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Autore: __Mary__06    23/11/2014    1 recensioni
E finalmente trovava il coraggio di riprendere le sue colpe tra le mani, quelle mani che avevano premuto il grilletto troppe volte. I tacchi della donna creavano un suono simile ad un orologio, un orologio che aspettava la fine della sua carriera da assassino. I capelli biondi ondeggiavano lasciando un'aroma di erbe selvatiche. La verità era venuta a galla: era finita.
«Raccontami...»
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-Tratto dal capitolo due-
«E pensando al mio futuro, riposi la letterina nella scatola lasciandola cadere dolcemente sopra tante altre. Dovevano essere state almeno cinquanta, una per ogni volta che sentivo la mancanza di mia madre più degli altri momenti. »

-Tratto dal capitolo quattro-
«Volevo che crescessi forte e senza cuore perché chi ha un cuore, prima o poi, se lo ritrova a pezzi.»
Genere: Malinconico, Slice of life, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chianti, Gin, Korn, Vermouth, Vodka | Coppie: Shiho Miyano/Ai Haibara
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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In the memory you'll find me        (Nel ricordo mi troverai
       Eyes burning up                      Gli occhi in fiamme
The darkness holding me tightly       L'oscurità che mi trattiene
Until the sun rises up              Finchè il sole sorge)
                                                                                           
Forgotten - Linkin Park


E pensando al mio futuro, riposi la letterina nella scatola lasciandola cadere dolcemente sopra tante altre. Dovevano essere state almeno cinquanta, una per ogni volta che sentivo la mancanza di mia madre più degli altri momenti.
Poggiai l’orecchio sul duro legno della porta e tentai di ascoltare la loro conversazione. Non si sentiva niente: solo voci confuse.
Dopo poco tempo la stanza si liberò e io uscii allo scoperto. Era rimasta solo Hisoka in una culla.
 
Mi avvicinai alla bambina e, ammirando i suoi movimenti buffi e impacciati, le parlai. E che potevo farci? Non avevo nessun altro con cui parlare.
“Mi dispiace molto che tu sia nata tra questa gente. Io sono un po’ più fortunato di te: ho vissuto i primi dieci anni di vita felicemente, tu invece no. Sono sicuro che avrai una vita triste, fatta di avvenimenti poco apprezzabili. Anch’io diventerò un ’cattivo’ come quelli dei cartoni animati dove all’inizio sembra che tutto sia dalla loro parte, ma alla fine vengono sconfitti e assicurati alla giustizia. Eppure mi piacerebbe essere il supereroe che lotta per il bene altrui, che dà una bella lezione ai malvagi e che non ha paura di risultare debole se questo serve a salvare la vita di qualcun altro. Invece i cattivi no, loro vogliono sembrare fortissimi e invincibili anche se, pur non essendo visibile, hanno dei sentimenti e sono deboli come qualunque essere umano. Dal momento che entrambi siamo destinati a diventare cattivi, un giorno finiremo dietro le sbarre di una prigione, vero? Prima o poi arriverà un supereroe a darci il ben servito?”
Hisoka, nonostante non potesse capirmi, era diventata improvvisamente seria dopo che io avevo pronunciato le ultime due frasi. Una bambina così piccola aveva capito già tutto dal mio tono di voce...
 
Il mattino seguente Nobu mi accompagnò a scuola, puntuale.
In classe la maestra doveva consegnarci le verifiche corrette. Ero già fiero di me: ero sicuro di aver preso un voto alto.
La signorina Koshira chiamò in ordine alfabetico tutti i bambini fino ad arrivare a me. Dopo aver pronunciato il mio nome con disprezzo, arrivai alla cattedra e presi la mia verifica.
Insufficiente.
Non ci credevo.
Insufficiente.
Ma non c’erano errori segnalati in rosso. Niente.
“Maestra.” pronunciai io avvicinandomi a lei “ Cosa ho sbagliato?” ma la signorina Koshira non mi rispose e continuò a rivedere i voti sul registro di classe.
“Ehm, maestra…” ripetei io, ma continuò a ignorarmi. Allora poggiai la mia mano sul suo braccio per avvertirla della mia presenza ma, appena la sfiorai, si alzò di scatto e ridiede una sberla fortissima sulla guancia.
Tutta la classe fu sorpresa dal gesto, ma fece finta di niente. Io ero caduto a terra.
 
