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Autore: GirlWithChakram    22/11/2014    4 recensioni
Raccolta di OS legate alla fanfiction "Your Spanish Lullaby", che vedrà il ritorno di Brittany, Santana e la loro variegata compagnia, in diversi Missing moments, alle prese con le avventure non raccontate nell'opera originale.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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THE ECHO OF YOUR SPANISH LULLABY
 
Avvertimento: si consiglia di aver letto prima la fanfiction a cui questa raccolta fa riferimento. QUI il link diretto al primo capitolo.
 
…Valerie
 
Quell’anno, per la prima volta, la Bella Notte vide aggiungersi al nostro consueto gruppo la piccola Puckerman, che sarebbe a breve stata seguita dai gemelli Anderson-Hummel. Blaine continuava a ripetere che ci sarebbe voluto solamente un altro mese, o anche meno, prima della nascita dei due.
Il 28 Luglio i Klaine lasciarono Lima, diretti a Boston, decisi a passare con Jane qualche giorno, prima del parto. Il 31 dello stesso mese fu il dì fatidico.
Quando ci riunimmo, pochi giorni più tardi, eravamo tutti contenti per l’arrivo di Claire e Benjamin, per cui avevo addirittura comprato delle copertine con le iniziali ricamate. Non potevo sapere che ancora una volta il destino mi avrebbe dato scacco.
«Prima che apriate bocca» ci accolse Kurt, facendo accomodare Britt e me, seguite dai Puckerman, gli Hudson e persino Evans «Dovete sapere che Blaine ne ha combinata un’altra delle sue.»
Preoccupati, cominciammo a subissarlo di domande, temendo che, per un motivo o per l’altro, la ragazza avesse cambiato idea o Anderson avesse combinato qualche pasticcio con le pratiche di adozione.
«Calma, calma amici» ci tranquillizzò il ricciolino, reggendo in braccio due piccoli fagotti «Non vorrete svegliare Harry e Joanne.»
Calò un silenzio profondo.
«Sì» riprese, porgendo i neonati al marito «Abbiamo deciso di chiamarli come il maghetto e la sua creatrice, nati, come molti di voi si ricorderanno, entrambi il 31 Luglio.»
«Abbiamo… Molto plurale» commentò Kurt, cullando i figlioletti.
«Questo è davvero un colpo basso, Pretty Pony» mi lamentai «Io avevo fatto ricamare le iniziali B e C e adesso tu te ne vieni fuori con un improvviso cambio di nome?»
«Ma, San» mi richiamò Britt «Lui lo ha fatto per zia Jo e per il giovane Potter, non puoi rimproverarlo. Qualsiasi potteriano che si rispetti avrebbe fatto altrettanto.»
Fu da quella discussione e dalla malsana idea di Anderson che, alla fine, la ancora non-nata Valerie si ritrovò ad essere Valerie Luna Lopez-Pierce, in onore del personaggio più amato da Brittany, che in fondo, devo ammettere, piaceva molto anche a me.
L’autunno trascorse all’insegna dei preparativi per il grande momento. Dovetti aiutare la mia bionda a trovare un degno sostituto per la scuola di ballo e la scelta ricadde su un suo ex compagno di liceo, tale Michael Chang, che scoprii essere sposato con una mia vecchia conoscenza, l’unica asiatica del Morgenstern, Tina Cohen-Chang. Poi arrivarono i corsi pre-parto, lo shopping sfrenato in compagnia di Ashely e Vivian e, per finire, i bagagli, sempre da rifare, per l’imminente corsa in ospedale.
 
