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Autore: Naki94    24/11/2014    1 recensioni
Da tempo si narravano storie a proposito di un lento regolare respiro che si gonfiava ed espandeva, dai rami umidi di rugiada fin giù per i fangosi fossati, attraverso le aguzze contrade di campagna.
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono certo che ciò che vi racconterò in queste pagine non verrà compreso fino in fondo dal lettore moderno e scettico, tuttavia tenterò d'essere più abile possibile nel descrivere con zelo e razionalità ciò che accadde qualche tempo fa a un mio carissimo amico.

Da tempo si narravano storie a proposito di un lento regolare respiro che si gonfiava ed espandeva tra i rami umidi di rugiada e giù per i fossati, attraverso le aguzze contrade di campagna. I contadini si levavano prima dell'alba con affannoso brivido nel cuore giacché, come l'ombra nera d'un artiglio, il nequitoso respiro lacerava lentamente la notte insinuandosi in ogni mente a quell'ora eccitata dal sogno. La povera gente di paese raccontava del nefasto suono descrivendolo come il respiro del demonio e che la vetusta e abbandonata villa nella solitaria campagna fosse la sua ufficiale dimora. Altri invece recitavano al volgo una bizzarra leggenda sul misterioso accordo avvenuto tra la comunità di contadini abitanti della zona e un'errante spirito pallido che sul finire del XII Secolo avrebbe donato all'uomo l'immunità alla morte che recava la palude e i suoi insetti. Da allora, secondo la leggenda, essi coltivano la terra di generazione in generazione sopravvivendo alla mortale malaria.

Ebbene il mio caro amico mi rese partecipe un giorno di queste leggende, essendo lui stesso un coraggioso appassionato. Mi raccontò dunque del suo ovvio interesse per quella casa nella solitaria campagna, oltre il paese. Conquistò da subito la mia attenzione poiché, dalla finestra della mia camera da letto, al penultimo piano di un grande palazzo, si stendevano le nebbiose campagne sulle quali torreggiava inquieta e trionfante la vetusta magione e spesso prendevo congedo dalla veglia con una sensazione simile a un brivido mentre l'ombra scura, dipinta all'orizzonte, riprendeva forma nei miei incubi.

Un giorno d'estate afosa, quando l'aria era ricca d'umidità e sotto gli alberi fitti gli insetti ronzavano agitati, il mio amico ed io prendemmo la decisione di raggiungere a piedi la casa e il tragitto iniziale fu alquanto piacevole poiché, almeno per mio conto, era una leggiadra gioia poter godere della natura e dei suoi cangianti colori e suoni.

Durante tutto il percorso il mio caro amico mi raccontò nel dettaglio i risultati delle ricerche che aveva compiuto a proposito della magione che stavano andando a far visita. Ebbene egli disse entusiasta che non vi erano testimonianze scritte sulla data di costruzione della villa e nemmeno dei suoi antichi proprietari, poiché di essa non v'era alcuna traccia, tuttavia era noto il suo ultimo proprietario che risaliva però ad un popolare poeta e scrittore del 1400 che aveva acquistato la villa ed utilizzata come residenza estiva per qualche tempo finché non fu trovato privo di vita nelle cantine sotterranee della magione. Della causa della morte del poeta, disse il mio caro amico, non v'erano notizie certe e che ciò di cui si era a conoscenza era stato perduto nel tempo, oscurato dal passaggio dei secoli.

Notammo a un certo punto, oramai giunti alla metà del versante di una collina, che ogni nostro passo diventava sempre più incerto e che la natura non ci avvolgeva più con tenero rispetto, ma iniziava ad esserci ostile. Molto probabilmente si trattava di una nostra percezione inconscia sapendo d'essere quasi giunti al luogo del terrore, tuttavia del lento respiro non v'era traccia, soltanto l'alzarsi improvviso e a tratti di qualche folata di vento sulla cima degli alberi che, a dir la verità, ci recava un certo rigenerante sollievo dall'afosa giornata.

Giunti al negletto giardino dell'antica dimora fummo aggrediti da uno spasmo di sotterranea iniquità che si rivelò non tanto nei gesti, ma nelle parole che iniziammo a scambiarci. Eravamo nervosi e un tantino isterici l'uno con l'altro. Eravamo indecisi sul da farsi poiché io suggerivo che entrambi entrassimo nella casa abbandonata, mentre il mio amico insisteva ch'io dovessi rimanere all'esterno ad attenderlo finché non fosse tornato. Gli domandai il motivo e lui rispose che quella era considerata una proprietà privata e che se qualcheduno ci avesse seguito o notati avrebbe chiamato le autorità dunque, se io fossi rimasto a sorvegliare l'esterno, lui sarebbe stato assai più tranquillo nel compiere le sue ricerche all'interno certo della mia affidabile guardia.