Cercai di mostrarmi forte e arrabbiato, ma il mio sguardo tradì l’orgoglio. Dopo pochi attimi il mio viso vedeva sgorgare lacrime incontrollabili: il dolore e l’indignazione si abbracciavano in me e non potevo fare niente. Era proprio come avevo detto a Hisoka: tutti sono deboli, anche chi cerca di fare il forte. Avevo tradito le mie stesse parole e me ne vergognavo.
Ma l’ira, l’indignazione per il trattamento che mi era stato riservato in questi anni tentarono di esplodere completamente. Mi alzai in piedi tremando con le lacrime che cadevano numerose e mi rivolsi alla maestra e poi alla classe.
“Basta! Ma cosa vi ho fatto?” urlai senza pietà per le mie corde vocali “Vi sembra normale trattare così un vostro compagno che non vi ha mai torto un capello e mai preso in giro? Ragazzi, insomma, come pensate che io mi senta ad essere trattato così? Maestra Koshira: spero che lei muoia nel modo più macabro possibile! Proprio lei che dovrebbe insegnare il rispetto altrui, proprio lei che dovrebbe essere l’esempio di tutti noi, lei è la peggiore! Dagli ultimi due anni di scuola la mia vita qui è diventata un inferno! Muori, muori!”e mi gettai per terra con le mani nei capelli, la gola dolorante per le frasi urlate in quel modo e il cuore a mille.
La classe era in assoluto silenzio e la maestra teneva lo sguardo fisso su di me. Era tra lo sbalordito e il furioso.
“Dovresti essere tu a morire presto, piuttosto. Io sono una maestra e ho il mio lavoro, tu sei un apprendista criminale o sbaglio? Sei solo una piaga per la società piccolo Koichi…” mi rispose la maestra con una tale calma…
“Io…io non sono un criminale.” Affermai singhiozzando.
Passai tutta la mattinata a piangere al mio banco e nessuno si preoccupò di me, piccolo punto nero nel mondo. Sì, mi sentivo così. Il mondo con tanti puntini bianchi, ma ogni tanto trovavi un punto nero, ovvero una persona cattiva. Per rendere il mondo più bello si doveva cancellare quei punti neri…
 
All’uscita, Nobu non di degnò di domandarmi cosa fosse successo, perché stessi piangendo o perché avessi una guancia rossa. A lei non importa niente degli altri, a lei importa solo di se stessa.
Era, in ogni modo, strana: solitamente non parlava mai con me, quando eravamo per strada o in luoghi pubblici.
“Allora, dimmi un po’, ti manca papà?”
“S-sì…”
“Oggi è venuto a trovarci nel nostro appartamento. Lo sai? Sei contento?”
“Sì, che bello.” risposi. Una cosa bella doveva pur accadere quel giorno. Papà si sarebbe preoccupato per me e avrebbe parlato con il Preside riguardo alla maestra Koshira, n’ero sicuro.
 
Arrivati all’appartamento, Nobu impugnò una bottiglia con del liquore e ne verso in grande quantità nel suo bicchiere preferito. Io aspettavo che mi portasse da mio padre.
“Vuoi vedere papà?” mi chiese e io annuii. “E’ nella mia camera da letto. Vai.”
Corsi verso la camera seguito da Nobu che sorseggiava il suo liquore. Varcata la soglia della porta, rimasi immobile a quella vista: mio padre, sul pavimento con il capo che perdeva sangue.
Era morto.
“Un vero peccato eh? L’hanno fatto fuori, poverino…” affermò quella disgustosa donna scuotendo la testa lentamente.
“Sei stata tu, Nobu?” domandai io piangendo.
“Diciamo pure di no.” Mi diede riposta con spavalderia. Tentò di appoggiare la sua mano sulla mia spalla, ma feci in tempo a correre via prima che le sue viscide membra mi sfiorassero.
 
No.
Non poteva essere davvero accaduto tutto questo. Nobu era la compagna di mio padre…Vipera, viscida, dal cuore gelato…assassina!
Quel giorno rientrò fra i peggiori della mia esistenza.
Odiavo tutto e tutti.
Mi rinchiusi nel mio sottoscala aspettando che il pomeriggio e la notte passassero.
Con la testa tornai indietro abbandonandomi tra i ricordi.
 
“Koichi, vieni da mamma!”
Corsi verso la cucina dov’era solita rimanere ad ordinare l’argenteria. Spalancai la porta e la corrente d’aria proveniente dalla finestra della camera di fronte fece ondeggiare i suoi lunghi capelli castani. Eh, i suoi capelli. Tanto lunghi da riuscire a sfiorarle le cosce quando non erano raggruppati in una treccia, non li aveva più tagliati da quando ero venuto al mondo. All’epoca portava i capelli dal collo, ma, per non so quale ragione, aveva deciso di lasciarli crescere a dismisura.
“Tesoro, tra poco arriverà un amico di tuo padre perciò aiutami a rimettere a posto la casa, per favore.”
“Sì mamma!” risposi io tutto contento e mi affrettai a pulire il soggiorno e la mia cameretta.
Dopo un quarto d’ora io stavo ancora spolverando le mensoline della mia camera e qualcuno suonò al campanello. Sentii due voci tra cui quella di mia madre.
“Buon pomeriggio Iwao…” augurò la mia mamma.
“Asuka…” si limitò l’uomo, presumibilmente l’amico di mio padre. “Tuo marito sa qualcosa?”
“Di cosa?”
“Non fingere di non capire Asuka! Sai benissimo di cosa sto parlando. I tuoi debiti, i vostri.”
“Uhm, io non ho quei soldi. “ la voce di mia madre sembrava così tremante e spaventata.
“Come sarebbe a dire? Ti ho prestato una grossa somma cinque mesi fa per mandare avanti la tua pasticceria e ora li voglio indietro!”
Ebbi paura per mia madre, quando la voce dell’uomo divenne minacciosa.
“Iwao, per favore! “ mia madre singhiozzava.
Sentii delle parole sottovoce che non riuscii a capire.


Poi…No non posso ricordare!

 
  
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