Il 2 Dicembre fu uno di quei giorni che, col senno di poi, avrei voluto poter rivivere all’infinito.
Aprii gli occhi e seppi subito che qualcosa non andava. Britt non era al mio fianco.
«Tesoro? Tutto bene?» domandai, vedendo la luce accesa nel bagno.
«Non proprio» mi rispose.
Fui terrorizzata da quelle parole e scattai fuori dalle coperte pronta ad agguantare il telefono per chiamare il 911.
«Non c’è bisogno dell’ambulanza» mi anticipò «Ma Puck sta già arrivando con la macchina.»
«Ma cosa sta succedendo?» borbottai esasperata.
«Mi si sono rotte le acque.»
Il mondo mi crollò addosso. Tutto, in un istante, divenne incredibilmente reale, come se fino ad allora mi fossi preparata ad una gravidanza finta. Non riuscii a ricordare tutte le indicazioni che mi erano state date da Noah, che ci era passato poco prima, avevo rimosso ogni nozione letta su libri, riviste e blog. Mi sentii indifesa e spaesata, incapace di gestire la situazione.
Britt mi trovò rannicchiata sul letto mentre cercavo di trovare la forza di prepararmi per accompagnarla in ospedale.
«Amore» cercò di tranquillizzarmi «Va tutto bene, andrà tutto bene. Non c’è nulla di cui avere paura.»
La tensione si sciolse un poco. Lei era la mia ancora di salvezza, il mio antidoto contro la paura che spesso mi aveva portato ad agire da codarda, le sue parole potevano ridarmi la sicurezza di cui avevo bisogno.
Mi abbracciò e continuò a rassicurarmi.
«Dovresti essere tu quella sconvolta ed io la roccia a farti da sostegno» mugolai «Invece adesso sembro una bambina terrorizzata, mentre tu sei così calma, così matura… Così mamma.»
Gli occhi azzurri di Brittany ebbero uno strano guizzo. «San, non dirmi che stai avendo un crisi genitoriale proprio adesso!»
Mi limitai ad abbassare lo sguardo.
Lei mi risollevò il viso e sorrise. «Ne abbiamo già parlato, tante volte. Saremo i migliori genitori mai visti, finchè resteremo unite tutto andrà per il verso giusto.»
Feci un profondo respiro. Potevo percepire il suo cuore, a contatto con il mio petto, battere sempre più rapido. Fu allora che mi ricordai del perché di quel mio crollo.
«Britt» mormorai «Stai entrando in travaglio, vero?»
La bionda sembrò rifletterci un istante, come se dovesse realizzare la cosa, poi annuì.
«Dovremmo prendere le tue valigie e andare, prima di far nascere Val sul tuo maledetto tappetino con le paperelle.»
Riacquistata lucidità, mi vestii in fretta, ma mantenendo un certo stile, non avrei accolto la mia bambina nel mondo conciata male, quello era chiaro. Poi diedi una mano alla mia dolce metà per recuperare le ultime cose, aiutandola molto perché le contrazioni erano ufficialmente iniziate e con loro era arrivato il dolore.
Avrei riconosciuto la sgommata dell’auto di Puck ad un milione di miglia di distanza, così, non appena fui certa che il nostro autista fosse arrivato, uscii sul vialetto e gli ordinai in tono perentorio di aiutarmi a scortare Brittany.
Venti minuti più tardi varcammo tutti e tre la soglia dell’ospedale.
La prima cosa che feci, dopo che mi fui assicurata che la situazione fosse sotto controllo, fu chiamare praticamente l’intera rubrica del mio telefono.
Mio padre, in qualità di medico, iniziò a spiegarmi le diverse fasi del parto, quanto ognuna delle suddette fasi sarebbe durata, contornando il tutto con termini tecnici. L’unica cosa che capii era che avrei dovuto bere molti caffè, magari corretti, per sopravvivere.
Poi fu il turno di Ashley, che, ovviamente, lasciò perdere qualsiasi cosa stesse facendo e si scaraventò dalla sorella. Nel frattempo chiamai i Pierce. Mi rispose Vivian.
«Ciao, tesorino, tutto in regola? Hai bisogno di parlare con un essere umano che non sia quella schizzata di mia figlia?»
«Ciao Vivian» risposi cercando di mantenere la calma «Ti sto chiamando dall’osp…»
Mi attaccò il telefono in faccia. Provai più e più volte a ricontattarla, convinta che fosse semplicemente caduta la linea, ma quando, dieci minuti dopo, me la trovai davanti, trafelata e accompagnata dal marito, mi spiegò di aver capito cosa fosse accaduto e non aveva voluto perdere tempo in chiacchiere.
Fu così che la famiglia Pierce si ritrovò riunita in sala parto, mentre io proseguivo con il giro di telefonate. Quinn doveva affidare Beth ai genitori di Puck, poi ci avrebbe raggiunti, i Klaine dovevano ancora occuparsi dei gemelli, ma sarebbero certamente passati a dare supporto. Finn era impegnato a scuola, ma Rachel aveva promesso che sarebbe andata a prenderlo finite le lezioni e sarebbero arrivati insieme. Sam, invece, comparve in una mezz’ora e si mise a fare compagnia a Noah e me.
