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Autore: Kaika    22/11/2014    2 recensioni
Seconda classificata al contest "Bad Obsession" indetto da aturiel sul forum di EFP
"Desiderava con tutta se stessa abbracciare suo figlio, stringerlo forte contro il suo petto, come se ciò bastasse a difenderlo da ogni cosa brutta che li circondava, e sussurrargli che andava tutto bene, ma non poteva, come non aveva la possibilità fare nient'altro.
Era impotente, obbligata a essere spettatrice quando avrebbe desiderato essere attrice"
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Karan, Lili
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: "Cos'è un'ossessione?"

Genere: Introspettivo, Triste

Rating: Verde

Fandom: No.6

Avvertimenti: //

Breve introduzione: "Desiderava con tutta se stessa abbracciare suo figlio, stringerlo forte contro il suo petto, come se ciò bastasse a difenderlo da ogni cosa brutta che li circondava, e sussurrargli che andava tutto bene, ma non poteva, come non aveva la possibilità fare nient'altro.

Era impotente, obbligata a essere spettatrice quando avrebbe desiderato essere attrice "

Eventuali note: So di aver inizialmente detto che mi sarei rivenuta a fatti avvenuti nella novel, ma questa è la quinta (sì, la quinta) ristesura della storia e, mi dispiace doverlo dire, ma i piano sono cambiati non poco.

Forse, più che altro, la caratterizzazione alla quale ho cercato di attenermi è più quella della novel, soprattutto avendo scelto come personaggio Karan, che nell'anime è delineata poco -almeno rispetto alla versione "cartacea"-.

L'unico dettaglio veramente "tangibile" è che gli occhi di Shion cono lilla e che da qui derivi il suo nome (Shion significa Aster, un fiore , appunto, lilla), come nella storia originale.

Spero di essere riuscita a rendere bene il personaggio; so benissimo quanto sia forte quella donna, e lo dimostra più volte, ma è comunque un essere umano obbligato a portare un pesante fardello e ho pensato potesse avere diritto a momenti di sconforto.

 

-Mamma, cos'è un'ossessione?-
Karan sollevò stupita la testa, distogliendo lo sguardo dal forno dove aveva appena messo la crostata e spostandolo sul figlio. Shion era seduto sul divano, il palmare sul quale stava leggendo fino a poco prima poggiato sulle ginocchia
In No.6 era raro che un bambino, un elite, chiedesse a un genitore spiegazioni su qualcosa che non sapeva o non comprendeva, non con tutti i mezzi tecnologici che aveva a sua disposizione. Qualsiasi conoscenza era alla sua portata e la madre e il padre non partecipavano in alcuno modo alla sua istruzione.
Per questo quella semplice domanda la colse così impreparata.
Superata la confusione iniziale, però, la donna non poté fare a meno di sorridere: Shion era speciale. Ogni genitore si vantava di quanto il proprio figlio fosse speciale, ma alla fine non si rivelava quasi mai vero: nel suo caso lo era.
Non sapeva definire esattamente cosa ci fosse in lui che lo portava a essere in quel modo, ma aveva un candore, una purezza quasi ingenui che mai aveva e mai avrebbe visto in un elite.
-Un'ossessione...- ripeté Karan, cercando le parole migliori per rispondergli. -É un pensiero fisso, qualcosa che hai sempre nella tua mente.-
Shion rimase qualche secondo in silenzio, riflettendo sulla definizione ricevuta. Alla fine annuì sorridendo.
-Grazie mamma!- esclamò, e tornò a leggere tranquillamente.

"Shion"
Quel nome martellava nella testa di Karan.
Non aveva più né fame né sete, quella parola aveva come assorbito ogni cosa.
I suoni le giungevano ovattati, le sembrava quasi di osservarsi dall'esterno; lavorava l'impasto senza sentirlo sotto le dita, osservava le fiamme nel forno senza avvertirne il calore, era estranea agli odori e ai sapori della sua panetteria.
"Shion"
Se l'era ripetuto tante di quelle volte da consumarne il senso, portandolo a essere solo mere lettere che continuavano a cozzarle nella mente.
Le amava, le odiava.
La tormentavano senza pietà, ma erano l'unica cosa cui potesse aggrapparsi dal giorno in cui loro o meglio, lei, No.6, gliel'aveva portato via.
Desiderava con tutta se stessa abbracciare suo figlio, stringerlo forte contro il suo petto, come se ciò bastasse a difenderlo da ogni cosa brutta che intorno a loro, e sussurrargli che andava tutto bene, ma non poteva, come non aveva la possibilità fare nient'altro.
Era impotente, obbligata a essere spettatrice quando avrebbe desiderato essere attrice.

