Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
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Autore: gridanelsilenzio    22/11/2014    0 recensioni
« Mancanze così non si possono colmare. Mancanze così ti divorano l'anima e distruggono anche la più minima speranza. Mancanze così, mancano per sempre. »
Genere: Avventura, Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'ALTRA PARTE DEL MIO CUORE.



Sosterrò il tuo mondo, e tutto il tuo dolore.




8.





C'era un corpo, per terra. Io non avevo ancora realizzato l'accaduto, non ero cosciente. Mi tremavano le gambe, le braccia, non ero più capace a distinguere le figure.
Ho sparato, continuavo a ripertermi nella testa.
E più me lo ripetevo e meno ci credevo.
Un uomo era a terra, senza vita, in una pozza di sangue, per colpa mia, per la mia voglia di salvare, di salvare Justin.
Me la ricordo, me la ricordo perfettamente la sua faccia, la sua espressione, la sua gratitudine, sì, la sua gratitudine.
Però avevo notato qualcosa di strano, una sorta di paura nei suoi occhi. Non poteva avere paura di me, non poteva.
Io dovrei avere paura di te, Justin.


Una guardia ci sta guardando come se potessimo far scoppiare una bomba da un momento all'altro, ma io non ci do peso, faccio finta di niente, faccio finta che non esista.
Che non ci sia nessun'altro a parte me e Justin, che in questo momento si sta contorcendo dal dolore per le ferite che ha addosso, del quale me ne ero quasi dimenticata.
« Fanno tanto male? » provo a chiedergli.
L'ha sentito, il mio tono supplichevole, il mio tono dispiaciuto.
« No, tranquilla » e mi sorride.
Io lo so che non è vero. So che mi sta mentendo, ancora.
Ma cosa posso fare? Di certo non posso obbligarlo a dirmi la verità, anche se io devo saperlo, perché io lo voglio proteggere, lo voglio salvare, lo voglio ancora salvare, proprio come il primo giorno.
Vorrei portare via tutto il male che adesso si è impossessato di lui, il male fisico e il male psicologico, voglio portarlo via, voglio prenderlo per me.
Ma so che è una cosa che purtroppo non posso fare, perché non mi è permesso, perché lui non me lo permette.
E' sempre stato troppo orgoglioso per ammettere qualsiasi cosa.
Soprattutto per ammettere il suo stare male che, però, al mio occhio attento non è mai sfuggito, anche se non ho mai potuto fare nulla.
« Ma non ti curano lì dentro? » chiedo, un po' alterata.
Lo sento ridere di gusto, e anche se io non ci trovo nulla di divertente, sorrido un po' anch'io.
« Dicono che non ho niente, ed in effetti sto bene » mi dice.
Gli sorrido, ma poi quando lo vedo scivolare dalla sedia, fino a sbattere per terra, mi alzo in piedi gridando il suo nome, gridando al cielo di farlo alzare.


Ryan e Chaz, che per fortuna erano usciti da quel "combattimento" illesi, mi guardavano stupefatti mentre io, ancora sotto shock, continuavo a tenere in mano la pistola e a guardare quell'uomo inerme.
Non mi sentivo ne bene, ne male.
Anche se l'angoscia e l'ansia si erano impossessate di me, sapevo di aver fatto la cosa giusta, perché io volevo salvare Justin e l'avevo fatto.
« Dimmi che rimarrà con noi! » aveva urlato Chaz, girandosi nella direzione di Justin.
Lui non si era mosso, l'aveva solamente ucciso con uno sguardo, per poi riportare lo sguardo su di me, per uccidermi altrettante volte.
Mi guardava con un misto di disgusto e malignità negli occhi, ed io non riuscivo a capire perché.
Dopotutto avevo fatto quello che mi aveva chiesto lui, al suo comando io avevo sparato verso l'uomo, come mi aveva detto.
Si era alzato, dopo poco, per venire esattamente di fronte a me.
Zoppicava, lo vedevo, e scendeva sangue dal suo labbro inferiore, ma non avevo detto nulla, avevo solamente abbassato la testa, sentendomi inferiore, sentendomi impotente.
« Andiamo a casa » aveva detto, rivolto a me.
Non avevo neanche avuto il tempo di ribattere, di spiegare, che Justin mi aveva già preso per il braccio e buttato nella sua macchina, diretto verso casa.
Se normalmente ci rivolgevamo la parola a stento, in quel momento anche quello di parlarci sembrava un diritto svanito, perché nel tragitto verso casa nessuno dei due aveva parlato.
La macchina si era fermata dopo pochi minuti sul vialetto di casa sua, perché il percorso dal parchetto alla sua abitazione non era tanto lungo, ma io non me ne ero accorta, o meglio, non volevo accorgermene.
« Scendi » aveva detto.
Un altro comando che ero indecisa se seguire o no, ma che seguii lo stesso, perché volevo andare a casa, volevo staccare il cervello per qualche minuto e non pensare.
Mi ero seduta sul divano appena entrata in casa, senza neanche guardarmi intorno. Era tardi, probabilmente era già passata la mezzanotte, ma poco m'importava del buio che ci circondava.
Justin era rimasto appoggiato allo stipite della porta a guardarmi, anche se io non lo vedevo, sentivo il suo sguardo possessivo su di me.
« Potevi finire male, questa sera » parlò, dopo poco.
Per salvare te sarei finita male, Justin.




angolo autrice:
secondo me tra qualche giorno troverò delle bombe piazzate sotto casa mia, perché se continuo a far finire i capitoli in questo modo, vi arrabbierete, e non poco.
però state tranquille, non succederà nulla di grave a Justin, per ora.
sì, lo so, non dovrei dirvi ste cose perché poi diventate ancora più ansiose e mi dispiace, davvero.
cosa ne pensate comunque di questo nuovo Justin?
vi aspetto in tante nelle recensioni!

un bacio,
Francesca.


  
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