L’ora di pranzo giunse in fretta, tra una battuta e l’altra e una sfilza di bicchieroni ricolmi di caffeina, unico elemento che il mio corpo fosse in grado di assorbire. Gli Anderson-Hummel si presentarono verso l’una con i figli, tanti consigli e una grande busta piena di nachos, che, incredibilmente, rifiutai.
Britt era ormai ufficialmente pronta per dare alla luce Valerie, i medici affermavano che era questione di poche ore, ma quelle a me sembrarono ere geologiche. Non potevo fare altro che passeggiare nervosamente, sedermi dicendomi di stare calma per poi riprendere ad agitarmi come un’ossessa.
Alle quattro del pomeriggio, momento in cui arrivarono la Fabray e gli Hudson, Puck mi prese da parte, approfittando della momentanea riunione del resto della “famiglia” attorno alla partoriente.
«Sei pronta» mi disse convinto «Anche io mi sentivo come te, ma ho affrontato la cosa a testa alta. Lopez, non prenderla male, ma: devi fare l’uomo.»
Feci una smorfia, pronta a ricordargli che odiavo quando usava quella frase, ma mi zittì all’istante. «Qui non stiamo parlando di uno dei nostri spassosi scherzi ai danni del bietolone o della nana e neppure di uno dei nostri assurdi piani per convincere le nostre mogli a fare qualcosa. Qui stiamo parlando di tua figlia, della persona che d’ora in avanti ti vedrà come una guida, un esempio vivente. Avrai notato certamente il cambiamento di Britt.»
Annuii.
«Io ancora mi ricordo della ragazza sbadata, spiritosa e fissata con Harry Potter che passava le giornate a parlare col proprio gatto. Ma guardala adesso: è diventata grande. Certo, in fondo è sempre la solita Pierce, ma da ora in avanti sarà un’altra persona.»
Lo stavo a sentire come ipnotizzata. Quando era stato il suo momento, con Beth, io gli avevo fatto un discorso simile, ma lui in quel momento poteva aggiungerci una buona dose di esperienza.
«La prima cosa che voglio vederti fare, quando verrà fuori quel mostriciattolo, è fissare i suoi occhietti ancora ignari e prometterle che per lei ci sarai sempre e non ti lascerai mai e poi mai atterrire dalla paura. Ci sarà Britt, ci sarà la tua famiglia, ci saranno i tuoi amici, ma, anche se dovessimo voltarti tutti le spalle, tu dovrai resistere, per lei. Puoi negarlo a te stessa, però te lo leggo in faccia che sei terrorizzata, probabilmente lo sei stata per tutto questo tempo, ma il tuo cinismo ha mascherato la cosa…»
«Noah.» Non lo chiamavo quasi mai per nome. Di solito per me era “Tenente Spazzolone”, che era molto in voga da quando si era fatto ricrescere un minimo di cresta, “Soldato Scherzo” o Puck.
«Santana» rispose, rinunciando ai classici “Satana”, “Lingua di fuoco” o altro.
«Grazie. Non potevo desiderare un amico migliore di te.»
«Possiamo riparlare dell’eventualità in cui, rimanendo vedovi, ci sposiamo tra di noi?» domandò, spiazzandomi completamente.
«Neppure se ti trasformassi magicamente in Arwen» replicai scuotendo la testa.
«E adesso chi sarebbe questo Irwin?»
«Ah, Sergente Ignorante, e pensare che “Il Signore degli Anelli” te lo avrò fatto vedere almeno duecento volte…» sospirai.
Quando arrivò la sera cominciai ad averne abbastanza di aspettare. La paura era stata sostituita dall’impazienza, ormai avevo accettato il mio destino, a quel punto mi interessava solamente avere tra le braccia la mia piccolina.
Brittany era sempre più stanca e provata. Mi faceva male vederla in quello stato, ma ci tranquillizzava il fatto che tutto fosse a norma. Avevo passato l’intero pomeriggio, dopo la chiacchierata con Noah, da sola con lei, a tenerle la mano e a parlare di tutte le cose che avremmo fatto una volta diventate un trio.
Ma verso le sette, la fame si fece sentire. Raggiunsi il bar al piano terra e ingurgitai quello che mi era stato venduto come pollo, ma aveva il sapore di suola di pantofola. Ero allo stremo delle forze. Dopo quella mangiata, se tale potevo definirla, mi sarei dovuta concedere un po’ di sonno, ma non avevo intenzione di perdermi neppure un singolo istante fino al grande momento.
«Signora, vuole un caffè?» mi domandò un’infermiera.
Doveva avermi notata, lì, fissa sulla sedia proprio fuori dalla stanza di Britt, e doveva aver fatto caso alla stanchezza sul mio volto.
«Non dovrei accettare, perché credo di essere ben fuori dalla dose giornaliera consigliata, ma, la prego, mi porti una tazzina.»
Forse mi sarei dovuta accorgere dello sguardo di intesa che la donna lanciò al resto della truppa radunata vicino a me, ma ero davvero troppo stanca per collegare quelle occhiate all’innocua bevanda che mi venne consegnata. Buttai giù il contenuto in un solo sorso. Poi crollai addormentata.
 