Così dunque fu deciso e il mio amico entrò nell'edificio buio ed umido i cui alti scuri ai piani superiori scricchiolavano e battevano contro le mura increspate e gli echi dei passi di certi animali sui pavimenti impolverati componevano oscure melodie che, la platea di alberi intorno alla villa, apprezzava rispondendo con sibili e fruscii di rami e con la pioggia di prime foglie mature.

Rimasi così in solitudine minacciato dall'imponente villa e da tutti quei molesti rumori che si amplificavano prendendo vita nella mia mente. In certi istanti avevo l'intensa percezione d'essere osservato e che un occhio mi scrutava tra i roveti e allora mi voltavo in sua ricerca finché non lo avvertivo nuovamente alle mie spalle e il giro di giostra proseguiva.

Finché non lo sentii. Esatto, udii il famoso respiro lento e regolare accompagnato da un ovattato battito cardiaco che scendeva dalle mura fino al mio irrigidito ventre e, in quell'istante, fui terrorizzato dalla sorte del mio amico che stava dentro quell'infernale casa il cui anfitrione era il demonio ed io all'esterno attendevo con ansia la sua ricomparsa sicché potessi fuggire da quell'incubo.

Egli finalmente uscì dalla penombra angusta dell'ingresso raggiungendomi presso il giardino. Tentai incuriosito di domandargli che cosa egli avesse visto o se le sue ricerche fossero andate a buon fine, ma il mio amico non rispondeva a nessuna domanda e indossava occhi vuoti e raminghi di bizzarri pensieri. Allorché non aggiunsi nulla, adattandomi a quel singolare silenzio. Accelerai il passo poiché era mia intenzione tornarmene in paese e lasciare cadere nell'oblio quell'avventuroso pomeriggio.

Nonostante fossimo ormai giunti alle porte del paese, oltre la solitaria campagna, avvertivo alle mie spalle ancora intenso il brivido dell'ignoto scrutatore il cui occhio continuava, non so come, a osservarmi oltre le file di alberi.

Giunti a casa il mio amico ed io ci salutammo con freddezza ed io gli diedi congedo convinto che un sonno ristoratore lo avrebbe ravvivato e rigenerato. Me ne andai sicuro di trovare il giorno seguente il sorriso sulle labbra del mio giovane amico.

Non seppi mai ciò che accadde quella stessa notte finché non ritrovai per caso il suo diario. Per tutta la giornata successiva e quella dopo ancora, tutto il paese prese a cuore l'improvvisa scomparsa del mio amico e ciascun cittadino aiutò gli agenti a setacciare l'area in cerca del ragazzo. Il secondo giorno giunsero da fuori pure i sommozzatori che compirono accurate ricerche presso i canali e il macero oltre la fattoria di G.

Le ricerche furono vane e i genitori e parenti del mio amico erano assai disperati e pensavano continuamente al peggio. D'altro canto in me cresceva l'orrida sensazione che quell'escursione alla villa, oltre la campagna solitaria, avesse a che fare con la sua misteriosa scomparsa. Quel pensiero crebbe in me fino alla volta del quarto giorno quando finalmente ne ebbi la conferma dalle parole sul diario che voglio riportare in parte qui:

 

Quando giungi alla Sua soglia Egli ti domanda se vuoi entrare e se l'avventata curiosità umana ti fa acconsentire dovrai renderti consapevole d'essere stato tu ad entrare nelle Sue stanze. D'altronde il libero arbitrio è qualcosa che ci affligge dall'alba dei tempi. Dunque sei ben accolto eppure non Lo vedi e a stento Lo odi finché l'Anfitrione non ti accompagna dolcemente nella Sua stanza più segreta e ti rivela il Suo oggetto più prezioso come fa un vero padrone di casa con gli ospiti. Dunque di quell'oggetto egli ha somma paura e lo si percepisce solo dal tono con cui ti parla poiché non v'è alcun modo di vedere la Sua espressione e, in certi momenti, ti domandi se Egli realmente esiste ed ha consistenza. Il vuoto. E quando ti trovi di fronte allo specchio odi appieno la Sua voce come se Egli fosse finalmente in tua presenza. Accendi un piccola luce ed Egli ti mostra il suo mondo..

 

In altre pagine vi sono parole incomprensibili e su alcune dubito della loro origine linguistica.

Sono veramente preoccupato per la sorte del mio amico e ciò che egli scrisse in altri paragrafi evito di trascriverlo o tradurlo per ragioni delle quali non voglio ora discutere. Senza dir nulla ai famigliari andrò a investigare per conto del mio amico e ciò mi costringerà a far di nuovo visita al tetro anfitrione di cui si accenna nel diario del quale ancora non ho rivolto parola con nessuno.

Nel frattempo avverto in ogni istante di solitudine, seppur lontana, la soffocante presenza dell'occhio malvagio di quel che credo sia il nero guardiano della casa.

 

   
 
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