 

Una sera, chiusa la panetteria, si era dovuta allontanare per comprare alcuni ingredienti che aveva esaurito. Camminava meccanicamente, lo sguardo perso nel vuoto, eppure notò, per caso, una pianta di aster esposto nella vetrina di un piccolo fioraio all'angolo.
Le sembrò quasi  che i fiori la chiamassero.
Come strinse quel piccolo vaso tra le dita, sentì qualcosa di nuovo nascerle dentro: per un istante, le sembrò di avere tra le mani il suo bambino quando, appena nato, era vulnerabile e dipendeva in tutto da lei. Durò un battito di ciglia, se non meno, ma la stretta allo stomaco che provò non l'abbandono più.


In quel lilla rivedeva i suoi occhi.
Quei fiori erano diventati il primo pensiero la mattina e l'ultimo la sera. Ne carezzava le foglie e i petali con amore materno, si assicurava di annaffiarli regolarmente e quando iniziò a parlarci quel poco della sua mente ancora razionale le urlò che era impazzita, ma non l'ascoltò.
L'aster stava bene, Shion stava bene.
Aveva senso il suo ragionamento? Assolutamente no, e lo sapeva.
Eppure più la pianta cresceva florida e rigogliosa, più la sua angoscia sembrava placarsi. Allo stesso tempo, però, ne era diventata dipendente: doveva starle vicino in ogni minuto, come le si allontanava diveniva inquieta, quella distanza la opprimeva a livello quasi fisico; le mani le tremavano, il cuore le martellava nel petto, il respiro le si faceva affannato.
Doveva vedere quei fiori.
Doveva assicurarsi che stessero bene.
 

-Signora, cos'è un'ossessione?-
Karan distolse lo sguardo dai quei petali lilla, fulcro intorno al quale ruotavano le sue giornate, incontrando gli occhioni nocciola della piccola Lili.
-Un'ossessione?- ripete, intontita. Un fortissimo senso di deja-vu la colse alla sprovvista: aveva già vissuto quella scena, tanto tempo prima da sembrarle un'altra vita.
La stanza prese a ruotare vorticosamente, dandole la nausea e lei si poggiò al bancone per non cadere. L'unico punto a rimanere fermo fu la bambina.
Nella mente di Karan, quegli occhi nocciola si tinsero di lilla.

-Mamma, cos'è un'ossessione?-
Una frase che la raggiunse come un'eco lontano, distorto e sovrapposto alla voce della piccola.
La donna perse la cognizione del tempo al punto di non accorgersi di quanto si stesse protraendo quel silenzio. Evidentemente fu a lungo, tanto che Lili aggiunse, quasi come scusante: -Ho sentito una donna dirlo mentre venivo qui.-
- É un pensiero fisso, qualcosa che hai sempre nella tua mente- le sue labbra si mossero meccanicamente. Si sentiva come se stesse recitando un vecchio copione, già portato in scena. Mentre la prima dello spettacolo aveva ricevuto applausi, ora gli spettatori annoiati sbadigliavano.

Un pensiero fisso.
Lo sguardo degli Aster, per la prima volta, le mise i brividi.
Quei fiori maligni avevano allungato i propri artigli su di lei, serrandoli intorno al suo cuore e facendo a brandelli il suo raziocinio.
La cosa più grave, ciò che era imperdonabile, era che lei l'avesse permesso.
Si era consentita di diventare lo spettro di sé stessa.
Il suo volto riflesso nella vetrina le fece paura: lo sguardo vacuo, il volto pallido e smunto segnato da profonde occhiaie.
-Allora io sono ossessionata dai suoi muffin!-
Quella vocina squillante la riportò alla realtà.
Sentì l'odore della crostata alle ciliege, la farina sulle proprie dita, il calore irradiato dal forno alle sue spalle.
Karan sorrise di cuore per la prima volta da mesi, lasciando una carezza amorevole sulla testa della bimba.
-Sì, ma non esagerare: troppi ti faranno male!- la riproverò giocosamente, il suo cuore che si scaldò all'espressione delusa dell'altra.
Non le era consentito di lasciarsi ossessionare da dei semplici fiori: cosa potevano mai avere a che fare con suo figlio? Lui stava andando avanti con le proprie forze e, per quanto fosse dura ammetterlo e, soprattutto, accettarlo, lei era completamente impotente.
Il muffin che mangiò insieme a Lili fu il più buono che avesse mai saggiato.

Non annaffiò più gli aster.

 

 

 

   
 
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