Riaprii gli occhi su un mondo nuovo, in movimento frenetico. Tutto si agitava davanti a me, i suoni erano distorti e i contorni degli oggetti indefiniti.
«Tìxen si! Tìxen si!» urlò Sam scuotendomi. Ero troppo intontita per capire che mi stesse supplicando di svegliarmi.
«San, per l’amore del cielo!» si aggiunse Q. «Sta nascendo!»
Strabuzzai gli occhi. L’enorme orologio nella stanza indicava quasi le unici e l’ultima cosa che io ricordavo erano le lancette che segnavano le sette e mezza.
«Non doveva essere così potente il calmante» commentò Blaine, tirandomi su di peso «Doveva servirti a farti riposare un po’, ma a quanto pare quell’infermiera ha esagerato. Bella Addormentata, forza! Non vorrai perderti questo momento!»
Fui catapultata in sala parto, bardata con camice di carta. Una selva di medici e compagnia cantante mi comparve davanti.
Non so se fu per effetto della specie di droga che mi avevano somministrato o fu semplicemente l’emozione, ma tutto accadde senza che me ne rendessi conto.
Ci furono urla, incoraggiamenti, grida e ancora incoraggiamenti. Io restai imbambolata.
Poi ci fu il silenzio, quel piccolo, improvviso, drammatico silenzio che precedette il primo respiro di Valerie.
Quando quella specie di E.T. spalancò i polmoni, assordandoci, il silenzio scomparve dalla mia vita.
La ripulirono velocemente e la avvolsero in un telo. L’ostetrica fece per consegnarla a Brittany, ma lei, ancora madida di sudore e stravolta, fece cenno di lasciarla a me.
Presi in braccio quello scricciolo come se si trattasse di un preziosissimo vaso della maledetta dinastia Ming.
La osservai per la prima volta: aveva giusto un paio di peli in testa, biondi, come tutti i Pierce, la pelle arrossata, come tutti i neonati, e il pianto forte, ma sano, come quello di una piccola scimmia urlatrice.
Sorrisi involontariamente quando aprì gli occhi.
Blu. Blu oceano. Blu come il mio oceano.
Le poggiai un bacio sulla fronte, poi la affidai alle cure della sua altra mamma, che ancora non l’aveva stretta tra le braccia.
Quando Valerie venne presentata al resto della famiglia, mi sentii in diritto di far presente il mio disappunto: «Denuncerò quella clinica balorda non appena saremo fuori di qui. Guardatela! È la copia sputata di Britt! Dove sono i suoi bei tratti latini, eh? Maldito Martinez! Se avessi saputo che i suoi geni erano difettosi avrei trovato un altro donatore!»
Tutti scoppiarono a ridere, senza rendersi conto che io fossi serissima.
La mezzanotte arrivò molto in fretta. A quel punto ognuno si ritirò a casa propria, persino Ash decise di andare, lasciandomi sola con mia moglie e la mia figlioletta.
«Visto, tesoro? È andato tutto bene» disse la bionda, continuando a cullare la piccola.
«Questo avrei dovuto dirlo io» risposi, sedendomi al bordo del letto.
«Non importa, sai che mi piace trovare piccoli modi per sorprenderti.»
«Beh, a me invece piace seguire la routine» mormorai «Quindi, direi che è ora della tua, o meglio, della vostra ninnananna.»
Quella fu la notte in cui venne ufficialmente al mondo Valerie Luna Lopez-Pierce e fu anche la notte in cui il mio cantare acquistò un nuovo significato: la neonata riconosceva la mia voce, che l’aveva accompagnata prima ancora che nascesse, e che, avevo promesso a lei e a me stessa, avrebbe sempre intonato melodie per lei.
«Sannie» bisbigliò Brittany, con le palpebre pesanti «Mi hai fatto venire voglia di churros
Scoppiai a ridere, rischiando di disturbare Val, poi tornai a cantare, beandomi della visione migliore del mondo: le donne della mia vita addormentate al ritmo della nostra ninnananna spagnola.

NdA: Questo episodio decreta la conclusione della mini-long all'interno della raccolta, ma non disperate, continueranno ad arrivare (una volta ogni tanto, non pretendete aggiornamenti rapidi e regolari) altri spaccati di vita delle nostre Brittany e Santana con il loro scoppiettante seguito. Come ogni volta rinnovo i ringraziamenti ad ognuno di voi lettori, a wislava per il consueto supporto, a WankyHastings, MartaDelo e strapelot per le recensioni. Spero di ritrovarvi (non so quando) la prossima volta, fino ad allora, un sincero saluto.
   
 
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