capire cosa stesse accadendo. Dal rumore ovattato a causa delle porte chiuse sembrava fosse qualcuno che stesse riempiendo uno zaino. O un grosso borsone da viaggio. Forse suo fratello aveva deciso di andare via qualche giorno con gli amici, pensò.
Aprì leggermente la porta e vide suo fratello uscire dalla stanza con un grosso zaino nero consunto sulle spalle. Indossava anche un giubbino nonostante fossero in piena estate.
« Dove vai? » chiese timidamente.
« Via. » tagliò corto sistemandosi meglio lo zaino. Non lo guardava negli occhi, come se avesse paura di dirgli qualcosa.
« E quando torni? » disse avvicinandosi di un passo.
Lui si passò una mano sul viso dai bei lineamenti e sospirò sconsolato.
« Non lo so. Forse mai. »
Il viso di Sheldon si fece cupo.
Se ne stava andando via di casa.
Alzò lo sguardo determinato. « Allora portami con te. »
In quel momento di tutti i dispetti che gli aveva fatto, di quando lo prendeva in giro con gli amici e di quando quella volta lo fece cadere dalla bicicletta, non gli importava nulla. Non voleva che se ne andasse. Voleva solo rimanere con suo fratello perché, anche se avevano una certa differenza di età, gli voleva bene. Con lui in casa si sentiva protetto, ma se ora lui se ne andava si sarebbe sentito solo. Tremendamente solo.
Il ragazzo più grande si abbassò alla sua altezza.
« Non puoi venire con me. Sei troppo piccolo. » disse cercando di usare un tono più calmo e rassicurante.
« Non sono piccolo. Ho già dieci anni! » brontolò, incrociando le braccia al petto.
Lui sorrise malinconico. Gli sarebbe mancato quel nanetto capriccioso e rompiscatole.
Gli mise le mani sulle spalle, stringendole.
« Devi rimanere qui, Sheldon. »
« Io non voglio rimanere qui con papà. » mormorò a disagio.
« Non devi rimanere per lui, ma per tua sorella. Hai capito? Devi restare qui per lei. »
Ecco, era sempre colpa di sua sorella. Proprio una gemella doveva avere? Non potevano essere soltanto loro due?
« Allora quando sarò diventato più grande verrò con te. Mi prenderai con te vero? »
Il fratello più grande lo spinse con delicatezza dentro la stanza.
« Fai il bravo. » poi chiuse la porta.
Sheldon rimase fermo. Ascoltò i suoi passi riecheggiare per il corridoio e poi scendere le scale. Sentì delle voci provenire dal piano inferiore, poi urla, insulti e una porta sbattere con violenza facendo cadere uno dei sopramobili di cui sua madre avvertiva sempre di fare attenzione.
Corse alla finestra e lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava lungo il vialetto di casa. Suo fratello si girò un'ultima volta per osservarlo prima che una macchina nera si fermasse davanti a lui per farlo salire.
Quella fu l'ultima volta che lo vide.

*

 

Cacciò il borsone con forza dietro il sedile posteriore e si sedette dalla parte del passeggero ignorando volutamente l'espressione di rimprovero del conducente.
« Ehi stai attento! La macchina è nuova. »
« Una macchina degli anni 90, di terza mano e senza servosterzo. Gran bell'acquisto. » rispose sarcastico mentre picchiettava nervoso le dita sulla gamba.
« Almeno io la macchina ce l'ho. » borbottò sistemandosi gli occhiali. « Lo hai detto a Missy? »
Sheldon si girò verso di lui con aria leggermente esasperata.
« Hai intenzione di partire o vuoi rimanere qui tutto il giorno? »
« Glielo hai detto sì o no? » insisté l'amico senza dar segni di cedimento.
Sheldon distolse lo sguardo ed emise un lungo sospiro.
« Certo che gliel'ho detto e le ho anche chiesto se voleva venire via con me. Ha detto che non se ne vuole andare e adesso mi odia perché è convinta che la stia abbandonando. Ora possiamo partire? » disse sperando di finirla lì e che l'amico accendesse il motore e si allontanasse il più possibile.
« Senti, sei proprio sicuro di voler―»
Sheldon sbuffò stizzito. « Leonard sono sicuro. Non posso più stare qui lo sai bene. Se lei ha intenzione di rimanere qui sono affari suoi. Io ho fatto la mia scelta. » si toccò involontariamente una parte del braccio ancora dolorante e con i segni della lite con suo padre avvenuta il giorno prima. No, non poteva rimanere un giorno di più. Diede un'occhiata fuori dal finestrino e vide sua sorella mentre lo fissava dalla finestra del salotto con uno sguardo carico di rabbia e odio. « Piuttosto, sei sicuro di volermi seguire? Tu non hai nessun motivo per lasciare questa città. Posso benissimo cavarmela da solo. »
Leonard finalmente accese il motore. Cominciò lentamente a lasciare quella via e ad allontanarsi da quella casa che, almeno per Sheldon, avrebbe visto soltanto per l'ultima volta.
« Ovvio che ti seguo. Senza di me chissà dove andresti a finire. L'ultima cosa che voglio è averti sulla coscienza. » proruppe dopo aver passato l'incrocio.
Sheldon appoggiò una guancia sul palmo della mano e sorrise impercettibilmente mentre osservava il paesaggio scorrergli davanti.   
« Sai che non troveremo mai tuo fratello vero? »
« Lo so. » rispose tranquillamente tirando fuori dalla tasca del giubbino una cartina piegata alla bene e meglio. « Infatti non ho nessuna intenzione di cercarlo. Andremo qui. » indicò un punto sulla cartina. « A Pasadena, California. »
« Pasadena? E a fare che cosa? » chiese perplesso alternando lo sguardo dalla cartina alla strada.
Sheldon lo guardò con ovvietà. « A iniziare la nostra nuova vita, Leonard. »

 

 

" I venti del destino soffiano quando meno ce lo aspettiamo.
A volte hanno la furia di un uragano, a volte sono lievi come brezze.
Ma non si possono negare, perché spesso portano un futuro impossibile da ignorare."

-Le parole che non ti ho detto -



  
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