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Autore: Hailiswords    23/11/2014    2 recensioni
[Evan Peters]
Una storia d'amore difficile. Stroncata da cose troppo grandi.
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Evan Peters
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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#1


 

"No! Stammi lontano!"
Sgranai gli occhi.
Un colpo d'aria mi fece svolazzare le ciocche dorate.

Evan indietreggio di scatto, schiacciando col suo peso le foglie secche.
"Ma..."
Si passò una mano fra i capelli biondi.
Prima di parlare si leccò le labbra.
"Perché? Cosa?"
 La sua espressione interrogativa supplicava spiegazioni.

"E' così e basta."
Lo guardai dura, per mascherare la tenerezza che impregnava il mio corpo.
Mi affrettai ad entrare spingendolo via e salii le scale del vialetto di casa mia.
Sentivo gli occhi di Evan addosso.
La luce artificiale del mio portico non era abbastanza luminosa da permettermi di scorgere bene la toppa.
Cercai di infilare la chiave nella serratura ed entrai senza voltarmi.
La corrente fredda contribui a far chiudere la porta con un tonfo secco e legnoso.
Mi accasciai a terra scivolando lungo lo stipite. La maglia si sollevo leggermente scoprendomi i fianchi.
Trattenni le lacrime.
Mi stringevo le ginocchia al petto, i jeans freddi mi gelavano le mani e il cuore.
Strizzavo gli occhi e mi mordevo il labbro inferiore per non piangere.
Non piangevo spesso e farlo mi faceva sentire in imbarazzo anche se da sola, ma soprattutto in pubblico.
La gola mi faceva male, gli spasmi di pianto trattenuti sono una cosa terribile.
Ma dover rinunciare a chi ami lo è ancora di più.

Dopo un tempo che a me sembrò un eternità, sentii Evan chiudere lo sportello della sua auto, mettere in moto e sgommare via alzando terra e fogliame.
Mi voltai verso la piccola vetrata verticale lungo la porta di casa e vidi in modo distorto i fari posteriori scomparire, inghiottiti dalla nebbia.
Tornai in me e solo in quel momento mi resi conto di essere sola e immersa nell'oscurità di casa mia.
Mi alzai dal pavimento e salii le scale reggendomi al corrimano.
Sarebbe stata una nottata lunga.



Quando aprii gli occhi il mattino dopo l'unica cosa che sentii fu un'intensa pressione alle tempie e subito dopo la vibrazione del telefono sul comodino.
Lo afferrai goffamente e guardai lo schermo con un occhio chiuso; era Evan.
Aspettai che il cellulare finisse di squillare e lo riposai sul comodino. Ma distrattamente non avevo guardato l'ora.
Le 7:32 am.
"Cazzo!"
La mia voce fece svegliare il gatto che dormiva ai piedi del mio letto.
Uscii di corsa dalle coperte e il freddo mi penentrò nelle ossa, spazzando via il calore dell'ambiente che si era creato tra me e le coperte durante la notte.
Corsi in bagno per lavarmi; la mia figura riflessa nello specchio non era nelle sue migliori condizioni. Mi lavai di fretta e tornai in camera per vestirmi.
Optai per uno stile casual, ma sciarpa e cappello di lana con questo freddo non possono mancare.
Scesi in cucina, infilai due fette di pane nel tostapane e nel frattempo mi preparai un caffè.
Finita la colazione afferrai la borsa di fretta e uscii di casa.
Guardai nuovamente l'orario: 7:54 am.
In sei minuti sarei dovuta riuscire ad arrivare alla stazione della metro, sperando di arrivare puntuale a lezione.

"Miss Smith, sempre in ritardo." puntializzò il professore, mentre sistemava i suoi appunti seduto alla cattedra.
"Mi spiace" 
Mi scusai tenendo lo sguardo basso e salii per cercare un posto libero.
Iniziamo bene.

Finalmente dopo quattro ore potei uscire da quell'inferno di università e tornare a casa.
Evan non mi era uscito dalla mente neanche un secondo durante tutte le ore di lezione, ingiottii quel briciolo di pianto che non tardò a bagnarmi gli occhi.
Uscii dalla grande porta scorrevole.
Evan era poggiato alla sua auto con le braccia incrociate, proprio davanti l'entrata dell'università.
Era dannatamente bello.
Appena mi vide, mi corse in contro.
Io mi voltai di scatto e cercai di scappare.

"Sarah!" mi chiamò mentre si affrettava "Sarah ti prego!" mi afferrò da una spalla.
Mi girai verso di lui, chiusi gli occhi per cercare di trovare la forza. "Evan, sono io che ti prego. Stammi lontano."
"No Sarah! Noi stiamo insieme, almeno, fino a qualche giorno fa ti comportavi come se lo fossimo; adesso non lo so più. Ho bisogno di spiegazioni, non sono un fantoccio che puoi gestire a tuo piacimento."
I suoi occhi scuri saettavano a destra e sinistra nei miei.
"Non posso." mi limitai a dire e me ne andai.
Lui non poteva sapere.

Piansi per tutto il tragitto, anche dentro la metro. Era chiaro che non potevo affrontare questa situazione da sola, ma non avevo scelta.
Ciò che sono, che ho scoperto di essere, non può essere rivelato. Evan non deve saperlo, nessuno deve.

Tornai a casa, pranzai velocemente e mi preparai per andare a lavoro.
   
 
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